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Cap.66
Profusa carità di Alfonso con i poveri, se famelici e
nudi.
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Con i bisogni
dell'Anima non trascurò Alfonso nei suoi figli i bisogni del corpo. Fisso
avendo nel cuore le opere di misericordia nel Vangelo prescritte, se incaricate
si veggono queste ad ogni fedele, molto più, ei diceva, si esigono da chi è
Vescovo. Oggetto di sua commiserazione, fece per primo i tanti poveri. Amava
questi, e preferivali a tutti, né lasciò sovvenirli il più che poteva. Riconoscendo
in essi l'immagine viva di Gesù Cristo, par che a momento se li ripetesse:
"Voi fate a me, quello che fate a questi.
I giorni destinati alla
pubblica limosina erano il Mercoledì, e Venerdì; ma contestati da tutti, che
non eravi ora del giorno, in cui non vedevasi colla borsa nelle mani, e con
queste aperte a beneficio comune. Che se più ore contava l'oriuolo, altrettante
sarebbesi diffuso verso i poveri. Due volte la settimana, cioè il Mercoledì, e
Venerdì, dicevami il Primicerio D. Giacinto Morgillo, erano giornate di
limosina generale e pubblica; ma questa non era, che una certa formalità,
mentre tutti i giorni erano uguali, perché tutti concorrevano, tutti erano
consolati, e niuno era escluso dalla carità di Monsignore.
"Tutta la rendita
mensale, così il Vicario D. Nicola Rubino, a riserba dell'onorario a me, e le
mesate, che pagar soleva al suo Cappellano, ad un Servidore, ed al Cuoco, tutto
il dippiù, toltone il vitto per se, e per la famiglia, distribuito vedevasi per
limosina ai poveri, e per estirpare ed impedire in Diocesi i disordini, e le
pratiche scandalose".
"Non sapeva più
che fare, mi scrisse il P. M. Caputo, per soccorrere i temporali bisogni del
prossimo. Vedevasi povero, e mendico; e vi reano giorni, ne' quali non avea che
dare. Giornalmente, così anche contesta l'Arcidiacono Rainone, vedevasi piena
la sala, e chi domandavagli il sale, e chi il lardo; chi zucchero, e chi dolci
avendosi infermi in casa. Per questi specialmente chi voleva firmata la ricetta
per lo speziale, e chi chiedeva china, ed altri semplici, che egli teneva
ammaniti.
Non faceva distinzione,
così portato dal suo buon cuore, tra un pezzetto di rame, e quello di argento.
Riprovando tanta prodigalità l'Arcidiacono Rainone, "Monsignor mio gli
disse un giorno, dopo che avete dato tutto, che più vi resta da dare? Pensate,
che l'estate non sempre dura, e che sopravviene l'inverno, quando vi è bisogno
maggiore. "La provvidenza non manca,
rispose Alfonso. Per l'ordinario, - 352 -
mi dice il nostro P.
Buonopane, non mancavano le cinque, e sei grana a ciascun povero.
Qualche istinto interno, bisogna dire, egli
aveva, per regolarsi nella limosina. Attesta il servitore Alessio, che
portandoseli l'imbasciata di qualche povero non ordinario, dar soleva un tarì,
o per lo meno un grana tredici. Ritornando lo stesso la seconda volta,
Monsignore senza vederlo, o sapesse chi fosse, diminuiva la moneta, e
ritornando la terza, davali meno. Chiedendogli la limosina nel medesimo giorno
per altri, che non ancora vi erano stati, anche dava la pingue, ed abbondante,
senza che egli sapesse nè gli uni, nè gli altri.
Cadendo le nevi in
tempo d'inverno, o essendovi altre intemperie, non potendo i poveri
travagliare, maggiormente la sua carità vedevasi singolarizzata. Per lo meno in
questi tempi, mi dice D. Agnello Sgambati, somministrar soleva i sei, i nove,
ed anche i docati dieci per giorno. Tante volte vedendosi in attrasso le
finanze, e non eravi che dare, Monsignore affliggendosi, e stringendosi sulle
spalle, scrivete, diceva, al Canonico di Cesare (era questi in S. Agata il suo
Economo) se può mandarmi qualche cosa. In un anno non avendo che dare, correndo
l'inverno, scrisse in Airola a D. Giovanni Mango, che avendo consumato il
grano, e non essendovi più che dare, procurato avesse quantità di legumi. Così
ricorreva ad altri, non bastandogli il cuore di veder patire i tanti poveretti.
