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Cap. 17
Indefessa predicazione di Alfonso, vivendo nel
Vescovado.
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Cosa non fù tanto a
cuore a Monsignor Liguori, quando la predicazione. Dir soleva: Quasi questo solo
disimpegno Gesù Cristo ricercò nei Santi Apostoli questo è quello, che anche
esige da noi Vescovi, e tanto è mancarvi, quando non sodisfare un obligazione - 79 -
precisa, e comandata.
Troppo singolare Egli
si rendette in questo. Predicando entrò in Diocesi, e predicando pose piede
fuori di quella. Ogni Domenica, stando in S. Agata, impreteribilmente dopo il
Vespero predicava nella Cattedrale; ed ogni festa, che occorreva nella
settimana, portavasi a predicare per le Parrocchie. Eravi tal concorso di
Popolo di qualunque condizione, così in Città che in Diocesi, che bastava
dirsi, predica Monsignor Liguori, per vedersi le case disabitate.
Prima della predica
ogni Domenica, calava in Chiesa ad istruire i fanciulli, e per allettarli,
oltre de' rosarj, e figurine, anche dispensar soleva del denaro. Avendo
situata, come dissi, la Congregazione de' Gentiluomini nella Chiesa del
Carmine, non lasciava ogni Domenica mattina assisterci, e sermocinarci.
Talvolta non potendo, perché impedito, destinavaci qualche nostro Congregato,
che stavalo assistendo. Similmente il dopo Vespero portavasi nella medesima
Chiesa del Carmine per istruire le zitelle ivi radunate. Si avanzò in maniera
questa Congregazione, che non capendo le figliuole in quella Chiesa, passar si
dovettero in quella detta di Montevergine.
Ritrovandosi in
Arienzo, e non potendo il Popolo così volentieri radunarsi nella Collegiata,
perché in luogo rimoto, Egli ogni Domenica girava per le sette Parrocchie che
vi sono, predicando ora in una ed ora in un'altra; ma in certi giorni solenni
non lasciava di predicare nella Collegiata. Facevalo da per tutto col
Venerabile esposto, e per non interessar i Parrochi, conservata teneva in ogni
Parrocchia una quantità di cera. Ripugnando i Parrochi nel riceversi le cere,
Monsignore non s'indusse in contrario. Io
voglio la gloria di Dio, diceva, ma
non il vostro interesse. Così non interessavali per queste in qualunque
altra funzione non attinente a Parrochi.
Ogni Sabbato la sera
mandar soleva in giro col campanello uno de' corsori, avvisando il Popolo, che
dopo Vespero l'indimani era per andare a predicare in quella Parrocchia; e
voleva, che nella predica parrocchiale la Domenica mattina il Parroco anche lo
teneste avvisato. Non contento di questo, faceva replicare il quel ristretto,
prima che ci andasse, il giro col campanello, invitando ogn'uno a portarsi in
Chiesa. Ritrovando Preti per strada, imponeva, che portandosi per li cellai, e
per i luoghi frequentati, animato avessero il Popolo a portarsi nella Parrocchia.
Predicando, non lasciò
mai il suo stile familiare. Insinuava sempre cose prattiche, metteva in orrore
il peccato, ed animava tutti alla penitenza. Anche nelle prediche di spavento,
i motivi, che dava in fine erano sempre di confidenza. Se non si anima il Peccatore, diceva Alfonso, per ricorrere a Dio, e non s'invoglia alla penitenza, inutile è da
dirsi ogni sforzo del Predicatore. Volendo dissaffezzionare le zitelle - 80 -
specialmente dalle canzoni
profane, cantar ne soleva prima della predica delle divote da esso composte; ed
affaticavasi per farne apprender il tuono.
In tutti i Sabbati (e
ne aveva voto) singolarizzavasi nell'encomiare i pregi di Maria Santissima. In
S. Agata facevalo nella Cattedrale; ma in Arienzo soleva farlo nella Chiesa
dell'Annunciata. In tutte e due le Chiese vi voleva esposto il Sacramento.
