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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 3
    • Cap.14 Visitando la Diocesi s'inferma in Airola, e convalescente ritorna in S. Agata.
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Cap.14

Visitando la Diocesi s'inferma in Airola, e convalescente ritorna in S. Agata.

 


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A 24 Luglio pervenne in Airola. Si può dire, che quivi entrò come in trionfo, considerandosi da tutti come Angiolo venuto dal Cielo.

Il Principe della Riccia, che troppo vantaggiosa idea aveva di sua santità, volle, e ne prevenne il suo Maestro di casa, che allocato si fosse nel proprio palazzo, e che a conto suo lautamente si fosse complimentato. Giungendovi aprì subito nella Chiesa dell'Annunciata una quasi Missione, predicando giornalmente per otto giorni continui, non senza spirituale profitto del Popolo; e nella Chiesa di S. Carlo per altri tre giorni diede al Clero li santi Esercizj, ma con maniera dolce, e familiare. Efficace fu la predicazione, essendovi veduto della spontanea riforma in molti Preti.

Proseguendo la visita, sospese, ed esiliò senza strepito giudiziario due Preti di mal'odore, ed un Diacono, volendo che da se si appartassero, se non volevano essere condannati in pena de' propri delitti. Similmente fece di partire tre Religiosi, che colla loro condotta erano di scandalo alla Città. Attesta il Parroco D. Pasquale Bartolini, che avendoci ritrovati anche varj secolari scandalosi, chiamandoseli paternamente li corresse; ma non essendosi emendati, per mezzo suo, dopo qualche tempo, furono puniti con carceri, e con esilj, prestandoli in braccio il Principe della Riccia.

 

Strepitoso tra gli altri fu il castigo, che ne riportò un primario Gentiluomo e titolato. Viveva questi perduto con una donna. Alfonso avendo fatto dare lo sfratto all'amasia, fe che si unisse di nuovo con la propria moglie. Questi se finse, temendo di Monsignore, non si compunse. In seguito avendosi fatta venire l'amasia, tenevasela nascosta in palazzo.


Chiasso vi fu tra esso, e la moglie; e dubitando che questa nol riferisse a Monsignore, minacciolla della vita. Di fatti poco prima un uomo sciagurato ucciso aveva la propria moglie. Se non stai cheta, le disse, come a quella, così farò a voi. Monsignore, che ne sapeva l'indole, avendo a cuore la sfortunata moglie, lo fece subito arrestare, ed esiliare da Airola, per mezzo del medesimo Principe; e non curando l'esilio, seguitando il peccato, il Principe, animato da Monsignore, lo restrinse nelle carceri della Vicaria, ove disgraziatamente vi lasciò la vita.

 

Visitando la Diocesi fu anch'esso Monsignore visitato da Dio. In Airola, sorpreso dall'asma, aggravato si vide con febbre, e con altri cattivi sintomi, che si stimarono mortali. Somma fu l'afflizione, non dico de' familiari, ma del Clero, e di quei Signori Gentiluomini.


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Vedendosi la pertinacia del male, se li propose chiamarsi qualche perito da Napoli: mi bastano, disse, quelli che ho in Airola: forse quei di Napoli non leggono i medesimi libri di questi? la vita mia merita tanto. Non fu sollecito per più medici. Avendosi chiamato dal principio del male D. Gio: Battista Truppi, da questi, e non da altri, e dal di lui figlio D. Girolamo, in tutto il decorso dell'infermità volle essere assistito.

 

Ancorché così travagliato volle, che dal Vicario si seguitasse la visita de' Casali della Città, ed egli anche informavasi dello stato delle popolazioni da' Parrochi, e da varj Gentiluomini. Vedevasi in angustia al sentir qualche scandalo, e sollecito ci dava delle provvidenze.

Animava e Parrochi, e Confessori al proprio disimpegno; ed insinuava a tutti timore di Dio, frequenza di Sacramenti, ed odio al peccato. Raccomandò con specialità al Vicario il decoro delle Chiese, e per gli Ecclesiastici l'esemplarità, e l'esattezza per la disciplina. Le sue ore di meditazione di mattina, e di sera non erano trascurate. Ogni giorno comunicavsi, assistendo con divozione alla Messa che voleva celebrata nella propria stanza.

Tutto faceva stupore in Airola; ed Alfonso profittava coll'esempio, e colla voce.

 

Nel nono giorno essendosi aggravato il male, dimandò se vi era pericolo della vita. Il male è tale, disse il Truppi, che può darvi la morte. Alfonso, avendosi chiamato il Verzella suo Secretario, disse, che senza perdita di tempo se li dasse l'Estrema Unzione. Somma fu l'edificazione con cui ricevette questo Sacramento: vedevasi ilare, e tutto uniformato: la morte non li era di spavento; anzi invitavala come amica, e come quella che liberavalo dall'esilio, ed intromettevalo nella patria.

