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Libro 3
Cap. 01
Elezione di Alfonso in Vescovo di S. Agata. Suo
rifiuto; sua angustia; e somma sua sommessione ai comandi del Papa.
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Era Alfonso in età di
sessantasei anni. Quando credeva, perché oppresso da mali, esser prossimo alla
morte, e disporsi per quel passaggio, Iddio, con un tratto di provvidenza, lo
richiama a nuova vita, e l'investe di nuovo zelo, per altre opere di sua
maggior gloria.
Vedovata la Chiesa di
S. Agata de' Goti a 12 Ottobre 1761 per la morte di Flamminio Danza, che n'era
Vescovo, grande fa l'imbarazzo, in cui ritrovossi Papa Clemente XIII. Non erano
meno i concorrenti, e vi erano Vescovi, ed Arcivescovi, che in numero di
sessantaa. Personaggio di alto ranco nella Corte di Napoli
preferito voleva a tutti un suo raccomandato.
Il Papa all'incontro
non poteva compiacerlo, senza grave scrupolo di coscienza; e non compiacendolo,
se ne prevedevano disgusti tali, che perturbar potevano la sua quiete. Furono
varj tra di loro i pareri di molti Porporati. Prevalse però tra tutti quello
dell'Eminentissimo Spinelli; e fu farsi scelta di un soggetto, i cui meriti
superassero quello di qualunque. Egli medesimo, senza punto esitare, propose - 2 -
Alfonso, in cui, ad
esclusiva d'ogni altro, signoreggiar vedevansi le prerogative più distinte,
perchè nobile e cavaliere, uomo dotto e santo; e come tale presso tutti in una
stima singolare. Facendosi così, disse al Papa, si darà indietro ogni
pretensore, e Vostra Santità si metterà al coperto di qualunque inquietitudine.
Piacque il proggetto al
Papa; e senza perdita di tempo si scrisse in Napoli al Nunzio Monsignor
Locatelli, informandolo dell'occorrente; e Monsignor Negroni Uditore, con altra
sua ad Alfonso, li fa noto in nome del Papa, la sua elezione in Vescovo di S.
Agata. b
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Essendosi sparsa per
Roma questa determinazione del Papa, consolazione non picciola apportò in tutti
coloro, che avevano idea di Alfonso. Troppo noto era il suo nome. Fu tale il compiacimento,
che il Papa ne fu ringraziato da molti Prelati, e specialmente dagli
Eminentissimi Orsini, e Castelli. Varj Signori fecero lo stesso; e tra questi
il Principe di Piombino D. Gaetano Buoncompagno, che in Napoli conosceva
Alfonso. Furono sopraffatti questi Signori da tal godimento, che portaronsi di
persona da Sua Santità, congratulandosi aver eletto in Vescovo un uomo, quanto
dotto e santo, altrettanto impegnato per l'onore di Dio, e della Chiesa.
Non altrimenti, che il
Papa, vedevasi agitata per un degno Vescovo la Città, e Diocesi di S. Agata.
Troppo patente n'era il bisogno. L'Arcidiacono D. Francesco Rainone, uomo
venerabile, e troppo interessato per la gloria di Gesù Cristo, subito che fu
eletto Vicario Capitolare, unito coi più zelanti del Clero, non trascurò mezzo
presso Dio, per ottenersi quanto si bramava.
Terminati i funerali al defonto Monsignor
Danza, solennizzò nella Cattedrale un triduo coll'esposizione del Venerabile;
ed invitò, affinchè il Popolo vieppiù s'interessasse, il P. Fra Tommaso Maria
Caputo Lettore di Teologia in quel Seminario, a voler predicare fu tale
assunto. Non mancò il savio, e zelante Predicatore rilevare con forza di
spirito il grave danno, che risulta in una Diocesi per la mancanza del proprio
Pastore; e di quanta utiltà sia per ogni Cittadino l'avere un Vescovo dotto e
zelante: così quanto fossero necessarie presso Dio le comuni preghiere.
Spedì ancora lo zelante
Arcidiacono una circolare per tutta la Diocesi, ordinando, ed incaricando a'
Parochi di voler fare anch'essi nelle rispettive Chiese, quanto si operava
nella Cattedrale.
