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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap.4 Trionfo de' contraddittori, somma angustia di Alfonso e de' suoi, nuova accusa al Real Trono, ed esame rimessa nella Real Giunta degli abusi.
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Cap.4

Trionfo de' contraddittori, somma angustia di Alfonso e de' suoi, nuova accusa al Real Trono, ed esame rimessa nella Real Giunta degli abusi.

 


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Essendosi guadagnato da' contraddittori l'Avvocato Fiscale, e molto più con trappole, ed inganno anche la stima del primo Ministro, se tempo innanzi vantavano vittoria, di presente festosi e pettorati soppressa asserivano la Congregazione, e dispersi i Missionarj. Estirpata si è la razza de' lassi Casisti, dicevano essi, e i loro aderenti: altri essersi già conosciuto chi era il Liguori, e chi fossero i suoi seguaci.

Contestavasi vittoria, benché non resa la piazza, e da tutti si voleva, che erasi alla vigilia di una tal festa. Alfonso medesimo, coraggioso che fosse,


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conosceva anch'esso che cosa di buono non eravi umanamente da potersene sperare; anzi ne previde il turbine, da che ne fu incombenzato il solo Avvocato Fiscale. Erasi questi già spiegato, che la Congregazione era inutile. "O Dio! Così Alfonso al P. Gajano, finora per quarantaquattro anni siamo stati utili per ajutare le anime di tanti poveri pastori e villani, per le montagne delle Calabrie, dell'Apruzzo, e della Basilicata, nonché della Puglia, ed ora siamo divenuti inutili, e perniciosi".

 

Come i Piloti, ancorché esperti veggonsi dissanimati vedendosi tra scogli, ed ingrossata la tempesta: così i nostri Avvocati, ed altri del Ministero, avevano per disperata la Causa, vedendola in mano degli anzidetti tre Ministri. Tra queste angustie ognuno desiderava Alfonso in Napoli. Avendoli fatta premura il P. Majone, se ne afflisse il povero vecchio: "Vostra Rev. di nuovo mi ha scritto, così al medesimo a' 26. Gennajo 1776. che sarebbe buono, che venissi io a parlare a Tanucci, ma ben sa, che sono un cadavere. Nell'altra notte stiedi travagliato con asma di petto, e col palpito, ma in modo, che mi credeva di morire. Sissignore io son pronto a dar la vita, per non veder distrutta quest'opera di Dio; ma si tratta di pericolo evidente della vita. Per la mia venuta vi dovrebbe essere una estrema necessità". Era in tale stato, che dubitavasi di sua vita.

Prevedendosi il gran travaglio, non tanto i nostri vedevansi afflitti, avendosi il Fiscale in contrario, quanto che mancandone Monsignore, era per mancare il comune sostegno. Egli avendolo capito, non dubitate, lor disse, che io non muojo per ora; e Dio vuole, soggiunse, che io muoja da Suddito, e non da Rettore Maggiore. Questo suo detronizzamento con altra occasione, come dissi, lo predisse al P. Villani nel 1774. Se anche questa volta senso, neppur si capì. Si capì inseguito bensì, come altrove dirò, ma con nostro cruccio, e sommo rammarico.

 

Vedendo Alfonso decrepito e così mal sano anch'essi i nostri contraddittori, presagendone prossima la morte, spacciavano, che se le Congregazione non finiva per le reità, finiva colla vita di Monsignor Liguori. Questo lo presagivano e lo divulgavano. Prevenute nelle case di Scifelli, e Frosinone tal notizie dello stato, in cui vedevasi Alfonso colla millanteria de' contraddittori, anche sgomentò i nostri in quelle due case.

"Che dicono le genti! (lor scrisse Alfonso) che morto io, finisce tutto? Io dico, che questa Congregazione non l'ho fatta io, l'ha fatta Iddio: Egli l'ha mantenuta per quarantaquattro anni, ed egli seguiterà a mantenerla. Perché il Re di Napoli l'ha da dismettere, quando non porta danno a niuno, non possiede rendita propria, ed è acclamata da tutti li Vescovi; e quando (ed è quello, che più importa) il Re Cattolico vuole con suo dispaccio, che quella adunanza si mantenghi, non solo per la vita di Alfonso Liguori, ma per quanto può durare,


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purché non manchino le Missioni del loro primitivo fervore.

