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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 3
    • Cap. 9 Frutto ricavato da Alfonso in S. Agata con la Missione, e coi santi Esercizj.
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Cap. 9

Frutto ricavato da Alfonso in S. Agata con la Missione, e coi santi Esercizj.

 


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Troppo imbarazzata ritrovavasi Santagata nell'arrivo di Monsignor Liguori. Sembrava questa Città quel mistico lenzuolo rappresentato da Cristo a S. Pietro, tutto ripieno di animali immondi, ed Alfonso invitato, mangiar ne doveva, e satollarsene.

 

La Domenica susseguente al suo arrivo, sbrigato che fu dalle tante visite, e dato sesto alla casa, e famiglia, aprì di mattina i santi Esercizj nel coro d'Inverno al Clero Secolare, e Regolare. Non era Alfonso che predicava, ma un Apostolo, così confessavasi, e riconoscevasi da tutti. il suo stile piano, e familiare, animato dal suo zelo era un acqua serotina, che inzuppava le anime, e commoveva i cuori. Tutto era frutto per l'uditorio.

Ognuno vedevasi confessare l'attrasso delle proprie obligazioni, e detestare capo chino lo stato in cui si vedeva. Gli scandali abbominati, e tolti non furono pochi; e tanti e tanti, emendandosi in meglio, furono la consolazione di Alfonso; e l'edificazione di tutta S. Agata.

 

La medesima sera di Domenica aprì in Chiesa la Missione al Popolo, facendo Egli la predica, ed il P. Margotta il Catechismo. L'idea, che conceputa si aveva del nuovo Vescovo, anche da vicini Casali attirò quantità di Popolo, e tale, che nol capiva la Cattedrale. Fiumi di lacrime vedevansi in Chiesa.

Se la vita povera di Alfonso, e senza fasto compungeva ognuno, lo strapazzo che faceva di se, spesso battendosi con dura fune, inteneriva i cuori più ostinati. Confessavasi da tutti, che memoria di uomo non vi era in S. Agata, che ricordato si fosse ne' suoi antecessori un zelo così grande. La compunzione era generale in ogni ceto; ed i confessionili affollati si viddero ne' giorni susseguenti da tanti e tanti ben noti, che da tempo e tempo vivevano inimici di Dio,


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e lontani da' Sacramenti.

Per commuovere maggiormente il Popolo addestrò ancora i Canonici più capaci, e feceli girar di sera, risvegliando il Popolo coi sentimentucci per tutte le strade .

 

Volendo spianar la libertà, e precludere, specialmente alle donne, la strada a' sacrilegj, proibì ascoltar le confessioni ai Confessori paesani, e chiamò dalla Diocesi i migliori Parrochi. Tutti allogò in Palazzo, e durante la Missione facevali assistere al confessionale. Non é credibile, come contestavano i medesimi, il gran frutto che operò questa providenza, e quanto agevolasse nelle anime il vomito de'peccati, e detestarli.

 

In ogni ceto si sperimentò un sommo profitto. S'intesero dapertutto delle grosse restituzioni. Molte famiglie si viddero tra di loro riconciliate; tanti mariti e mogli che stavano scissi e divisi, si riunirono nel vincolo matrimoniale. Uomini, e donnacce infancate nel peccato, che da anni ed anni scandalizzavano il pubblico, detestando il mal fare, ridotti si viddero ad una sincera penitenza. Un artista, tra gli altri, entrato in se stesso, si compunse in maniera, che facendosi dopo la predica la disciplina in commune, non volendo si colpì nel volto, e poco dopo se ne morì con evidenti segni di salvezza.

Strepitosa fu specialmente la conversione di Giacomo Rainone, fratello dell'Arcidiacono, e primario Gentiluomo in Santagata, ma bizzarro, e sommamente scandaloso. Tocco da Dio, conobbe il suo male, lo detestò, e fu perseverante nel suo pentimento. Anche questi ancorché giovane, e robusto non sopravisse, che pochi mesi con consolazione de' parenti, e con edificazione di tutta S. Agata.

