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Cap. 4
Viaggia Alfonso per Roma, ed indi per Loreto.
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Il Lunedì in Albis, dieciannove
di Aprile, unito Alfonso col medesimo P. Villani s'incaminò per Roma. Credeva
in Velletri ritrovarci l'Eminentissimo Spinelli, ed essendo quello in S.
Visita, si fermò nel Seminario, ove fu complimentato da varj Gentiluomini.
Avendolo aspettato per due giorni, portossi in Cisterna, ove sua Eminenza
ritrovavasi. In vederlo il Cardinale, diede in un dolce sorriso; ed Alfonso,
mettendo da banda i complimenti, Eminenza,
le disse, già me l'avete fatta.
Aveva il Cardinale,
com'è noto, un'alta idea di Alfonso; e siccome si era edificato per lo generoso
rifiuto del Vescovado, così concepì una stima maggiore per la pronta ubbidienza
prestata al Papa. Anch'esso confirmò che il Papa, avendo avuto la rinuncia,
disse volersi raccomandare a Dio, e che già si trattava elegerne un altro; e
che poi avendoselo chiamato, non me la sento, disse, voglio precettarlo.
Tra di loro ci furono
varj discorsi, che interessavano la Chiesa. Tra l'altro, l'animò il Cardinale a
volersi addossare di buon animo il peso del Vescovado: Monsignore, li disse, stia
certo certissimo del Divino ajuto, essendo più che certa la Divina chiamata. Avrebbelo
voluto il Cardinale qualche giorno con se; ma Alfonso se ne sbrigò.
Licenziandosi, P. D. Alfonso, li
disse, non vi date pena per veruna cosa
in Roma, né vi sgomentate, che vi farò io da Agente.
Subito che Alfonso
giunse in Roma, senza perdita di tempo, volle, a prima giunta, visitare il
deposito dell'Apostolo S. Pietro. Si vide estatico per più di un ora avanti la
Sacra Tribuna, e per un pezzo venerò ginocchioni la di lui Statua, che si vede
nel Vaticano.
Era tale la prevenzione
che di lui si aveva in Roma, che da tutti fu ricevuto con segni di particolare
stima. I PP. Pii Operarii lo vollero in propria Casa: tutti furono a riceverlo
in porteria, e fu caricato di finezze dal suo strettissimo amico il P. D.
Francesco Longobardi.
L'Eminentissimo Orsini
fu due volte a visitarlo. Più volte i Cardinali Gallo, Antonelli, ed altri
Porporati. Così Monsignor Vicegerente con Monsignor Spinelli. Tre volte fu
anche a visitarlo il P. Ricci Generale de' Gesuiti. Il Duca di Sora, o sia il
Principe di Piombino D. Gaetano Buoncompagno, stando in Frascati, ed avendo
saputo il suo arrivo, mandolli offerendo un quarto in Palazzo, e servizio di
carozza. Ringraziollo Alfonso per l'abitazione, ma perché vecchio, e malconcio
si servì della carozza. Essendosi portato in uno de' giorni a Frascati, venne
contradistinto dal Duca co' segni di molta stima.
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Visitato dall'Abbate
Bruni, che anche vi aveva avuto parte coll'Eminentissimo Spinelli nella sua
elezione in Vescovo, non potè non lamentarsene, caricando se stesso di vitupero
e facendoli presente la sua insufficienza.
Non ci vuol niente, li disse, a far
il Vescovo: a me manca tutto; ma calo la testa, perché così comanda il Papa, e
Iddio vuole, che se li debba obbedire. All'Ab. Toppi, che ritrovavasi
Lettore in Roma, e che anche fu a complimentarlo, Padre Lettore mio, disse, il
Papa mi vuol far Vescovo. Sono venuto, ma per farli vedere cosa è questo colascione
scassato.
Girato avrebbe tutta
Roma, se avesse voluto accettare l'invito della tavola. Graziosamente se ne
scusò con tutti, non mancando pretesti alla sua umiltà. Avendolo invitato una
mattina a pranzo i PP. della Missione di S. Vincenzo, il pranzo mio, confidentemente lor disse Alfonso, datelo per me ai poverelli di Gesù Cristo,
affinché il Signore mi faccia accertare in Roma la sua divina volontà.
Avendo mandato ad
invitarlo l'Eminentissimo Orsini, Alfonso anche se ne scusò; ma non potè esentarsene,
avendole detto il Gentiluomo, che a suo riguardo il Cardinale aveva fatto
invito di altri Signori, e Prelati.
Vi fu cosa graziosa in
casa di Orsini. Mutando stato, non mutò abito Alfonso, ed in Roma facevasi
gloria vestir la tonaca di sua Congregazione. Essendo per andare dal Cardinale,
li venne detto, che difficilmente con tale abito sarebbe stato ammesso: con
questo di più, che Monsignor Testa essendosi presentato in abito talare, il
mastro di casa rimandato lo aveva a vestirsi di corto. Alfonso non se ne fece
carico; e presentandosi al Cardinale: Eminenza,
disse, come mi trovo, così vengo.
Sorrise il Cardinale; ed Alfonso, conosco,
soggiunse, che vi svergogno. Voglio
che mi svergognate, ripigliò il Cardinale, e strettamente abbracciandolo, con
ammirazione di ognuno, se l'introduce nel suo gabinetto.
Se in Napoli si vide
imbarazzato per le tante visite, e complimenti, in Roma lo fù di vantaggio. Mi sembrano mille anni scappare di Roma, così
scrisse di là al Fratello D. Ercole, e
liberarmi da tante cerimonie, benché mi trattano con finezze immense.
