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Cap.61
Alfonso rilevando il benefizio della Vocazione, animava i suoi a maggior
santità: sua Carità coi tentati, e rigido trattamento con chi non curava la
divina chiamata.
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Tra tutti li mezzi,
mezzo più efficace non ebbe Alfonso per animare i suoi alla riforma dell'uomo
vecchio, quanto imprimere in essi una vantaggiosa idea della propria vocazione.
In senso suo Vocazione, e Predestinazione non erano, come realmente lo sono,
che una medesima cosa; e che escluso ogni altro beneficio, questo solo di esser
chiamato da Dio in una nascente Congregazione, esiggeva perfezione, e santità
eminente.
"Avendoci Iddio
chiamati a questo stato, non è grazia ordinaria, ma grande, e singolare; ma
bisogna pregare Iddio, che anche ci dia grazia di conoscere il valore di questa
medesima grazia; e che tant'è non corrispondere a questa divina chiamata,
quanto metterci in pericolo di vederci eternamente dannati. Iddio ci ha
chiamati, disse in altr'occasione, e ci ha prescelti coadjutori del Figlio, per
riscattar le anime dalle mani del demonio.
Tant'è esser chiamati
all'Apostolato, quanto averci dato un segno patente di nostra predestinazione.
Se mettiamo in salvo un'anima, anche salvato abbiamo l'anima nostra.
Che consolazione in punto
di morte per un Congregato, vedersi squadrate innanzi al letto centinaja di
anime, che festose li dicono: Opera tua
sumus! Similmente diceva: ringraziamo sempre Iddio, e preghiamolo, che ci
faccia far conto di questo gran beneficio: beneficio non conceduto a tanti
altri paesani, ed amici. Che merito avevamo noi più degli altri? forse
iniquità, e peccati; e Dio, non ostante i nostri demeriti, ci ha prescelti di
mezzo al fecciume di tanti altri, e forse con meno peccati di noi".
Detestando un giorno il
gran libertinaggio, che da per tutto, ed in Regno si dilatava, disse: "Noi
dobbiamo sommamente ringraziare Iddio, per averci cavati dal Mondo, ed
introdotti in Casa sua, in dove le specie delle cose di Dio si conservano
sempre vive; per la frequente orazione, letture divote, discorsi spirituali, e
buoni esempj. Tutto questo nelle critiche occasioni ci è di sommo ajuto. Ma tra
le genti del Mondo, che non pensano per l'opposto, e non parlano, che di cose - 357 -
di mondo, altro non
ritrovasi nella loro fantasia, che specie di corruttela, e sono causa in ogni
piccolo incontro di nuova ruina.
In una delle sere,
parlando nella ricreazione del gran timore, in cui ognuno deve vivere per la
sua salvezza, disse: "Il timore nostro è simile a quello di coloro, che,
affidati ad una nave, hanno tempesta nel porto, ove con difficoltà si perisce:
ma quello de' mondani è simile a quello di coloro, che veggonsi in piccola
barchetta, e sono in tempesta in mezzo all'Oceano, ove il naufragio è quasi
indubitato".
Sperimentava Alfonso in
morte de' nostri un misto insieme di amarezza, e di allegrezza. Amarezza
sperimentava perdendo un operario; ma vedendolo morto da santo, questo superava
l'amarezza, tenendo per certo averlo avvocato in Cielo; e voleva, che in vece
di lutto, vi fosse stata a tavola una comune ricreazione.
Rammemorando questo
beneficio, spesso spesso inculcava amore, e gratitudine verso Gesù Cristo, ed
impegno sempre più grande in perfezionare noi medesimi.
"Se la grazia, che Iddio ci ha fatta, chiamandoci in Congregazione, è
stata grande, grande ancora deve essere la nostra corrispondenza. Forse Iddio
vorrà santo un fratello come S. Pasquale; uno studente, come S. Luigi; un
operario come S. Francesco Regis. Se taluno non corrisponde, vi è da temere,
che si danni, poichè demeritandosi la sequela delle grazie, non averà più gli
aiuti necessarj, nè quella santità, che esso medesimo si prefigge. Taluni iddio
li vuole salvi da santi; se non si sforzano, prendendo in alto la mira, non so
se Iddio si contenta.
In altre occasioni
soleva dire: "se avete fatto il più, corrispondendo alla chiamata, non vi
resta, che far il meno per farvi santi; ma siccome il venire in Congregazione è
stata più opera della grazia, che vostra: così il meno, che vi resta da fare, esser
deve tutto sforzo del vostro cuore, quasi che tutto dovete far voi, e niente la
grazia".
Non era egli contento
ne' suoi di una santità ordinaria. Troppo in alto voleva la mira. "Noi non
sappiamo, ripeteva, i secreti di Dio, ed ove sta fissata la nostra predestinazione.