Tutt'altro passava per
capo ad Alfonso, mentre queste cose si trattavano in Roma, che Chiesa e
Vescovado; anzi parlando queste cose si trattavano in Roma, che Chiesa e
Vescovado; anzi parlando un giorno con D. Nicola Borgia, già Vescovo della
Cava, delle misericordie, che Iddio, strappandolo dal Mondo, avevali
compartite, una delle grazie, disse, che il Signore mi ha fatto, si è aver
sfuggito il pericolo di esser Vescovo, pericolo che difficilmente avrei
evitato, stando in mia casa; e soggiunse: pericolo che inevitabilmente
sarebbe succeduto, perchè il P. Pagani suo direttore anche ci avea
dell'inclinazione, e voleva, che, offerto rinunciato avesse - 3 -
il Canonicato, non già il
Vescovato. Così egli pensava, ma Iddio non pensava così, avendo di lui disposto
altrimenti.
La mattina del dì 9 di
Marzo pervenne in Nocera una staffetta, con un plico di Monsignor Nunzio. Non
sapeva Alfonso a che pensare. Erano due le lettere, una di Monsignor Negroni in
nome del Papa, che eleggevalo Vescovo di S. Agata, e l'altra di Monsignor
Nunzio, che ce l'acchiudeva. Legge Alfonso; e quasi sul punto resta come da
fulmine colpito: perde la parola, si smarrisce ne' sensi, e non sa che si dire.
Fattane intesa la Comunità, corre subito alla di lui stanza; e vien trovato
tutto agitato, mutolo, e colle lacrime agli occhi. Ripigliando gli spiriti, e
credendo la nomina un quasi segno di stima, che di lui avesse il Papa, e che
non vi fosse nè impegno, nè premura, si rasserena, persuaso che colla rinuncia,
tutto sarebbe svanito.
Anche i nostri
pensavano. Datevi pace, li disse il P. Ferrara: queste rinuncie volentieri si
accettano. Non vi ricordate, che non se ne parlò più, quando rinunciaste il
Vescovado di Palermo. Forma intanto la lettera di rinuncia a M. Uditore,
ringrazia il Papa per tanta bontà; e nel tempo istesso espone la sua
insufficienza, l'avanzata età, i suoi acciacchi, il voto che avea in contrario,
e lo scandalo, che, accettando il Vescovado, era per risultare a' suoi
Congregati.
Partito il messo, or veda, disse dissinvolto al P.
Corsano: ho dovuto perdere un ora di
tempo, e ducati quattro per questa freddura, intendendo la mancia, che al
Messo avea dovuto dare. Non cambierei,
soggiunse, la Congregazione con tutt'i
Regni del Gran - Turco.
Contemporaneamente
scrisse all'Eminentissimo Spinelli, rappresentando la sua avanzata età, e la
sua insufficienza, tra l'altro il voto che aveva, come si aveva da tutt'i suoi,
di rinunciarsi, e non accettarsi qualunque dignità fuori di Congregazione.
"Se io vedessi, diceva, che taluno de' Congregati accettasse un Vescovado,
piangerei a lagrime di sangue. Se in me si desse un tal esempio, quale scandalo
non cagionerebbe, e quale danno non risulterebbe nello spirito di tutti i
Congregati. Mi riputerei dannato; e permettendolo Iddio, per me lo stimerei
come in pena de' miei peccati, ed in castigo della mia somma superbia. Così
anche scrisse all'Abbate Bruni suo amico, che molto prevaleva presso il
Cardinale.
Il dì susseguente
sopravenne a ritrovarlo Monsignor Borgia. Questi, con lettera confidenziale
dell'Eminentissimo Spinelli, li fa sapere, esser mente di S. Santità, che, per
toglierlo d'imbarazzo, avesse per allora accettato il Vescovado; e soggiunse,
che restava poi in suo arbitrio, rassettate le cose, rinunciarlo, o ritenerlo,
se voleva.
