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Cap.5
Alfonso ritorna in Roma; onori ricevuti dal Papa: e
sua consagrazione.
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La sera degli 8 di Maggio
Alfonso fe ritorno in Roma, e la stessa sera pervenne il Papa da Civita
Vecchia. Non perdendo tempo, fu subito ad inchinarlo; ed essendosi piegato per
baciarli il piede, il Papa, quasi abbracciandolo, sollevollo, e diedeli da
sedere.
Alfonso, che aveva in
mira la sua insufficienza pel Vescovado, ed un sacro orrore per la dignità,
buttandosi di nuovo a' suoi piedi, lacrimando espose i suoi acciacchi, l'età
avanzata, e sopratutto l'inettitudine per un tale impiego.
Si commosse il Papa,
non v'ha dubbio, ma non si risolvette in contrario. L'ubbidienza, disse, sa far
miracoli; confidate in Dio, che Dio vi ajuterà. Fattolo di nuovo sedere,
ebbe piacere informarsi dello stato del Regno di Napoli, così politico, che
spirituale; e non meno di un'ora e mezza lo tenne seco confabolando, con suo
estremo piacere Sopratutto li fe presente Alfonso il gran bene, che operavasi
da' suoi congregati, e come Iddio benediceva la nostra Congregazione, con
soddisfazione de' Vescovi, e compiacimento del Sovrano.
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In seguito fu dal
Cardinal Pallavicino, da Monsignor Uditore, e da Monsignor Marefoschi
Secretario dell'esame; così visitò altri Cardinali, e Prelati. In Casa del
Cardinal Tortegiani Secretario di Stato, non dandosi a conoscere, e volendo
veder sfollata l'udienza, stevasene umiliato in un cantone dell'anticamera.
Raccontò Monsignor
Molinari, essendo infermo a morte in Bovino, che ritrovandosi in Roma
Postolatore de' Santi Cappuccini, entrando anch'esso nell'anticamera, e
vedendolo non considerato, Voi sapete, lor
disse rivoltato a' familiari del Cardinale, chi
è quel Religioso? Questi è Alfonso Liguori Cavalier Napoletano, Uomo dotto, e
santo, ed è troppo conosciuto per le sue stampe nell'Italia, e fuori.
Disse, che stavane come un pezzente; e che tanto bastò per farlo sapere al
Cardinale, e con onore esser ammesso prima d'ogni altro. Visitando il Cardinale
Antonelli, questi li uscì incontro sino alla porta della sala: con suo
compiacimento lo trattenne con se circa due ore; e non mancò accompagnarlo sino
al medesimo luogo.
Restò così preso il
Papa per Alfonso, che più volte lo volle da solo a solo. Un giorno ebbe il
piacere discorrerci, con sua somma sodisfazione, per circa tre ore, e conferire
con esso ciò, che più interessava la Chiesa. Ne fu così sodisfatto, che con
tutti ne parlava con ammirazione, avendone conceputo un'idea vantaggiosa, e di
santità, e di saviezza. Questa stima del Papa fu così nota in Roma, e tal
sensazione fece in tutti, che davasi a credere ognuno, non esser Alfonso per
restante nel grado di Vescovo.
La notizia percorse
anche in Napoli; e Monsignor Borgia, da' riscontri che aveva, lo teneva di
certo Cardinale. Egli stesso Alfonso, raguagliando D. Ercole suo Fratello delle
cose di Roma, li scrisse: Ho parlato a
lungo col Papa, il quale mi ha fatto mille finezze.
Uscendo in discorso, in
un'altra udienza, sulla frequente Comunione, e che contradetto erasi veduto in
Napoli da certi spiriti più rigidi, che divoti, i quali esaggerando la
disposizione, disanimavano i Fedeli di avvicinarsi a questo Sacramento,
sentendo ciò il Papa, quasi alterandosi, disse, che vogliono dir questi? sò io il bene che ha fatto, e fa la frequente
Comunione. Riprovò il suo silenzio, e volle, che confutato avesse i suoi
oppositori. Compiacendolo Alfonso, compose e diede fuori, stando in Roma
un'operetta su questo particolare. La ricevette il Papa con gradimento; e
facendone Alfonso dono a Molti Prelati, e Cardinali, si ammirò da tutti il suo
talento.
