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Cap.14
Visitando la Diocesi s'inferma in Airola, e
convalescente ritorna in S. Agata.
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A 24 Luglio pervenne in
Airola. Si può dire, che quivi entrò come in trionfo, considerandosi da tutti
come Angiolo venuto dal Cielo.
Il Principe della
Riccia, che troppo vantaggiosa idea aveva di sua santità, volle, e ne prevenne
il suo Maestro di casa, che allocato si fosse nel proprio palazzo, e che a
conto suo lautamente si fosse complimentato. Giungendovi aprì subito nella
Chiesa dell'Annunciata una quasi Missione, predicando giornalmente per otto
giorni continui, non senza spirituale profitto del Popolo; e nella Chiesa di S.
Carlo per altri tre giorni diede al Clero li santi Esercizj, ma con maniera
dolce, e familiare. Efficace fu la predicazione, essendovi veduto della
spontanea riforma in molti Preti.
Proseguendo la visita,
sospese, ed esiliò senza strepito giudiziario due Preti di mal'odore, ed un
Diacono, volendo che da se si appartassero, se non volevano essere condannati
in pena de' propri delitti. Similmente fece di là partire tre Religiosi, che
colla loro condotta erano di scandalo alla Città. Attesta il Parroco D.
Pasquale Bartolini, che avendoci ritrovati anche varj secolari scandalosi,
chiamandoseli paternamente li corresse; ma non essendosi emendati, per mezzo
suo, dopo qualche tempo, furono puniti con carceri, e con esilj, prestandoli in
braccio il Principe della Riccia.
Strepitoso tra gli
altri fu il castigo, che ne riportò un primario Gentiluomo e titolato. Viveva
questi perduto con una donna. Alfonso avendo fatto dare lo sfratto all'amasia,
fe che si unisse di nuovo con la propria moglie. Questi se finse, temendo di
Monsignore, non si compunse. In seguito avendosi fatta venire l'amasia,
tenevasela nascosta in palazzo.
Chiasso vi fu tra esso, e la moglie; e dubitando che questa nol riferisse a
Monsignore, minacciolla della vita. Di fatti poco prima un uomo sciagurato
ucciso aveva la propria moglie. Se non stai cheta, le disse, come a quella,
così farò a voi. Monsignore, che ne sapeva l'indole, avendo a cuore la
sfortunata moglie, lo fece subito arrestare, ed esiliare da Airola, per mezzo
del medesimo Principe; e non curando l'esilio, seguitando il peccato, il
Principe, animato da Monsignore, lo restrinse nelle carceri della Vicaria, ove
disgraziatamente vi lasciò la vita.
Visitando la Diocesi fu
anch'esso Monsignore visitato da Dio. In Airola, sorpreso dall'asma, aggravato
si vide con febbre, e con altri cattivi sintomi, che si stimarono mortali.
Somma fu l'afflizione, non dico de' familiari, ma del Clero, e di quei Signori
Gentiluomini.
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Vedendosi la pertinacia
del male, se li propose chiamarsi qualche perito da Napoli: mi bastano, disse, quelli che ho in Airola: forse quei di Napoli non leggono i medesimi
libri di questi? nè la vita mia merita tanto. Non fu sollecito per più
medici. Avendosi chiamato dal principio del male D. Gio: Battista Truppi, da
questi, e non da altri, e dal di lui figlio D. Girolamo, in tutto il decorso
dell'infermità volle essere assistito.
Ancorché così
travagliato volle, che dal Vicario si seguitasse la visita de' Casali della
Città, ed egli anche informavasi dello stato delle popolazioni da' Parrochi, e
da varj Gentiluomini. Vedevasi in angustia al sentir qualche scandalo, e
sollecito ci dava delle provvidenze.
Animava e Parrochi, e
Confessori al proprio disimpegno; ed insinuava a tutti timore di Dio, frequenza
di Sacramenti, ed odio al peccato. Raccomandò con specialità al Vicario il
decoro delle Chiese, e per gli Ecclesiastici l'esemplarità, e l'esattezza per
la disciplina. Le sue ore di meditazione di mattina, e di sera non erano
trascurate. Ogni giorno comunicavsi, assistendo con divozione alla Messa che voleva
celebrata nella propria stanza.
Tutto faceva stupore in
Airola; ed Alfonso profittava coll'esempio, e colla voce.
Nel nono giorno
essendosi aggravato il male, dimandò se vi era pericolo della vita. Il male è
tale, disse il Truppi, che può darvi la morte. Alfonso, avendosi chiamato il
Verzella suo Secretario, disse, che senza perdita di tempo se li dasse
l'Estrema Unzione. Somma fu l'edificazione con cui ricevette questo Sacramento:
vedevasi ilare, e tutto uniformato: la morte non li era di spavento; anzi
invitavala come amica, e come quella che liberavalo dall'esilio, ed
intromettevalo nella patria.
Non godeva delle
visite; e se non licenziavale apertamente, ognuno appartavasi da se,
ritrovandosi sempre o meditando, o sentendo leggere libri santi; nè questa
lezione s'interrompeva, chiunque vi fosse capitato. Avvertito dal Medico a non
applicarsi, questa mi è di sollievo, rispose, altrimenti l'infermità mi sarebbe di pena.