Era così profuso nella
limosina, mi dice il Canonico Michella, che non solo spogliarsi del bisognevole
a se, ed alla famiglia, ma contrarre non lasciava grossi debiti per il pubblico
sollievo. Vedendosi stretto, faceva capo per imprestito da varj mercanti, e
persone benestanti. "Tante, e tante volte, così il Canonico D. Sabatino
Crisci, sono io andato dal Signor Leonardo d'Ambrosio per i ducati cinquanta,
per i cento, ed anche per i duecento, vedendosi accerchiato da quantità di
poveretti. Non trovando chi gli facesse imprestito, ricorreva, vedendosi
afflitto, alla liberalità de' potenti, e tante volte, specialmente al Principe
della Riccia. Anche la Duchessa di Maddaloni in una sol volta mandagli più
centinaja di ducati, specialmente per i poveri di S. Agata, e di Arienzo.
Vi sono in S. Agata, e
nella Diocesi sessantaquattro, ma ricche Cappelle. Amministravansi queste ne'
primi tempi che fu in S. Agata anche dal Vescovo. Monsignore toltone le spese
forzose, tutto il dippiù, come rilevasi dai libri de' conti, non impiegavalo,
che in beneficio de' poveri, in maritaggi di orfane, per letti, e biancherie, e
per coprire la nudità di tanti altri.
Era così profuso nella
limosina, che obbligò talvolta i Rettori di queste Chiese a far debiti in
beneficio de' poveretti. Varie di queste Cappelle essendosi dichiarate Laicali,
Alfonso non si - 353 -
diede
indietro. Tanto picchiava coi respettivi Amministratori, che anche molto denaro
distribuivasi a sua divozione.
Stimava egli i poveri
come unica sua porzione spettatagli dal Gran Padre di famiglia. Gl'interessi di
questi erano a tutti preferiti, nè eravi in lui altro riguardo per veruno.
Aspettandosi la prima
volta in S. Agata suo fratello D. Ercole, colla nuova sposa D. Marianna Capano
- Ursini, il Vicario, ed altri fecero sentirli doversi apparecchiare alla
Cognata un qualche regalo. Sì, rispose Monsignore; ed il regalo per D. Marianna
non fu che una frasca di fiori, che anche in dono egli aveva ricevuto.
Rappresentandogli, che
troppo scarsa era l'attenzione, "E
che volete, disse Alfonso, che io lo
levo ai poveri, e complimento mia Cognata?
Godeva la Dama
trattenervisi in S. Agata, ma nol godeva Monsignore, portandone l'interesse.
Vedendo che non eravi principio di partire, candidamente le disse: Io goderei che vi tratteneste lungo tempo,
ma come facciamo che non spendo del mio? Tutto il denaro è della Chiesa, e ciò
che si leva alla Chiesa, si toglie ai poveri.
Abbiamo un atto di
carità in Monsignore, forse non sperimentato in altri. Amava talmente il
povero, che dovendo ammettere taluno al suo servizio, preferiva sempre, senza
badare al proprio comodo, il più povero, non perché più abile, ma perché tale.
Mancandoli il Secretario in Arienzo, informossi chi era più povero, se D. Custode Troisi, o D. Virgilio Cimino.
Tutti e due disse al Vicario sono capaci, ma sento che D. Virgilio sia
poveretto. Sopra di questo fermossi, ancorché con tenerezza egli amasse D.
Custode. Bastava dirli, che un servidore era povero, e moriggerato; tutto il
dippiù se era capace, o nò non si esaminava.
Anche questo è poco.
Trattandosi di poveri, toglievasi per sollevarli anche il boccone dalla bocca.
Avendoli mandato regalando un nuovo Priore de' PP. Domenicani di S. Maria a
Vico circa tre rotola di buon pesce, stimò riceverselo, dimostrandone
gradimento, per far vedere non starne disgustato per un'amarezza, che dai PP.
aveva prima ricevuto.
Facendoseli la solita
lezione spirituale dal fratello Francescantonio, e propriamente sulla vita del
Ven: Bartolomeo de Martyribus, si lesse esser stati soliti gli Arcivescovi di
Praga mandare al Re ogn'anno, non sò in qual solennità, un certo pesce, e che
considerando la spesa, ed il trasporto, il Venerabile risolvette esser meglio
impiegarlo per li poveri, che per il Re.
