- 366 -
Cap.63
Stato in cui vide Alfonso la sua Congregazione
nell'anno 1762; e trentesimo della
medesima.
- 366 -
Non si può meglio
individuare l'auge in cui vide Alfonso la sua Congregazione, che col mettere in
veduta lo stato, in cui trovavasi nell'anno trentesimo di sua Fondazione. Sino
a questo tempo erasi - 367 -
egli
affaticato in piantare, divellere, e trapiantare in questa vigna, quelle
piante, che inutili si stimavano, o necessarie: ma dopo le fatiche di tanti
anni, e sudori sparsi, verdeggiante la vide, e carica di frutta. Oltre tante
Case già stabilite, queste vedevansi anche ricche di Operarj, e tutti atti per
far argine all'Inferno.
Per lo meno vi erano in
ogni Casa, ma capaci per qualunque disimpegno, i diciotto, e venti Soggetti,
uomini tutti di gran virtù, e di un sapere non ordinario, così nelle cose
filosofiche, e nella Storia Sacra e Profana, che nella facoltà dogmatiche, e
morali.
Vi erano Chierici in
gran numero, che sotto valenti Maestri profittavano nelle lettere umane.
Consolavasi Alfonso, vedendo le fondate speranze, che si apprestavano alla sua
Congregazione. Era egli così impegnato per la lingua latina, che perdurar
faceva i Chierici, ancorchè idonei, anche i due anni, nelle belle lettere. Se manca questo fondamento, diceva ai
suoi, manca tutto.
In una casa situati
vedevansi gli Studj filosofici, con gli Elementi della Storia Sacra, e Profana.
In un altra si attendeva alla Dogmatica. Non volle che per questa, e per la
Filosofia si usassero scritti, perchè collo scrivere, diceva, si lacera il
petto, e si perde tempo. Voleva, ma senza attenersi a verun partito, che si usassero
i migliori Autori, che fossero in voga tra i dotti: ma non voleva questioni
inutili, o quei rancidumi un tempo adottati dalle Scuole.
Ove egli stanziava, si
leggeva per ordinario la Morale Teologia; e, come dissi, vedevasi tutt'occhi,
che sposata non si fosse taluna di quelle opinioni, che, benche diconsi
probabili, punto non reggono in faccia a Canoni, ed al Vangelo.
Nelle Case, ove
leggevasi Filosofia, e Teologia, oltre de' circoli privati, coll'intervento de'
Padri, gradiva, per impegnare i Chierici a profittare, delle Conclusioni
semipubliche. In queste invitavansi ad argomentare varj Dotti, così dell'uno,
che dell'altro, Clero; e faceva meraviglia a tutti, come tra di noi si
sminuzzavano le dottrine filosofiche, e dogmatiche. Nelle Feste sollenni di
Gesù Cristo, e di Maria Santissima, non mancavano nelle nostre Case erudite
Accademie, così in prosa, che in metro, tramezzate anche di greco, e di
Ebraico. Anche altre Lingue si avevano alla mano. Vi fu volta che Alfonso,
volendo animare i Giovanetti, recitò anch'egli in onore di Gesù Cristo, e di
Maria SS. ma. Tutto questo manteneva una continuata gara tra i Chierici, e
spronavasi ognuno alla fatica.
Consolavasi sopratutto,
vedendo il gran bene, che si operava dai suoi in quasi tutte le Provincie del
Regno. Ogni Casa promoveva la gloria di Gesù Cristo, e la salute delle Anime,
non solo tra i proprj limiti, ma al di là ancora della sua circonferenza.
Quella di Nocera, e l'altra de' Ciorani si estendevano nel Principato Citra, ed
in tutte le principali Diocesi della Campagna; e per ogni dove non sentivansi,
che prodigj della Grazia, e stupende conversioni.
Anche nella Diocesi di - 368 -
Napoli (ma fu chiamata
temerità da un Missionario Napoletano) si erano inoltrati i nostri colle Sante Missioni.
Vedendosi l'applauso de' Popoli, ed il gran bene, che si promoveva, non solo
gli Eminentissimi Spinelli, e Sersale, ma l'Arcivescovo Filangieri, vollero
come di presente si vuole dall'Eminentissimo Zurlo, coltivata si fosse la loro
Archidiocesi.
La Casa d'Iliceto,
oltre il Tavoliere Reale, in tanti Villaggi, e Massarie, che l'occupano,
travagliava ancora, con gran profitto, nella Capitanata, nelle Provincie di
Bari, e Lecce, ed in parte della Basilicata, e del Principato Citra.
La Casa di S. Angelo
attaccava il Principato Ultra, la Terra di Lavoro, ne' suoi estremi, l'Abruzzo
Citra, e porzione della Capitanata.
