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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 3
    • Cap. 8 Sistema di vita di Alfonso, ed esemplarità ricercata ne' suoi familiari.
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Cap. 8

Sistema di vita di Alfonso, ed esemplarità ricercata ne' suoi familiari.

 


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Memore Alfonso di quello, che l'Apostolo incarica a Timoteo, cioè, che chi è Vescovo esiger deve da ognuno lodevole testimonianza di sua condotta; e che chiunque, come scrisse a Tito, ancorché inimico, scorno si faccia di dirne male, non è che riformò Egli se medesimo: come portavasi vivendo tra di noi, non altrimenti visse nello stato di Vescovo. Sistemò, subito giunto in S. Agata, la sua giornaliera condotta; e quale fu nel primo arrivo, tale continuolla per anni tredici, cioè fino al suo ritorno in Congregazione.

 

La mattina, subito alzato, flaggellavasi con lunga disciplina. Radunata la famiglia, eccetto il Vicario, che lasciavalo in libertà, unito con quella, attendeva per mezz'ora alla meditazione delle cose eterne. Quest'atto era impreteribile. "La meditazione soleva dire, è all'anima, come lo spirito al corpo; e che non è uomo, ma bruto, chi di mattina non presta subito a Dio i suoi dovuti omaggi, e non concerta


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con Dio i suoi proprj interessi.

Sodisfatte le ore canoniche, e premesso alla santa Messa un più prossimo apparecchio, celebrava; e ginocchioni assisteva all'altra del Segretario, che immediatamente si diceva; ma mancando questi, faceva salire altro Sacerdote dalla Cattedrale.

Mancò questa Messa una mattina, non ricordandomi che abbaglio vi fu. Monsignore affliggendosi, disse, ma tutto acceso in volto al segretario: D. Felice, il maggior disgusto, che potete darmi si è, quando dopo la Messa mia, non mi fate sentire un'altra Messa.

 

Sodisfatti i suoi doveri con Dio, dava udienza a tutti, e specialmente sbrigava i varj corrieri pervenuti dalla Diocesi. Non aveva Egli portiera, anticamera per chiunque. Ordinato aveva, ed incaricato ai suoi, che subito qualunque persona introdotta si fosse, ancorché miserabile. Tra il povero, ed il ricco non eravi eccezione con Alfonso: anzi fu osservato, che quanto erano più dozzinali, e meschini, tanto maggiormente ascoltavali con amore, e con piena sodisfazione.

Per li Parochi, e loro Sostituti, e per li Confessori, e Vicarj foranei non eravi bisogno si prevenisse; ma in qualunque tempo, voleva che con tutta confidenza entrassero: Questi, diceva Monsignore, sono li miei privilegiati, e patir non devono veruna soggezione.

 

Non essendoci persona da sbrigarsi, terminata la Messa, impiegavasi subito o nel comporre, o nel dettare. Quest'applicazione non fu mai d'impedimento in sodisfare i Diocesani. trattandosi di udienza, così attesta con tutti il Primicerio Carfora, vi era ordine, che subito introdotta si fosse qualunque persona, ancorché miserabile.

Richiesto da qualsiasi mendico, sospendeva nell'istante la penna, e sentivalo. Sodisfatto, ripigliava di nuovo l'occupazione. Bisogna dire, che nel tavolino restringevasi tutta la sua stanza. Ivi inchiodavasi levato da letto; ivi orava, avendo sopra di quello, coll'imagine del Crocefisso, una tavola della Madonna del buon Consiglio; ivi sbrigava gli affari, e dava udienza ad ognuno. Avendo fatto capire, che non godeva complimenti e visite inutili, ognuno non vi si portava che per cose interessanti.

Se sodisfatto, non licenziavasi taluno, egli con un Orsù non perdiamo tempo, sbrigavasene, o dir soleva: Raccomandatemi a Gesù Cristo, ed a Maria santissima. Ritrovandosi con persone, che non conveniva licenziarle, in faccia se li vedeva il patimento, che nell'interno soffriva. Penava, non perché sospendeva la penna, ma per non barattar il tempo in discorsi inutili.

 

Non così trattava Alfonso, ove conveniva sentir persona, che interessava la gloria di Dio, o il bene del prossimo. Con queste non solo non tediavasi, che anzi sollecito vedevasi di sentirle a sodisfazione. Essendo stato da esso un sacerdote forestiere, e non convenendo licenziarlo, essendoseli detto che eravi un Parroco, che voleva parlargli, entri, entri, tutto allegro disse Monsignore. Uscito il Sacerdote,


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ed entrando il parroco, oh questi, disse, ho a caro sentire, non quei che vengono a dirmi cose, che non mi premono. Altra volta essendoseli detto esservi un Arciprete, che dir li voleva una parola, rispose Alfonso, sospendendo la penna, non una, ma mille.