Chi è chiamato ad una santità sublime, non sodisfa il cuore di Gesù Cristo, se
si contenta della mediocre. Se la mira non è alta, colpiremo con difficoltà in
quel segno prefisso da Dio.
Affliggevasi Alfonso, e
vedevasi tutto tenerezza con taluni, che costanti erano nella vocazione, e che
decaduta per qualche disgrazia la propria casa, obligati si stimavano, per
soccorrerla, a ritirarsi di Congregazione. Compiangendo il loro travaglio, e
volendo metter in salvo la divina chiamata, ancorchè in gran miseria si
ritrovasse, non difficoltava soccorrerli, come lo fece in varie occasioni,
rilasciando specialmente, in beneficio e parenti, il provento della Messa.
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A
taluni sembrava troppo eccessiva una tal carità, avendosi riguardo alla povertà
della Congregazione; ma egli rispondeva: "nella carità non vi è mai cosa
di soperchio, e quello che esce per una strada, Iddio lo fa rientrare per un
altra.
Uno tra i tanti, che ora mi sovviene, era anche di peso, e non di sollievo alla
Comunità, perchè abitualmente infermo, ed attaccato di petto; ma essendo
osservante, e di edificazione, Alfonso non badò ad interesse, per metter in
salvo la di lui chiamata.
Avendo un idea così
alta di questa divina Vocazione, maggiiore afflizione non provava, che veder
taluno tentato, ed in procinto di darsi in dietro. In questi spostamenti due
cose rifletteva, o che fosse urto di tentazione, o diabolica ostinazione di
volontà. Se stimavalo tentazione, compativa il trasporto, e non mancava ajutare
il soggetto coll'orazione propria, e con quella degli altri; anzi scusava, e
non faceva carico di qualche impertinenza.
Sognandosi un nostro
Padre, essendo giovanetto, esser stato mandato a castigo nella Casa di Iliceto,
chiese con una lettera impertinente, o esser amosso da quella Casa, o che era
per ritirarsi dalla Congregazione. Conoscendo Alfonso esser pura suggestione,
saporitamente li rispose:
"S. Paolo primo
eremita a S. Antonio Abbate, che pregava volerli aprire la porta con dire, che
altrimenti sarebbe morto all'uscio, questo è un bel pregare, li disse il Santo,
pregare minacciando. Lo stesso io dico a voi. Compatisco i stati esaltati. Chi
mai vi ha mandato a castigo in Iliceto? e poi: altrimenti cercherò la dispensa. Voi la cercate, e chi ve le dà.
Per carità un'altra volta non tanta furia. Replico: vi compatisco, perchè non
siete voi, ma i flati, che parlano; ma dite ai vostri flati in altra occasione,
che parlino con poco più di discrezione".
Con questa dolcezza
adattata ad un giovanetto, ma temperata con pochissimo amaro, dissipò Alfonso
la tentazione, e pose in pace il soggetto.
Ammirabile era ancora
un'altr'arte, che aveva Alfonso, per far restar delusa la tentazione.
Presentandosegli, e cercando taluno dispensa al Giuramento di Stabilità,
Alfonso conoscendolo tentato, si faceva vedere a prima giunta tutto pronto per
accordarcelo. Questa facilità arrestava il soggetto. Di fatti non vi è cosa,
che tanto ci ostina, quanto il vederci rintuzzati. Ma dolcemente ripigliando,
ponderava quanto falso fosse il passo, e che tutto era una pura tentazione.
Così il soggetto vedevasi confuso, conosceva il suo male, e svanendo la
tentazione, fermo restava nel suo posto.
Benchè Alfonso con un
cuore così caritativo sostenesse tanti di questi vacillanti, non per questo
facevaci del capitale. Chiamava questi tali: pietre smosse. "Smossa una pietra, ei diceva, dal cuore della
fabrica, non è mai per assestarsi, qualunque perizia si usi, ed incarnarsi come
prima. Soleva dire, ed avevalo per moralmente certo, che non vi sono lacrime
bastanti, per riaversi una seconda grazia, ove la prima - 359 -
siasi perduta".
Non pochi di questi
tali, si vide coll'esperienza, che o presto, o tardi anche slogiavano. Ogni
ombra era corpo per essi: e persistendo in Congregazione erano più di peso, che
di sollievo.
Eravi stato qualche
incidente, cioè, che taluni nel bollore di subitanea passione, eransi partiti
di Casa, per andare da lui; ma allucinati per strada, e vinti dalla tentazione,
avevan tirato non da lui, ma in propria casa.
Alfonso volendosi
opporre, come già dissi, a queste mosse diaboliche, con formale precetto
proibì, che niuno fosse partito per portarsi da lui, se prima nol preveniva, e
non ne avesse avuto il permesso. Così proibì per lo stesso motivo, che cercato
non se li fosse dispensa della stabilità, ritrovandosi il soggetto fuori di
casa, senza che di persona si fosse portato da lui.
