- 16 -
Cap.4
Trionfo de' contraddittori, somma angustia di Alfonso
e de' suoi, nuova accusa al Real Trono, ed esame rimessa nella Real Giunta
degli abusi.
- 16 -
Essendosi guadagnato
da' contraddittori l'Avvocato Fiscale, e molto più con trappole, ed inganno
anche la stima del primo Ministro, se tempo innanzi vantavano vittoria, di
presente festosi e pettorati soppressa asserivano la Congregazione, e dispersi
i Missionarj. Estirpata si è la razza de' lassi Casisti, dicevano essi, e i
loro aderenti: altri essersi già conosciuto chi era il Liguori, e chi fossero i
suoi seguaci.
Contestavasi vittoria,
benché non resa la piazza, e da tutti si voleva, che erasi alla vigilia di una
tal festa. Alfonso medesimo, coraggioso che fosse, - 17 -
conosceva anch'esso che cosa di buono non eravi
umanamente da potersene sperare; anzi ne previde il turbine, da che ne fu
incombenzato il solo Avvocato Fiscale. Erasi questi già spiegato, che la
Congregazione era inutile. "O Dio! Così Alfonso al P. Gajano, finora per
quarantaquattro anni siamo stati utili per ajutare le anime di tanti poveri
pastori e villani, per le montagne delle Calabrie, dell'Apruzzo, e della
Basilicata, nonché della Puglia, ed ora siamo divenuti inutili, e
perniciosi".
Come i Piloti, ancorché
esperti veggonsi dissanimati vedendosi tra scogli, ed ingrossata la tempesta:
così i nostri Avvocati, ed altri del Ministero, avevano per disperata la Causa,
vedendola in mano degli anzidetti tre Ministri. Tra queste angustie ognuno
desiderava Alfonso in Napoli. Avendoli fatta premura il P. Majone, se ne
afflisse il povero vecchio: "Vostra Rev. di nuovo mi ha scritto, così al
medesimo a' 26. Gennajo 1776. che sarebbe buono, che venissi io a parlare a
Tanucci, ma ben sa, che sono un cadavere. Nell'altra notte stiedi travagliato
con asma di petto, e col palpito, ma in modo, che mi credeva di morire.
Sissignore io son pronto a dar la vita, per non veder distrutta quest'opera di
Dio; ma si tratta di pericolo evidente della vita. Per la mia venuta vi dovrebbe
essere una estrema necessità". Era in tale stato, che dubitavasi di sua
vita.
Prevedendosi il gran
travaglio, non tanto i nostri vedevansi afflitti, avendosi il Fiscale in
contrario, quanto che mancandone Monsignore, era per mancare il comune sostegno.
Egli avendolo capito, non dubitate, lor
disse, che io non muojo per ora; e Dio
vuole, soggiunse, che io muoja da
Suddito, e non da Rettore Maggiore. Questo suo detronizzamento con altra
occasione, come dissi, lo predisse al P. Villani nel 1774. Se anche questa
volta fè senso, neppur si capì. Si capì inseguito bensì, come altrove dirò, ma
con nostro cruccio, e sommo rammarico.
Vedendo Alfonso
decrepito e così mal sano anch'essi i nostri contraddittori, presagendone
prossima la morte, spacciavano, che se le Congregazione non finiva per le
reità, finiva colla vita di Monsignor Liguori. Questo lo presagivano e lo
divulgavano. Prevenute nelle case di Scifelli, e Frosinone tal notizie dello
stato, in cui vedevasi Alfonso colla millanteria de' contraddittori, anche
sgomentò i nostri in quelle due case.
"Che dicono le
genti! (lor scrisse Alfonso) che morto io, finisce tutto? Io dico, che questa
Congregazione non l'ho fatta io, l'ha fatta Iddio: Egli l'ha mantenuta per
quarantaquattro anni, ed egli seguiterà a mantenerla. Perché il Re di Napoli
l'ha da dismettere, quando non porta danno a niuno, non possiede rendita
propria, ed è acclamata da tutti li Vescovi; e quando (ed è quello, che più
importa) il Re Cattolico vuole con suo dispaccio, che quella adunanza si mantenghi,
non solo per la vita di Alfonso Liguori, ma per quanto può durare, - 18 -
purché non manchino le
Missioni del loro primitivo fervore.