 

Non godeva delle visite; e se non licenziavale apertamente, ognuno appartavasi da se, ritrovandosi sempre o meditando, o sentendo leggere libri santi; questa lezione s'interrompeva, chiunque vi fosse capitato. Avvertito dal Medico a non applicarsi, questa mi è di sollievo, rispose, altrimenti l'infermità mi sarebbe di pena.

 

Migliorò non prima di giorni quindeci; ma non ancora esente dalla febbre, sollecito vedevasi non per se, ma per li suoi Diocesani. Quasi agonizzante in questo stato informavasi de' rispettivi luoghi, e dava delle provvidenze.

Anche da dentro il letto, avendo l'Altare nella propria stanza, esaminava i Sacerdoti sulle rubbriche, correggeva ed inculcava pausa per la S. Messa. Quattro di questi ritrovandoli insufficenti, li sospese, affidandoli per istruirsi al Parroco D. Giuseppe Truppi.

Non è da credersi, e pur è così: egli medesimo esaminò più di uno nelle cose morali. Essendosi informato dei Regolari, restò sodisfatto specialmente de' PP. Alcanterini. Animò questi a faticare per Gesù - Cristo,


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ed esser modello di virtù col loro esempio. Fissò la visita a Gesù - Cristo, ed a Maria Santissima, e convalescente vi calava anch'esso, ne porgeva i motivi, ed animava ognuno per la propria salvezza.

 

Di persona visitò in seguito le Monache Francescane. In Coro fece loro un sermone su i proprj doveri, e sulla regola professata. Tra l'altro, come mi accertano quelle reverende Madri, parlò non da uomo, ma da Serafino dell'amor di Gesù - Cristo, e del quanto ognuno è tenuto ad amarlo: così quant'è amabile Maria Santissima, incaricando a ricorrerci ne' bisogni, e di visitar spesso Gesù -Sacramentato, e riceverlo nella Santa Comunione.

 

Se visitando la sua vigna tagliava, e sbarbicava Alfonso l'infetto e selvatico, riporci non mancava dei semi, che fruttar potevano, e renderla florida.

In tutte le Parrocchie popolate piantò la Congregazione de' casi morali, dismessa sin dal passaggio in Capua di Monsignor Gaeta. Affinché nel medesimo giorno lo stesso caso discettato si fosse in tutta la Diocesi, ed ogni Prete reso si fosse inescusabile, se non trovavasi preparato, faceva Egli la scelta de' casi, ed ogni anno stampavane dietro al Calendino un elenco per tutte le settimane.

Volle, perché tutti si apparecchiassero, che per bussola si tirasse a sorte, chi doveva discorrerci, e che di nuovo la cartellina si rimettesse in bussola. "Poco importa, diceva Monsignore, se taluno replicatamente sarà per uscire nelle altre Congregazioni: se non si fa così, chi è uscito, e sta sicuro di non uscire, per un pezzo non vedrà libri morali".


Volle ancora, che registrate si fossero tutte le decisioni, anche per comodo avvenire. In questa Congregazone dir dovevasi ancora, per esercizio delle Rubriche, or da uno, or da un altro, la Messa secca; ed in seguito stampò anche un libriccino di Rubriche per li suoi Diocesani.

 

Nella Cattedrale oltre la Congregazione de' casi morali, istituì ogni settimana nel proprio palazzo un accademia morale, presedendoci di persona. Quest'Accademia consolava il cuore di Monsignore; e tra questi soggetti sceglieva per lo più i Parochi. Mancando esso, presedeva uno de' nostri, che dimorava con esso. Vedendo taluni mancanti di libri classici, perché poveri, provedevali dell'Opera sua; e non vi era risparmio di denaro per abilitarli a poter studiare.

 

Per tanti costumati Chierici, e di talento, che perché poveri non avevano modo a potersi mantenere in Seminario, avendo a cuore la loro vocazione, e volendoli abilitare per esser utili alla Diocesi, formò ove poteva, delle particolari Congregazioni. In Airola ne stabilì una sotto la condotta del savio Sacerdote D. Pasquale Bartolini. Dovevano questi Chierici intervenirvi ogni otto giorni. Stabilì per primo un quarto di meditazione, ed indi un sermone istruttivo. Dovevano vestir di lungo.


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Permise loro qualche onesto divertimento, ma non in pubblico, e proibì certi giuochi comuni a' Secolari, e specialmente l'uso della caccia. Oltre alla frequenza de' Sacramenti, assister dovevano alla Parrocchia in tutti i giorni festivi, e non potevano essere ammessi all'Ordinazione, senza fede giurata di esso Bartolini.

 

Similmente istituì nella medesima Città una Congregazione di Sacerdoti, per impiegarsi negli Esercizj di Missione, istituendoci prefetto il Primicerio D. Bartolomeo Balzarano. In questa Congregazione intervenir vi dovevano anche i Chierici. Ogni Domenica doveva portare ognuno, secondo la propria capacità, il suo sentimentuccio, o squarcio di predica, e rappresentarla. Visse molto impegnato Monsignore per quest'opera, per averne Sacerdoti esemplari, ed utili al pubblico.

