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Cap.6
Alfonso ritorna in Napoli, e passa di nuovo in Nocera.
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Avendo Alfonso la mattina
de' 21 di Giugno, giorno di S. Luigi Gonzaga, celebrato nella Chiesa di Gesù
all'altare del Santo, parti di Roma.
Ritornando in Napoli
fece la strada di Monte Casino. Anziosi di baciarli la mano i due giovanetti D.
Andrea, e D. Alessandro de Liguori, figli del primo letto di D. Rachele de
Liguori sua cognata, lo prevennero di voler fare quella strada. Stimò
compiacerli Alfonso; ma a patto di ritrovarsi in S. Germano, non volendo perder
tempo, con salire in Monte Casino.
Passando per Ciprano,
si fermò per dir messa. Saputosi dal Clero, e da quei Gentiluomini, che
Monsignor Liguori era per celebrare, fecero a gara a chi più poteva
complimentarlo. oltre gli arredi più ricchi, adorno si vide l'altare con
candelieri di argento, ed altre suppellettili, come se celebrar si dovesse una
gran festa; e zeppa si vide la Chiesa di ogni ceto di persone. Preoccupati
dalla fame della di lui santità, ognuno volle la consolazione di baciarli la
mano, e riceverne la benedizione.
Non così successe in S.
Germano. Comunque sia, o che la lettera di Alfonso non giunse a tempo, o che
sbagliato si fosse nella giornata, i due giovanetti non calarono da Monte
Casino. Tirò a dirittura nel palazzo de' Benedettini. Fattasi l'imbasciata dal
P. Villani, dicendo che vi era Monsignor Liguori, non si ebbe risposta:
ripetendola la seconda volta, uscì un Laico, dicendo, che la foresteria era
piena. Troppo è nota l'ospitalità, e molto più la garbatezza de' PP. Cassinesi,
anche con persone non conosciute. Iddio però così permise per Alfonso.
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Non
essendoci locanda, si fe capo alla taverna; e sarebbe toccato a Monsignore,
come toccò al P. Villani, dormire a terra, se l'oste, avendo riguardo al
carattere, ceduto non l'avesse il proprio letto. Non si afflisse Alfonso per un
tale complimento Benedetto Iddio, disse, che così ha disposto; anzi ricevette a
stento l'offerta, premurato dal P. Villani. Solo facevali pena l'amarezza, che
sperimantato avrebbero i due Religiosi giovanetti, sapendosi un tale accidente.
Critica fu ancora per lui
la quarta giornata. Compromettendosi il vettorino di ritrovarsi a tempo, non so
in quale Chiesa, per la Messa, perchè si giunse passate le ore venti, non potè
celebrarla. L'afflizione di Alfonso fu somma; maggiormente perchè giorno
festivo dedicato a S. Gio: Batrista.
La mattina del giorno
susseguente fu a Capua, ivi aspettato a pranzo da Monsignor Capece Galeoto, che
volle la consolazione di baciarli la mano. Anche questo viaggio fu alla povera,
come gli antecedenti. A tavola ancorché Vescovo si accomodò sempre coi
vettorini; né volle per se veruna distinzione. Con sua confusione in Capua fu
complimentato da molti Signori, così Ecclesiastici, che Secolari.
Non pervenne in Napoli,
che la sera de' venticinque, incontrato in Aversa dal nostro P. Ferrara, e dal
suo Fratello D. Ercole. Non tanto si seppe il suo arrivo, che complimentato si
vide alla primaria Nobiltà, non come Cavaliere, ma acclamato, come santo,
recandosi ognuno a gloria di ossequiarlo, e baciarli la mano. Non fu lento
Alfonso, ristorato che fu, in visitare Monsignor Nunzio, e Monsignor
Cappellano. Non fu da sua Eminenza Sersale, perché ritrovavasi nella Torre.
Somma fu la stima, che questi ne dimostrarono, né mancarono visitarlo in casa.
Contemporaneamente
visitò ancora i Signori Reggenti. Il Principe di Sannicandro, Ajo dell'Infante
D. Ferdinando, sentendo il suo arrivo, uscigli incontro; e licenziandosi, non
mancò accompagnarlo fin sopra la grada.