Con questo mezzo
preservò, e pose in salvo più d'uno da simili naufragi. Vi fu esempio, che vinti
taluni dal demonio, e non facendo conto del precetto formale, anche senza
permesso, e senza averne ottenuta la dispensa, ritornarono al secolo. Con
questi tali mutava cuore Alfonso.
Costante, non ebbe
pietà per veruno; nè s'indusse a rilasciar loro l'obbligazione contratta con
Dio, e colla Congregazione, se confusi non li vide a suoi piedi.
Conoscendo in taluni
non esser tentazione, ma ostinazione di volontà, il volersi ritirare nel
secolo; e che mancata la grazia più non curavasi nè l'anima, nè Dio, non stava
in forse, benchè facevalo con sommo rincrescimento, in rilasciare il Giuramento
di Stabilità; e tante volte nol fece, che con preludj assai funesti.
Stimava Alfonso una tal
dispensa un vero passaporto per casa del diavolo, e ne piangeva prevedendo le
triste conseguenze.
Resistette per quanto
potè nel non rilasciare ad un Padre il Giuramento di Stabilità. Non cercò
questi uscire di Congregazione, se non se per una passione mal regolata verso
la propria Madre. Essendosi reso vano ogni ajuto, ed avendo voluto
ostinatamente la dispensa: "Io ve
l'accordo, li disse Alfonso, ma voi
farete un fine assai infelice.
Non fu fallace il
preludio. Partì lo sventurato, e ritornato in casa sua, ritrovassi bersaglio di
Dio, e degli uomini. Non ebbe più pace, maggiormente vedendosi mal veduto dagli
altri Preti, e contradetto da ogni ceto. Quello ch'è più, maggiori dissapori
provò colla propria Madre. Anche gravemente infermo, si vide da quella
discacciato di casa, e non morì, che privo d'ogni sollievo umano, e divino, e
derelitto come un cane in una misera casuccia.
Per la Madre era uscito
di Congregazione, e permise Iddio, che neanche dalla Madre fosse visitato in
quell'estremo.
Questi tali, o che si
licenziavano da se, o che erano espulsi non curavansi più; nè vi fu caso, che
taluno riammesso si vedesse in Congregazione.
Non voleva, che con questi disertori, com'ei li chiamava, si avesse verun
commercio, e si stimassero quasi tanti etnici, - 360 -
e publicani. Appena rilasciato il Giuramento di
Stabilità ordinava, che quanto presto sloggiassero di casa.
Non prevalevano per questi, se in seguito facevano istanza, per esser
riammessi, mediazione di soggetti anziani, ne commendatizie di persone
rispettabili.
Non vi stava scritto
sulla porta di casa, ma leggevasi col fatto, non esservi speranza di
rientrarvi, per chi ne usciva. Quali premure non fece un soggetto, e quali
mezzi non prese per vedersi aggraziato? Non mancò adoperarvisi anche Monsignor
Borgia, e Monsignor Basta; ma nè per l'uno, nè per l'altro si piegò Alfonso.
Essendo stato
licenziato, non so perchè, un Sacerdote, entrato in se stesso, e conoscendo la
sua disgrazia, si fe avanti ad Alfonso, e prostrato a terra cercava tutto
lacrime vedersi riammesso tra di noi. Era tale la sua umiliazione, che faceva
compassione alle pietre, ma costante si vide Alfonso, ed inflessibile. Perchè
quegli sapeva, che a riguardo di Maria Santissima egli niente negava, pregò
volerlo aggraziare, anche in riguardo della Vergine. In sentir questo Alfonso
in tuono alto "la Madonna, li
disse, non vuole, che io vada all'inferno
per te.
Come disse, così sostenne; nè ci fu pietà, per chi meritamente se l'aveva
demeritato.
Che non fece il P.
Genovese per vedersi riammesso in Congregazione. Tra l'altro si dolse con una
lettera, tacciando Alfonso nel tempo istesso di troppo severo.
"Mi scrive il P. Genovese, disse a noi, che il P. Manulio in morte aveva
pena di quei soggetti mandati via dalla Compagnia; ma io dico, che se di
presente dovessi morire, altra pena non avrei, se non di esser andato con
troppo riguardo, e non aver osservato tutto il rigore, in cacciar via dalla
Congregazione i soggetti di poca edificazione. Se avessi osservato questo
rigore, non sarebbe succeduto quel fracasso, che sto piangendo (intendeva
dell'Abbate, e de' quattro giovani da quello sedotti). Tutta la carità con
tutti, ma non riguardo; non, nò riguardo spero al Signore non averne con
nessuno. In avvenire userò più fortezza cogl'imperfetti, e niente
riguardo".
Uno di questi avendoli chiesto un attestato, la
risposta fu questa; "Io non fo attestati ai traditori della
Congregazione".
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