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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 3
    • Cap.12 Somma sollecitudine di Alfonso per il buon costume de' Giovani Seminaristi.
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Cap.12

Somma sollecitudine di Alfonso per il buon costume de' Giovani Seminaristi.

 


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Se impegnato vedevasi Alfonso per le lettere, e per il materiale del Seminario, molto più fu egli interessato per il buon costume. Volle che ogni mattina prima della Messa vi fosse in comune mezz'ora di meditazione sopra qualche massima de' novissimi, come più utile per li giovanetti; ma ne' Venerdì volle la meditazione sopra la passione di Gesù - Cristo. Chi non resta spaventato, ei diceva, dall'Inferno, resta di certo ammollito, considerando in Dio, che spasima per esso sopra di un legno. Prescrisse ancora due volte il giorno l'esame di coscienza in comune; cioè la mattina prima di pranzo, e di sera prima di  andarsi a letto,


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con recitarsi nella sera gli Atti Cristiani, e le Litanie di Maria Santissima.

 

Volle che a tavola mattina e sera vi fosse la lezione spirituale, che prima non si faceva. Sul principio la mattina leggevasi un capitolo del Testamento Nuovo, o parte ad arbitrio del Rettore, e durante la mensa, o l'Istoria Ecclesiastica, o qualche vita di Santo. Così di sera prima della Storia legger si doveva un capitolo, o parte di qualche libro, che trattava delle virtù e grandezze di Maria Santissima; ma il Sabbato la sera prima di tutto legger si dovevano le proprie Regole del Seminario.

 

Stabilì, che nella Cappella del Seminario vi fosse costantemente Gesù Sacramentato, e ne prescrisse ogni giorno la visita in comune. Cocì visita, e Rosario a Maria Santissima.

Il dopo Vespero di ogni Sabbato erano destinati più Sacerdoti per prender la confessione. Se eravi obligo che tutti si dovessero confessare; non vi era per la comunione; essendo ognuno in piena libertà di farsela, se voleva, ed il confessore glie l'approvava.

 

Una volta la settimana, e per ordinario il Sabbato non calava in Chiesa, se non portavasi prima in Seminario. Radunati i giovani, faceva a tutti in Cappella un sermone prattico sopra la bellezza della virtù, e sopra la bruttezza del vizio. Soprattutto raccomandava amore, e special venerazione per Gesù Sacramentato: così divozione, e tenerezza per Maria Santissima, inculcando che come a Madre, a lei si ricoresse, essendo tentati.

 

Altri mezzi prese Alfonso per radicare la divozione, e promuovere il buon costume tra' suoi Seminaristi. Introdusse in Seminario le particolari Novene in onore di Gesù - Cristo, e della Vergine, con pratticarsi in quei giorni de' fioretti di mortificazione, come privarsi di qualche boccone a tavola, o mangiare ginocchione, o sulla terra seduto. Soprattutto insinuava il digiuno semplice, se non in pane ed acqua, nelle Vigilie di Maria Santissima.

 

Rilevava similmente tra le sue prediche i pregi della carità scambievole, ma non la simpatia: la gara tra i giovani, ma non l'invidia; il bisogno, e non la delicatezza; la mortificazione de' sensi, e delle passioni. Sopratutto lo spirito di umiltà, e la totale subordinazione al Rettore, e Maestri.

 

Ogni mese prescrisse un giorno di ritiramento, sospendendosi le scuole, volendo, si rinvancasse da ognuno il proprio profitto, o discapito. Eravi la comunione quasi generale, con un fervorino, che facevasi dal Rettore prima, e dopo la comunione. Ho detto quasi generale, perché trovandosi taluno indisposto, poteva con qualche pretesto esentarli dalla comunione, per questo vi era taccia.

