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Cap.24
Alfonso stabilisce in S. Agata le Monache del
Redentore di Scala, ed ottiene dal Papa tre di quelle per Fondatrici.
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Tra le opere, che
Alfonso stabilì in S. Agata, l'unica, a senso comune, furono le Monache del
Redentore. Città così cospicua, non avendo per le figlie nobili un Monistero
per educarle, o per consecrarle a Dio, costretta vedevasi, con sommo incomodo
delle famiglie, e con doppio interesse, far capo in altri luoghi. Se ne
compiangeva la mancanza, ma non vi fu mai chi interessato se ne vedesse.
Alfonso, facendosi carico del bisogno, l'intraprese, e perfezionollo.
L'opera più degna, e
gloriosa per Gesù - Cristo, così mi scrisse l'Arcidiacono D. Francesco Rainone,
la più onorifica per Monsignore, e la più utile per questa Città, è senza
dubbio il Monistero delle Monache del Redentore. Questa fondazione non ad altri
aveala il Signore riserbata, che al nostro santo Prelato; e non altri ci
voleva, per ridurla a capo, che il suo zelo, la sua costanza, e la sua somma
sollecitudine.
Fu quest'opera, sin da
due secoli addietro, intrapresa sotto varj riflessi, ma non perfezionata. I
Signori Mazzy nobili, ed antichi Patrizj di S. Agata del 1610 intrapreso aveano
una Chiesa in onore di Maria Santissima, detta di Costantinopoli.
Estinta la famiglia, e
non perfezionata la Chiesa, dinominavasi in seguito la Chiesa di santo nullo, perchè niun santo vedevasi
onorato. Il Primicerio D. Tommaso Talia, in tempo di Monsignor Diotavelli, che
fu assunto a quella Cattedra nel 1608 avendoci eretto un Altare in onore della
Vergine, vi stabilì una Confraternita di cento cinquanta Fratelli, che facevano
l'edificazione di tutta la Città. Il Lunedì, Mercoledì, e Venerdì, oltre altri
esercizj di pietà, disciplinavansi in comune.
Questa Confraternita,
impegnandosi il Primicerio, fu aggregata in Roma all'altra di S. Francesco di
Assisi. Morto questo zelante Canonico, e raffreddati i Confratelli nelle
divozione, a capo di anni la Società si vide dismessa.
Non mancò di protezione
la Vergine per questo luogo ad essa dedicato. Vedendosi abbandonato, pensossi
eriggere dai Santagatesi, in preferenza degli uomini, un Conservatorio di Francescane;
e situate si videro alcune pie donne a 10 Ottobre del 1630 in due picciole
camere di fianco alla Chiesa. Accresciute le fabbriche, persistettero le
Monache, con vantaggio di molte figlie ivi educate, per anni cinquantadue; ma
nel 1702 fraposto avendoci l'uomo inimico la discordia tra quei, che n'avevan
cura, di nuovo il sacro luogo posto fu in abbandono.
In tempo di Monsignor
Albino, che fu eletto Vescovo nel 17..(1699) - 120 -
il Duca Costo entrò nell'impegno stabilirvi un Monistero
di Clausura, e ne accrebbe la rendita. Tutto sarebbesi eseguito; ma morto il
Duca ed il Vescovo, di nuovo il sacro luogo si vide derelitto. Talmente andò di
male in peggio, che da casa della Vergine, addivenne casa di peccato. Chiusa,
ed interdetta la Chiesa, l'abitazione fu destinata dal publico per ricetto
della birraglia, e per abitazione di militari, che ivi spesso vi capitavano.
Arrivato in S. Agata
Alfonso, fissò subito gli occhi su questo luogo, volendo farlo da ricettacolo
di fiere, un nido di colombe. Essendosi spiegato, avvolto si vide in un mare di
contradizioni. Chi volevalo, e chi no. Tanti applaudivano, stimandolo
vantaggioso pel pubblico. Varj ripugnavano, avendo di mira altri interessi.
Taluni volevano Conservatorio, e non Clausura.
I più volevano la
Clausura, ma non convenivano nel sistemarla. "spiegatevi, lor disse
Alfonso, che avete in mente? Se pensate formare un Monistero di serve di Dio,
io volentieri mi ci adopero, ma se intendete un fondaco, o sia un chiuso di
femmine, meglio è non parlarne".
Essendosi a lui
rimessi, si prefisse stabilirvi, perché di prima osservanza, le Monache del
Redentore di Scala; ma ostava la rendita, non essendo sufficiente.
Armandosi di confidenza in Dio, tanto si adoprò presso del Papa, che ottenne in
sussidio ducati annui novantasette dalle Cappelle Ecclesiastiche, e dal Sovrano
annui ducati venticinque dalle Cappelle laicali: cosicché unì in uno ducati
duecento ventidue. Similmente per anni dieci dalla Città, coll'Assenso della
Camera, ebbe altri ducati cinquanta. Uniti con questi i ducati quattrocento
ventidue che avea la Chiesa, formò la rendita di ducati settecento
sessantaquattro, rendita conveniente, oltre le doti, per lo stabilimento del
Monistero.