Non furono meno le
finezze degli altri. Rincorandolo questi nella sua afflizione, andate di buon
cuore li dissero, sicuro di prestarvi ogni ajuto. Visitò li quattro Secretarj,
ma specialmente si raccomandò al Marchese di Marco, come addetto alle cose
degli Ecclesiastici. Io vado, disse
Alfonso, in una Diocesi un poco
imbrogliata; ed ognuno giustificar vorrà la propria condotta. Prego Iddio, che
così sia; ma prego farvi carico dell'onore di Dio, e del bene delle Anime. Non
vi sgomentate, disse il Marchese; e
bisognando il braccio del Re, siatene sicurissimo.
Essendo andato per
assistere alla tavola Reale, trattenendosi nell'anticamera, non fu conosciuto
da due Cavallerotti di settimana. Avendo fatto capire il Canonico D. Fabrizio
Martinisi, Tesoriere di Arienzo, esser Monsignor Liguori, non solo fu
complimentato con segni di venerazione, ma li - 24 -
fu dato da sedere. restò confuso Alfonso; e calando,
se ne lagnò dolcemente col Martinisi, per averlo dato a conoscere.
Girando per Napoli,
avvertì più volte il cocchiere di non cercare preminenza, e che con tutti
ceduto avesse il luogo. Essendosi incontrato alla porta dello Spirito Santo
colla carrozza di non so qual Principe, vedevasi renitente il cocchiere a voler
cedere, e molto meno l'altro era per farlo. Alfonso vedendo l'intoppo, strepitò
che ceduto si fosse; e ritirato in casa, fece di vantaggio altra tirata di
memoria al cocchiere, avvertendolo di
cedere sempre a chiunque, anche ad un salsumajo.
Varj inviti per dir
Messa ebbe dalle Monache ne' principali Monasterj; ma non volendo perder tempo,
e trattenersi in Napoli, quasi da tutti se ne sbrigò. Consolò bensì le
religiose di S. Maria a Zizza in Portanova, perché celebravasi la festa, ma
trasferita, di S. Luigi Gonzaga. Consolò ancora in Donnalvina D. Maria Saveria
Guevara sua penitente, e con questa, tutte e quante quelle rispettabili Religiose,
che anziose ne stavano de' suoi salutari avvertimenti.
Fu ancora in S. Girolamo richiesto dalle
proprie Sorelle. Essendo andato per dir Messa il giorno della Visitazione di
Maria Santissima nella Chiesa de PP. Gerolimini, subito che lo viddero i
Fratelli della sua Congregazione de' Dottori, l'obligarono a voler celebrare
nel loro Oratorio. Così consolò D. Francesco Cavaliere suo cugino, che volle
cresimata nella Cappella di Casa, coll'intelligenza del Cardinale, una sua
figlia.
Onorato si vide, ma con
modo particolare, da' primi del Clero, e tra gli oltri dai Missionarj della sua
Congregazione nel Duomo, da quella che dicesi della Conferenza, e dall'altra
stabilita in S. Giorgio, regolata dai Pii Operarii. Consideravanlo questi come
un Apostolo del Regno, e come capo di tutti i Missionarj.
I Congregati della
Conferenza lo dichiararono loro confratello, volendo maggiormente condecorare
la propria Adunanza. Se ne compiacque Alfonso. Fu di persona in Congregazione a
ringraziarli; e servendosi dell'occasione, non mancò invogliarli per la
salvezza delle Anime, ed incaricare a tutti, se non si volesse tradire il
proprio ministero, il predicar semplice, ed Apostolico.
Un prete di Arienzo,
ritrovandosi in Napoli, non mancò visitarlo. Credeva farsi merito,
presentandosi da ganimede, tutto cipro, con chioma inanellata, e con fibbie a'
piedi, che coprivano tutta la scarpa. Lo compianse Alfonso, vedendolo di testa
così svanito. Altro non li disse, ma col cuore sulle labbra, Figlio mio queste non sono fibbie da prete,
e questa chioma non vi conviene. se voi così, che dovete essere di esempio a
Secolari, un Secolare cosa di più dovrebbe fare?
Restò confuso il poveretto, e mutò sistema. Questo fu come principio di quelli
abusi, che Alfonso era per togliere in Diocesi, e come un foriere, che ne
prevenne la notizia.