Queste erano due
calamite, che tenevano in contrasto il suo cuore, Gesù e Maria. Non parlava
dell'amore di Gesù - Cristo verso l'uomo, senza toccare l'amore di Maria; né
parlava dell'amore di Maria, senza invogliare il Popolo ad amare Gesù - Cristo.
Non contento di farlo per se, stabilì questo culto, anche coll'esposizione del
Venerabile, in tutta la Diocesi, accomodandosi alle circostanze del Popolo, ove
il Sabbato, ed ove di Domenica. Replicatamente lo volle in Arienzo. Fissollo il
Sabbato nella Chiesa delle Monache dette dell'Annunciata, e per la predica
destinar vi fece li PP. Cappuccini: e la Domenica nella Collegiata, facendovi
predicare a vicenda ora un Canonico, ed ora un altro.
Così volle si facesse in tutte le Parrocchie popolate con frutto de' Figliani,
e con consolazione non poca del proprio cuore.
Ogni mese, portandosi
in giro per le Parrocchie, e dipartendo il tempo per ognura, costumava di fare
con Gesù esposto la protesta della buona morte. Non può credersi quanto
profittasse Monsignor Liguori con questo pio esercizio.
Vedevansi le Chiese
zeppe di Popolo. Con modo particolare metteva in aspetto la deformità del vizio,
ed il bello della virtù; e veder faceva pratticamente il gran divario che passa
tra il giusto moribondo, ed il peccatore. Vedevansi in Chiesa fiumi di lagrime,
e non mancavano delle prede a danno dell'inferno. Anche in quest'occasione
aveva Egli alla mano delle particolari canzoncine, che non meno della predica
commovevano l'uditorio.
Negli ultimi tre giorni
di Carnovale volendo deviare il Popolo dagli spettacoli, esporre soleva il
Venerabile alla publica adorazione. Stando in S. Agata, eravi la predica la
mattina, e facevala porgere, assistendoci di persona, da qualche Seminarista,
ma prossimo al Sacerdozio, per così invogliarlo ad un sì tanto esercizio.
Verso sera vi predicava
Egli rivagando l'eccesso dell'amore di Gesù - Cristo verso l'uomo, e l'ingratitudine
eccessiva dell'uomo verso un Dio così amoroso. Questo triduo lo volle ancora in
tutte le Parrocchie della Diocesi, ed in S. Agata, residendo Egli in Arienzo, i
sermoni di sera volle si facessero con frutto dal Predicatore di Quaresima, e
quelli della mattina da tre Canonici.
In Arienzo il dopo
Vespero delle Domeniche di Quaresima stabilì nella Chiesa delle Monache di S.
Filippo la predica coll'esposizione del Venerabile. Lasciando ogni altra cosa,
portavasi di persona a predicarvi.
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Non
essendovi concorso di Popolo, per lo più raggiravansi le sue prediche
sull'amore che Gesù - Cristo ci porta, e sulla nostra incorrispondenza; ma
concorrendoci il Popolo, fermavasi sulla gravezza del peccato. Rigida, o no che
fosse la giornata, non mancava portarvisi.
In una delle Domeniche eravi tal
tempesta, che anche i sani non uscivano di casa. Alfonso ancorché infermiccio,
e persuaso in contrario, non si arrese. Fu in S. Filippo, vi predicò, e vi
contrasse tal catarro, che per lungo tempo tennelo travagliato.
Gradendo Iddio un tal
culto in questa Chiesa, vi concorrette talvolta con una speciale provvidenza.
In una mattina di Domenica essendosi trovato con febbre, ed essendo stato a
visitarlo prima di Vespero il Medico e Canonico D. Marcantonio d'Ambrosio, vide
che persisteva la febbre. Avendoli dimandato Monsignore se facevasi
l'Esposizione, come vuol farsi, rispose, se V. S. Illustrissima non è nello
stato di portarvisi? Sì, si farà, disse
Monsignore, e voglio che voi predicate.
Come posso, replicò il Canonico, e dov'è il tempo per apparecchiarmi. Voglio che voi predicate, replicò
Alfonso; e mentre le Monache dicono
compieta, voi apparechiatevi. Ubbidì; e mi attestò che avendo avuto fede
all'ubbidienza, predicò per un'ora, e che mai in vita sua, come quel giorno,
predicato aveva con tal'affluenza di concetti, e sperimentato nel Popolo sì
particolar commozione.
