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Cap. 9
Frutto ricavato da Alfonso in S. Agata con la
Missione, e coi santi Esercizj.
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Troppo imbarazzata
ritrovavasi Santagata nell'arrivo di Monsignor Liguori. Sembrava questa Città quel
mistico lenzuolo rappresentato da Cristo a S. Pietro, tutto ripieno di animali
immondi, ed Alfonso invitato, mangiar ne doveva, e satollarsene.
La Domenica susseguente
al suo arrivo, sbrigato che fu dalle tante visite, e dato sesto alla casa, e
famiglia, aprì di mattina i santi Esercizj nel coro d'Inverno al Clero
Secolare, e Regolare. Non era Alfonso che predicava, ma un Apostolo, così
confessavasi, e riconoscevasi da tutti. il suo stile piano, e familiare,
animato dal suo zelo era un acqua serotina, che inzuppava le anime, e commoveva
i cuori. Tutto era frutto per l'uditorio.
Ognuno vedevasi
confessare l'attrasso delle proprie obligazioni, e detestare capo chino lo
stato in cui si vedeva. Gli scandali abbominati, e tolti non furono pochi; e
tanti e tanti, emendandosi in meglio, furono la consolazione di Alfonso; e
l'edificazione di tutta S. Agata.
La medesima sera di
Domenica aprì in Chiesa la Missione al Popolo, facendo Egli la predica, ed il
P. Margotta il Catechismo. L'idea, che conceputa si aveva del nuovo Vescovo,
anche da vicini Casali attirò quantità di Popolo, e tale, che nol capiva la
Cattedrale. Fiumi di lacrime vedevansi in Chiesa.
Se la vita povera di
Alfonso, e senza fasto compungeva ognuno, lo strapazzo che faceva di se, spesso
battendosi con dura fune, inteneriva i cuori più ostinati. Confessavasi da
tutti, che memoria di uomo non vi era in S. Agata, che ricordato si fosse ne'
suoi antecessori un zelo così grande. La compunzione era generale in ogni ceto;
ed i confessionili affollati si viddero ne' giorni susseguenti da tanti e tanti
ben noti, che da tempo e tempo vivevano inimici di Dio, - 37 -
e lontani da' Sacramenti.
Per commuovere
maggiormente il Popolo addestrò ancora i Canonici più capaci, e feceli girar di
sera, risvegliando il Popolo coi sentimentucci per tutte le strade .
Volendo spianar la
libertà, e precludere, specialmente alle donne, la strada a' sacrilegj, proibì
ascoltar le confessioni ai Confessori paesani, e chiamò dalla Diocesi i
migliori Parrochi. Tutti allogò in Palazzo, e durante la Missione facevali
assistere al confessionale. Non é credibile, come contestavano i medesimi, il
gran frutto che operò questa providenza, e quanto agevolasse nelle anime il
vomito de'peccati, e detestarli.
In ogni ceto si sperimentò
un sommo profitto. S'intesero dapertutto delle grosse restituzioni. Molte
famiglie si viddero tra di loro riconciliate; tanti mariti e mogli che stavano
scissi e divisi, si riunirono nel vincolo matrimoniale. Uomini, e donnacce
infancate nel peccato, che da anni ed anni scandalizzavano il pubblico,
detestando il mal fare, ridotti si viddero ad una sincera penitenza. Un
artista, tra gli altri, entrato in se stesso, si compunse in maniera, che
facendosi dopo la predica la disciplina in commune, non volendo si colpì nel
volto, e poco dopo se ne morì con evidenti segni di salvezza.
Strepitosa fu
specialmente la conversione di Giacomo Rainone, fratello dell'Arcidiacono, e
primario Gentiluomo in Santagata, ma bizzarro, e sommamente scandaloso. Tocco
da Dio, conobbe il suo male, lo detestò, e fu perseverante nel suo pentimento.
Anche questi ancorché giovane, e robusto non sopravisse, che pochi mesi con
consolazione de' parenti, e con edificazione di tutta S. Agata.
Avendosi posto la stola
negra nella predica del Giudizio, disse con torcia di pece alla mano, che
intendeva maledire gli usuraj, i bestemmiatori, e specialmente i concubinarj
impenitenti. Eravi presente un gentiluomo usuraio, ma troppo noto in S. Agata.