 

Tutti, come ho detto, avevano libero l'ingresso, eccetto le donne. Esser voleva prevenuto per queste, e non sentivale per lo più, che fuori di stanza, e sempre con persona a vista. Una Gentildonna, ma invecchiata, volendo parlargli da solo a solo, non importa, le disse Monsignore, che vi sia presente questo fratello (era il fratello Francesc'Antonio) questo è secreto, non dubitare. In S. Agata fu veduto dar udienza ad una vecchia decrepita nel salone dell'Episcopio, sedendo Monsignore nell'estremità di un lungo scanno, quasi colle spalle voltate, e quella nell'altra. Questa scena, mi disse l'Arcidiacono de Rubertis, fu materia da ridere a chiunque.

 

Trattar dovendo, per correggere, con varie male donne, volle sempre taluno de' suoi per testimonio, e se quello era per partire, Alfonso imponevale che non si allontanasse. Calando in Chiesa, avvolgevasi il fazzoletto alla mano destra, portando la sinistra nell'apertura della tonaca, e presentandosi qualche donna per baciarli la mano, baciate la veste, soleva dire, e tanto basta.

 

Non eravi funzione di Chiesa, che attrassato avesse; ma tra tutte i Pontificali per Alfonso erano i soli privilegiati. Anche agonizzando, incomodato che fosse, non mancava di tenerli. Avendosi un giorno applicato la pastiglia di calce alle cosce, pregato a volersene dispensare, non vi s'indusse; ed era tale il patimento, che vedeasi tremare sul trono. altre volte vi calò, ancorché alterato dalla febbre. Tutte erano sue le funzioni della Settimana Maggiore. Solo nel Sabato Santo, non essendo in forza di regersi per lungo tempo in piedi, faceva premettere tutte le funzioni da un Canonico, ed Egli solennezava la sola Messa.

 

La mensa, come altrove dirò, parca per se era e stentata, ma competente per li familiari, cioè colla minestra ed allesso un altro piatto, formaggio, e frutta. Non mancavaci, per rifocillamento dello spirito, la lettura de' libri santi, e per lo più la vita di S. Carlo, che a vicenda facevasi dagli stessi commensali. Un'ora e quarto non passava tra tavola, e ricreazione. Giunto alle frutta, parlava col Vicario di affari della Diocesi, o di cose divote. Essendoci taluno diocesano, specialmente se qualche poveretto, o corriere, anche dopo tavola facevalo entrare, e sbrigavalo. Il pazientare de' poveri era somma pena per Alfonso.

 

Voleva in ogni tempo un poco di riposo dopo tavola, così per rassettare il cibo, che per dare alla testa un qualche ristoro. Un ora in tempo d'inverno stabilito aveva per i familiari, ed un'ora e mezza


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in tempo di està. Egli però contestavasi di un terzo, o al più di mezz'ora. Licenziata la famiglia, applicavasi al tavolino; e prima di mettersi a letto recitar soleva i cinque salmi del nome di Maria: divozione, che portò da casa sua, ritirandosi tra noi.

Era così impegnato in guadagnar del tempo, che tante volte ritrovavasi studiando, ove si era lasciato. Levato di letto, faceva uso del café; ma non , se per ristoro, o per mortificazione. Tante volte il Fratello Francescantonio, e non era di raro, somministravali il cafè, e partiva; ed egli, tirato da qualche riflesso, non sel prendeva che raffreddato.

 

Gran conto faceva della vita de' Santi. L'esempio di questi, diceva, fortifica l'umanità, e ci sprona a far del bene. Siccome da Congregato, così da Vescovo non lasciava impiegarsi per mezz'ora in questa lettura. Godeva rileggere le vite de' Vescovi santi, che maggiormente eransi segnalati nello zelo, e nel disprezzo di se medesimi; e tra gli altri quelle del Venerabile Bartolomeo de' Martiri, di S. Francesco di Sales, e del suo zio Monsignor Cavaliere Vescovo di Troja.

Così faceva in seguito un'altra mezz'ora di meditazione. Indi recitava Vespro, e Compieta. Il più della giornata o impiegavalo in ascoltare, e sodisfare ognuno, o nel comporre, e corregger le sue stampe. Di sera non usciva; ma tutto era applicazione per esso senza un sollievo di respiro.