Sogliono i PP.
Conventuali in S. Agata esporre ne' Venerdì di Marzo alla pubblica venerazione
il Venerabile, e farvi predicare taluni de' loro Chierici. Considerando
Monsignore tali sermoni un puro sperimento per li giovani senza frutto del
Popolo, volendoci profittare ebbi se stesso con compiacimento di que' Padri.
Non avendo la carozza, vi si portava a piedi, ancorché con tempo rigido e piovoso.
Prima della predica
cantar soleva la sua canzone: Gesù mio
con dure funi; ma con tal divozione, e con tuono così flebbile, che dava il
Popolo in dirottissimo piatto; ed in senso di que' Padri fruttava più la canzoncina,
che il sermone. Assegnando il Convento ad ogni Chierico carlini dieci per la
predica, Alfonso non volendoli defraudare, voleva che si destinassero i
giovani, si preparassero per la predica, e loro si dassero i carlini dieci,
affinché mancando esso, avessero supplito.
In Quaresima ogn'anno
dar soleva in Arienzo, o in S. Agata gli santi Esercizj al Clero
coll'intervento de' Regolari. Sminuzzava, ed incaricava i doveri del proprio
stato, la gravezza del peccato sacerdotale, e la morte santa, o dannata di un
Sacerdote o moriggerato, o impenitente.
Ogn'anno solennizzar
soleva dopo il Vespero nella sua Cattedrale, esposto il Venerabile, la Novena
del S. Natale. Disfacevasi in lacrime il popolo, sentendolo parlare di un tanto
Mistero. Esprimevasi con tal - 82 -
chiarezza, che anche le donnicciuole ne partivano soddisfatte.
Così ogni anno anche
celebrava coi particolari sermoni la Novena di Maria Assunta, e quella di S.
Giuseppe. Il Panegirico bensì cedevalo a qualche P. Cappuccino, non volendo defraudare
il Convento di quella limosina. Talvolta in vece della Novena a S. Giuseppe,
celebrava i sette mercoledì che precedono la festa. Sopra questi soggetti anche
aveva delle particolari canzonette.
Professando, o
prendendo l'abito religioso qualche giovanetta, era di sua ispezione riceverne
il sacrifizio all'Altare dell'olocausto, e presentarlo ai piedi di Gesù -
Cristo. Questa funzione veniva anche accompagnata da un patetico discorso in
Chiesa, e vedevasi della compunzione non solo nelle Monache, ma anche nel
Popolo. Facevalo Alfonso per puro zelo, senza volerne un vi ringrazio. Era così impegnato per questo, che anche
sacrificavasi per qualunque Conversa.
Ritrovandosi aggravato
dai soliti acciacchi, ed invitato per una di queste, che in Airola professar
doveva nel Monistero di Regina Coeli, non mancò portarvisi. Era in tale stato,
che sul dubbio non se li aggravassero gl'incomodi, disse a D. Pietro
Pollastrelli, che a cautela vi si fosse anch'esso apparecchiato. Vi fu, e non
mancò consolare le Monache, e l'uditorio. In queste tali occasioni, ovunque
portavasi, anche il Popolo veniva rifocillato nella Parrocchiale col pane
evangelico, e facevalo in tutti i giorni, che vi si tratteneva.
Anche questo è poco.
Non eravi Chiesa, ove sentiva concorso di Popolo, essendoci festività, che
Monsignore non portavasi a predicare. La
conversione delle Anime, dir
soleva, non fu incaminata da Gesù -
Cristo, che colla predicazione, e colla predicazione bisogna continuarla. Tutto
sta, che si predichi Cristo Crocefisso. Bisogno non eravi nè d'invito, nè
di prevenzione. Bastava saperlo per presentarsi.
Una mattina di festa in
S. Maria a Vico, ritrovandosi passando per avanti la Parrocchia di S. Nicolò,
osservando la Chiesa piena di popolo, calò di carozza, e risolvette predicarvi.