Quella di Caposele
impiegavasi tra i confini del Principato Ultra, e Citra, ed estendevasi nella
Basilicata. Così le due di Scifelli, e Frosinone, non solo nello Stato
Pontificio, ma benanche nell'Abruzzo Ultra, ed in parte nella Terra di Lavoro.
Tutte poi le Case, impegnate vedevansi per le due Calabrie; ed oltre le
spedizioni, che dissi, altre ve ne furono con sommo profitto di quelle Diocesi.
All'infuori delle
missioni, non minore era il bene, che vedevasi operato in tante Diocesi, e
Paesi, coi Santi Esercizj, che si davano con minor numero di Soggetti.
Erano così frequenti queste richieste, che a stento si sodisfaceva a tutti, ma
riuscivano di tal profitto, che stimavansi altrettante Missioni. I Vescovi si
vedevano impegnati per aver i nostri, a i Seminarj, ed a i Cleri.
Tante Confraternite,
che volevano essere a parte di un tanto bene, si contentavano, non potendosi
dippiù, anche di un Padre. Non meno impegnate si vedevano, per godere delle
fatiche de' nostri, oltre le Claustrali, anche le Comunità dei Regolari. Il P.
Generale Letizia volle, per gli Esercizj in Montevergine, il P. Sportelli, e fu
tale il profitto, che lo cercò in seguito. In Sansevero furono richiesti dai
Padri Celestini. Il P. Maestro Troisi Agostiniano ebbe premura per gli Santi
Esercizj ai suoi Religiosi in Solofra. Così altre Communità, che tralascio.
Napoli istessa faceva a gara, e vedevansi dai nostri darsi gli Santi Esercizj,
anche nelle Chiese più rispettabili.
Dico cosa, che forse si
stenterà a crederla. Informata la Maestà del Re Carlo, ed in seguito il suo
Figlio Ferdinando di questo gran bene, che si operava da Alfonso per mezzo de'
suoi, fecero premura, e destinati si videro tante, e tante volte varj Soggetti
per gli Santi Esercizj nel Collegio della Brigata. Tra gli altri vi fu per più
anni il P. D. Alesandro di Meo; e fu sì patente il frutto, che varj Cadetti,
rinunciando i loro avanzi, si fecero Religiosi, e tanti ancora fecero capo da
noi. Così tanti Colonnelli vollero coltivata la propria Soldatesca, con
consolazione di Alfonso, e con sodisfazione degli Augusti Monarchi.
Un'altra occupazione si
aveva dai nostri Missionarj, con gloria - 369 -
di Alfonso. Erana questi le tante Novene, che si volevano dalle
Popolazioni, ne' nove giorni precedenti alle principali Festività di Gesù
Cristo, e di Maria Santissima, o de' Santi Protettori, e Titolari. Venivano
desiderate queste Novene, perchè sminuzzandosi dai nostri le virtù Teologiche,
e Morali, e mettendosi in orrore il vizio opposto, riuscivano di non poco
profitto. Queste fatiche non erano per i soli villaggi, e piccole terre, ma per
averle, si faceva premura anche dalle Città principali, come Foggia, Salerno,
Nola, e simili.
Minor compiacimento non
provava Alfonso per gli Esercizj, che si davano in Casa ai Giovani Ordinandi.
Nella sola Casa de' Ciorani vi concorrevano, nelle rispettive Ordinazioni, i
Chierici di quattordeci Diocesi, e contavansi i centotrenta, e i cencinquanta
per volta. Troppo patente era il profitto. Tanti e tanti, non entrati in
Sacris, si davano indietro, in vista delle proprie obbligazioni. Tre Giovanetti
una volta, terminata la Predica, deposero ai piedi di Cristo Crocifisso i loro
collari, nè più vollero sapere di Ordinazione.
I medesimi Vescovi,
vedendo il profitto, vi intervenivano anch'essi con buona parte del loro Clero.
D. Innocenzio Sanseverino, essendo Vescovo di Montemarano, portavasi nella Casa
de' Ciorani con buona porzione del Clero: così Monsignor Volpe Vescovo di
Nocera, e Monsignor Borgia, essendo Vescovo della Gava. Nella Casa d'Iliceto,
omettendo le altre, vi si vedevano col loro Clero Monsignor Campanile Vescovo
di Ascoli, Monsignor Onorati Vescovo di Trevico, Monsignor Basta Vescovo di
Melfi, Monsignor Amato Vescovo di Lacedogna, e Monsignor Brancaccio, che fu
Vescovo di Ostuni, in quel tempo Vicario di Ariano.