La nostra dipende prima
da Dio, e poi dai nostri portamenti. Attendiamo intanto a stare uniti con Dio,
ad osservare la nostra regola, ad essere caritatevoli con tutti, e contentarci
delle nostre miserie; ma principalmente ad essere umili, perchè un poco di
superbia ci può distruggere come ha distrutti tanti altri. Soggiunge, e dice.
Prego V. R. ad essere umile e cortese con tutti, specialmente in Missione; ed
usar tutta la carità co' nostri Fratelli, che si trovano tra le miserie lontani
da Napoli, e da parenti; onde con essi bisogna usarsi tutta la carità".
Tra queste angustie vi
fu, chi progettò a Monsignore l'indipendenza tra le case, come i PP. Filippini;
ed altri aprirsi i Seminarj, ed impiegarsi i Soggetti in educare la gioventù, e
ne' Quaresimali.
La risposta fu questa: Evangelizzare Pauperibus, misit nos Deus. I
Filippini fanno del bene nelle Città grandi, ma ne' Paesi piccoli, ove siamo
noi, la Congregazione da se è distrutta.
Riprovò, ma con orrore,
i Quaresimali. "L'aria concionatoria de' Quaresimalisti, ei disse, e
soprattutto in Città grandi non formano de' soggetti, che tanti palloni di
vento. Oltre l'essere infruttuosi, portano con se altri inconvenienti. Dio
vuole, che noi predichiamo all'Apostolica, e che andiamo terra terra; e questo
è quello, che fa frutto nelle Missioni".
Fuoco a fuoco vi si aggiunse
tra questo tempo. Prefisso avendosi i Contraddittori la ruina della
Congregazione, volendosi dare alla radice, per così denigrare Alfonso ed i
compagni, di nuovo attaccano la dottrina. Questo in senso loro far doveva il
maggior colpo.
I Gesuiti redivivi,
essi dicevano, se non si spiantano, la Fede, ed il costume sono ruinati. Come
quelli sono proscritti in tutti i Regni, così bisogna spiantar questi tra di
noi. Tutto per essi era lassismo, erroneità, e veleno; tutto opposto al
Vangelo; e tutto di danno alla Chiesa, ed allo Stato. Secolari ignoranti, che
neppur sapevano ove stasse di casa la Moral -Teologia, vedevansi farla da'
Teologi. Accaniti com'erano, conversazione di Ministri non frequentavano, o di
autorevole personaggio, ove malmenar non vedevasi la dottrina di Alfonso, e
ventilar proposizioni da esso non sognate.
Monsignor Liguori
oracolo di Napoli, e de' Regni stranieri, il Riformatore del costume, ed il
flagello de' miscredenti, addivenuto si vide la favola del volgo, e spacciato
ne' Caffè inimico della Chiesa, e dello Stato.
Il colpo non andò
fallito. Favoriti vedevansi i Contraddittori dal primo Uffiziale della Real
Secreteria, che perchè ben compensato, più che essi impegnato vedevasi a nostro
danno. Non poteva non far senso al Marchese Tanucci quest'accusa. Troppo geloso
egli era della purità della dottrina. Vere, o false che sieno le massime che si
spargono, sono sempre, ei diceva, i fondamenti delle popolazioni.
Riclamando essi, - 19 -
ed accerchiato vedendosi
il Marchese da persone, che dubitar non poteva, anche perchè preoccupato da
tanti altri carichi, dispacciò, che aggitata non si fosse la nostra causa nella
Real Camera, ove stavane introdotta, ma che esaminata si fosse, e con rigore,
nella Real Giunta degli Abusi. Questa determinazione, se fu per gli
Contraddittori, come trionfo di battaglia, per gli nostri non fu, che come il
tracollo per qualunque speranza. Alfonso istesso anch'esso si vide, se non
dissanimato, umiliato, e confuso.