Sentendo questo
Monsignore, Dimani, disse al
Fratello, che è mercato in Maddaloni,
mandate a vendere il pesce, e fatene limosina. Essendoseli detto esser poca
cosa, e che non costava tanto il pesce, quanto la giornata da pagarsi all'uomo, Non ci vuol altro, replicò Monsignore, fate come vi ho detto. Il vero si è, che
essendosi adocchiato il pesce, non volevano i familiari farselo scappare; e per
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quietarlo se li
disse, che per quella mattina comprato non si sarebbe la solita pietanza.
Se tutti i poveri
erangli a cuore, soprattutto però interessavasi per le Famiglie civili, ma
povere. Queste voleva, se li ricordassero da' Parrochi. "Sò io, mi disse il
P. Rafaele da Ruvo, Definitore Alcantarino, quante Famiglie intere Egli
provvedeva segretamente di vitto, e vestito. A chi teneva assegnato carlini
dieci il mese, a chi trenta, ed a chi i cinque, e sei ducati, e più ancora
secondo la persona, e famiglie. Teneva, per togliere ogni confusione, una
tabella con tanti laccetti, e come capitavano le persone designate, aveva per
regola il Fratello Francescantonio tirare uno di quei laccetti".
Viveva in somma
miseria, ed anche abbandonata dal proprio fratello, una Giovanetta gentildonna,
orfana di padre, e madre. Sapendone lo stato Monsignore, mandolle la prima
volta per il Parroco una competente somma, per riparare l'attrasso, e poi
mensualmente quanto bisognavale.
Grande è il numero,
come è già noto, ed altrove già dissi, di queste tali in segreto provvedute.
Una sol volta però contro il suo istinto dovettesi mostrar duro. Viveva in
miserie una Gentildonna carica di figli, perché tutto dal marito consumavasi
nel giuoco.
Fattosi Monsignore compassione dello stato di
quella sventurata, somministravale ogni mese, ma nascosto del marito, mezzo
tomolo di grano. Avendolo questi saputo, mandavaselo a prendere in nome della
moglie, ed in cambio di mandarlo al molino, vendevalo, e giocavasi il prezzo.
Non sapeva Monsignore, come regolarsi.
Nella carestia
specialmente del 1764 facendole compassione lo stato della moglie, e de' figli,
in una sol volta diedeli tomola tre di grano. Avendo saputo averselo anche il
marito venduto, e giuocato, non volle guardarlo più. Assegnò bensì alla moglie
in segreto, ma per mezzo del Parroco, un mensuale soccorso.
Non era Alfonso amico
di visite, come dissi, eppure in certe ore che vedevasi solo, e che altri non
potevano esser da lui, godeva vedersi visitato, essendo qualche Gentiluomo povero,
e meschino.
Ritrovandosi in Airola,
era a ritrovarlo ogni sera, nell'ora tardi, come mi attesta Antonio Scottino
Custode del Palazzo del Principe, un Gentiluomo carico di famiglia, ma povero,
e che Monsignore non mancava sollevarlo nelle sue miserie, e che così non
mancavano delle grandi limosine anche ad altre persone vergognose.
Un Officiale di Corte, uomo dabbene, ma forastiere, vedevasi in strettezza
perché carico di famiglia. Avendone esposto i suoi bisogni ad Alfonso, ottenne
docati sei al mese, per tutto il tempo, che fu di distaccamento in S. Agata.
Curioso è quello li
accadde con un Canonico, ed era questi Tesoriere della Collegiata, che benchè
Gentiluomo, perchè carico di obbligazioni, - 355 -
vedevasi in sommo bisogno. Non mancava Alfonso sollevarlo per quanto
poteva. Una sera tra le altre, essendovi presente il Canonico d'Ambrosio,
Monsignor mio, li disse, io ho ucciso due neri, ma non ho come comprare il
sale, e conciarli. E bene, che vuoi, che
ti faccio? rispose Monsignore. V. S. Illustrissima ci deve pensare, disse
il Tesoriere. Qui ci è D. Marcantonio,
soggiunse Monsignore (avea il Canonico l'amministrazione di una Cappella) ed
avendo questi risposto, che non avea che dare, su via, disse Alfonso, quanto
sale vi bisogna? E quello, almeno rotola dodeci. Avendosi chiamato il
Fratello Laico, fe darli il costo, che importava. Consolato il Tesoriere, disse
ad un amico, aver ricevuto più di quello li necessitava.