Avendosi posto la stola negra nella predica del Giudizio, disse con torcia di pece alla mano, che intendeva maledire gli usuraj, i bestemmiatori, e specialmente i concubinarj impenitenti. Eravi presente un gentiluomo usuraio, ma troppo noto in S. Agata. Questi ebbe tal terrore per la fulminata maledizione, che sorpreso dalla febbre, a capo di pochi giorni se ne morì.

 

Volle, che nella Domenica susseguente vi fosse in Chiesa la Comunione generale. Prevenendo quest'atto, ottenuto avea dal Papa con particolar Breve, il guadagnarsi da ognuno l'indulgenza plenaria. Tutti d'ogni ceto vi si apparecchiarono.

Somma fu la consolazione di Alfonso, vedendo famelico un Popolo immenso del pane Eucaristico, e tra questo, persone che da tanti e più anni non sapevano cosa voleva dire questo Divin Sacramento. Egli medesimo per apparecchio e ringraziamento vi fece il fervorino, ma con sensi così teneri, che non che il Popolo, anche i Canonici, e quanti vi assistevano, si disfacevano in lacrime. Vi fu ancora tra tutti il bacio di pace.

Con questa Missione santificata restò S. Agata. Specialmente prese piede tra tutti la frequenza de' Sacramenti, ed una singolar divozione verso Maria Santissima, cosiché il Popolo vedevasi  in folla ogni sera alla Visita del Sacramento, e della gran Madre di Dio.


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Fatiche così eccessive , e strapazzi così grandi in un uomo avanzato in età, e carico di acciacchi facevano senso in ognuno. "Abbiamo pregato Iddio; esclamò il Decano Buonanno, che ci avesse mandato un buon vescovo: Iddio ci ha consolati; ma Monsignore si ammazza da se stesso".

Il Tesoriere Cacciapuoti, non potendone di più, facendo capo da Monsignor Vicario "Voi che fate, li disse, non vedete che Monsignore si abbrevia la vita; sapete le lacrime, che si sono sparse, e come l'abbiamo avuto. Mettete freno al suo zelo: non sono queste fatiche per esso; parlatene col Confessore , affinché lo precetti, e moderi".  Queste erano le voci di tutti. Alfonso, se compiacevasi dell'amorevolezza, non arretravasi dalla fatica, dava respiro al suo corpo.

 

Due denti erangli restati residui di tutti. O  che fossero i raffreddamenti nelle prediche, o che voglia non avessero di più servirlo, tal dolore se li risvegliò nel mezzo della Missione, che non davali pace. Suggerenosegli da varj Canonici chiamarsi il celebre Moretto da Napoli, non diede retta, ed insistendosegli disse: i cavamole di qui forse non sono come quelli di Napoli. Polso ci vuole al barbiere, e pazienza a chi vi sta sotto: Io devo avvalermi di quelli, che sono in Diocesi, perché Iddio questi mi ha dato.

Un barbiere che è prattico vi é in S. Maria a Vico, disse l'Arcidiacono Rainone, ma perché ubriaco, non sta in sensi, che di mattina. Si chiamò , ed essendosi Monsignore seduto a terra sopra un cuscino, il Verzella si presentò per tenergli le spalle. Monsignore avendosi cavato di petto il Crocefisso, qual meglio sostegno di questo, li disse, che ha offerto tanti dolori per me; ed incrocicchiando le braccia, e stringendoselo al petto, soggettossi all'operazione, senza aver dato un oimé. Così addolorato non mancava predicare la mattina ai Preti, e di sera al Popolo.

 

Non eragli di sollievo, anzi d'incomodo, l'ultimo dente che eragli restato. Terminata la Missione si fe strappare quest'altro. Il dolore fu acerbissimo, perché sano e fermo, e ben tre volte ci si appresò il barbiere.

Costante fu Alfonso nel suo patimento; ed altro non disse: Oh Dio quanto teneva questo dente. Rivolto poi lepidamente al barbiere, Mastro Nicodemo, li disse, da oggi innanzi non vedrai più i miei denari.

Con meno frutto non riuscirono gli Esercizj ai Gentiluomini. Questa fu l'ultima piazza attaccata ed espugnata da Alfonso. Vedevasi tutto zelo fatto terribile agli stessi demoni, e non sembrava sulla Cattedra che un Apostolo, che zelasse l'onore di Dio, e la salvezza delle anime.