"La sola
denominazione del Tribunale basta, ci disse, a discreditarci; e maggiormente
affliggevasi, non sapendo come ripararvisi. Vedete, scrisse a i nostri in
Napoli, se si potesse trovar modo di farsi nuova supplica al Re, che la causa
si rimettesse alla Camera; ma mi pare, che di presente ogni supplica sarà
ributtata. Parlatene cogli Avvocati. Almeno potessimo rappresentare qualche
dimanda per pigliar tempo, giacché i nemici si affrettano per vederci in tutto
distrutti. Ma vi è Iddio, nel quale ancora conservo la confidenza, ed in Maria
Vergine, che può tutto presso Dio".
Fatto inteso dal P.
Majone, così rescrisse a' 23. Gennajo 1776. "Abbiamo ricevuta stamattina
le belle notizie, dico belle per farci rassegnare alla volontà di Dio. Se si
avverano, non ci resta altra speranza, che Dio, il quale è più potente di
Tanucci, e di tutti. Confidava in Dio, ma non trascurava i mezzi umani. Vedete,
scrisse, se essendo disperato il caso, il Signor Vivenzio potesse per mezzo del
Fratello impegnar la Regina. Sento che la Principessa di Cariati potrebbe molto
presso la Regina, essendo Aja delle sue figlie".
Scrisse a Monsignor
Gutlier Confessore della medesima Sovrana. Spedì un Padre per interessarvi la
Principessa di Ottajano. Impegnato avendo tempo innanzi per la Regina
l'Eminentissimo Banditi, spedì un uomo apposta in Benevento, per saperne il
risultato, e per maggiormente commuoverlo.
"Se le notizie si avverano, scrisse al medesimo P. Majone, penso mandar
chiamando Monsignor Bergamo, che venga ad ajutarci in questo caso estremo, e
sarebbe di bene andar a trovare anche Monsignor Testa, e dirgli l'ultima
rovina, in cui ci troviamo, acciò parli per noi al Marchese Tanucci. Almeno
servirà per riceverne qualche consiglio; ma potete dirli, che ora è tempo di
ajutarci".
Rivolgendo la sua
confidenza nella protezione di Dio, e che Iddio non era per abbandonar l'opera
sua, volle si fossero mandati carlini dodici alle Religiose dette in Napoli le
Trentatré, acciò fatta avessero una novena a Maria Santissima colle Litanie
ogni giorno. Così scrisse in tutte le nostre case, ed a tanti Monasteri di
Sacre Vergini. Anche a tanti Secolari ben affetti, avendo inteso la trista
notizia, non mancarono - 20 -
implorare
da Dio la nostra sussistenza con limosine, e con Sacrificj.
Queste notizie
pervenute nella casa di Frosinone troppo amaro fu il lutto, che produssero tra'
soggetti. Alfonso volendoli animare, così lor scrisse a quattro Febbrajo 1776.
E' vero, che l'Inferno si è scatenato; e fa ogni sforzo per distruggerci; ma
abbiamo Dio con Noi. Iddio non permetterà si distrugga quest'opera, che tutta è
sua. Solo i nostri difetti ci possono nuocere: siamo fedeli a Dio, che Iddio ci
proteggerà. Le nostre armi sono le orazioni. Queste ci hanno sempre difesi.
Continuate le preghiere in comune la sera dopo l'esame, e nella Messa. La
preghiera è onnipotente, se va unita coll'osservanza. Stringetevi in carità;
fuggite i difetti volontarj, e confidate in Dio; che Gesù Cristo, e la Madonna
non mancheranno consolarci.
Se le case dello Stato
erano in affanno, maggiore era lo sconvolgimento tra queste di Regno. Era tale
lo spavento, che disseminavasi da' Contraddittori colle loro millanterie, che a
momento aspettavamo vederci soppressi, e discacciati. Furono così accertati i
nostri nella Casa di Sant'Angiolo a Cupolo, che una notte non si prese letto.
In quest'angustia si vide ancora l'altra Casa di Iliceto. Non potevansi vedere
anche due birri uniti comparir di lontano, che già ci credevamo sfrattati, e
soppressi.
Non avendo nelle Case
di Regno i nostri Avversarj, delitti chiari, e dubitando, che forza non
avessero i loro cavilli per abbatterci, credendo ritrovar danaro di Regno
impiegato in quelle dello Stato, avanzando la calunnia, l'asseriscono di certo.