Similmente vi era il giorno


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una predica di materia, che facevasi di Monsignore con gran frutto de' giovanetti. Ogni anno impreteribilmente, prima di riaprirsi le scuole, volle che vi fossero otto giorni di esercizj spirituali. Questi o si davano dai Padri della nostra Congregazione, o chiamava da Napoli il Missionario D. Gaetano di Girolamo, unito col fratello D. Ignazio, o altri zelanti Operarj; e vi volta, che vi venire, in tempo che era Parroco nell'Avvocata, Monsignor Bergamo, ben noto per lo suo zelo, e santità.

 

Considerando Monsignore esser troppo seria l'applicazione giornale de'giovanetti, e volendo dar loro un qualche sollievo con profitto dello spirito, venire in Seminario il Maestro di Cappella D. Alessandro Speranza, uomo di virtù, e zelante Sacerdote.

Avendo fatto mettere in nota le proprie canzoni, godeva veder ammaestrati nel canto in tempo di sollievo i giovanetti, e cantarle uscendosi a spasso, o di sera, e di mattina nella comune ricreazione. Egli medesimo affaticavasi spesso spesso in dar loro i tuoni, compiacendosi vederli allegri e giolivi.

 

Non ammetteva chiunque in Seminario, se sicuro non era di un vivere tutto esemplare. Sembrano incredibili le tante diligenze, che usava per esserne accertato. Non voleva taccia nei natali, che offeso avessero il decoro ecclesistico. Informavasi se frequentava i Sacramenti, se di mattina vedevasi alla Messa,  e se di sera  alla visita del Sacramento.

Essendoseli presentato un giovanetto nipote di un Canonico, e fratello di un altro, accertato del costume l'ammise. Avendo saputo a capo di giorni  che il giovanetto era stato tra soldati, non volendo saper altro, licenziollo dal Seminario.


Chiamandosi il Canonico Fratello, come, li disse, voi state sempre con me, sapete l'affetto che vi porto, e mi tradite? Scusandosi questi, disse che tre giorni era stato in Capua, e che vestito non aveva l'uniforme di soldato. Sostenne Alfonso il passo. Ebbe tanto a male il vecchio Zio questo affronto, che ne cadde gravemente infermo.


Pregato Monsignore il giorno di Sabbato Santo dal Vicario, e dal Governadore, ed anche dal Capitolo, che a complimentarlo, non si arrese; e rappresentandosi la somma angustia del vecchio Zio, dite, lor disse, al Signor Canonico, che stia di buon animo, e che non mancherò pregar Iddio per farlo star bene per consolazione sua, e mia.

 

Sistemato così il Seminario, tutto era edificazione. Vi erano anime di orazione, e di perfetta annegazione di sé. Egli prescritto aveva la comunione ogni quindici giorni; ma molti la frequentavano ogni otto, e taluni più volte nella settimana. Vedevasi dell'armonia tra tutti: si studiava con impegno, e profittar vedevasi ognuno in bontà, e nelle lettere. Alfonso ne gioiva, e chiamar soleva il Seminario or la pupilla de' suoi occhi, ed ora il giojello della sua Diocesi.

Per esso non


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eravi cosa, che lo disanimasse, e ben impiegato teneva per li suoi Chierici qualunque tempo, e fatica. Tutti i miei ecclesiastici, soleva egli dire, sono la corona della mia testa: ma io fondo le mie speranze sopra del Seminario, per vedere coltivata, e rimessa nel buon costume tutta la Diocesi.

 

Sparsa la voce, il solo nome di Alfonso popolar fece il Seminario. Anche gli esteri facevansi gloria situarvi i proprj figli. le lettere che vi fiorivano, ed il buon costume che vi regnava, il trattamento imparziale tra Maestri, e Seminaristi, animavano i medesimi giovanetti a preferir questo Seminario a qualunque altro. In tale idea avevasi presso tutti il Seminario di Santagata, che era di soggezione ai circonvicini; e siccome quello di Aversa, in tempo del Cardinal Caracciolo, erasi reso famoso perché singolare nel costume, e nelle lettere: così questo di Santagata rendettesi tale, vivendo Monsignor Liguori.