 

Ne' giorni festivi, e specialmente in tempo di Quaresima, fece sua ispezione istruire il dopo Vespero i fanciulli in Chiesa, ed insegnar loro i rudimenti cristiani. Vi concorrevano non solo i figliuoli allettati dalle figurine, e rosarj, ma vedevasi in folla la gente adulta per apprendere dal proprio Pastore quel che far si doveva per vivere cristianamente.

 

Tra le opere di pietà, che prefisse si aveva, oggetto del suo amore furono gl'infermi, ma specialmente o poveri, e derelitti, o illaqueati di coscienza. Circa le 23 se ve n'erano di questi, portavasi a visitarli. Sopratutto non ometteva un tal'atto, se vi erano Ecclesiastici a letto.

 

Mezz'ora prima delle ventiquattro, avendo fatto precedere in Chiesa il segno della Visita del Venerabile, calava, e per mezz'ora dava al suo popolo i motivi di fede, e di carità verso Gesù Sacramentato. troppo patente era il frutto che ricavavasi; e troppo appassionato vedevasi Monsignore per questo angusto mistero.

Ritornato da Roma, prima che fosse andato in Diocesi, scrisse da Napoli all'Arcidiacono Rainone, che nella Cattedrale introdotta si fosse la Visita al Sacramento; ma dal secondo giorno che giunse in S. Agata, non lasciò mai di calarvi di persona.

Essendosi fatto trovare apparecchiato la prima sera del Sacrestano ginocchiatojo con cossino, non ci vogliono queste cerimonie, li disse.

Inginocchiossi a terra nel corno dell'Altare, e così pratticò ogni sera.

Volendo bandire dalla bocca, e dal cuore delle donne le canzoni laide, e profane, industriavasi imboccarle delle pie e divote, dandoci il tuono, e


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ripetendo le strofe unitamente con esse. Avendolo avvertito il Medico Cervo, che troppo si sfiatava, bisogna far così, rispose, per allettare il Popolo, e far che detesti quelle, che non convengono.

 

Ritirato in Casa, e sbrigato ognuno, specialmente i poveretti che concorrevano per limosina, recitava Matutino con le Laudi, ed unito col Fratello Laico occupavasi per altra mezz'ora nella santa meditazione. In tempo d'inverno differiva la cena, ed applicavasi fino alle tre, e quattro; ma ne' tempi estivi convocata la famiglia, non escluso il Vicario, recitavasi da tutti ginocchioni il Santissimo Rosario con le Litanie di Maria Santissima. Concorrendo qualche Novena di Gesù Cristo, o della Vergine, o de' santi suoi Avvocati, vi erano ancora altre preci. Facevasi di più in comune l'esame di coscienza, e recitavansi gli atti cristiani.

 

Per il Rosario, e per il più della sera non eravi eccezione di persona. Chiunque forestiere ritrovavasi in casa, ancorchè Prelato, intervenir vi doveva; e tante volte confusi colla famiglia si videro ginocchioni insieme con Alfonso, Monsignor Borgia, Monsignor Pallante, Monsignor Pignatelli Arcivescovo di Bari, ed altri. Ritrovandosi in casa Monsignor Mazza Vescovo di Castellammare, e non essendoci intervenuto, chiamato, dovette assisterci anch'esso. Così se ci erano Principi, e Signori, che spesso non mancavano.

Non poteva soffrire se taluno vedevasi svogliato. Essendo convenuti, stando egli in Arienzo, gli Esaminatori per il concorso di una Parochia, e non essendo partiti, perchè l'esame non  terminò che alle quattro, anch'essi dovettero intervenirvi. Monsignore, dalla maniera come ne stavano, osservandoli annoiati, fattosi di fuoco. Io son vecchio più di voi, lor disse, e sto ginocchioni, e le Signorie loro ancorchè più giovani, vedo, che non si fidano: segno è che non siete avvezzi.

 

Terminata la cena, e trattenutosi qualche poco di tempo col Vicario, e co' familiari, anche in cose che interessavano la Diocesi, colla conversazione licenziava ancora il Fratello Francesc'Antonio. Subito ripigliava di nuovo la sua applicazione, o mentale, o letteraria.

Non ci pativa lo stomaco, perché troppo carico non era; e ristoravasi in modo, che anche dopo cena poteva orare, e studiare. Tante volte in tempo di està, così pressato da qualche disimpegno di stampa, tirava al tavolino in faccia a mezza notte.