Questa venuta del
Borgia, col dippiù che vi era in Roma, posero di nuovo Alfonso in una maggior
costernazione: persuaso che attese tali circostanze, con difficultà - 5 -
dal Papa si sarebbe
accettata la rinuncia. Vedendo troncato il filo alle sue speranze, ricorre a
Dio; si raccomanda alle orazioni de' suoi, che benchè in pena de' suoi peccati
meritava un tal castigo, ottenuto avessero da Dio vedernelo esentato.
Predicando il Sabbato,
ricorre ancora alle preghiere del Popolo: dà di mano a' flagelli: poco mangia,
e meno dorme; e non lascia mezzo per veder calmata, com'ei diceva, una sì forte
tempesta. Monsignor Borgia, persuaso anch'esso dell'inabilità di Alfonso, per l'età
che aveva, e per gli acciacchi che soffriva, non mancò esporre
all'Eminentissimo Spinelli, e confirmare, quanto Alfonso avea rappresentato.
Come approssimavasi il
tempo per il risultato di Roma, così in Alfonso crescevano le angustie. Ora si
consolava col voto di non accettare dignità; e che essendo un punto essenziale
della Regola, il Papa non così volentieri avrebbelo obbligato; ed ora si
costernava, sul riflesso che il Papa, volendo, potea obbligarlo.
I timori suoi erano
anche timori de' nostri: e se il Papa vi precetta, li disse il P. Mazzini, voi
che potete fare; ed egli chinando la testa, disse: Sia sempre fatta la volontà di Dio. Così agitato qual'era, non
sentivasi altro ripetere in ogni tempo, e luogo, che sia fatta la Divina volontà.
Temeva, e sperava; ma
prevalendo più il timore, che la speranza, se viene la staffetta, disse
lacrimando ai PP. Ferrara, e Mazzini, e lo ripetette più volte, non me la fate
vedere, che mi pare veder il boja col capestro alla mano. Al Fratello D.
Ercole, che volle sapere in Napoli lo stato delle cose, Sto aspettando, li rescrisse,
l'avviso della volontà di Dio, per ubbidire secondo Dio dispone di questi pochi
giorni, che mi restano di vita: per me saranno pochi, ed jeri m'intesi male.
Non fu tardi a sapersi
in S. Agata l'elezione di Alfonso. Tale notizia quanto rallegrò i buoni,
altrettanto rattristò gli scostumati. Troppo noto era il suo zelo. Sentendosi
la rinuncia, maggiormente dai buoni si avanzarono le preghiere a Dio, affinché
il tutto disponesse in conformità della sua gloria, ed in sollievo di una
Diocesi, troppo bisognosa di spirituale sussidio.
Se costernato vedevasi
Alfonso in Nocera, non men agitata vedevasi la Corte di Roma per la rinuncia
ricevuta. Il Papa, l'intese male, e disturbossi; ma varj Personaggi fattisi
carichi de' motivi addotti da Alfonso, non mancarono interporsi, avendosi
riguardo specialmente all'età avanzata, ed agli acciacchi che soffriva.
L'Eminentissimo
Spinelli facendosene carico anch'esso, benchè con dispiacere, non mancò
interporsi. La sera de' 14 Marzo si vide inclinato il Papa ad ammettere la
rinuncia; ma la mattina de' 15, non sapendosi il perchè, si ritrovò risoluto in
contrario. "Adoro l'imperscrutabili giudizj di Dio, così l'Abbate Bruni a
Monsignor Borgia, il Papa era disposto
tempore habili ad - 6 -
accettare
la rinuncia: jeri mattina ex se, et quo
spiritu ductus non si sa, ordinò a Monsignor Uditore, che lo precettasse; e
sò, che questa sera se ne acchiude lettera a Monsignor Nunzio.
A Monsignor Uditore, che rispose non sò che, replicò il Papa: Lo voglio, et quidem in aria papale.
L'Eminentissimo Padrone (era questi il Cardinal Spinelli) sbalordito da questa
novità, ha chinato il capo dicendo: Dio lo vuole. Voce del papa, voce di Dio,
così conchiude l'Abbate Bruni, e soggiunge: "La Lettera di Monsignor
Uditore sarà conceputa in termini
convenienti ad un Religioso dotto, nato Cavaliere.