La nostra dipende prima da Dio, e poi dai nostri portamenti. Attendiamo intanto a stare uniti con Dio, ad osservare la nostra regola, ad essere caritatevoli con tutti, e contentarci delle nostre miserie; ma principalmente ad essere umili, perchè un poco di superbia ci può distruggere come ha distrutti tanti altri. Soggiunge, e dice. Prego V. R. ad essere umile e cortese con tutti, specialmente in Missione; ed usar tutta la carità co' nostri Fratelli, che si trovano tra le miserie lontani da Napoli, e da parenti; onde con essi bisogna usarsi tutta la carità".

 

Tra queste angustie vi fu, chi progettò a Monsignore l'indipendenza tra le case, come i PP. Filippini; ed altri aprirsi i Seminarj, ed impiegarsi i Soggetti in educare la gioventù, e ne' Quaresimali.

La risposta fu questa: Evangelizzare Pauperibus, misit nos Deus. I Filippini fanno del bene nelle Città grandi, ma ne' Paesi piccoli, ove siamo noi, la Congregazione da se è distrutta.

Riprovò, ma con orrore, i Quaresimali. "L'aria concionatoria de' Quaresimalisti, ei disse, e soprattutto in Città grandi non formano de' soggetti, che tanti palloni di vento. Oltre l'essere infruttuosi, portano con se altri inconvenienti. Dio vuole, che noi predichiamo all'Apostolica, e che andiamo terra terra; e questo è quello, che fa frutto nelle Missioni".

 

Fuoco a fuoco vi si aggiunse tra questo tempo. Prefisso avendosi i Contraddittori la ruina della Congregazione, volendosi dare alla radice, per così denigrare Alfonso ed i compagni, di nuovo attaccano la dottrina. Questo in senso loro far doveva il maggior colpo.

I Gesuiti redivivi, essi dicevano, se non si spiantano, la Fede, ed il costume sono ruinati. Come quelli sono proscritti in tutti i Regni, così bisogna spiantar questi tra di noi. Tutto per essi era lassismo, erroneità, e veleno; tutto opposto al Vangelo; e tutto di danno alla Chiesa, ed allo Stato. Secolari ignoranti, che neppur sapevano ove stasse di casa la Moral -Teologia, vedevansi farla da' Teologi. Accaniti com'erano, conversazione di Ministri non frequentavano, o di autorevole personaggio, ove malmenar non vedevasi la dottrina di Alfonso, e ventilar proposizioni da esso non sognate.

Monsignor Liguori oracolo di Napoli, e de' Regni stranieri, il Riformatore del costume, ed il flagello de' miscredenti, addivenuto si vide la favola del volgo, e spacciato ne' Caffè inimico della Chiesa, e dello Stato.

 

Il colpo non andò fallito. Favoriti vedevansi i Contraddittori dal primo Uffiziale della Real Secreteria, che perchè ben compensato, più che essi impegnato vedevasi a nostro danno. Non poteva non far senso al Marchese Tanucci quest'accusa. Troppo geloso egli era della purità della dottrina. Vere, o false che sieno le massime che si spargono, sono sempre, ei diceva, i fondamenti delle popolazioni.

Riclamando essi,


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ed accerchiato vedendosi il Marchese da persone, che dubitar non poteva, anche perchè preoccupato da tanti altri carichi, dispacciò, che aggitata non si fosse la nostra causa nella Real Camera, ove stavane introdotta, ma che esaminata si fosse, e con rigore, nella Real Giunta degli Abusi. Questa determinazione, se fu per gli Contraddittori, come trionfo di battaglia, per gli nostri non fu, che come il tracollo per qualunque speranza. Alfonso istesso anch'esso si vide, se non dissanimato, umiliato, e confuso.

