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Cap.23
Erigge Alfonso nuove Parrocchie: aumenta di congrua le
antiche; e provvedimenti dati per varj Villaggi.
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Varj, come dissi,
furono i disordini rilevati da Alfonso, facendo la santa Visita in S. Agata, e
nella Diocesi. Tra tutti però il massimo si è, che migliaja di anime disperse
per le campagne, specialmente in S. Agata, derelitte vedevansi, e senza
spirituale sussidio.
Vasto anzichenò è il
territorio di questa Città, contando in giro da ventiquattro e più migliaja; ma
quanto questo è esteso, altrettanto è seminato di villaggi e tugurj, di
casalotti e massarie; e tra subborghi e villaggi meno non contavansi di circa
duecento famiglie, popolate queste da mille trecento e più anime. Questo se
contribuiva all'opulenza della Città, moltiplicandosi i generi, perché tutti
impiegati nella coltura dei terreni, ridondava bensì in detrimento, e danno
troppo grave delle anime.
Un popolo così grande
lontano le più miglie dalla Città, soggettato non vedevasi che ad una sola
parrocchia, situata questa nel mezzo di quelle campagne, col titolo di S.
Tommaso, distanti dalla Parrocchia, e tra di loro i villaggi chi due, e chi tre
miglia, e taluni anche le quattro, e cinque.
Situazione tale di
popolo, e di parrocchia esser non poteva per le anime senza loro grave
detrimento. Se nell'estate rendevasi scabroso l'accesso alla Chiesa per i
calori, in tempo d'inverno era all'intutto disperato. Nevi, e pioggie cadendo,
torrenti che incontrar si dovevanno, e strade rovinate, eran tutti giusti
motivi per esentarsene tanti e tanti anche dalla Messa: vale a dire, che vecchi
specialmente, e fanciulli non vedevan mai la faccia del parroco. Non vi era
dottrina - 115 -
per li
figliuoli, né catechismo per gli adulti. Anche questo è poco. Quasi tutti,
essendo infermi, abbandonati vedevansi, e tante volte privi del Viatico, e
dell'estrema Unzione.
Inorridì Alfonso ad un
tale spettacolo. Deplorando lo stato del suo popolo, privo della divina parola,
e lontano da Sacramenti, ne piangeva innanzi a Dio, e colla pace dello Spirito,
anche il sonno se li vedeva bandito.
Chiama più volte a
consiglio i più rispettabili del Capitolo, e tra questi l'Arcidiacono Rainone,
cercando come darsi riparo a tanto male. Ogniuno, stringendosi nelle spalle,
non sapeva che si dire. Rilevato avendo Alfonso in S. Vita i tanti Beneficj che
vi erano, e tutti di libera collazione, che non conferivansi per l'addietro,
che a familiari de' Vescovi, e ad altri forestieri, determinossi smembrare la
parrocchia di S. Tommaso, ed eriggerne altre tre, stabilendo la congrua per li
nuovi Parrochi coll'unione de' tanti Beneficj. Difficoltà non vi mancarono.
Tutto bensì superò Alfonso colla sua costanza, e col suo zelo.
Considerando il territorio,
e lo stato delle Anime, una Parrocchia stabilì nell'antica Chiesa di S. Pietro
detto a Romagnano, tra le masserie di
Lovanio, ove vivevano da trecento e più anni, in cinquanta e più famiglie,
unendo a questa anche i Casali, o siano le ville dette Fagnano, Lamia, ed
Albanese. Un miglio è lontana questa Chiesa da S. Tommaso, ed estendesi la cura
anche tre altre al di sopra.
Eresse la seconda nella
Chiesa dell'Annunciata, distante quattro e più miglia da quella di S. Tommaso.
Estendesi la cura fino ai confini di Durazzano, e Bagnoli, ed abbraccia i
Borghi detti la Rocca, la Porta de'
Ferrari, e la Peschiera, che in uno contengono da novantatrè famiglie, e
circa seicento anime. Questa Chiesa dell'Annunciata, ch'è al di fuori di S.
Agata, è un Collegio patronato della Città; e tanto pregò i Reggimentarj, che
vi ottenne la residenza del Parraco.
Stabilì la terza nel
Casale detto Laiano, in una Chiesa dedicata a S. Michele. Questo era il luogo
più distante da quella di S. Tommaso; e non vi erano meno tra quei tuguri e
massarie, che cinquantaquattro famiglie, con quattrocento e più anime
derelitte, e del tutto abbandonate.
Situate queste tre
Parrocchie, tutti gli altri Casalotti, Faggiano,
Verruni, Cologna, e Cerreto, colle Ville Piscitelli, e Cotugni, restarono
subordinate all'anitica di S. Tommaso, ancorché distanti quasi le due miglia da
quella Chiesa. Così, il meglio che potè, provide Alfonso ai bisogni di tante
Anime, disperse da per tutto in quelle vaste campagne. Provide ancora nel tempo
istesso, come ho detto, alla sussistenza de' Parrochi coll'unione de' Benefici;
e non fu indifferente la congrua, affinché ogn'ottimo Sacerdote vi concorresse,
e disimpegnato avesse il proprio impiego senza pretesto in contrario.