Migliorò non prima di
giorni quindeci; ma non ancora esente dalla febbre, sollecito vedevasi non per
se, ma per li suoi Diocesani. Quasi agonizzante in questo stato informavasi de'
rispettivi luoghi, e dava delle provvidenze.
Anche da dentro il
letto, avendo l'Altare nella propria stanza, esaminava i Sacerdoti sulle
rubbriche, correggeva ed inculcava pausa per la S. Messa. Quattro di questi
ritrovandoli insufficenti, li sospese, affidandoli per istruirsi al Parroco D.
Giuseppe Truppi.
Non è da credersi, e
pur è così: egli medesimo esaminò più di uno nelle cose morali. Essendosi
informato dei Regolari, restò sodisfatto specialmente de' PP. Alcanterini.
Animò questi a faticare per Gesù - Cristo, - 65 -
ed esser modello di virtù col loro esempio. Fissò la visita a Gesù -
Cristo, ed a Maria Santissima, e convalescente vi calava anch'esso, ne porgeva
i motivi, ed animava ognuno per la propria salvezza.
Di persona visitò in
seguito le Monache Francescane. In Coro fece loro un sermone su i proprj
doveri, e sulla regola professata. Tra l'altro, come mi accertano quelle
reverende Madri, parlò non da uomo, ma da Serafino dell'amor di Gesù - Cristo,
e del quanto ognuno è tenuto ad amarlo: così quant'è amabile Maria Santissima,
incaricando a ricorrerci ne' bisogni, e di visitar spesso Gesù -Sacramentato, e
riceverlo nella Santa Comunione.
Se visitando la sua
vigna tagliava, e sbarbicava Alfonso l'infetto e selvatico, riporci non mancava
dei semi, che fruttar potevano, e renderla florida.
In tutte le Parrocchie
popolate piantò la Congregazione de' casi morali, dismessa sin dal passaggio in
Capua di Monsignor Gaeta. Affinché nel medesimo giorno lo stesso caso
discettato si fosse in tutta la Diocesi, ed ogni Prete reso si fosse
inescusabile, se non trovavasi preparato, faceva Egli la scelta de' casi, ed
ogni anno stampavane dietro al Calendino un elenco per tutte le settimane.
Volle, perché tutti si
apparecchiassero, che per bussola si tirasse a sorte, chi doveva discorrerci, e
che di nuovo la cartellina si rimettesse in bussola. "Poco importa, diceva
Monsignore, se taluno replicatamente sarà per uscire nelle altre Congregazioni:
se non si fa così, chi è uscito, e sta sicuro di non uscire, per un pezzo non
vedrà libri morali".
Volle ancora, che registrate si fossero tutte le decisioni, anche per comodo
avvenire. In questa Congregazone dir dovevasi ancora, per esercizio delle
Rubriche, or da uno, or da un altro, la Messa secca; ed in seguito stampò anche
un libriccino di Rubriche per li suoi Diocesani.
Nella Cattedrale oltre
la Congregazione de' casi morali, istituì ogni settimana nel proprio palazzo un
accademia morale, presedendoci di persona. Quest'Accademia consolava il cuore
di Monsignore; e tra questi soggetti sceglieva per lo più i Parochi. Mancando
esso, presedeva uno de' nostri, che dimorava con esso. Vedendo taluni mancanti
di libri classici, perché poveri, provedevali dell'Opera sua; e non vi era
risparmio di denaro per abilitarli a poter studiare.
Per tanti costumati
Chierici, e di talento, che perché poveri non avevano modo a potersi mantenere
in Seminario, avendo a cuore la loro vocazione, e volendoli abilitare per esser
utili alla Diocesi, formò ove poteva, delle particolari Congregazioni. In
Airola ne stabilì una sotto la condotta del savio Sacerdote D. Pasquale
Bartolini. Dovevano questi Chierici intervenirvi ogni otto giorni. Stabilì per
primo un quarto di meditazione, ed indi un sermone istruttivo. Dovevano vestir
di lungo. - 66 -
Permise loro
qualche onesto divertimento, ma non in pubblico, e proibì certi giuochi comuni
a' Secolari, e specialmente l'uso della caccia. Oltre alla frequenza de'
Sacramenti, assister dovevano alla Parrocchia in tutti i giorni festivi, e non
potevano essere ammessi all'Ordinazione, senza fede giurata di esso Bartolini.
Similmente istituì
nella medesima Città una Congregazione di Sacerdoti, per impiegarsi negli
Esercizj di Missione, istituendoci prefetto il Primicerio D. Bartolomeo
Balzarano. In questa Congregazione intervenir vi dovevano anche i Chierici.
Ogni Domenica doveva portare ognuno, secondo la propria capacità, il suo
sentimentuccio, o squarcio di predica, e rappresentarla. Visse molto impegnato
Monsignore per quest'opera, per averne Sacerdoti esemplari, ed utili al
pubblico.