Avendo visitato i
Signori Esaminatori, cioè il Cardinal Gallo Penitenziere Maggiore, il P.
Ricchini Maestro del sacro Palazzo, e l'Abbate di S. Pietro in Vinculis, somma
fu la stima che dimostrarono.
Richiesto in che
materia voleva esser esaminato, si rimise al loro arbirio; ma cortesemente
obbligato, col Cardinale si ristrinse al trattato - 20 -
de Mutuo, e
coll'Abbate a quello de Legibus, ma
il P. M. Ricchini, che ben sapeva quanto rincrescevali il Vescovado, voglio darvi, li disse, un punto di vostro piacere, ed è, An liceat
appetere Episcopatum?
Toccò la corda, che più
sonava. Diede in sorriso il P. Maestro; ma Alfonso, se non pianse, dimostrò nel
volto l'amarezza, che nel cuore lo cruciava.
Il giorno innanzi
all'esame, considerando il peso, che era per addossarseli, sorpreso fu da tal
mincrania, che non davagli pace. Somma fu l'afflizione del P. Villani, ben
sapendo, che non così volentieri se li alleggeriva. Così travagliato non
voleva, e non era nello stato di cibarsi, ma fecelo a stento, e forzato dal
medesimo Padre. Comunque ritrovossi l'indomani, presentossi all'esame. I
Cardinali Orsini, ed Antonelli, che l'introdussero nella solita sala, vedendolo
travagliato, se ne afflissero.
Troppo gloriosa fu per
Alfonso questa funzione. Interrogato dal P. M. Ricchini, se era lecito, o nò
pretendere il Vescovado, pregollo che avesse alzata più la voce; ma
rivolgendosi al Papa il Cardinal Gallo, Beatissimo Padre, disse, non ci sente,
perché non ci vuol sentire. Sorrise il Papa, e ne sorrisero gli Esaminatori, e
tutti.
Terminato l'esame, uno
de' Cardinali li suggerì, che ringraziato avesse il Papa. Alfonso, o che nol
sentisse, o fingesse non sentirlo, suggerendocelo di nuovo il Cardinale, Beatissimo Padre, disse, e questo fu tutto il ringraziamento, giacché vi siete degnato di farmi Vescovo,
pregate Iddio, che non mi perda l'Anima.
Il giorno di S.
Basilio, 14 del mese di Giugno, fu consacrato all'Altare del Salvatore nella
Minerva, e nol fecero, che con somma sodisfazione il Cardinal de Rossi,
Monsignor Macedonio, e non so chi altro. Giornata per lui non vi fu di questa
più mesta, e dolorosa. Egli stesso confidò in seguito al proprio Confessore,
che due grandi sforzi sofferto aveva in sua vita: uno, quando lasciando il
Mondo, abbracciato si vide strettamente dal Padre: l'altro, quando in Roma fu
consacrato Vescovo contro sua voglia. Nel
primo, disse, combattetti colla
passione verso un Padre, che mi amava: e nel secondo, mi viddi abbattuto,
essendo obbligato ad accettare ciò che non voleva, spaventato dal peso, e dai
giudizi di Dio.
Se cercò grazie al S. Padre,
queste non riguardarono se stesso, ma il bene delle Anime. Ci fu chi li disse,
che se voleva il privilegio di far uso del berettino, dicendo la Messa, doveva
spedirsi il Breve. Oh bella, rispose, ho da pagar danaro per fare una mala
creanza a Gesù Cristo! nè capiva come, e perché questo privilegio si
cercasse dai Vescovi.
Tra questo tempo, che
Alfonso stavane in Roma, considerandosi dai nostri quale, e quanto detrimento
la sua perdita era per arrecare alla Congregazione, essendosi unite le Case
tutte, vollero si supplicasse il Papa - 21 -
per averlo, anche Vescovo, Rettore e Superior Maggiore della nostra
Congregazione.
Rappresentando al Papa
il P. Villani il comun rammarico, questi rispose: Nò nò, non è così: mi costa esser la Congregazione ben stabilita, e
fornita di Soggetti; nè sarà per sentirne danno, mancandoci Monsignore: e mi
consolo, soggiunse, del gran bene, che opera nella Chiesa, e nel Regno.