 

Se godeva Alfonso, vedendo in uno statoflorido la grand'opera del seminario, così non trovava pace, se uomo inimico avesse cercato adulterarla. Vedevasi tutto sollecito che introdotti non vi si fosserro romanzi, o poeti poco sani. Non contento delle secrete spie che ci aveva, spesso spesso visitar faceva le camerate, vi era pietà per veruno, se cosa inconveniente vi si trovava.

Un costumato giovane fu colto leggendo un Poeta napoletano. Fu tale questo delitto, che fu passato dalla scuola di rettorica, a quella della grammatica, e perdurar vi dovette sino all'altro corso rettorico. Avendo saputo, che in una camerata girar vedevansi alcuni versi non tutto decenti, commessane l'indagine al Rettore, tale spavento ingerì nel Seminario, che chi avevali trangugiolli, non avendo altro tempo per disfarsene.

Essendosi trovati due Seminaristi con coltelli non convenienti, in atto furono tutti e due licenziati, più gli ammise all'ordinazione.

 

Facendo dalle finestre alcune picciolissime leggerezze tre giovanetti Seminaristi con una donna; che ispesso ripassar doveva per dentro il cortile, Alfonso nell'atto che lo seppe, licenziolli tutti e tre, né più vi fu pietà per essi, qualunque fossero state le loro umiliazioni, le proteste, e le interposizioni di persone autorevoli. Uno non ammise, se non dopo molti anni al Suddiaconato, esponendo il Parroco la necessità della Chiesa, e contestandosi da tutti la sua emenda; ma avendo appurato altre picciole mancanze, tale lo lasciò partendo dalla Diocesi; il secondo non ebbe mai grazia; ed il terzo, che anche nulla sperava, restò fuori d'impaccio, soffocato da un getto di sangue.

 

Vedevasi Alfonso sull'eculeo, se qualche lupo ammantato scorgevasi con veste di agnello. Odorandone il fiato, dava subito di piglio a ferro e fuoco. Avendo saputo non che in persona del nipote di un maestro, non avendo del riguardo per il zio, licenziollo nel medesimo


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istante. Pianse, e promise anche il Zio. Vedenso Monsignore inflessibile disgustato lasciò la scuola, e licenziossi di seminario.

 

Non prevalevano, succeduta qualche giustizia, pianti di parenti, mediazione di amici. Che carità, che carità! sentivasi ripetere a chi così li parlava: per aver compassione di un solo, voler permettere la ruina di tanti: questa non è carità, ma crudeltà. Anche persone di riguardo essendosi interposte per taluni, non spostarono Alfonso dalla sua fermezza.

Avendo licenziato un giovane, oltre la mediazione di varj Gentiluomini, sbracciandosi il Conte di Cerreto, anch'esso n'ebbe la negativa; una pecora infetta, scrisse al Conte, ammorba tutto l'ovile. Non vi fu prete, o gentiluomo in Airola, che inutilmente fraposto non si fosse per un altro giovanetto. All'Abbate Pignatelli, che fu poi Arcivescovo di Capua, che volle provarsi, assicurando Alfonso essersi emendato un giovane, essendo così, V. P. Reverendissima, lepidamente le disse, lo faccia Monaco.

Solo si conta aver trovato grazia presso Alfonso un figliuolo del casale di Duecento. Questi non peccava nel costume, ma dissanimato dal corso de' studj, fuggì di Seminario la prima e seconda volta. Non meritava pietà; ma Alfonso, stringendosi nelle spalle, tra se ripeteva: ma è di Ducento volendo dire, che non essendoci un prete in quel Villaggio, pazientar dovevalo, ed usarli finezza.

 

Singolare fu la tenerezza di Monsignor Liguori per li giovanetti costumati, e di riuscita. Avendo uno di questi sostenuto con applauso più tesi teologiche, perché poveretto, ribassolli in premio docati sei in ogni semestre.