Mi fu attesta da persone di eccezione maggiore, che eccitando una sera l'udienza  agli atti di amore, e pentimento, si vide trasformato, e fuori di se, e col volto così acceso, che sembrò a tutti un Serafino. Non entro in particolare al profitto che ci fu, dico bensì, che non furono:


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pochi gli scandali detestati, e tra essi, con speciale edificazione, regnar si vide somma pace, e concordia.

 

Questi Esercizj si diedero nella Chiesa del Carmine; e nella medesima Chiesa eresse Alfonso con suo compiacimento una special Congregazione di questo ceto sotto il patrocinio di Maria Santissima. Vi stabilì Superiore Giacomo Renone, che davvero, come dissi, erasi dato a Dio; e tra l'altro fissò la frequenza de' Sacramenti, ed altre pratiche di pietà, che facevano la santificazione di quei Signori.

 

Non ancora aveva egli tenuto in S. Agata i solenni Ponteficali, benché assistito avesse in altre Chiese a più Messe ne' giorni festivi. Riservossi i primi Ponteficali pel giorno dell'Assunta, perché festa di Maria Santissima, e Titolare della Cattedrale. Il Papa, che render volle maestosa in faccia alla Città questa solenne funzione, accordato aveva al Popolo, assistendoci confessato e comunicato, l'Indulgenza Plenaria, così visitandosi il giorno la medesima Cattedrale. Preceduto l'avviso la sera antecedente, zeppa di mattina si vide la Chiesa considerandosi in tutti una general compunzione.

La medesima indulgenza volle il Papa si guadagnasse da ognuno, che girando Alfonso per la prima volta la Diocesi, avesse anche assistito al suo primo Ponteficale, e visitato il giorno la medesima Chiesa.

 

Non posso meglio individuare le sollecitudini di Alfonso sulle prime che giunse in S. Agata, che con quello accenna in una sua  de' 2 di Agosto al P. Rettore  D. Gasparo Caione in Caposele, il P. D. Angelo Majone.

"Desiderate sapere, così egli, qualche cosa del nostro Padre. Sappiate, che sono più gli atti di virtù che fa fare a noi di casa, che quegli che fa egli. Non si mangia, non si dorme, e non si ha un momento di respiro. Tutto è fatica per noi, si come contentarlo. Ognuno ammira la sua instancabilità, e la sua somma pazienza nel soffrire schiamazzi, e ricorsi; e la sua gran carità nel dar udienza in ogni tempo a qualunque femminuccia; ne ha riparo calare in Chiesa per sentirle, uscire alla sala, e portarsi in qualsivoglia luogo per soddisfare chiunque.
E' indefesso nel predicare. Mostra tanto zelo per riordinare questa Diocesi così sconcertata, che non ha né quiete, né riposo. Chi si chiama da solo a solo; chi raccomanda alla Vigilanza de' Parrochi, ed a chi scrive lettere correggendoli paternamente.
La sua mansuetudine e carità incanta ognuno. Non piglia regali: anche i canestri di fichi ha fatto ritornare in dietro. E così profuso nella limosina, che non bastando le rendite per un suo congruo, ma misero sostentamento, era per levare la carrozza, ed applicar voleva a' poveri ciocché devesi spendere per mantenerla. Fatto l'avrebbe, se da noi petolantemente non si fosse dissuaso. Non potete credere, Padre mio, la povertà somma che vi è in Città, ed in tutta la Diocesi.


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Sparsa la voce che Monsignore fa limosina, tutti i poveri concorrono in folla da tutti i paesi. A fasci vengono i memoriali, esponendo ognuno le proprie miserie. Mi dice questo Canonico Teologo che la Città insieme con la Diocesi, senza che Monsignore l'ha veduta, abbia mutata faccia, tanto è grande il concetto, che se ne ha . Questo è quanto posso in breve significarvi. Il restante  potete saperlo dalla lettera del P. Ferrara.

Alfonso  istesso consolavasi anch'esso, vedendo il gran bene , che risultava dalle sue fatiche. Scrivendo ai nostri in Nocera, Io sto, disse, e grazie a Dio si fanno delle cose buone: ma sto pieno di angustie, soggiunse al P. Villani, per questa benedetta Sposa, che mi è toccata.




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