Esponendosi il P. Villani il commune desiderio di volerlo anche Vescovo, per
proprio Superiore, colla facoltà di potersi eleggere un vicario, il Papa ne
dimostrò compiacimento, vedendo l'attacco che si aveva per Alfonso da' nostri
Congregati.
Accordò tutto; e si può
dire, che con questo si scemò in Alfonso porzione dell'amarezza, credendosi
discacciato di Congregazione in pena de' suoi peccati.
L'ultima volta, che fu
per licenziarsi dal Papa (ed avevalo voluto da sei in sette volte) sopraffatto
si vide da maggior finezza. Il S. Padre non sapeva disfarsi di Alfonso, ed
Alfonso non vedeasi sazio di trattare col Capo visibile della Chiesa. Il Papa
raccomandò se stesso, e la Chiesa alle di lui orazioni, ed Alfonso supplicò il
Papa averlo presente innanzi a Dio coi bisogni della sua Diocesi.
Uscendo, accompagnato si vide fin' all'ultim'anticamera da varj Prelati, e
Cardinali; ma il Cardinal Antonelli, avendo contratto per esso una più special
venerazione, accompagnollo fino alla prima sala. Donogli il Papa quanto
spettavagli per le Bolle; ed il cardinal Antonelli agevolò ogn'altra spesa,
come Secretario del Concistoro.
Essendo stato di nuovo
in Frascati per licenziarsi dal Duca di Sora, questi lo volle a tavola; e non
contento di questo, nel partire lo accompagnò a piedi per lungo tratto di
strada, e salendo in carrozza diedegli anche il braccio.
Raccomandò alle di lui
orazioni se stesso, e la famiglia, e dopo uno scambievole abbraccio, non fu
contento, se non baciavagli anche la mano.
In tutto questo tempo,
che Alfonso stiede in Roma, non vi fu caso che mosso si fosse per vederne le
rarità. Non uscì di casa, che per necessità, o per visitare i sacri luoghi,
Consecrato che fu, visitò di nuovo il sacro deposito dell'Apostolo S. Pietro,
raccomandando se stesso, e le Anime alla sua cura commesse.
Così visitò ancora le
Basiliche, cioè S. Maria Maggiore, S. Gio: Laterano, e S. Paolo fuori di Roma.
Fu nella libreria Vaticana, ma per osservare in quei Codici i sacri depositi
dell'antichità Cristiana. Avendolo invitato per la seconda volta a tavola
l'Eminentissimo Orsini, volendoli far godere non so che Festa in piazza
Farnese, se ne dispensò col pretesto de' suoi incomodi. Non così con D. Sergio
Sersale. Avendolo questi invitato a vedere nella Traspontina dal Noviziato de'
PP. Scolopii, la Processione del Corpus Domini, con compiacimento vi si portò,
per veder onorato nella Capitale del Mondo un Mistero così sacrosanto, ma tanto
contradetto dai miscredenti.
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Anche in Roma la sua
mortificazione li fu sempre compagna. Offerto un gelato, ritrovandosi per li
gran caldi offeso con la testa, ricusollo, e volle semplicemente zucchero, e
limone, che chiamasi in Roma, acqua fresca.
Vestì sempre, come dissi, da Missionario, con
corona alla cinta, e con cappello ordinario, ed aperto. Personaggio di alto rango,
Monsignore, li disse, essendo stato a licenziarsi, Voi non avendo lasciato l'abito di vostra Congregazione, avete dato un
esempio, che ha edificato tutta Roma. Il Papa istesso non finiva encomiare la
di lui virtù.
Monsignor Mastrilli Chierico Regolare Teatino,
Arcivescovo di Bettelemme, che fu uno che assistette alla di lui Consacrazione,
attestò, che il Papa, parlandone con alcuni Cardinali, nel giorno che fu
conacrato, disse; Nella morte di
Monsignor Liguori avremo un altro Santo nella Chiesa di Gesù Cristo. Contestava
Monsignor Mastrilli, che comunemente Prelati e Cardinali lo venerarono tutti,
come un santo vivente.
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