Mutò sistema la
Segretaria nello scrivere, per essersi rilevato al Papa, e con maggior
chiarezza, la nascita di Alfonso, i suoi talenti, i meriti, che aveva colla
Chiesa, e collo Stato; e quella somma stima, in cui si vedeva per le sue opere
non solo in Napoli, ma nell'Italia, ed in tante parti di Europa.
La sera de' 18 Marzo sulle
ventiquattro si vide di nuovo in Nocera la staffetta del Nunzio. I Padri
Ferara, e Mazzini fermano il messo, e dissuggellano essi le lettere. Vedendo
ferma la risoluzione del Papa, portandosi da lui, diciamo, gli dissero, senza dire il perchè, un Ave a Maria Santissima.
Recitandola, e
sbalzandogli il cuore, forse disse, è ritornato il corriere? e dettosegli di
sì, e che il Papa precettavalo di vantaggio, egli alzando gli occhi al Cielo, e
chinando con sommissione la testa, obmutui,
disse, quoniam tu fecisti; e
concentrandosi in se stesso, soggiunse:
quest'é la volontà di Dio; Iddio, disse,
mi caccia di Congregazione per li peccati miei; e rivolto ai nostri, non vi scordate di me, lor disse: ha ci abbiamo da dividere, dopo esserci
amati per trent'anni.
Così dicendo, li manca
la parola, e se gli veggono gli occhi grondanti di lagrime. Volendolo
confortare i Padri Mazzini, e Ferrara, dissero, che in Roma non potevano
mancarvi amici, per far, che prevalessero i motivi di sua rinuncia. Non ci cape interpretazione, rispose
Alfonso, il Papa si è dichiarato in
termini di obbedienza: bisogna obbedire: così dicendo, fu sorpreso da una
convulzione, e tale, che per cinque e più ore stiede senza parola.
Rivenuto, rescrisse a
Monsignor Nunzio; ed a Monsignor Uditore esser pronto ad accettar la Chiesa, e
sottomettersi ad ogni cenno del Sommo Pontefice.
Restò nel tempo istesso
maggiormente persuaso Alfonso delle divine disposizioni.
Rispondendo alla sua l'Abbate Bruni, disse: "Tutte le difficoltà rilevate
da Monsignor Borgia, per indurre nostro Signore ad ammettere la sua rinuncia,
tute furono con distinzione rappresentate al Papa, il quale per altro era
anch'esso entrato nella medesima veduta de' suoi mali, perchè con uguale
chiarezza V. S. Illustrissima se n'era dichiarato nella sua ben lunga risposta
a Monsignor Uditore. Sia pur persuasa, e sicura, che tutto dal Papa si seppe.
Monsignor Uditore - 7 -
non
ha potuto sapere, come e perchè Sua Santità ordinasse la seconda lettera precettiva.
Lo saprà V. S. Illustrissima, quando quì si umilierà ai piedi del S. Padre.
Conchiudo io su tal proposito, col sentimento dell'Eminentissimo Padrone, che
il Signore qualche cosa di sua gloria voglia ricavarne da questa sua
inaspettata mutazione di stato".
Fé senso, e restò
edificata tutta Roma per lo rifiuto, che Alfonso avea fatto della Vescovil
Chiesa di S. Agata: maggiore edificazione si rilevò poi per la sua cieca
ubbidienza, e per la totale subordinazione ai voleri del Papa.
"L'Eminentissimo Padrone, così ad Alfonso
il medesimo Abbate Bruno, si è intenerito nel leggere la sua veneratissima a me
scritta, ammirando l'incomparabile di lei rassegnamento alla chiamata del
Signore. Io la consiglierei scrivergli a dirittura, perchè la lettera sarà
ricevuta con sommo gradimento, e piacere.
Non rincresca se, per
integrità della storia, riporto quì per intiero la lettera di Monsignor
Uditore, e quella di Monsignor Nunzio.