 

Avendo ritrovato anche in Durazzano, dando gli Esercizj al Clero, varj Sacerdoti secondo il cuor suo, invogliolli, ad operare; e stabilì similmente una special Congregazione per impiegarli ne' lochetti della Diocesi. Tener doveasi ogni otto giorni, e volle che anche intervenuti vi fossero tutti gli altri Preti, e Chierici. Si resero così benemeriti questi nuovo Missionarj, che Alfonso fece incorporare in Napoli questa Congregazione a quella che dicesi della Conferenza.

 

Non mancarono ancora delle provvidenze per i Gentiluomini. In Arienzo avendo aperto la visita, diede loro con gran frutto li santi Esercizj. Volendo vederli stabiliti nel bene, istituì per questi in S. Maria del Carmine una special Congregazione. Il peccato de' Gentiluomini, soleva dire, è come il peccato di Lucifero, che colla coda attirò il terzo degli Angeli; ma perseverando nella pietà, non v'è bilancia ,che contrapesar possa il gran bene, che questi fanno col loro esempio. Vi fu cosa in Arienzo, che eccitò per Alfonso una maggior venerazione. Encomiando in atto della predica l'amore di Gesù Cristo verso di noi, ebbe tal estro, e videsi così trasformato e raggiante, che anche tutta la Chiesa si vide nell'istante come irradiata da un gran sole.

 

In visita furono per esso di speciale oggetto le zitelle, ed i giovanetti. Volendo vederli ben educati, stabilì per le zitelle delle particolari Congregazioni, facendone direttore un qualche Sacerdote esemplare e prudente.


Oltre la frequenza de' Sacramenti, volle s'imbevessero de' pregi della castità, e de' tanti pericoli che la circondano. Singolari furono tra queste le Congregazioni di Airola, Durazzano, e Frasso. Così a parte volle ancora la Congregazione per li giovanetti . Anche questi frequentar dovevano i Sacramenti, ed essere istruiti ne' proprj doveri.

 

In S. Agata ritrovò cosa di sua consolazione, rispetto alle figliuole. Due Monache di casa, una chiamata Suor Maria Colomba Tritto, e l'altra Suor Maria Antonia Barretta, facendo da maestre, istruivano queste così nel costume che nelle arti. Monsignore volle esaminarle di persona.


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Si compiacque che insegnavasi a dovere la Dottrina Cristiana, che facevansi frequentare i Sacramenti, e che recitavasi in comune il S. Rosario. Volle soprattutto si facesse loro capire il pregio della verginità, e quanto sia grave il peso che portasi dalle maritate, affinché, avanzate in età, potessero risolvere o vivere celibi, o maritarsi.

 

Nella Cattedrale, e da per tutto introdusse nelle Chiese Parrocchiali l'orazione in comune, rilevandone i vantaggi, e che di mattina fatta si fosse nella prima Messa. Per aggevolarla al Popolo, volle si leggesse passo passo da un Sacerdote qualche punto sopra le Massime eterne, la gravezza del peccato, o sopra li misteri della passione di Gesù - Cristo. In Durazzano fu conosciuto così proficuo questo pio esercizio, che oltre della Chiesa Matrice, si fissò da quell'Arciprete in quella del Casale, e nell'altra che chiamasi del Corpo di Cristo.

 

Fissando la giornata, stabilì in ogni anno nelle rispettive Parrocchie la Comunione generale di uomini, e donne, ed ottenne dal Papa l'Indulgenza plenaria per se, o per applicarsi in suffragio de' Defonti. Così lucrarsi da chiunque la medesima Indulgenza, visitando la Chiesa in quel medesimo giorno. Anche in quest'occasione volle, perché si godesse da ognuno, tutta la libertà nel confessarsi, che non si ascoltassero le confessioni del Parroco, e Confessori del luogo, ma che invitati si fossero altri Parrochi, ed altri Sacerdoti.

 

Terminata la visita nella Città  di Airola, Alfonso fe ritorno in S. Agata, imponendo al Vicario, che terminato avesse il resto della Diocesi. Fu suo sistema in tutto il tempo, che vi fu Vescovo, visitare ogni due anni tutta la Diocesi, metà per ciascun anno; vi fu caso, che mancato vi avesse.

 

Avendo rilevato in questa prima visita una somma ignoranza, specialmente tra i Confessori de' villaggi, delle dottrine morali, deplorandone lo stato, e volendo riparare il meglio che poteva un male così grande, compendiò in un tomo, con tutta chiarezza in volgar idioma, le cose più necessarie per degnamente amministrarsi il Sacramento della Penitenza. Intitolò quest'opera: Il Confessore diretto per la Confessione delle genti di campagna.

Questa fatica fu un parto degno del suo zelo. In quest'opera, così il P. M. F. Alberto Sacco, celebre Domenicano, verba ponderanda sunt, non numeranda, e che, paucis verbis magnam massam hac in opella complexus est. Molto fu gradito questo sommario dai Vescovi; e grande spaccio se ne vide in tanti luoghi del Regno.




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