Tutto in S. Agata
attribuivasi a miracolo. Alfonso quanto voleva, tanto ottenne. Sollecito,
avendo posto mano per perfezionarsi le fabriche, visitavale quasi giornalmente,
non dando riposo agli operarj. "Che so io, diceva, che tempo mi
resta". Avrebbe voluto fatto a petto, non a martello quanto bisognava.
Avendosi prefisso tre di quelle Religiose di Scala per fondatrici, ottenne dal
Papa, nel mese di Luglio 1765 la Clausura, e il passaggio delle medesime: così
dal Re un pieno consenso per tutto il dippiù, che necessitava. In tale credito
era Alfonso Liguori in Napoli, ed in Roma che conseguiva, quanto voleva.
In quest'Opera, più che
d'ogni altro, fu coadjuvato Alfonso da D. Francesco Andrea Mustillo. Agente in
quel tempo del Duca di Maddaloni. Ottenuto il permesso Pontificio, e l'Assenso
Reale, a 25 di Luglio 1765 così li scrisse: "Vogliamo cominciar presto, e
mettere il Monistero in piedi".
Mancando per allora il
sussidio delle Cappelle, ritrovandosi in attrasso per la passata carestia,
scrisse: - 121 -
"Al
sussidio, che manca delle Cappelle, per questi due o tre anni supplir possono
le paghe dell'educande; ed io prometto ancor per questo tempo cento ducati
l'anno per presto veder cominciata quest'Opera di tanta gloria di Dio.
"Spero, soggiunge,
che per mezzo di quest'Opera, abbia a ridursi questa benedetta Città di S.
Agata. L'erezione di questo Monistero l'hanno da ridurre; mentre già vedo, che
forza umana non può arrivarci; ed è certo, che se quest'opera non si fa in vita
mia, non si farà più: si farà il Monistero, ma riuscirà un fondaco di donne
chiuse. Se riesce il Monistero, colla Regola del Santissimo Redentore, sarà la
gioja per lo buono odore che daranno queste Religiose, non solo di questa
Diocesi, ma di tutta questa Provincia; e le vostre figlie staranno più contente
in questo Monistero, che non stanno contente con tutti li dugento e trecento
docati di vitalizio, che tengono le Monache di S. Chiara, di Donnaregina in
Napoli".
Impaziente di veder
presto aperto il Monistero, prosiegue, e dice: "Prego affaticarvi con
andare attorno per gli altri, che debbono mettervi le loro figliuole, acciocché
presto si cominci, e non importa, che le cose non siano tutte compite: per la
via si finisce di aggiustare la salma. Tutte le prime fondazioni cominciano
colle cose incomplete. Io già scrivo alle Monache (intende di Scala), la grazia
ottenuta da Roma, acciocché vi si apparecchino".
Pietra fondamentale
prescelta per sostegno di questa grand'opera, fu Suor Maria Rafaele della
Carità. Troppo nota è la santità di questa Religiosa. Con essa vi furono le
sorelle Suor Maria Felice de' Santi Chiodi, e Suor Maria Celestina del Divino
Amore, con una Conversa, che fu Suor Maria Giuseppa di Gesù - Maria, Religiose
tutte e quattro di virtù segnalata. la sera de' 27 Giugno 1766 pervennero
queste in Nocera, ed il dì susseguente in S. Agata.
Furono ricevute in
Nocera, e commiate in S. Agata dalle due Matrone Santagatesi D. Emilia Vinacci,
e D. Giovanna Rainone. Così da D. Nicola Roberti, e da D. Luca Albanese, uno
Tesoriere, e l'altro Canonico di quella Cattedrale, unendosi con questi i
nostri Padri D. Andrea Villani, e D. Geronimo Ferrara.
In Nola pernottarono
nel Conservatorio, che chiamasi il Tempio. Quivi furono complimentate da
Monsignor Caracciolo, e visitate da varie Gentildonne. Riuscì alla Madre Rafaele
far per strada le sue reclute. Due figlie de' Signori Speltri di Vitulano, una
chiamata dappoi Maria Luigi del Cuore di Gesù, e l'altra Maria Teresa di Gesù,
che vi stavano educande, ammirando la santità della madre Rafaele, stabilirono
volerla seguitare.
Era Alfonso così
soprappieno di gioja per l'arrivo di queste Religiose - 122 -
in S. Agata, che insinuò al Popolo appararsi le
strade con archi di ramerino, mortelle, ed altro; e nel dì 23, per render
glorioso l'ingresso, volle si apparasse con fasto anche la porta della Città.