"La sola denominazione del Tribunale basta, ci disse, a discreditarci; e maggiormente affliggevasi, non sapendo come ripararvisi. Vedete, scrisse a i nostri in Napoli, se si potesse trovar modo di farsi nuova supplica al Re, che la causa si rimettesse alla Camera; ma mi pare, che di presente ogni supplica sarà ributtata. Parlatene cogli Avvocati. Almeno potessimo rappresentare qualche dimanda per pigliar tempo, giacché i nemici si affrettano per vederci in tutto distrutti. Ma vi è Iddio, nel quale ancora conservo la confidenza, ed in Maria Vergine, che può tutto presso Dio".

 

Fatto inteso dal P. Majone, così rescrisse a' 23. Gennajo 1776. "Abbiamo ricevuta stamattina le belle notizie, dico belle per farci rassegnare alla volontà di Dio. Se si avverano, non ci resta altra speranza, che Dio, il quale è più potente di Tanucci, e di tutti. Confidava in Dio, ma non trascurava i mezzi umani. Vedete, scrisse, se essendo disperato il caso, il Signor Vivenzio potesse per mezzo del Fratello impegnar la Regina. Sento che la Principessa di Cariati potrebbe molto presso la Regina, essendo Aja delle sue figlie".

Scrisse a Monsignor Gutlier Confessore della medesima Sovrana. Spedì un Padre per interessarvi la Principessa di Ottajano. Impegnato avendo tempo innanzi per la Regina l'Eminentissimo Banditi, spedì un uomo apposta in Benevento, per saperne il risultato, e per maggiormente commuoverlo.
"Se le notizie si avverano, scrisse al medesimo P. Majone, penso mandar chiamando Monsignor Bergamo, che venga ad ajutarci in questo caso estremo, e sarebbe di bene andar a trovare anche Monsignor Testa, e dirgli l'ultima rovina, in cui ci troviamo, acciò parli per noi al Marchese Tanucci. Almeno servirà per riceverne qualche consiglio; ma potete dirli, che ora è tempo di ajutarci".

 

Rivolgendo la sua confidenza nella protezione di Dio, e che Iddio non era per abbandonar l'opera sua, volle si fossero mandati carlini dodici alle Religiose dette in Napoli le Trentatré, acciò fatta avessero una novena a Maria Santissima colle Litanie ogni giorno. Così scrisse in tutte le nostre case, ed a tanti Monasteri di Sacre Vergini. Anche a tanti Secolari ben affetti, avendo inteso la trista notizia, non mancarono


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implorare da Dio la nostra sussistenza con limosine, e con Sacrificj.

 

Queste notizie pervenute nella casa di Frosinone troppo amaro fu il lutto, che produssero tra' soggetti. Alfonso volendoli animare, così lor scrisse a quattro Febbrajo 1776. E' vero, che l'Inferno si è scatenato; e fa ogni sforzo per distruggerci; ma abbiamo Dio con Noi. Iddio non permetterà si distrugga quest'opera, che tutta è sua. Solo i nostri difetti ci possono nuocere: siamo fedeli a Dio, che Iddio ci proteggerà. Le nostre armi sono le orazioni. Queste ci hanno sempre difesi. Continuate le preghiere in comune la sera dopo l'esame, e nella Messa. La preghiera è onnipotente, se va unita coll'osservanza. Stringetevi in carità; fuggite i difetti volontarj, e confidate in Dio; che Gesù Cristo, e la Madonna non mancheranno consolarci.

 

Se le case dello Stato erano in affanno, maggiore era lo sconvolgimento tra queste di Regno. Era tale lo spavento, che disseminavasi da' Contraddittori colle loro millanterie, che a momento aspettavamo vederci soppressi, e discacciati. Furono così accertati i nostri nella Casa di Sant'Angiolo a Cupolo, che una notte non si prese letto. In quest'angustia si vide ancora l'altra Casa di Iliceto. Non potevansi vedere anche due birri uniti comparir di lontano, che già ci credevamo sfrattati, e soppressi.

 

Non avendo nelle Case di Regno i nostri Avversarj, delitti chiari, e dubitando, che forza non avessero i loro cavilli per abbatterci, credendo ritrovar danaro di Regno impiegato in quelle dello Stato, avanzando la calunnia, l'asseriscono di certo. Anche questo fe peso al Marchese Tanucci.