Dolevasi sopratutto per lo baratto del denaro: qui le mancie, soggiunge, mangiano vive le genti; grandi cerimonie, e
grandi denari. Vedevasi così affollato dalle tante visite, che appena
restavali tempo per raccomandarsi a Dio, e quest'era in Roma la maggior
afflizione di Alfonso.
Ritrovandosi il Papa a
Civita Vecchia, e non essendo per ritornare così presto. Alfonso risolvette
visitare in Loreto la S. Casa. Dissuadevalo il P. Villani, per non esporlo a
maggiore trapazzo: Mamma mi ajuterà, rispose: quando sarò per ricevere un'altra volta
occasione così bella? Tutto è poco, se ho la consolazione di visitare quella
Casa, ove il Verbo Eterno si fè Uomo per me.
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Questo viaggio, e così
fu quello da Napoli a Roma, fu una continuata unione con Dio. Precedeva la
mattina una lunga meditazione con altre preci: inde le ore canoniche, visita a
Gesù Sagramentato, e visita, Rosario, e Litanie a Maria Santissima; e voleva
che il servitore, ed anche il vettorino recitato avessero il Rosario capo
scoperto. Suffragava ancora con varie orazioni le Anime de' Defonti; e non
consumavasi tutto il tempo di più fino a mezzo giorno, che in canzoni divote,
ed in discorsi santi col P. Villani.
Ogni mattina non lasciò
celebrare, e come l'ora si avanzava, così apparecchiavasi, prima che si
arrivasse al destinato luogo. Ripigliando il camino, recitava Vespro, e
Compieta. Susseguiva una lunga meditazione, visita a Gesù Sacramentato, e
visita, e Rosario a Maria Santissima. Pervenuto all'osteria recitava il
Matutino, e le Laudi pel dì susseguente.
Umiltà, e povertà era
il suo corredo. Zimarra, e sottana nostra era il suo vestire. Non si mangiava
la mattina; e la sera non vi era particolarità nel pranzo; anzi, come se fosse
stato il più meschino tra passeggieri, mettevasi a tavola co' medesimi
vettorini.
Tre giorni stiede in
Loreto, ma non è da esprimersi la consolazione che provò, visitando la S. Casa.
Non osservava, ma meditava le più minute circostanze. Estatico sentivasi
ripetere: quì il Verbo Eterno si è fatto
Uomo: qui Maria Santissima avevalo tra le braccia. Una mattina, avendo
fatto appartare il P. Villani, volle restar solo, e buona pezza di tempo si
trattenne orando dietro del focolajo.
Incognito che fosse
andato, varj personaggi, avendo saputo il suo arrivo, furono a complimentarlo.
Caricollo specialmente di mille finezze il P. Gesuita, che faceva da
penitenziere in quella Chiesa. Assistevalo di continuo, e feceli osservare ogni
rarità, che vi era nel tesoro. Consolavasi Alfonso, sentendo dire, questo dono
fu fatto a Maria Santissima da un tal Principe, e questo da altro Sovrano.
Tutto era consolazione per esso, e distruggevasi in lacrime, vedendo onorata da
sì rari personaggi la gran Madre di Dio.
Mi attesta Domenico
Antonio Zannelli, che stavalo servendo, che in tutte le notti, che stiede in
Loreto non prese mai letto, e che come osservò dalle fessure della porta, o
stavasene ginocchioni poggiato a letto, o a terra abbandonato sulle gambe. La
sera passavala incenata con un decotto di salvia. Che anche la mattina poco
mangiava, e spronato a gustare di qualche piatto dal cameriere della locanda,
con destrezza se ne sbrigava. Non uscì mai di casa per osservare la Città. Solo
n'usciva per celebrare la mattina, e di sera per visitare Gesù Sacramentato, e
Maria Santissima.
Accerchiato da
Peregrini, che ivi non mancano, sovveniva largamente ognuno. Essendoseli
presentato uno di questi mezz'ignudo, - 18 -
Alfonso, avendo aperto il baulle, diedegli la miglior camicia, che aveva, e
competente somma di denaro.
Bisogna dire, che se
col corpo partì Alfonso dalla S. Casa, ci lasciò il cuore. Per strada non
saziavasi parlare d'altro che, del gran mistero operato tra quelle sante mura.
Essendo partito da Marino la mattina susseguente, ed avendo diluviato la notte,
ritrovossi ingrossato il fiume Tarni. Temerario il vettorino vi s'ingolfa, ma
nel mezzo Alfonso si vide perduto. Era tale la piena, che le acque
sopravanzavano lo scafo. Sarebbe perito se il servidore buttandosi nel fiume,
non sel recava sulle spalle. Di certo fu un patente prodigio, se salvo si vide
all'altra sponda.
In Spoleti avendo saputo il suo arrivo Monsignor
Acqua, che n'era Vescovo, non potendo di persona visitarlo, perché a letto con
podagra, mandollo a levare nella locanda colla sua carozza. Stimossi troppo
fortunato poter conoscere di persona un uomo, che tanto egli ammirava nelle sue
opere. Troppo oppresso il buon Vescovo ne viveva per il peso della vasta sua
Diocesi, e non tanto vide Alfonso, che aprendoli il cuore, lì manifestò le sue
angustie. Tra le altre, che avendo in Diocesi quattrocento Parocchie, e
quaranta Monasterj di Monache, non aveva operarj per li particolari disimpegni.
Sollevato lo zelante Prelato dai santi riflessi di Alfonso, benedisse Iddio di
averle veduto, e voleva lunga la notte, per goderlo di vantaggio.
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