Questi ebbe tal terrore per la fulminata maledizione, che sorpreso dalla
febbre, a capo di pochi giorni se ne morì.
Volle, che nella
Domenica susseguente vi fosse in Chiesa la Comunione generale. Prevenendo
quest'atto, ottenuto avea dal Papa con particolar Breve, il guadagnarsi da
ognuno l'indulgenza plenaria. Tutti d'ogni ceto vi si apparecchiarono.
Somma fu la
consolazione di Alfonso, vedendo famelico un Popolo immenso del pane
Eucaristico, e tra questo, persone che da tanti e più anni non sapevano cosa
voleva dire questo Divin Sacramento. Egli medesimo per apparecchio e
ringraziamento vi fece il fervorino,
ma con sensi così teneri, che non che il Popolo, anche i Canonici, e quanti vi
assistevano, si disfacevano in lacrime. Vi fu ancora tra tutti il bacio di
pace.
Con questa Missione
santificata restò S. Agata. Specialmente prese piede tra tutti la frequenza de'
Sacramenti, ed una singolar divozione verso Maria Santissima, cosiché il Popolo
vedevasi in folla ogni sera alla Visita
del Sacramento, e della gran Madre di Dio.
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Fatiche così eccessive
, e strapazzi così grandi in un uomo avanzato in età, e carico di acciacchi
facevano senso in ognuno. "Abbiamo pregato Iddio; esclamò il Decano
Buonanno, che ci avesse mandato un buon vescovo: Iddio ci ha consolati; ma
Monsignore si ammazza da se stesso".
Il Tesoriere
Cacciapuoti, non potendone di più, facendo capo da Monsignor Vicario "Voi
che fate, li disse, non vedete che Monsignore si abbrevia la vita; nè sapete le
lacrime, che si sono sparse, e come l'abbiamo avuto. Mettete freno al suo zelo:
non sono queste fatiche per esso; parlatene col Confessore , affinché lo
precetti, e moderi". Queste erano
le voci di tutti. Alfonso, se compiacevasi dell'amorevolezza, non arretravasi
dalla fatica, nè dava respiro al suo corpo.
Due denti erangli
restati residui di tutti. O che fossero
i raffreddamenti nelle prediche, o che voglia non avessero di più servirlo, tal
dolore se li risvegliò nel mezzo della Missione, che non davali pace.
Suggerenosegli da varj Canonici chiamarsi il celebre Moretto da Napoli, non
diede retta, ed insistendosegli disse: i
cavamole di qui forse non sono come quelli di Napoli. Polso ci vuole al
barbiere, e pazienza a chi vi sta sotto: Io devo avvalermi di quelli, che sono
in Diocesi, perché Iddio questi mi ha dato.
Un barbiere che è
prattico vi é in S. Maria a Vico, disse l'Arcidiacono Rainone, ma perché
ubriaco, non sta in sensi, che di mattina. Si chiamò , ed essendosi Monsignore
seduto a terra sopra un cuscino, il Verzella si presentò per tenergli le
spalle. Monsignore avendosi cavato di petto il Crocefisso, qual meglio sostegno
di questo, li disse, che ha offerto tanti dolori per me; ed incrocicchiando le
braccia, e stringendoselo al petto, soggettossi all'operazione, senza aver dato
un oimé. Così addolorato non mancava predicare la mattina ai Preti, e di sera
al Popolo.
Non eragli di sollievo,
anzi d'incomodo, l'ultimo dente che eragli restato. Terminata la Missione si fe
strappare quest'altro. Il dolore fu acerbissimo, perché sano e fermo, e ben tre
volte ci si appresò il barbiere.
Costante fu Alfonso nel
suo patimento; ed altro non disse: Oh Dio
quanto teneva questo dente. Rivolto poi lepidamente al barbiere, Mastro Nicodemo, li disse, da oggi innanzi non vedrai più i miei
denari.
Con meno frutto non
riuscirono gli Esercizj ai Gentiluomini. Questa fu l'ultima piazza attaccata ed
espugnata da Alfonso. Vedevasi tutto zelo fatto terribile agli stessi demoni, e
non sembrava sulla Cattedra che un Apostolo, che zelasse l'onore di Dio, e la
salvezza delle anime.