Fra posta di tempo non vi fu tra la calunnia, e lo spedirsi de' Commissarj, e con fulminanti dispacci fu loro ingiunto, che girando le Case dello Stato Pontificio indagato, e rilevato avessero se compre di fondi eransi fatte, e così rilevarsi che danaro erasi straregnato. Questo sol colpo in senso lor far poteva la nostra ruina. Si profonde danaro a' Subalterni; ma non si ebbe l'intento. Se povere erano le Case di Regno, miserabili erano quelle dello Stato.

 

Confusi anch'essi i nostri Avvocati nell'ammasso delle tante imposture, tutt'altro rilevato avevano, perché patente da se, fuorché quello degli acquisti. Questo però in senso di Alfonso era il massimo, e l'unico reato che nuocer ci poteva.

"Io ho una grande apprensione, così a' 26. Gennaro al medesimo P. Majone, che Dio ci voglia castigati, e distrutti, mentre vedo che le cose vanno storte. Il sincerare Tanucci del punto degli acquisti, con evidenza mi pare che devesi quanto più presto battere, e ribattere. Stando Tanucci coll'impressione di esser certo, che noi fatti abbiamo acquisti contro il Dispaccio del Re Cattolico, è un navigare con vento contrario, perché Tanucci


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sempre ci terrà per delinquenti; e che bene così possiamo sperare? Da questa sua mala impressione, io penso, che ci sono venuti tanti Dispacci contrarj".

 

Tra' tanti, interessato si vide per noi, in questi anfratti, anche l'Eminentissimo Sersale. Non essendosi evacuata con fortezza la calunnia degli acquisti, il Cardinale, venendosela opposta, non sapeva che si dire.

"La disgrazia nostra è, così Alfonso al P. Majone, che solo i nemici hanno parlato contro di noi, e noi non abbiamo parlato ancora. Ecco che anche il Presidente ci tiene rei per causa degli acquisti, come ha detto al Cardinale; ed il povero Cardinale non sapeva che rispondere. Va attorno per ajutarci, e vuol parlare anche a Tanucci; ma bisogna informarlo di tutte le risposte generali, e particolari. Io sto pronto a scrivere al Confessore della Regina; ma bisogna aspettare, che prima il Cardinale parli alla Regina.

 

Persuasi taluni che il Fiscale, benché ci caricasse di un tal delitto, stimavano che questi avesse prima presentato al Re la sua relazione, è poi si fosse smentito.
"Volendosi aspettare, così Alfonso al medesimo Padre, la Relazione di Leone, prima di parlarsi a Tanucci, io non voglio ostinarmi; ma non posso capire, che parlandosi a Tanucci prima della Relazione, abbia da uscire Dispaccio, come voi dite, che i tre Ministri riferiscano unitamente, e che con ciò resti formata la Giunta. Io non voglio ostinarmi, e cedo forzatamente; ma temo che frattanto non avvenga qualche altra ruina: quando che se ora se li parlasse, e si scorgesse, che a Tanucci abbia fatto qualche imperfezione, Leone ed N. N. potrebbero rimettere il loro furore, Io tremo, che non si affatichi il Demonio ad impedire questa parlata a Tanucci, acciocché le cose nostre vadano in ruina".

 

Tra questo tempo un rovescio di fortuna ma inaspettato, o sia un tiro di Provvidenza, se rincorò i nostri in qualche maniera, non scoraggì i contrarj.

Avendo il Re dato riposo al Marchese Tanucci a' 16. Ottobre 1776 fu dichiarato primo Ministro il Marchese della Sambuca; e siccome il primo, perché preoccupato, non era così inclinato per i nostri, così la Sambuca era ben intenzionato per i Missionarj, e più vantaggiosa idea avea per Alfonso. Questa mutazione di scena, se non piacque a' Contraddittori, maggiormente dispiacque all'Avvocato Fiscale. Tutta volta non si dissamina. Prevalendo, ed avendo con se la Giunta degli Abusi, non dubitava poter conseguire, quanto proposto si aveva.




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