Queste limosine segrete
facevano il forte della carità di Alfonso. "Chi è Vescovo, dir soleva,
questi poveri vergognosi aver deve in mira, perché questi non aspettano altro
sollievo da veruno, e questi sono i veri poveri, raccomandati da Gesù
Cristo".
Ritrovandosi un giorno con
Monsignor Bergamo Vescovo di Gaeta, e Monsignor Tosti Vescovo di Fondi,
richiese, perché suoi penitenti, come si regolassero intorno alla limosina. In
quanto a questo, rispose Monsignor Bergamo, mi pare non mancarvi, ed è noto a
tutti, grazie a Dio, che quanti vengono, tutti ricevono in abbondanza la
limosina".
Per quello mi pare,
ripigliò Alfonso, voi sapete fare il Parroco, e non il Vescovo. Voi leggendo il
Vangelo, non l'intendete in pratica. La mano sinistra del Vescovo non deve
sapere quello che fa la destra. Vi raccomando le limosine segrete, queste sì vi
raccomando, le vedove, le famiglie bisognose, i poveri segreti. Bisogna
soccorrere ognuno, ma questi ci debbono premere più di ogni altro".
Sopra tutto, come tante
volte ho ridetto, vedevasi profuso, ove, a motivo di povertà, scandalo pota
esservi, ed offesa di Dio. Attesta il Sacerdote D. Custode Troisi, che essendo
andato Economo nella Parrocchia di Talanico, ritrovò, che tanti e tanti, per
impotenza, tenevano figli, e figlie, anche non piccioli, nel medesimo letto.
Alfonso avendo inteso questo disordine, non mancò subito somministrare quanto
bisognava per provvederli di letto. Mi conferma di vantaggio che quante volte
esponevali simili bisogni, altrettante riscuotevane abbondantissima limosina.
Avendo inteso, mi disse
il Primicerio Carfora, che una povera vecchia teneva sei figli maschi, e
femmine, ma grandetti, in un medesimo letto, inorridì. Gesù, intesesi esclamare. Presto, disse, chiamate il Fratello
Francescantonio: e diede ordine nell'istante, che subito, e senza dimora
provveduta si fosse di quanto bisognava".
Bastava, che un Parroco, o altro Sacerdote, mi dice D. Giuseppe Razzano, li
scrivesse, che qualche capo di famiglia tenesse, a motivo di povertà, li figli
nel proprio letto, che in risposta eravi provvidenza per li sacconi, e per
ogn'altro bisognevole". Contestavano tutti i Parrochi, che se vedevasi
qualche donna in pericolo per la sua povertà, o qualche vedova, o taluna
malamente maritata, non tanto rappresentaveli il bisogno, che soccorrer
vedevasi per vitto, e vestito.
Non è, che profuso
soltanto fosse Monsignore in S. Agata, ed Arienzo; ma avendo in mira i poveri
di tutta la Diocesi. Tutto quello che spettavali in S. Visita di Cattedratico,
ed ogni altro emolumento come dritto della mensa, tutto lasciavalo, come dissi,
in mano de' Vicarj Foranei, volendo, che segretamente, coll'intelligenza de'
Parrochi, somministrato si fosse alle famiglie povere. Nella folla de' tanti
memoriali, che per varj motivi capitavano dalla Diocesi, se taluno ne ritrovava
di qualche povero, dir soleva tutto allegro: oh questo sì che mi piace: è memoriale per limosina.
Sapendosi la sua liberalità con i poveri,
anche da fuori Diocesi ricorrevasi da lui per limosina. Tante volte, vedendosi
stretto, e non potendo "La carità, diceva, ma dicevalo con amarezza di
cuore, deve essere ordinata: se non ho per questi poveri affidatimi in
ispecialità da Dio, come posso dilatarmi con altri, se sono
nell'impotenza?"
Essendo stato richiesto
per un assegnamento mensuale dal Parroco di S. Agata per una persona fuori
Diocesi: "Ben sapete, gli scrisse a 3. Settembre 1774. che io son tenuto
soccorrere i poveri della mia Diocesi, che si sono tanto avanzati, non so più
che fare. Ad ogni modo faccia sentire in mio nome al Canonico D. Gioacchino di
Cesare, che gli dia carlini quattro al mese. Io son povero, e non posso
distendermi di vantaggio".