Meno non erano i
disordini in altri luoghi della Diocesi - 116 -
ingombrati da ville e tugurj, abbandonati anch'essi, e privi di soccorso,
ne' per questi fu meno sollecito Alfonso.
Esiste tre miglia
distante dalla Terra di Arienzo una Taverna dinominata Cancello, ed è popolata in vicinanza da più famiglie, quanto
distanti, altrettanto derelitte, e senza soccorso. Si vuole questa Taverna
casale un tempo dell'antica Suessola;
e la Chiesa che vi è, gode anche di presente il titolo Arcipretale.
Perchè Cancello e
dipendente dalla Parrocchia di S. Felice in Arienzo, non meno distante di
miglia quattro, per lo più le Anime, perchè lontane dalla Parrocchia, anche
morivano prive d'ogni ajuto spirituale. Alfonso conoscendone il bisogno, e
rivangandone le antiche memorie, entra nella risoluzione di eriggere in
Parrocchia la Cappella che vi è, ed è dedicata a S. Pietro. Godendo il Duca di
Maddaloni in quelle pertinenze delle grosse massarie, vi concorse in questo,
colla sua gran pietà, anche D. Filippo Conte di Cerreto, ed Ajo del Duca.
Allegro Monsignore per
aver tutto spianato, ammanì, con quanto bisognava, anche il Battistero. Tutto
era in ordine, e sarebbesi effettuato, se opposto non vi si fosse, e troppo
amaramente, D. Vincenzo Mauro, Parroco di S. Nicolò Magno, nel Casale di S.
Maria a Vico, avendo questo il titolo di Arciprete di Cancello. Alfonso però
non la diede per vinta all'Inferno. Somministrando il Duca docati dodeci ad un
Sacerdote, che ivi andava per la Messa ne' giorni festivi, incaricò questi di
predicarvi, e catechizzare quella gente, e per impegnarlo maggiormente
assegnolli del suo altri docati sei. Feceli regalo del suo Domenicale, e di
altri libri giovevoli per la cura, compromettendosi averlo presente nella
vacanza de' Beneficj.
Vi sono nella falda del
monte Tifati, anche pertinenza di Arienzo, i villaggi Carpineto, Crisci, Busciano, e Signorminico, che contano da
ottocento e più anime, distanti mezzo miglio l'uno dall'altro, e più d'un
miglio dalla Parrocchiale, ch'è quella di S. Andrea. Perché lontano questo
popolo dal proprio Parroco, anche abbandonato vedevasi, e privo di soccorso.
Aggiungasi, che prendendo piena in tempo d'inverno due valloni, che vi si
framezzano, resta privo non che della Messa, ma sibbene de' Sacramenti.
Deplorando Alfonso lo
stato di queste anime, risolse stabilire una Chiesa nel villaggio de' Crisci,
che sta nel mezzo, situarvi il Sacramento, e dichiararla grangia
dell'Arcipretale di S. Andrea. Ottenuto dal Capitolo il suolo, concorrendovi i
Figliani coll'opera tra loro, ed avendoci posto anche docati venti del suo, ne
incaminò la fabbrica. Era la fabbrica all'altezza di palmi dodici; ed in breve
sarebbesi perfezionata, e posta in piedi la cura. Quest'opera con suo sommo
rammarico, restò imperfetta, perché sorpreso egli da grave infermità, come in seguito
dirò, e dandosi in dietro i Figliani, non prezzarono il beneficio.
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Evvi ancora in Arienzo
un Romitaggio, Beneficio della mensa, dedicato a S. Marco. Perché circondato da
molti villaggi, e lontano circa due
miglia dalla parrocchia di S. Nicolò, e circa tre da quella di S. Felice, anche
questo popolo fu preso di mira da Alfonso. Andandoci ogni festa D. Domenico
Piscitelli per la Messa, incompensollo di sermocinarci, e farvi la dottrina; ed
oltre lo stipendio che aveva per la Messa, anche a questi assegnò altri ducati
sei.
Nella terra di Frascio, avendo veduto che molte Anime
non potevano comodamente esser assistite, stando lontane dalla Chiesa
Arcipretale, voleva dividere la cura, e situarvi in un Chiesa ivi esistente un
Economo curato, dipendente dalla medesima matrice.
In questo ci si oppose, ma troppo amaramente, quell'Arciprete, anche con
ricorso al Principe. Ostinato non voleva contribuire ne' salario all'Economo,
né utensilj per la Chiesa.
Non per questo si diede
in dietro Alfonso.
"Prego dire
all'Arciprete, così scrisse, al Primicerio Petti, che non volendo
condiscendere, io sono risoluto tirare avanti la causa; e credo aver ragioni
per farvi almeno una Chiesa filiale, o sia grancia per bene spirituale di
quella gente, acciocché si abbia vicino il comodo di confessarsi, di sentir la
predica ogni Domenica far la visita al Sacramento, novene, ed altre divozioni.