In atto dicevasi messa; ed affinché il Popolo quella terminata non uscisse,
ordinò al celebrante non terminar la Messa, se non dopo terminata la sua
predica.
Stava facendo
l'Ottavario della festa della Purificazione nella Congregazione della Madonna
delle Grazie il Canonico D. Marcantonio d'Ambrosio. Avendo saputo un giorno di
Domenica esser la Chiesa piena di Popolo, si fe chiamare il Canonico, e coi
termini più umili, datemi licenza, disse,
che oggi voglio predicar io per voi.
Vi fu; e fece un sermone così enfatico sopra le conseguenze, che con se porta
in morte il peccato, che di presente il popolo ancora piange, e schiamazza.
In Arienzo costumava D.
Pasquale Calcabale celebrar ogn'anno per tre giorni nella Parrocchiale di S.
Felice per sua particolare divozione, - 83 -
la festa della S. Croce. Eravi concorso di Popolo, e facevala con musica, e
Panegirici.
Essendo stato da Alfonso ne' primi anni che fu
in Arienzo, pel permesso di esporsi il Venerabile, e per chi far vi doveva li
panegirici, come si fa questa festa,
disse Alfonso, ed io nol sò! verrò io a
predicarvi. E ripigliando il Calcabale, che non eravi tempo per
apparecchiarsi, incominciandosi la festa l'indomani, ed essendo la materia
tutta particolare, Non importa, rispose, che peccato mortale, e Croce è una
medesima cosa. Vi fu; e non fu poco il frutto, che vi fece, sminuzzando
come causa della Crocefissione di Gesù Cristo la sola gravezza del peccato
mortale. Invogliossi talmente di questa festa, che fece sua privativa il predicarvi.
Sogliono i PP. di
Montevergine anche celebrare nella loro Chiesa in Arienzo coll'esposizione del
Venerabile la Novena di S. Giuseppe. Vi concorre il Popolo, e non riducevasi
questo pio esercizio, che ad alcune preci. Monsignore ritrovandosi in Arienzo,
avendo inteso il concorso che vi era, fe sentire ai Padri, che avendolo in
piacere, voleva andare a dirvi quattro parole.
Volendo profittare della moltitudine, si
diede a fare prediche di materia. A buon conto intrecciò in quella Chiesa una
mezza missione. Avendolo pregato il servidore Alessio a volersi distendere
sopra S. Giuseppe, Sia lodato S.
Giuseppe, rispose Monsignore: Io
voglio, che si tolga il peccato, e non si offenda Iddio. Eravi bensì nella
mozione degli affetti l'invocazione del Santo per averlo protettore in Cielo.
Non eravi festa, o
festicciuola che solennizzavasi in qualche Chiesetta di campagna, ove
Monsignore sano, o infermo che fosse, non volasse per annunciarvi la divina
parola, e per impedire il peccato. Non si
da allegria, e concorso di Popolo, ei diceva, ove non vi sia offesa di Dio.
Il Convento de' PP.
Cappuccini in Arienzo è situato in distanza sopra un'amena collina. Il popolo
nel Lunedì in Albis vi si porta, come ivi si dice, a mangiar la Palomba, e trattiensi ricreandosi in tutto il giorno
in tante diverse compagnie.
Ogn'anno Alfonso,
volendo impedire qualche disordine, vi si portava dopo il Vespero; e fatto
esporre il Venerabile, radunato il popolo, vi predicava con gran profitto le
ore intere. Anche nel giorno di S. Antonio di Padova v'è gran concorso in
quella Chiesa, ed il popolo vi si ferma, e diverte su quella collina.
Similmente Alfonso, dopo il Vespero eragli sopra, impediva il peccato, e
ricreavalo col pane èvangelico. Così portavasi a predicare nella Chiesa de' Padri
Agostiniani, essendoci concorso nella Festa della Cintura.