Tutti questi
intervenivano colla metà del Clero, e ritornati in Diocesi, rimandavano il
dippiù. Monsignor Basta fu sì tocco da Dio in questi Esercizj, che dimettere
voleva il Vescovato, e farsi Teresiano, e se nol fece, fu, perchè impedito dal
P. Cafora, che diriggevalo nello Spirito.
Non pochi Regolari,
anche degli Ordini più rispettabili, volendosi unire maggiormente con Dio,
concorrevano nelle nostre Case.
Nella Casa de' Ciorani
vi si vedevano Conventuali, Religiosi di Montevergine, Agostiniani, ed altri; e
se il P. Maestro Troisi chiese gli Esercizj a tutt'i suoi in Solofra, fu perchè
di persona sperimentato aveva il profitto. Il P. D. Carlo Carafa Teatino,
stando di stanza in Foggia, ritornava più volte l'anno nella Casa d'Iliceto,
con numerosa recluta di persone bisognose.
Un benedettino, ma
graduato, si vide così compunto in questa Casa, che non esitò confessare le sue
colpe tra cento e più persone. Si beffò di quest'atto umiliante un P.
Agostiniano, anche graduato, ma entrato nei Santi Esercizj, e sopraffatto dalla
grazia, anch'egli fece lo stesso.
Così in altre Case con
somma consolazione di Alfonso.
- 370 -
Non era minore, anzi in
maggior numero, il concorso de' Secolari. Gentiluomini di sommo riguardo,
Persone Principesce, Militari di primo grado, tutti vedevansi concorrere per
essere a parte delle divine Misericordie. Nella Casa de' Ciorani, con istupore
di ognuno, anche da Napoli si portavano e Preti, e Secolari per profittare nei
Santi Esercizj. La gran folla non però in tutte le Case, era nella Settimana di
Passione.
Solo dalla Città di
Corato, ancorchè due giornata distante dalla Casa d'Iliceto, ci concorrevano
ogni anno le trenta, e quaranta persone; e dalla sola Cerignola anche fino a
sessanta.
Persuaso anch'egli il
Re Carlo del profitto così grande, che da tutti ritraevasi nelle nostre Case,
come in seguito ne fu suo figlio il Re Ferdinando; ove dalle Provincie
rappresentata veniva al Real Trono di persone ragguardevoli, fossero
Ecclessiastiche, o Secolari, anziche restringerle nella forza, destinavansi,
per tratti di lungo tempo, nelle nostre Case.
Erasi reso così famoso nelle
reali Secreterie il nome de' Padri Cioranisti, che stimavansi la panacèa per
tutti i mali. Maggiormente avvalevansi i Vescovi, per rimetter ne' doveri i
traviati Ecclesiastici, ed i Capi d'Ordine i respettivi Religiosi.
Tutte queste cose
consolavano Alfonso. Quello però, che più dilatavali il Cuore, era l'ottima
condotta, ed il sommo zelo, che vedeva ne' suoi. Il difetto volontario
generalmente era abborrito. In ogni Casa: vedevasi in vigore l'osservanza:
comune era l'amore per la santa Povertà; non vi erano repliche, nè scuse, ma si
adorava il pensiere, non che il comando
di chi presedeva. I vecchi erano di esempio ai giovani, e i giovani spronavano
i vecchi col loro fervore.
Vi è cosa dippiù; e
questo è quello, che produceva in Alfonso il massimo compiacimento. Tanti e
tanti, che tra questo tempo passati si videro all'Eternità, tutti morirono con
virtù non ordianria; e di tanti non mancò Iddio autenticare la morte, anche con
segni e prodigj. Tra tutti si sono segnalati un P. Sportelli, ed un Fratello
Gerardo Majello, che tutta via invocati, non cessano soccorrere i loro divoti,
nei maggiori bisogni e travagli.
Tal' era, ed in questo
stato vide Alfonso la sua Congregazione nell'anno trentesimo del suo
nascimento, e nel sessagesimosecondo di questo Secolo.
Questo è quel granello
Evangelico, figurato dal Redentore nel picciolo seme della senape, che benchè
il più minuto di tutte le semenze, cresciuto è maggiore di tutti i legumi,
talchè come sopra un arbore gli uccelli si riposano, e svolazzano.
Picciolo fu il seme
della nostra Congregazione; ma inaffiato, e somentato dalle lacrime, e dai
sudori di Alfonso, ancorchè tale, cresciuto, e diramato si vide a tale altezza,
che tanti valentuomini si recavano a gloria situarvi i loro nidi, prolificarvi
spiritualmente; e qualunque fossero le insidie o infernali, o dell'uomo
inimico, sicuri ne vivevano all'ombra di un tanto Protettore.
Fine del Libro Secondo
|