Di presente è certo che non lo fanno per causa della lontananza, e delle salite
che hanno da fare ne' tempi caldi, e freddi. Io non mi curo spenderci, se
bisogna, quattro o cinquecento ducati, perché lo stimo necessario per la gloria
di Dio. Metteteli avanti tutte queste cose, per renderlo pieghevole, altrimenti
non faremo niente, perché l'uomo è caparbio, e sta sempre pieno di debiti; e
solo gli piace di spendere, dove vi va il suo genio".
Non consegui Alfonso
l'intento per li gravi travagli ne' quali si vide, e molto più per la rinuncia
che poi fece del Vescovato.
Sodisfatto non restò lo
zelo di Alfonso, avendo riparato con tante provvidenze al bisogno di tante
Anime, prive tutte della divina parola, e lontane da' Sacramenti. Per esso non
mancò destinarci, se poteva, per ogni pecora un pastore. Anche in tante altre
Chiesette rurali lontane dalla parrocchia, volle non vi mancasse, per chi vi
concorreva, la divina parola. "Se non si bussa all'orecchio, ei diceva,
non si apre la porta al cuore".
Stabilì, ed osservato
lo volle fino negli ultimi suoi anni, che ogni festa insegnati si fossero i
rudimenti cristiani, e che non vi mancasse la predica. Non badando ad
interesse, stipendiò col suo, per quest'incomodo, i respettivi Cappellani.
Contestano in se medesimi specialmente i Sacerdoti D. Domenico Moscati, e D.
Giuseppe Piscitelli.
Lasciando il dippiù che
Alfonso voleva fare, e non fece, veniamo a ciò, che di fatti operò. Perché in
molte Parrocchie scarseggiava la congrua, i Preti o non ci concorrevano, o sel
facevano, non - 118 -
disimpegnavano
la cura. Monsignore volendo andare incontro a questo disordine, ed invogliarne
soggetti di altro riguardo, non mancò in S. Visita a 28 Setembre 1764 supplire
la scarsezza delle rendite, unendoci altri Beneficj.
In Forchia casale di Durazzano unì alla Parrocchia di S. Maria delle Grazie
il Beneficio di S. Felice di ducati quattordici, esistente nella Chiesa Arcipretale di quella terra. Non
avendo sufficiente congrua l'Arciprete dell'insigne Collegiata di S. Michele in
Arpaja, vi unì il Beneficio di S. Maria
in Pesole, colla rendita di ducati
quindeci, che si aveva nella Chiesa di Ducento.
Era così scarsa di
rendite la Chiesa Parrocchiale di S. Maria delle Grazie in Cervino casale di
Durazzano, che non poteva il Parroco sostentarsi. Alfonso incorporò a questa
Parrocchia altri cinque Beneficj; cioè quello di S. Nicolò di ducati diciannove
di rendita, sistente nella medesima Chiesa Arcipretale di Durazzano; quello di
S. Vito, con altri ducati sedici, che si aveva nella Chiesa di Ducento; il
Beneficio di S. Gio: Battista in Altimari
con carlini sedici; l'altro nella medesima Chiesa de' SS. Liborio, e Crasso con
carlini ventidue, e quello di S. Angelo a
Caprile nella terra di Durazzano, con ducati sei, e grana settantacinque.
Suppontò ancora la
Parrocchiale di S. Stefano nel Casale delle Cave, ne' subborghi d'Arienzo.
Esisteva nella medesima Parrocchia un Beneficio di Ducati nove, dedicato a S.
Mariano, ed un pio legato di ducati otto in S. Maria a Nido, sotto il titolo di
S. Nicolò, e tutti e due l'incorporò in beneficio del Parroco.
In S. Pietro e Paolo a Telanico, Casale di Arienzo, vi unì un
legato di ducati dodici sistente in onore di S. Maria a Vico, e di S. Lucia
nella Parrocchiale di S. Stefano di ducati dodici. Così alla Parrocchia di S.
Agnese incorporò un Beneficio di S. Sebastiano
di ducati sei, che si aveva in quella di S. Felice.
Bisognosa ritrovò
ancora la Parrocchiale di S. Nicolò in Forchia,
Casale di Arpaja. In favore di questo Parroco unì il beneficio di S. Bartolomeo
di ducati sei, che avevasi nell'Arcipretale di Durazzano; il legato di ducati
tredici nel castello di Ducento; il Beneficio di S. Giacomo nel Toriello di ducati otto; e l'altro di
ducati undici, che avevasi in S. Croce di Bagnoli.
Non altrimenti suppontò l'Arcipretura di Bagnoli, ed altre Parrocchie che ora
non sovvengono.
Così prese a petto Monsignor Liguori la cura delle
Anime. Non davasi indietro per qualunque ostacolo, né lasciava mezzi per
agevolarla. Soprattutto incorriggiva i Parrochi al loro disimpegno, facendoli
passare a Canonici, e dimostrando per quelli una somma stima.
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