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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 3
    • cap. 54 Anima i suoi Alfonso con altra circolare per avanzarsi nella perfezione, e nell'amore verso Gesù-Cristo.
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cap. 54

Anima i suoi Alfonso con altra circolare per avanzarsi nella perfezione, e nell'amore verso Gesù-Cristo.

 


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Se Alfonso giacendo sul letto del dolore penava amando, anche voleva, che maggiormente i suoi avanzati si fossero nell'amore verso Gesù - Cristo. Abbiamo una sua circolare in data dei 29. Luglio 1774. Egli non altro assume, per unico motivo di avanzarsi ognuno nell'amore di Gesù - Cristo, che l'esser stati strappati da mezzo al mondo, e chiamati al ministero Apostolico. Con questa lettera, quanto è piena di zelo per l'esatta osservanza, altrettanto è tutto carità per i suoi Congregati.

 

"Amatissimi Fratelli in Gesù - Cristo. La cosa principale che vi raccomando, è l'amore a Gesù - Cristo. Troppo noi siamo obbligati ad amarlo. Egli a questo fine dall'eternità ci ha eletti, e chiamati in questa Congregazione, per amarlo, e per farlo amare ancora dagli altri. E qual maggiore onore, e finezza potea usarci

Gesù - Cristo, che strapparci da mezzo al mondo, per tirarci al suo amore, e non attendere ad altro in questo pellegrinaggio della nostra vita, per cui dobbiamo passare all'Eternità, che a darli gusto, e farlo amare da tanti popoli, che continuamente in ogni anno, per nostro mezzo, lasciano il peccato, e si mettono in grazia di Dio?

Quando arriva una delle nostre Missioni ad un Paese, per lo più la maggior parte di quella Gente sta in disgrazia di Dio, e priva del suo Amore; ma ecco che appena passano cinque o sei giorni, che molti, come svegliati da un profondo sonno, cominciando a sentire le Istruzioni, e le Prediche, e vedendosi offerire la Divina Misericordia, cominciano a piangere i loro peccati, con concepire desiderio di unirsi con Dio.

Similmente vedendo aperta la via del perdono, cominciano ad abborrire la vita che prima amavano; e col vedere una nuova luce, cominciano a sentire una nuova pace; così pensano a confessarsi, per rimuovere dall'Anima quelle passioni, che li teneano lontani da Dio.

Ecco, che dove prima lor parea troppo lunga la Messa di un quarto d'ora, troppo tediosa una Corona di cinque poste, ed insopportabile una Predica di mezz'ora, di poi sentono con piacere la seconda, e la terza Messa, e dispiace loro, che la Predica sia terminata dopo un'ora e mezza, e forse due. E di chi si serve il Signore, se non di noi, per fare queste mutazioni così ammirabili,


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riducendo i cuori a compiacersi di quello, che prima sdegnavano? Sicché finita la Missione, si lasciano in quel Paese due o tremila persone ad amare Dio, che prima vivevano sue nemiche, e che neppur pensavano a ricuperare la sua grazia.

"Ora se Iddio ci onora così, eleggendoci ad esser mezzi della sua gloria, e di farlo amare dagli altri, onore che non ha alcun Monarca della terra, quanto noi dobbiamo ringraziarlo, ed amarlo? Se si affaticano gli altri ad acquistarsi il nome di Uomini di garbo, e di bell'ingegno, procuriamo noi avanzarci sempre più da giorno in giorno nell'amore verso Gesù - Cristo, procurando di trovar le occasioni di compiacerlo, con offerirgli qualche mortificazione, o altro atto di suo gusto. Ma se vogliamo affezionarci sempre più con Gesù - Cristo, mettiamoci sempre all'ultimo luogo, e guardiamoci di voler comparire. Chi più si nasconde tra gli uomini, più si unisce a Gesù - Cristo.

Troppo ingrato con Gesù - Cristo si dimostrerebbe taluno de' nostri Fratelli, se l'amasse con riserba, e lasciasse di fare una vita più stretta con Dio che già potrebbe fare".

 

Compassiona Alfonso in questa lettera specialmente que' tali Soggetti, che per propria colpa si hanno demeritata la perseveranza.

