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Cap.3
Perfeziona Alfonso, e dedica a Pio VI la sua Opera
sulla Divina Provvidenza.
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In Nocera, nel medesimo
anno che vi giunse, ancorché così occupato, e travagliato, perfezionò Alfonso
l'Opera intrapresa sulla Divina Provvidenza; cioè in aver Iddio salvato l'uomo per
mezzo di Gesù Cristo. Quest'Opera non può leggersi senza intenerirsi, e vedersi
commosso ad amare un Dio fatto Uomo per amore dell'uomo.
I suoi sentimenti, così
si spiega il Canonico D. Giuseppe Rossi, sono tanti sproni, che risvegliano ad
amarlo: Quibusdam, veluti additis
calcaribus in Dei charitate hominum animus excitatur; sono tali, che le
anime meticolose animate si veggono a sperare la Divina Misericordia: Opportuna quaedam exibentur monita, unde in
Divinae miserationis fiducia, meticulosi fideles inflammatur.
Aggiunge di vantaggio
in quest'Opera altri due opuscoli; il primo dell'Amore Divino, e de' mezzi per
acquistarlo: il secondo contiene varj consigli, che sono di sollievo, e di
confidenza per un'Anima desolata.
Non finisce di ammirare
l'anzidetto Canonico il zelo di Alfonso, e come in età così avanzata, e così
mal ridotto, non lasciava impiegarsi per lo bene delle Anime: Licet senio confectus, et deperditarum
virium imbecillitate laboret, semper tamen sibi idem, frequentibus scriptis
Christianae plebi ad pietatem informandae, quoad ejus fieri potest, animum
intendit.
Ammirando quest'opera
Monsignor Cervone, allora Regio Professore, meno stupito non resta: Benché vi
sieno, così egli alla Maestà del Re, fino alla nausea di tai libri divoti, tuttavolta
le opere di Monsignor Liguori sono al di sopra di tutti, quanto a tutti è
superiore la pietà sua, non solo ne' vostri Regni, ma per l'Italia tutta: Quae
sunt religiosissimi Alphonsi de Ligorio, olim Antistitis Agatensis, e
multitudine emergunt, tantumque eminent supra caetera omnia, quantum ejus
pietas, modestia, charitas supra omnium recentiorum scriptorum virtutem eminere
per omnem Italiam, nedum Regnorum tuorum Provincias, compertum est.
Tra questo tempo
essendosi veduta fuori colle stampe la stravagante riforma, che nella Chiesa
intentar voleva l'Abbate Rolli, Prete Calabrese, contraria alla dovuta pietà
verso Maria SS., Alfonso non mancò attaccarlo. Critica l'Abbate i titoli che se
le danno di Turris Davidica, Eburnea, et
Domus Aurea, chiamandole voci affettate e ridicole: così Speculum justitiae, Refugium peccatorum,
Janua Coeli, et Stella mattutina. Vorrebbe, che si abolissero le Litanie; e
con bocca sacrilega si - 14 -
anche avanza, che per cieco rispetto, e con ispirito di partito si sostengono
tai titoli nella Salve Regina.
Restò tocco nel vivo
Alfonso per tanta empietà dell'Abbate; e benché diffusamente attaccato l'avesse
Idelfonso Cardone, Religioso di S. Francesco di Paola, egli in accorcio, e con
altre aggiunte non mancò attaccarlo; e con esso anche Lamindo Prittanio, di cui
il Rolli si avvaleva. "A scrivere quel poco che ho scritto, così egli, mi
ha mosso il veder posto in discredito dall'Abbate Rolli le divote preghiere, ed
i titoli, che comunemente da' Fedeli si danno a Maria Santissima nella Litania,
e nella Salve Regina, come sentir chiamare divozioncelle gli scapolari, ed il
Rosario: divozioni così religiose, che mi sono state care fin dalla
fanciullezza".
Essendosi veduto
soprafatto Alfonso da tante beneficenze del Santo Padre Pio VI, così in
accrescerli la pensione,e rilasciarli i diritti, che per vedersi sgravato dal
peso del Vescovato, volendo essergli grato, se altro non poté, li fe dono è
dedicolli nel principio di Novembre quest'Opera, che compiuto aveva, sulla Divina
Provvidenza. Con questa vi unì ancora altre sue Opere. "Le umilio, ei
dice, questa mia operetta composta in questi ultimi anni di mia vita, quale
penso che verisimilmente sarà l'ultima; giacché da quattro, o cinque mesi in
qua, vedo che la testa mi va lasciando. Supplico correggerla, se vi è cosa che
non le piaccia; e stimandola profittevole a' fedeli, volermi benedire insieme
coll'Opera".
Gradì Pio VI. il dono,
benché picciolo, e col Breve, che li trasmise, dimostronne il sommo suo
compiacimento. Loda la pietà, ed esalta la dottrina. Perlibenter accepimus duo a te nobis dono transmissa opuscula, così
egli a' 16. del medesimo mese, in quibus
praeclarum pietatis tuae studium cum sacra doctrina conjunctum elucet.
Spiegasi, che
maggiormente verso di lui se li accresce, e conferma la sua paterna
amorevolezza, perchè nata dal merito della virtù, che in se possiede: Eamdem mirifice augent nostram, qua te
complectimur paterni animi benevolentiam, quae quum ex virtutis, meritorumque
opinione proficiscitur, majorem in modum confirmatur.
Dovete voi, ei dice,
essere persuaso, che quanto finora abbiamo fatto a vostro riguardo, non è che
un pegno della buona inclinazione, che abbiamo verso di voi; e non mancheremo,
secondo ci si presenteranno le occasioni, conprovarvelo co' fatti: Illud igitur tibi persuasum esse jure debet,
quod in tui gratiam hactenus fecimus, pignus quoddam esse egregiae voluntatis
in te nostrae, quam pro opportunitate magis in dies, magisque tibi testatum re
ipsa facere parayti sumus.