 Deplorando l'abbandono in cui gemevano tanti lochetti, come Ducento, Bagnoli, Cancello, e simili, non essendoci preti naturali, se tra quelli adocchiava qualche giovanetto di talento, esso medesimo insinuavali lo stato Ecclesiastico, e graziosamente l'ammetteva in Seminario.
Questa carità non piacendo, e riclamando i Canonici Deputati, l'istituzione de' seminarj, replicava Alfonso, non fu fatta, che per ajuto delle Diocesi, ed altro fine non potettero avere le persone pie, testando i loro averi in favore de' Seminarj, che il bene delle Diocesi, e specialmente de' poveretti. Il Seminario è in obbligo sostener il peso degl'impotenti, se costumati sono, e di talento, e sollevar possono i proprj paesi.

Così diede ottimi preti a tanti Villaggi, e Casali, che n'erano di senza. Volendo bensì coadjuvare i poveri, e rinforzare la rendita del Seminario, smembrò nella santa Visita del 1764 ed incorporò al Seminario docati cinquecento: parte della rendita della Chiesa Arcipretale di Ducento, Castello un tempo popolato, ma ora desolato, e non abitato che da pochi coloni.

 

Costante fu tale disciplina stabilita in Seminario, anche in tempo che Alfonso, come altrove dirò, confinato si vide in Arienzo, e reso storpio. Non fu tale però, con suo sommo dispiacere, rispetto alle ferie.


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Gli anfratti del 1764, che indebitarono il Seminario, e l'intrapresa delle fabbriche, troppo in attrasso lo avean posto. Riclamando i Deputati per le ferie, Alfonso dovette cedere, a patto bensì non come il passato, ma per un mese e non più; cioè da primo sin'ultimo di Ottobre.  Se contro sua voglia permise le ferie, non è che rilasciò la briglia a' Seminaristi, o che perdesse di veduta il loro bene.

 

Prima che i Giovanetti uscissero di Seminario, radunandoli, faceva loro un sermone, rilevando i varj pericoli che incontravano, ed il male che potevano incorrere, portandosi ne' paesi.

Volle che ogni mattina nella propria parrocchia, a vista del parroco, far dovessero mezz'ora di meditazione, ed in seguito ascoltata la Messa: che ogni sera esser dovevano alla Visita del Sacramento, e ne' giorni festivi assistere nella propria  Chiesa a tutte le sacre funzioni; ed alla dottrina Cristiana, che facevasi dal Paroco.


Che ogni otto giorni non mancassero confessarsi, e comunicarsi; e che non uscissero fuori di casa senza collare, cinta, e sottana. Similmente che conversar dovevano con persone ecclesiastiche, ma timorate di Dio, e che in niun conto si accostassero, ove si vendemmiava, e molto meno si andasse a caccia.

 

Mandò tali stabilimenti, per rilevarne l'osservanza, ai rispettivi Parochi. Non contento di questo, destinava in ogni luogo più secreti esploratori, l'uno non sapendo l'altro, che informar lo dovevano della condotta de' Giovani; e mal per esso taluno se aveva un cattivo rapporto. Ritornando in Seminario non erano ammessi, se non avevano della loro buona condotta fede giurata dai rispettivi Parrochi. Non avendo portato un giovane un tale attestato, dovette ritornare in dietro.

 

Più d'uno sperimentò per qualche inosservanza il sommo rigore di Alfonso. Un Seminarista, iniziato con due ordini minori, s'indusse a sentire una comedia. Monsignore avendolo saputo, ancorché altro reato non avesse, per tempo e tempo l'escluse dagli altri due Ordini.

Avendosi fatto lecito un giovane, trasportato da un Sacerdote, andar girando in una notte, il Prete fu subito carcerato, ed il giovine espulso di Seminario. Qualunque pianto, e qualunque mediazione non trovò pietà presso Monsignore; e se fu ammesso a capo di anni, ci bisognò tutta l'autorità, e quella venerazione che egli avea per Monsignor Borgia allora Vescovo di Aversa.




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