Mi fu attesta da
persone di eccezione maggiore, che eccitando una sera l'udienza agli atti di amore, e pentimento, si vide
trasformato, e fuori di se, e col volto così acceso, che sembrò a tutti un
Serafino. Non entro in particolare al profitto che ci fu, dico bensì, che non
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pochi gli
scandali detestati, e tra essi, con speciale edificazione, regnar si vide somma
pace, e concordia.
Questi Esercizj si
diedero nella Chiesa del Carmine; e nella medesima Chiesa eresse Alfonso con
suo compiacimento una special Congregazione di questo ceto sotto il patrocinio
di Maria Santissima. Vi stabilì Superiore Giacomo Renone, che davvero, come
dissi, erasi dato a Dio; e tra l'altro fissò la frequenza de' Sacramenti, ed
altre pratiche di pietà, che facevano la santificazione di quei Signori.
Non ancora aveva egli
tenuto in S. Agata i solenni Ponteficali, benché assistito avesse in altre
Chiese a più Messe ne' giorni festivi. Riservossi i primi Ponteficali pel
giorno dell'Assunta, perché festa di Maria Santissima, e Titolare della
Cattedrale. Il Papa, che render volle maestosa in faccia alla Città questa
solenne funzione, accordato aveva al Popolo, assistendoci confessato e
comunicato, l'Indulgenza Plenaria, così visitandosi il giorno la medesima
Cattedrale. Preceduto l'avviso la sera antecedente, zeppa di mattina si vide la
Chiesa considerandosi in tutti una general compunzione.
La medesima indulgenza
volle il Papa si guadagnasse da ognuno, che girando Alfonso per la prima volta
la Diocesi, avesse anche assistito al suo primo Ponteficale, e visitato il
giorno la medesima Chiesa.
Non posso meglio
individuare le sollecitudini di Alfonso sulle prime che giunse in S. Agata, che
con quello accenna in una sua de' 2 di
Agosto al P. Rettore D. Gasparo Caione in
Caposele, il P. D. Angelo Majone.
"Desiderate
sapere, così egli, qualche cosa del nostro Padre. Sappiate, che sono più gli
atti di virtù che fa fare a noi di casa, che quegli che fa egli. Non si mangia,
non si dorme, e non si ha un momento di respiro. Tutto è fatica per noi, nè si
sà come contentarlo. Ognuno ammira la sua instancabilità, e la sua somma
pazienza nel soffrire schiamazzi, e ricorsi; e la sua gran carità nel dar
udienza in ogni tempo a qualunque femminuccia; ne ha riparo calare in Chiesa
per sentirle, uscire alla sala, e portarsi in qualsivoglia luogo per soddisfare
chiunque.
E' indefesso nel predicare. Mostra tanto zelo per riordinare questa Diocesi
così sconcertata, che non ha né quiete, né riposo. Chi si chiama da solo a
solo; chi raccomanda alla Vigilanza de' Parrochi, ed a chi scrive lettere
correggendoli paternamente.
La sua mansuetudine e carità incanta ognuno. Non piglia regali: anche i
canestri di fichi ha fatto ritornare in dietro. E così profuso nella limosina,
che non bastando le rendite per un suo congruo, ma misero sostentamento, era
per levare la carrozza, ed applicar voleva a' poveri ciocché devesi spendere
per mantenerla. Fatto l'avrebbe, se da noi petolantemente non si fosse
dissuaso. Non potete credere, Padre mio, la povertà somma che vi è in Città, ed
in tutta la Diocesi.
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Sparsa
la voce che Monsignore fa limosina, tutti i poveri concorrono in folla da tutti
i paesi. A fasci vengono i memoriali, esponendo ognuno le proprie miserie. Mi
dice questo Canonico Teologo che la Città insieme con la Diocesi, senza che
Monsignore l'ha veduta, abbia mutata faccia, tanto è grande il concetto, che se
ne ha . Questo è quanto posso in breve significarvi. Il restante potete saperlo dalla lettera del P. Ferrara.
Alfonso istesso
consolavasi anch'esso, vedendo il gran bene , che risultava dalle sue fatiche.
Scrivendo ai nostri in Nocera, Io sto, disse, e grazie a Dio si fanno delle cose buone:
ma sto pieno di angustie, soggiunse al P. Villani, per questa benedetta Sposa,
che mi è toccata.
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