Conchiude: Hanc in Pontificiae sanctitatis argumentum
Apostolicam benedictionem fraternitati tuae peramanter impartimur. Porta la
data il Breve apud Sanctam Mariam majorem
sub annulo piscatoris die XIX. Novembris 1775.
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Confuso Alfonso per tanta
benignità del Pontefice, non trascurò i suoi più umili, e più sinceri
ringraziamenti. Corrispondendo Pio VI. al di lui grato animo, con altro Breve
de' 16. Dicembre si spiega essere stati superflui i suoi ringraziamenti, così
per la pensione accresciuta, che per li diritti rilasciati, avendo a tutto
abbondantemente supplito coi due mandatili in dono, e con uno dedicato a se
medesimo: Liberalitatem erga te nostram,
tum in augenda pensione, tum in minuendis ipsius expediendae pensionis
sumptibus, de qua liberalitate plurimas gratias agis literis tuis, abunde
quidem remuneratus viderim duobus illis libellis, quos dono misisti, et quorum
unum nostro etiam nomine dicatum voluisti.
Si avanza il Papa e
dice: Niuna cosa è stata a noi più grata, né più accetta di questo dono, che
anzi rendiamo noi a voi i maggiori ringraziamenti, che se offerto ci avreste
qualunque dono, che in maggior pregio si abbia presso tutti: Nihil nobis gratius, nihil acceptius fuit,
et hac de causa majores tibi debemus gratias, quam si quae praetiosa et
amplissima vulgo existimantur munera nobis obtulisti.
Confessa aver letto,
benché tumultuariamente varie carte, e compromettesi, avanzandoli tempo, farlo
di vantaggio: Illos quidem nos hac illac
versavimus, et cursim attigimus, perlecturi aliquando, si a tot tantisque
curis, quibus detinemur, respirandis locus erit.
Soggiunge esser egli
ben persuaso rilevarsi nell'opera l'indefesso suo zelo in pascere il gregge di
Gesù Cristo per quanto può; e che avendo rinunciato il Vescovado, dimesso non
abbia il zelo, e l'officio di Vescovo:
Non dubitamus tamen quia in iis mirifice elucet studium perpetuum, et
ardentissimus pascendi, quoad potes Christi gregis: ita quidem ut Episcopatu
abdicato, nunquam tamen Episcopalis animi vim et munus abjecisse videaris.
Non avendo Alfonso
lasciato raccomandarli la Congregazione: Non vi è cosa più giusta, che cercar
mi potete, dice il Papa, ed io non sono per negarla, così a voi, per la vostra
esimia pietà, che a' vostri congregati: De
societate Sanctissimi Redentoris, quam nostro et Apostolicae Sedis Patrocinio
commendas, et a qua petis, et nihil est, quod nos tibi, eidemque societati, pro
vestra eximia pietate, non libenter concessuri simus.
Conchiude: Interim nostrae charitatis certissimum
pignus accipe Apostolicam benedictionem, quam tibi Venerabilis Frater per
amanter impartimur. Datum Romae apud Sanctam Mariam Majorem XVI. Kalendas
Decembris 1776.
Altra opera abbiamo di
Alfonso giunto in Nocera. In due tometti pose in veduta le vittorie riportate
in faccia a' tiranni da' Martiri più segnalati, che abbiamo nella Chiesa. Nella
prima premette alcune riflessioni per ricavar frutto dalla lettura di queste
vittorie. Rileva le - 16 -
virtù
esercitate da' medesimi Martiri ne' loro combattimenti, i diversi tormenti co'
quali furono cruciati; ed indi i particolari martirj di varj eroi ricavati da
atti autentici. La seconda parte contiene gli ultimi Martiri, che nel Giappone
hanno data la vita per Gesù Cristo. Sussiegue in fine un trattato del
Sacrificio di Gesù Cristo sulla Croce, e su l'Altare, con una breve
dichiarazione delle preghiere, che si dicono nella Messa.
Compose quest'opera,
essendo molto travagliato nella salute, e scrivendo a' 13. Novembre al P.
Landi. "Io ho, dice, un catarro di petto di quelli soliti, che più volte
mi hanno ridotto vicino alla morte; ma sto in pace, ed aspetto la morte senza
spavento". Anche quest'Opera fece senso in Napoli.
Contesta il Canonico
Fabio Massa, che tra le molte Opere date in luce da Alfonso, Nulla unquam, ni fallor, Christianae
Reipublicae utilior apparuit, quanto questa della Vittoria de' Martiri, che
benchè decrepito ha dato in luce: Quamvis
aetate nimium fessus illustriores Martirum triumphos seligit, in iisque
passiones intuetur, constantiam admirandam proponit. Nè vi ha cosa, che sia
più atta, ei dice, specialmente in questi tempi calamitosi, per render stabile
la Fede, e per eccitarvi la Pietà: quo
nihil validius ad Fidem, Religionemque firmandam, et roborandam, ac pietatem
excitandam, nostris praefertim miserandis temporibus contraria nitentibus.
Benedetto Cervone, indi poi Vescovo
dell'Aquila, trassecola anch'esso, ammirando in Alfonso un tanto zelo. Alphonsus de Ligorio Episcopus Agathensis,
integritate morum, intelligentia, vigilantia, liberalitate supra omnium
saeculorum memoriam praedicandus, qui de gravissimo animae negotio sollicitus,
nihil eorum praetermittit, quibus sibi, aliisque ad coelestem patriam iter aut
patefacere possit, aut expedire.
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