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Da Napoli partì per
Nocera a 3 di Luglio in giorno di Sabbato. Passando per la Torre
dell'Annunciata visitò l'Eminentissimo Sersale. Troppo tenere furono le
dimostrazioni di affetto, che da questo se li fecero. Compiacevasi il
Cardinale, e con un mezzo sorriso, vedendolo Vescovo. Ci sei incappato, li disse; ed Alfonso: Tanto ha voluto l'obbedienza. Accompagnandolo fino alla grada nel
licenziarsi, e vedendo la servitù scherzando li disse: Vi avete fatto una livrea Cardinalizia? Non me l'ho fatta io, rispose
Alfonso, ma è stato D. Ercole. Il
vero si è, che gli volevala fare di un color rimesso cinerizio, e con suo
rammarico D. Ercole la fece blò, trenata a cremisi. Guardandosi le fibbie, li disse,
con un altro scherzo, queste fibbie ve le avete fatte in Roma, e care vi
costeranno. Non erano, che due fibbiucce di ferro, e costavano meno di un
carlino.
Prevenuto in Napoli dai
Signori di Gargano della Torre, per la Messa in Casa propria, giunto che vi fu,
ritrovò la Cappella preparata alla grande. Vi celebrò con sodisfazione di tutta
la famiglia, e fu a tavola con sommo compiacimento della casa, e di altri
Gentiluomini, e Sacerdoti di quel paese.
Essendo giunto in
Nocera, perché giorno di Sabbato, predicò al solito, in onore di Maria
Santissima. grande fu il concorso del Popolo pel sentirsi, che predicava
Monsignor Liguori; e vedendolo sulla Cattedra, ci fu in tutti un pianto generale.
Il giorno susseguente
venne visitato da quantità di Gentiluomini Ecclesiastici, e secolari.
Consolavasi ognuno, che essendo partito mal ridotto in salute da Nocera,
vedevasi ritornato ringiovinito; e vi fu chi li disse, che la Consacrazione era
anche risultata in vantaggio del corpo. Vi furono tra gli altri Monsignor
Volpe, e Monsignor Martinez Vescovo di Avellino; ed il di susseguente Monsignor
Coppola Vescovo di Castellammare, Monsignor Borgia Vescovo della Cava, e
Monsignor Giannini Vescovo di Lettere. Amava il Giannini teneramente Alfonso.
Questi essendo stato Vicario in Troia del di lui Zio Monsignor Cavaliere,
visitandolo, lo tenne relegato di un bellissimo rocchetto, e di un anello, ma
ricco, che fatto Vescovo eragli stato donato dal medesimo Monsignor Cavaliere.
Vi fu il P. Abbate
Letizia Exgenerale di Montevergine, varj Vicari de' vescovi circonvicini, ed
altri religiosi, e Gentiluomini da quelle terre, e Casali.
Dopo essersi riposato,
unito col Cavaliere D. Francesco de Vicariis nostro convittore, si portò in
Salerno; per ossequiare Monsignor Sanchez. Visitato da' PP. Gesuiti, furono
tali le dimostrazioni di loro cordialità, che per consolarli scusossi di
restare a tavola.
La sera fu da Monsignor
Borgia nella Cava; ma esentarsi non poté la mattina susseguente di far i
Ponteficali nella Chiesa di S. Giovanni, così pressato da Monsignor Borgia, e
da quelle Religiose, quasi tutte sue penitenti. Alzandoli - 26 -
di dietro la sottana prelatizia il Chierico
Seminarista, che facevali da caudatario, fu osservato, che i calzoni erano di
telaccia vile, e meschina: cosa che attirolli maggiore stima, e venerazione.
Prevedendosi dai nostri
le visite, che era per ricevere in casa, non fu situato, come voleva nella sua
solita stanza, perchè troppo angusta; ma se li diedero due unite in un altro
corridore: una per il letto, e l'altra per ricevimento. Una sera passeggiando
coi nostri, essendo giunto avanti della solita sua stanza, sospirando, disse: Oh camera, quando ti vedeva, mi consolavi,
ora mi dai pena! Fu sorpreso da tale rammarico, che quasi piangendo si
diede in dietro.
La mattina
degli otto, avendo dato tra le lagrime,
un caro Addio alla diletta Casa di Nocera, piangendo, e licenziandosi dai
nostri, partì per Napoli col P. D. Francesco Margotta. Fratelli miei, lor
disse, non vi dimenticate di me: io vado in esilio lontano da voi, e dalla mia
Congregazione. Più di questo non potette dire, vedendosi soffocata la parola,
soprafatto dal pianto.
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