Invitato a predicare in
qualunque Chiesa o da Parrochi, o da altri, veniva invitato a nozze, e quasi
festoso vi si portava. Soleva dire, - 84 -
che dalla parola di Dio sempre se ne
ricava del frutto, e che non vi è cosa, che tanto s'impedisca dall'inferno
quanto la predicazione. Ne voleva maggiormente, se invitato vedevasi a ceto
di uomini, più che alle donne, specialmente ove fossero Gentiluomini, e
giovanetti letterati: convertito l'uomo, diceva Monsignore, si veggono
costumate anche le donne.
Bastava muovergli lo
scrupolo di poter giovare, che vedevasi subito in armi per la predica.
Ritornandosene una sera
col Vicario da Airola in S. Agata, essendoci stato per la Monacazione di due Figliuole,
giunto avanti la Chiesa dell'Annunciata, perché era la prima volta, che eravi
andato, un mondo di popolo se li fe presente per ricevere la benedizione.
Li benedisse, e seguitò il cammino. Essendo arrivato avanti la Chiesa de PP.
Verginiani, Mi sento spinto, disse al
Vicario, per andare a dire a quel popolo
quattro parole.
Dissuadendolo il Vicario sul riflesso,
che eransi rimandati gli abiti vescovili. Ma
chi sà, ripigliò Monsignore, vi fosse
qualche Anima, che Dio volesse salva per mezzo della mia predica.
Essendosi risoluto, mi basta, disse, la Cotta, e la Stola. Tornò indietro.
Il popolo, vedendolo ritornare, maggiormente l'accerchiò; ed entrato in Chiesa
tirò la predica più di un'ora. Riscaldossi in maniera, che la mattina
susseguente si ritrovò con febbre. Avendo veduto il concorso del popolo, e che
famelico dimostravasi della parola di Dio, vi si trattenne per altri tre
giorni; ed ogni sera ancorché incomodato, tirava la predica dalle 24 fin'ad
un'ora di notte.
Restò così persuaso del bene già fatto, che da
questo tempo in poi capitando in qualunque luogo, ancorché di passaggio, non
mancava disimpegnarsi colla santa predicazione.
In certe circostanze di
tempo, ma critiche per li popoli, affaticavasi Monsignore nella predica con un
modo tutto particolare.
L'anno 1768 vi fu da
per tutto, e specialmente in Arienzo, tal penuria di acqua, che i pozzi in
Primavera si viddero disseccati. L'afflizione era comune. Monsignore, volendo
muovere Iddio a pietà, intrecciò una Novena a Maria Santissima, che fu una
general Missione nella Chiesa dell'Annunciata.
Presentandosi al popolo
la prima sera, assicurò tutti, che convertendosi a Dio, Iddio nel giorno di S.
Anna consolati gli avrebbe con pioggia soprabbondante. Ogni sera metteva avanti
gli occhi i giusti castighi del peccato, e tante volte non mancò con grossa
fune battersi, ed affliggersi. Terminata la predica, girava faceva per li
vicini Casali, invitando il popolo alla penitenza, i due PP. Cappuccini Samuele
e Cipriano da Napoli. Questi, ed altri tenne in casa per ascoltar le
confessioni.
Sommo profitto si
ricavò. Tante donnaccie si videro abbominate: vi furono delle grossi
restituzioni; e tanti e tanti che non sapevano la Chiesa, si viddero
riconciliati con Dio, e frequentare i Sacramenti. Non andarono a vuoto le sue
preghiere, né si trovò fallace nelle promesse. Sereno era il tempo, e non v'era
speranza di pioggia. All'istante nel giorno di S. Anna verso le ore diciotto
talmente il Cielo coperto si vide di nubi, che con consolazione comune scaricarono
un diluvio di acqua.
Quale e quanto frutto produsse in Diocesi la
predicazione di Monsignor Liguori si vedrà nell'eternità. Erano profittevoli le
sue prediche, perché uscivano da un cuore umile, ed innamorato di Gesù -
Cristo. Noi disse ad un Parroco in Napoli, un Governadore che girar soleva i
paesi della Diocesi, dalla venuta di Monsignor Liguori abbiamo perduto molti
lucri, perché colle sue prediche, e con quelle che fa fare dagli altri, la
gente si vede più pacifica, e più non vi sono i soliti rancori.
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