"Fratelli miei ei dice, in punto di morte, a quel lume di candela, vedremo le grazie che il Signore ci ha fatte, in conservarci la bella vocazione, che ci ha data. Dico la verità, mi viene una gran compassione, pensando a quei Fratelli, che un tempo eran nostri, quando vivevano in pace, soggetti all'ubbidienza, uniti con Dio, e contenti di ogni cosa, che lor succedeva; ed ora stanno in mezzo al Mondo, nella confusione, e ne' disturbi. Hanno essi bensì libertà di andare ove vogliono, e di fare quel che vogliono; ma quanto fanno, tutto è senza regola, senza spirito, e senza quiete.

Si ricorderanno da quando in quando di far l'orazione, ma affacciandosi davanti i loro occhi l'infedeltà, che hanno usata con Dio, e l'ingratitudine di avere abbandonata la vocazione, troppo sentono le punture che soffrono; e quindi avviene, che, per non sentire l'asprezza di tali rimorsi, spesso spesso lasciando l'orazione, sempre più si avanza la loro tepidezza, ed inquietitudine".

 

Nel tempo istesso anche rileva la causa della loro disgrazia, cioè i difetti volontarj, e non curati.

"La loro disgrazia, così prosiegue, non è cominciata da colpe gravi, ma da piccoli difetti. Per mezzo di quelli il Demonio a poco a poco gli ha ridotti a perdere la vocazione. Torno a dire, io lo compatisco dentro l'anima, poiché tengo per certo che la loro vita tutta è confusione, e disturbo; e se angustiata è la vita, molto più angustiata sarà la morte.

Anni sono ebbi da affaticarmi a confortare uno di costoro, il quale pensando alla vocazione perduta, era svoltato di cervello, freneticando, e dicendo, ch'era


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disperato, e non si potea salvare, per aver perduta volontariamente la vocazione. La loro disgrazia dee farci stare attenti a soffrire ogni cosa, per non perdere la vocazione; ed il primo mezzo si è fuggire i difetti piccoli, specialmente contro la Regola.

Chi non fa conto delle Regole, non fa conto dell'amore di Gesù - Cristo. Si vede coll'esperienza, che chi fa un difetto di Regola ad occhi aperti, e specialmente se il difetto è replicato, subito si sente arido, e raffreddato nel Divino Amore".

 

Rileva ancora, che senz'amore non possonsi sopportare le traversie; e perciò ei vuole, che si ami assai Gesù - Cristo, per così potersi sopportare le contraddizioni.
"Già sapete, ei dice, che il mezzo più efficace per soffrire le cose contrarie è l'amare assai Gesù - Cristo; e per amare assai Gesù - Cristo, bisogna pregarlo assai. L'amare Gesù - Cristo è l'opera più grande, che possiamo fare in questa terra; ed è un opera, un dono, che non possiamo averlo da per noi, da Lui ha da venirci, ed Egli è pronto a darlo a chi lo dimanda; sicché se ci manca, manca per la nostra trascuratezza. Perciò i Santi si sono impiegati sempre a pregare, e questa è stata la lor maggiore attenzione".

 

Augura similmente in questa lettera la prosperità della Congregazione, il bene che sarà per fare, e la comune salvezza. "Io sto certo, ei dice, che Gesù - Cristo riguarda con occhio molto amoroso la nostra piccola Adunanza, come la pupilla degli occhi suoi, e noi lo vediamo coll'esperienza, che in mezzo a tante persecuzioni, Egli non lascia proteggerci, e farci degni di promuovere sempre più la sua gloria in tanti Paesi, con moltiplicarci le sue grazie. Io non la vedrò, perché la morte mi è vicina, ma sto in una certa confidenza, che la nostra piccola Greggia crescerà sempre più da tempo in tempo, non già in ricchezze, ed onori, ma nel procurare la gloria di Dio, ed ottenere, colle opere nostre, che Gesù Cristo sia più conosciuto,  ed amato dagli altri.

Ha da venire un giorno, in cui ci vedremo, come ben possiamo sperarlo, riuniti tutti insieme in quella Casa eterna, dove non ci spartiremo più, e dove troveremo  a noi unite molte centinaja di migliaja di persone, che un tempo non amavano Dio, e che poi condotte, per nostro mezzo, a ricuperar la sua grazia, l'ameranno, e renderanno eterna la nostra gloria, ed allegrezza.

Questo solo pensiero non dee spronarci sempre ad impiegarci tutti in amar Gesù - Cristo, e farlo amare dagli altri? Benedico tutti, e ciascuno in nome di tutta la SS. Trinità, e prego Gesù-Cristo, che per li meriti suoi accresca (dico) sempre più il suo Divino Amore; acciocchè tutti, ardendo in Cielo da Serafini, possiamo in eterno lodare Iddio, e cantare le misericordie, che ci ha usate".