Troppo cara li costò una volta questa sua applicazione. Vi fu tempo che non cenava, ma bevevasi prima di mettersi a letto, un bicchier d'acqua. Rincrescendo al servidore Alessio la veglia, e volendolo spaventare, ancorché passata fosse la mezza notte, richiesto dell'acqua, ce la diede. Non credeva Monsignore esser l'ora così tarda. sentendo dopo avanzata la mezza notte, stupido restò, e fatto di gelo. Chiama, unisce varj orologi, e non trovandovi varietà, per più


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giorni non finiva di affliggersi col servidore, per la Messa perduta.

Tale fu l'applicazione giornale di Monsignor Liguori. Il P. D. Fabbio Buonopane, che spesso era da lui, attestommi che ore sedici costantemente impiegava nelle cose spirituali, nelle applicazioni letterarie, e nel disbrigo degli affari della Diocesi.

 

Ristretta fu la Famiglia. Oltre del Vicario, del Fratello Francesc'Antonio, un Sacerdote aveva, che faceva da Segretario, da maestro di casa, e da Cappellano, un servidore, un cocchiere, che anche, faceva da mozzo di stalla, ed il cuoco. In arrivare, così consigliato da Monsignor Borgia, e dai nostri, si aveva posto due servidori. Giunto il Vicario, ed avendoci portato il proprio, volle Monsignore che licenziato l'avesse, dicendoli che ceduto l'avrebbe uno de' suoi. Ma a capo di cinque giorni essendosi sbrigato di uno di questi, tutto il servizio per se, e per il Vicario non si ridusse, che ad un servidore, ed un cuoco.

Oculato, e troppo attento fu Alfonso sopra questa sua così picciola Famiglia. Che se in senso dell'Apostolo non è atto a regger la sua Chiesa, chi poco cura i suoi familiari, Alfonso subito che pose piede in Diocesi punto non trascurò questa sua obbligazione.

 

Nella confusione in cui trovavasi, partendo per Roma, si avvalse di quella servitù, che dal Fratello D: Ercole li fu data. Non avendola sperimentata onesta, come erane stato accertato, se ne sbrigò subito arrivato in Napoli.

Domenico Antonio ne l'ho mandato, ed il cocchiere anche se ne va, perché non fanno per me, scrisse al P. Villani. Avendo saputo, che rubato aveva il cuoco non so che ad un servidore, licenziandolo ne sostituì un altro.

 

Ogni mattina voleva, che la servitù bassa assistito avesse alla Messa sua, o del Vicario; e per lo meno, che ogni quindici giorni frequentati avessero i Santissimi Sacramenti; ma nelle feste principali specialmente di Gesù Cristo, e di Maria Santissima comunicar dovevansi alla sua Messa.

Non permetteva qualunque gioco, e molto meno quello delle carte, che interessar li potesse. era delitto accostarsi a qualche bettola, o farsi vedere in qualche cellajo, o taverna. In una parola voleva, e stava attento, che nelle persone di suo servizio cosa non ci fosse di qualunque taccia. Attesta il Paroco D. Pasquale Bartolino, che leggevasi in fronte di tutti quei della sua Corte la modestia, la moderazione, ed il disinteresse.

 

Gelosissimo vedevasi sopratutto per l'onestà. Qualunque difetto, per quello che poteva, scusavalo, e compativa; ma odorando mancanza di purità, senza perdita di tempo, licenziava chiunque.

In seguito avendo odorato nel cuoco dell'aderenza con una donnaccia, non solo fu licenziato, ma volle che sloggiasse, e mutasse cielo. Non essendo partito, e frequentando quella casa, vedendolo restìo, né incombenzò per arrestralo la squadra di campagna. Non fu fedele il Caporale, con carlini quindeci che si prese, lo fe metter in fuga. Godo, disse Monsignore, che si è tolto lo scandalo, e che in parte abbia soddisfatto in contante il proprio delitto.

Un altro anche fu licenziato, avendosi fatto lecito una notte uscir di casa. A tal effetto non ammetteva servidore, che non fosse ammogliato, e che in S. Agata non avesse la sua donna. Non aveva cosa in contrario per Alessio Pollio suo servidore, ma perché giovinetto, non restò sodisfatto Alfonso, se nol vide ammogliato.

Non altrimenti Monsignor Liguori sistemò costantemente se stesso, e regolò la propria famiglia, vivendo nel Vescovado di S. Agata.




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