Anche questo fe peso al Marchese Tanucci.
Fra posta di tempo non
vi fu tra la calunnia, e lo spedirsi de' Commissarj, e con fulminanti dispacci
fu loro ingiunto, che girando le Case dello Stato Pontificio indagato, e
rilevato avessero se compre di fondi eransi fatte, e così rilevarsi che danaro
erasi straregnato. Questo sol colpo in senso lor far poteva la nostra ruina. Si
profonde danaro a' Subalterni; ma non si ebbe l'intento. Se povere erano le
Case di Regno, miserabili erano quelle dello Stato.
Confusi anch'essi i
nostri Avvocati nell'ammasso delle tante imposture, tutt'altro rilevato
avevano, perché patente da se, fuorché quello degli acquisti. Questo però in
senso di Alfonso era il massimo, e l'unico reato che nuocer ci poteva.
"Io ho una grande
apprensione, così a' 26. Gennaro al medesimo P. Majone, che Dio ci voglia castigati,
e distrutti, mentre vedo che le cose vanno storte. Il sincerare Tanucci del
punto degli acquisti, con evidenza mi pare che devesi quanto più presto
battere, e ribattere. Stando Tanucci coll'impressione di esser certo, che noi
fatti abbiamo acquisti contro il Dispaccio del Re Cattolico, è un navigare con
vento contrario, perché Tanucci - 21 -
sempre ci terrà per delinquenti; e che bene così possiamo sperare? Da
questa sua mala impressione, io penso, che ci sono venuti tanti Dispacci
contrarj".
Tra' tanti, interessato
si vide per noi, in questi anfratti, anche l'Eminentissimo Sersale. Non
essendosi evacuata con fortezza la calunnia degli acquisti, il Cardinale,
venendosela opposta, non sapeva che si dire.
"La disgrazia
nostra è, così Alfonso al P. Majone, che solo i nemici hanno parlato contro di
noi, e noi non abbiamo parlato ancora. Ecco che anche il Presidente ci tiene
rei per causa degli acquisti, come ha detto al Cardinale; ed il povero
Cardinale non sapeva che rispondere. Va attorno per ajutarci, e vuol parlare
anche a Tanucci; ma bisogna informarlo di tutte le risposte generali, e
particolari. Io sto pronto a scrivere al Confessore della Regina; ma bisogna
aspettare, che prima il Cardinale parli alla Regina.
Persuasi taluni che il Fiscale,
benché ci caricasse di un tal delitto, stimavano che questi avesse prima
presentato al Re la sua relazione, è poi si fosse smentito.
"Volendosi aspettare, così Alfonso al medesimo Padre, la Relazione di
Leone, prima di parlarsi a Tanucci, io non voglio ostinarmi; ma non posso
capire, che parlandosi a Tanucci prima della Relazione, abbia da uscire
Dispaccio, come voi dite, che i tre Ministri riferiscano unitamente, e che con
ciò resti formata la Giunta. Io non voglio ostinarmi, e cedo forzatamente; ma
temo che frattanto non avvenga qualche altra ruina: quando che se ora se li
parlasse, e si scorgesse, che a Tanucci abbia fatto qualche imperfezione, Leone
ed N. N. potrebbero rimettere il loro furore, Io tremo, che non si affatichi il
Demonio ad impedire questa parlata a Tanucci, acciocché le cose nostre vadano
in ruina".
Tra questo tempo un rovescio di fortuna
ma inaspettato, o sia un tiro di Provvidenza, se rincorò i nostri in qualche
maniera, non scoraggì i contrarj.
Avendo il Re dato riposo al Marchese
Tanucci a' 16. Ottobre 1776 fu dichiarato primo Ministro il Marchese della
Sambuca; e siccome il primo, perché preoccupato, non era così inclinato per i
nostri, così la Sambuca era ben intenzionato per i Missionarj, e più
vantaggiosa idea avea per Alfonso. Questa mutazione di scena, se non piacque a'
Contraddittori, maggiormente dispiacque all'Avvocato Fiscale. Tutta volta non
si dissamina. Prevalendo, ed avendo con se la Giunta degli Abusi, non dubitava
poter conseguire, quanto proposto si aveva.
|