Tre spari di mortaj, ma superbi, fece allestire, il primo avanti la porta, il
secondo di fianco alla Cattedrale, ove tirar dovevano, ed il terzo avanti al
nuovo Monistero.
Sortì l'arrivo verso le
ore 21 in giorno di Domenica. Oltre un immenso Popolo, incontrate furono da
tutte le Gentildonne. Alfonso pontificalmente vestito, assistendolo il
Capitolo, e tutto il Clero, le ricevette alla porta della Cattedrale.
Un solenne sparo col
suono di tutte le campane fece eco all'applauso commune. Visitato il
Venerabile, le Monache si avviarono processionalemente al nuovo Monistero.
Precedevano i PP. Conventuali, il Seminario, il Clero, ed il Capitolo, indi
Monsignore col seguito di tutta la nobiltà. Fattosi capo della nuova Chiesa, esposto
il Venerabile, vi si cantò sollennemente il Te Deum, con introdursi le
Fondatrici nel Monistero tra lo sparo de' mortali, ed una viva di tutto il
Popolo.
Fino al Mercoledì
ebbero campo le Gentildonne visitarle, e godere di loro conversazione; ma il mercoledì,
giorno dedicato alla Visitazione di Maria Santissima, avendoci Monsignore
destinato il Vicario, fu chiuso il sacro luogo colle solite sollennità, e posta
la Clausura.
Sollecito Alfonso fe
trovare il Monistero provveduto di tutto. Grano, vino, utensilj di cucina,
biancheria per la tavola, letti, tutto fu pronto con ogn'altra masserizia, che
bisognava. Egli per otto giorni spesolle lautamente, mandando loro
apparecchiato il vitto. Sua intenzione era complimentarle per un mese; ma le
Monache ne lo dispensarono, volendo vivere nella loro povertà, e parsimonia.
Sparsa la voce in
Provincia di questa nuova fondazione, sotto gli auspicj di Monsignor Liguori,
la somma regolarità in cui vivevasi, e molto più la santità delle Fondatrici, tra
poco tempo ripieno si vide il Monistero di dieci educande, parte di S. Agata e
di Arienzo, ed altre concorse anche da Napoli.
Dovendosi celebrare
nella terza Domenica di Luglio la festa del Redentore, Monsignore per tre
giorni fe precedere l'Esposizione del Venerabile mattina e sera, e di sera vi
predicava. Sollennizzata fu la festa nonchè con musica, e con pompa
straordinaria, ma con somma consolazione di tutta Santagata.
Quattro educande,
essendosi determinate vestirsi Novizie, Monsignore diede loro li santi
Esercizj. Consolavasi vedendole tutto ardore per consacrarsi a Gesù - Cristo;
ma non poteva il demonio non amareggiare la sua contentezza. Fu talmente
sorpresa da malinconia, in tempo degli Esercizj, D. Lucrezia Vinaccia, che
pentita, altro non faceva che piangere, - 123 -
e
sospirar casa sua. Alfonso, avendo terminata una sera la meditazione, chiamolla
al comunichino, la conforta, la rasserena; ed avendole dato a baciare il suo
Crocefisso, volle li promettesse esser sua sposa. Mutata si vide nell'istante
la giovanetta, lieta ritorna nel Noviziato, nè più fu tentata da sì tetro
pensiere.
Non così pietoso si
dimostrò con una educanda, anzi fu rigido e severo. Uno è la tentazione, ei
diceva, altro l'ostinazione. Pentita questa del passo dato, non portandosi con
esemplarità, bene non faceva per se, e svogliava anche le altre. Ancorché
nipote dell'Arcidiacono Rainone, Alfonso mettendo da banda ogni pietà, ed ogni
umano risguardo, volle che rimandata si fosse in propria Casa.
Tutt'altro lo sperimentarono
le due giovanette venute da Nola. Disgustati con queste i proprj Fratelli, per
più anni negarono l'importo per l'educandato. Monsignore, fattosi compassione,
ogn'anno soddisfece per esse, esibendo tra l'altro al Monistero tomola 30 di
grano. Concordate poi coi Fratelli, ebbero la dote, e professarono.
Considerando Alfonso
questo Monistero come opera sua, e di gloria di Gesù - Cristo, ancorché stretto
da somma povertà, non lasciava sollevarlo per quanto poteva.
Ogn'anno somministrar soleva tomola 50 di grano, e
contribuiva abbondantemente per la provista dell'oglio. Vivendo egli spiegossi
voler a conto suo tutta la spesa per le quattro Fondatrici. Spesso spesso vi
mandava per limosina i dieci, i venti, e i ducati trenta. Stando in S. Agata,
mandava loro ogni otto giorni la pietanza; e per lo meno ogni mese allorché
stiede in Arienzo. Né giorni solenni ricreava le Religiose con altra
particolarità; e come da Napoli li capitavan dolci, o da Monache parenti, o da
altre, buona parte la mandava all'Educande, e Novizie.
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