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Insinua similmente a tutti una maggior divozione verso Maria SS.; accertando ognuno della sua protezione.

"Non lasciamo poi, così egli, raccomandarci alla Divina Madre, giacché il Signore ci l'onore di promuovere da per tutto le sue glorie: cosa che molto mi consola, e mi una grande speranza, che questa buona Madre non lascerà di avere una cura specialissima di ognuno di noi, e di ottenerci la grazia di farci santi". "Finisco, ei dice, ma non vorrei mai finire, per lo desiderio che ho di vedervi tutti innamorati di Gesù Cristo, ed operatori della sua gloria, specialmente in questi tempi infelici, in cui Gesù - Cristo si vede così poco amato nel Mondo".

 

Facendosi carico di nuovo del beneficio della vocazione, raccomanda corrispondenza, e perseveranza.

"Non mi spaventa, così prosegue, il timore della povertà, delle infermità, delle persecuzioni; solo mi atterrisce il timore che alcuno di voi un giorno, sedotto da qualche passione, abbia da lasciar la Casa di Dio, e trovarsi in mezzo al Mondo, com'è avvenuto a tanti, che un tempo erano della Congregazione, ed ora stanno fuori, e vivono senza pace; e quantunque alcuni di essi si salveranno, certamente però si troveranno perduta quella gran corona, che Dio avea lor preparata in Cielo, se perseveravano nella vocazione.

Perciò, Fratelli miei dilettissimi, preghiamo sempre Gesù - Cristo, e la nostra Madre Maria per la santa perseveranza, che voglia Dio concedere a tutti la sua misericordia. Ognuno particolarmente mi raccomandi a Gesù - Cristo, per la buona morte, che da giorno a giorno sto aspettando. Io miserabile qual sono, più volte il giorno prego per ciascuno di voi; e salvandomi, come spero, non lascerò in Cielo di farlo meglio, di quel che fo al presente".

 

"Raccomando poi in particolare, e prima di tutto gli esercizj giornali, e le tre orazioni mentali. Chi poco ama l'orazione, poco ama Dio; quando manca l'orazione, manca lo spirito, mancano li buoni desiderj, e manca la forza di camminare avanti. Raccomando la lezione spirituale, ch'è la compagna individua dell'orazione. Raccomando con divozione la santa Messa; l'Officio Divino si dica colla dovuta pausa, e senza mischiare l'uno coll'altro verso".

"Raccomando l'amore alla povertà. Pensate che in tutte le nostre Case si vive quasi per miracolo, mentre già sapete, che non vi sono rendite, e quelle poche rendite che vi sono appena bastano per somministrare quattro o cinque grana per ciascheduno, e neppure arrivano a tanto. Sicché bisogna che ognuno si contenti di quel poco, che si riceve per pura limosina da Dio. E' un prodigio il vedere come ogni giorno vi sia pane a mensa per ciascuno!"

"Raccomando il silenzio. Dove non vi è silenzio, non vi è raccoglimento; e dove non vi è raccoglimento, non vi sono che disturbi, e peccati. Uno de'


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maggiori beni, che abbiamo nella Congregazione, è il beneficio del silenzio; e chi guasta il silenzio, fa danno a se, ed agli altri".

"Raccomando nelle Missioni l'ubbidienza a' Superiori. L'ubbidienza mantiene il buon'ordine delle Missioni. Ancorché qualche cosa, che ordina il Superiore, potesse esser meglio regolata, pure, quando si fa l'ubbidienza con puntualità, e senza mormorazioni, tutto va bene, Dio vi concorre, e la Missione riesce di gran profitto".

"Si guardi poi ciascuno di disgustare i Fratelli con parole, e saletti, che possono offendere la Carità; e così si guardi di avere qualche impiego nella Missione, che non gli è assegnato dal Superiore, senza sua richiesta. Come Dio vuol concorrere con qualch'esercizio, che alcuno pretende di fare per proprio genio? Chi pretende ciò, meriterebbe di non uscire più in Missione. E ben si darà questo gastigo a quelli che temerariamente voglion fare qualche officio, che loro non è dato. Questa sommissione ha fatto riuscire le nostre Missioni; ma ho inteso, con mia somma pena, esservi stato in ciò qualche sconcerto. Di nuovo benedico tutti, ed ognuno in particolare".

Arienzo, 29 Luglio 1774.

Fratello Alfonso Maria Vescovo di S. Agata.




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