Spesso spesso un
povero, non diocesano, veniva per la limosina, e persona sembrava in qualche
modo civile. Per ordinario facevali dare dal Fratello Francescantonio carlini
dieci, e quindeci. Una volta, tra le altre, strepitava col Fratello non esser
sufficienti al proprio bisogno. A tempo uscendo di stanza Monsignore, e
sentendo la pretenzione "Figlio mio, li disse, io vivo accerchiato da
poveri, e non so più che mi vendere, contentatevi ora di questo, che appresso
Iddio provvederà". Dichiarandosi quello mal soddisfatto, borbottando
partì. Compatendo Monsignore la di lui miseria, fattolo richiamare, feceli dare
carlini venti.
Anche i Pellegrini non
partivano scontenti; maggiormente se erano petulanti. Ritirandosi una sera di
Sabbato, dopo aver predicato nella Cattedrale, incontrossi con un Pellegrino,
che nobile spacciavasi, e di fresco convertito alla Fede. Avendo detto al
Secretario di darseli carlini due, rifiutolli, strepitando non poter vivere.
Sentendo Monsignore da dentro la stanza gli schiamazzi, quietatelo, disse, e
dateli qualch'altra cosa. Essendoseli dato un pezzo di grana ventiquattro,
anziché prenderlo, maggiormente schiamazzava. Vedendo Alfonso che non finivala;
dateli, disse, ciò che vuole, e quietatelo: e di fatti li fe dare carlini
quattro.
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Se famelico il povero
veniva sollevato, nudo vedevasi ricoperto. Non davali il cuore vedere un
pezzente cencioso, e privo del necessario. Oltre delle provvidenze secrete,
altrove tante volte ripetute, ogni anno procurava quantità di tela, e varie
robe di lana, e tutti in proporzione venivano provveduti.
Anche i meno poveri,
che non erano in tanta necessità, vedendolo così liberale, facevano capo a lui. Non ce la vogliamo perdere, dicevano
taluni: altri, non vogliamo restar
corrivi; e così portavansi tutti a Palazzo, chi per un pretesto, e chi per
un altro.
Essendovisi portata una
donna del casale di Cave, tenimento di Arienzo, ove, per l'inclemenza del
clima, uomini e donne sono quasi tutti bozzolosi nella gola, ed avendo seco una
figlia nubile anche bozzoluta, disse, che avendola trovata a maritare, non
sapeva come provvederla di un tonnino.
Non capiva Monsignore cosa fosse il tonnino. Richiesta la donna dal Secretario,
spiegossi esser un filo di globetti di oro per ornamento della gola.
Prorompendo in riso il Secretario, non bastano, disse a Monsignore, per ornare
quella bozza tutt'i tonnini degli orefici. Anche Monsignore diede in riso; ma,
dando luogo alla compassione, volle se li dassero carlini dieci; e non finendo
quella di picchiare, fecela dare altri carlini quattro.
Più furba fu una
storpia, anche meno bisognosa. Fattasi portare da Monsignore, espose che non
aveva né letto, né camicia. Avendo egli a tempo una quantità di tela,
somministrolle quanto desiderava. Calata da Palazzo, vendette la tela, e
gloriavasi aver strappato anch'essa la sua porzione. Sapendosi questi furti,
non mancò più d'uno, e specialmente il Decano Daddio farlo avvertito, che
volentieri veniva ingannato. Questo non
fa male, disse Monsignore, meglio è
dare il soverchio, ed esser ingannato, che dare il manchevole, ed esser da
Cristo rimproverato.
Tra i poveri
privileggiati, come Alfonso chiamavali, vi erano ancora i Cappuccini, i PP.
Alcantarini, ed oltre il povero Conservatorio delle Monache, dette di S.
Filippo, anche quelle del nuovo Monistero del Redentore. Questi, oltre delle
limosine in danaro, avevano ogni anno certa quantità di olio, grano, e vino.
Tale fu la prodigalità verso i poveri di Monsignor
Liguori. Ma non fu questo, come tutti contestano, un gioco di un anno, o di
due. Costante fu sempre questa sua carità da che pose piede nel Vescovado, sino
a che fu di ritorno in Nocera. Penava esser Vescovo, ma rincrescevali molto più
perché povero. "Solo per questo invidio i Vescovi, che hanno una rendita
grande, disse ad uno de' nostri, perché hanno modo a poter soccorrere con più
abbondanza i poveri, e far loro delle molte limosine".
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