"I varj riflessi, così Monsignor Negrone nella sua de' 16 di Marzo, che ha
V. P. Reverendissima addotti nel suo venerato foglio de' 9 del corrente, affine
di esimersi dall'accettare il governo della vacante Chiesa di S. Agata de'
Goti, sono stati da me di punto in punto riferiti a nostro Signore, il quale é
rimasto molto edificato in riguardo specialmente di quella religiosa premura,
ed attaccamento ch'ella dimostra per cotesta sua Congregazione, opera, com'é
noto, di tanta pietà, e frutto spirituale.
Ma siccome, dopo un maturo esame, che ne ha fatto, non ha egli creduto li addotti
motivi valevoli a farlo retrocedere dalla presa risoluzione, persuaso estendo,
che tanto richiede la necessità, e l'utilità di quella Diocesi: così mi ha
comandato significarle essere sua ferma intenzione, ch'ella senza ulteriori
difficoltà e scuse, accetti il peso, che Egli intende d'imporle, nel di cui
dissimpegno avrà tutto il campo per esercitare il suo zelo; e potrà nientemeno
che nella sua Congregazione, cooperare al maggior servizio di Dio, ed alla
salute delle Anime.
A tal oggetto Sua Santità lo scioglie e dispensa dal Voto di non accettare
Dignità Ecclesiastiche, dal quale si trova legato per le regole del suo
Istituto. Senta dunque V. P. Reverendissima qual sia su di ciò la risoluta
mente di Sua Beatitudine, che io le comunico, ed alla quale mi lusingo, che
prontamente si uniformerà con religiosa ubbidienza, disponendo l'occorrente,
per presentarsi all'esame, e per esser promossa in Concistoro.
Non avendo altro che
aggiungerle, se non se le proteste del mio particolare pienissimo ossequio,
quale ambisco autenticarle personalmente cogli atti della mia servitù,
divotamente mi rassegno.
Non altrimente si spiega Monsignor Nunzio nella sua
de' 19 del medesimo - 8 -
mese.
"Devo per la seconda volta trasmettere a V. S. Illustrissima una lettera
di Monsignor Uditore di nostro Signore sulla sua elezione alla Chiesa Vescovile
di S. Agata de' Goti.
Dalla medesima vedrà esser mente positiva della Santità Sua, che ella accetti
quella Chiesa, per il qual effetto la discioglie dal voto, che fa l'istituto
della sua Congregazione. Io non dovrei altro soggiungere a quanto le scrive
detto Prelato, persuaso che ella sia per sentire nelle parole del Capo visibile
della Chiesa, la chiamata che le fa il Capo invisibile della medesima, e per
conseguenza sia per chinare il capo, ed uniformarsi al divino volere. Soggiunge
poi, e dice". Mi permetta però, che le dica, che sapendo tutti non avere
V. S. Illustrissima richiesto il Vescovado, anzi offertole, averlo con
edificazione rinunciato, tutti ancora crederanno, che continuando nel rifiuto,
voglia resistere alle ordinazioni di Dio.
Non sa ella cosa voglia il Signore da lei, e qual bene sia per ridondare dalla
sua elezione, e per quella Diocesi, e per la sua Congregazione. Umanamente è
stato fatto tutto, per far valere li motivi da lei allegati. Monsignor Uditore
li ha rappresentati a N. S., ed io ancora li ho posti in vista al Prelato, come
ragionevoli. Con tutto ciò Sua Santità ha persistito nella sua risoluzione. Con
che si vede chiaramente, che questa è derivata dal padre dei Lumi, essendo
maggiormente assistito dallo spirito del Signore nelle cose in particolare, che
riguardano la di lui Chiesa.
Ho voluto dirle tutto ciò, per prevenire qualunque sua riflessione; e spero,
ch'ella sia per uniformarsi alla divina chiamata, e per dare con ciò una chiara
ripruova della sua rassegnazione ai comandi del Vicario di Cristo. Conchiude
poi così: Ne attendo con premura il riscontro, per poterlo avvanzare a
Monsignor Uditore colle lettere di domani la sera.
E ratificandole sempre più costantemente la mia perfetta stima, tutto disposto
ai suoi riveritissimi comandi, con ogni osservanza a V. S. Illustrissima
effettivamente mi rassegno.
Posizione Originale Nota -
Libro III, cap. I, pag. 1
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