Avendo ritrovato anche
in Durazzano, dando gli Esercizj al Clero, varj Sacerdoti secondo il cuor suo,
invogliolli, ad operare; e stabilì similmente una special Congregazione per
impiegarli ne' lochetti della Diocesi. Tener doveasi ogni otto giorni, e volle
che anche intervenuti vi fossero tutti gli altri Preti, e Chierici. Si resero
così benemeriti questi nuovo Missionarj, che Alfonso fece incorporare in Napoli
questa Congregazione a quella che dicesi della Conferenza.
Non mancarono ancora
delle provvidenze per i Gentiluomini. In Arienzo avendo aperto la visita, diede
loro con gran frutto li santi Esercizj. Volendo vederli stabiliti nel bene,
istituì per questi in S. Maria del Carmine una special Congregazione. Il
peccato de' Gentiluomini, soleva dire, è come il peccato di Lucifero, che colla
coda attirò il terzo degli Angeli; ma perseverando nella pietà, non v'è
bilancia ,che contrapesar possa il gran bene, che questi fanno col loro
esempio. Vi fu cosa in Arienzo, che eccitò per Alfonso una maggior venerazione.
Encomiando in atto della predica l'amore di Gesù Cristo verso di noi, ebbe tal
estro, e videsi così trasformato e raggiante, che anche tutta la Chiesa si vide
nell'istante come irradiata da un gran sole.
In visita furono per
esso di speciale oggetto le zitelle, ed i giovanetti. Volendo vederli ben
educati, stabilì per le zitelle delle particolari Congregazioni, facendone
direttore un qualche Sacerdote esemplare e prudente.
Oltre la frequenza de' Sacramenti, volle s'imbevessero de' pregi della castità,
e de' tanti pericoli che la circondano. Singolari furono tra queste le
Congregazioni di Airola, Durazzano, e Frasso. Così a parte volle ancora la
Congregazione per li giovanetti . Anche questi frequentar dovevano i
Sacramenti, ed essere istruiti ne' proprj doveri.
In S. Agata ritrovò
cosa di sua consolazione, rispetto alle figliuole. Due Monache di casa, una
chiamata Suor Maria Colomba Tritto, e l'altra Suor Maria Antonia Barretta,
facendo da maestre, istruivano queste così nel costume che nelle arti.
Monsignore volle esaminarle di persona.
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Si
compiacque che insegnavasi a dovere la Dottrina Cristiana, che facevansi
frequentare i Sacramenti, e che recitavasi in comune il S. Rosario. Volle
soprattutto si facesse loro capire il pregio della verginità, e quanto sia
grave il peso che portasi dalle maritate, affinché, avanzate in età, potessero
risolvere o vivere celibi, o maritarsi.
Nella Cattedrale, e da
per tutto introdusse nelle Chiese Parrocchiali l'orazione in comune,
rilevandone i vantaggi, e che di mattina fatta si fosse nella prima Messa. Per
aggevolarla al Popolo, volle si leggesse passo passo da un Sacerdote qualche
punto sopra le Massime eterne, la gravezza del peccato, o sopra li misteri
della passione di Gesù - Cristo. In Durazzano fu conosciuto così proficuo
questo pio esercizio, che oltre della Chiesa Matrice, si fissò da
quell'Arciprete in quella del Casale, e nell'altra che chiamasi del Corpo di
Cristo.
Fissando la giornata,
stabilì in ogni anno nelle rispettive Parrocchie la Comunione generale di
uomini, e donne, ed ottenne dal Papa l'Indulgenza plenaria per se, o per
applicarsi in suffragio de' Defonti. Così lucrarsi da chiunque la medesima
Indulgenza, visitando la Chiesa in quel medesimo giorno. Anche in
quest'occasione volle, perché si godesse da ognuno, tutta la libertà nel
confessarsi, che non si ascoltassero le confessioni del Parroco, e Confessori
del luogo, ma che invitati si fossero altri Parrochi, ed altri Sacerdoti.
Terminata la visita
nella Città di Airola, Alfonso fe
ritorno in S. Agata, imponendo al Vicario, che terminato avesse il resto della
Diocesi. Fu suo sistema in tutto il tempo, che vi fu Vescovo, visitare ogni due
anni tutta la Diocesi, metà per ciascun anno; nè vi fu caso, che mancato vi
avesse.
Avendo rilevato in
questa prima visita una somma ignoranza, specialmente tra i Confessori de'
villaggi, delle dottrine morali, deplorandone lo stato, e volendo riparare il
meglio che poteva un male così grande, compendiò in un tomo, con tutta
chiarezza in volgar idioma, le cose più necessarie per degnamente amministrarsi
il Sacramento della Penitenza. Intitolò quest'opera: Il Confessore diretto per la Confessione delle genti di campagna.
Questa fatica fu un parto degno del suo zelo. In quest'opera, così il P. M. F. Alberto
Sacco, celebre Domenicano, verba
ponderanda sunt, non numeranda, e che,
paucis verbis magnam massam hac in opella complexus est. Molto fu gradito
questo sommario dai Vescovi; e grande spaccio se ne vide in tanti luoghi del
Regno.
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