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Cap.7
Sforzo dell'Avvocato Fiscale per vedere suppressa la
Congregazione.
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Tutta Napoli, erano
quasi tre anni, stava in aspettativa per la relazione dal Fiscale, anzi se ne
contavano i momenti. Se erasi veduto il lampo, non dubitavasi il tuono. Amici,
e nemici, gli uni temendo e compassionandoci: gli altri per vederci e
travagliati e distrutti. Non fu questa umiliata al Real Trono prima de' 13.
Febbrajo 1777.; Troppo ardenti contro di noi, non v'ha dubbio, furono i nostri
avversarj, ma non tali, uopo è dire, come lo fu il Fiscale. Tutt'altro nelle
sue mani maneggiavasi la spada della contraddizione. Avendoci rubricati come
Gesuiti nascenti, soppressa giurato aveva la Congregazione, e perduti i
Missionarj.
Meglio non possonsi
individuare le di lui intenzioni, che co' suoi medesimi sentimenti. Avendo di
mira favorire il Sarnelli, si spazia per primo sopra il combattuto podere.
Sostiene, che le nostre Case prima del 1752 erano corpi illeciti: che se il Re
Cattolico ci aggraziò, essendosi decaduto come refrattarj, ei dice, della
grazia di più sussistere, il podere spettava non a noi, ma al pristino padrone.
Non si capiva, come illecite le Case, se ognuna roborata con particolar
Dispaccio dell'Augustissimo Sovrano; nè si capiva, come refrattarj i
Missionarj, se inseguito non erasi punto mancato, in quanto il Re comandava.
Rassodata la vigna al
Barone, entra il Fiscale nel criminale. "Anziché brigarmi sugli interessi
di un privato, è mio dovere, ei prosegue, rilevare i tanti abusi, che sono
nell'Istituto, e che perturbar possono la pace, e la disciplina dello
Stato". I delitti però non gravitavano - 30 -
tutti, che sul medesimo centro, cioè, che il Re
Cattolico, approvandoci, non volle, e che da noi si formavano Comunità, e
Collegi. Così egli pensava, ma non era così. Se dal Re non si voleva il vivere
in comune, e con Leggi stabilite, permesso non avrebbe con quattro Dispacci
l'erezione delle Case; e convivere uniti i Missionarj sotto la direzione di
Alfonso Liguori.
Dà nell'occhio al
Fiscale, che oltre un Superiore generale, qual'era Alfonso, anche in ogni Casa
avevasi il proprio Rettore; e che non vivevasi da' nostri, come il Re volle, da
semplici Preti, ma da Regolari con Leggi, e Statuti. Accresce il delitto,
perché approvata la Regola dal Papa, e non esecutoriata nella Real Camera.
Egli però non sapeva, che umiliata da Alfonso, si ebbe in mano dal Re
Cattolico; e se per giusti suoi riflessi negò l'exequatur, volle bensì con suo compiacimento, e fecelo sentire
per mezzo del Marchese Brancone, che tali Regole si osservassero; anzi
progettando ad Alfonso, come dissi, la Riforma di un Ordine Religioso, voleva,
che, non abbandonata la propria Regola, adottata si fosse il vestire di
quell'Ordine, e non altro.
In senso suo massimo
delitto era ancora la comunicazione delle Grazie Apostoliche, a noi accordata
con altre Congregazioni dal Papa Benedetto XIV. Non potendo negare, che
esecutoriato era stato questo Breve nella Real Camera a' 4. Luglio 1763., vuole
per lo meno, che questa sorpresa fu con un orrettizio esposto.
"Tali cose, ei dice, dimostrano stabilita, e formale Società Religiosa,
con Regola, con gerarchia, con voti, e con tutt'altro, che caratterizza le
altre Religioni. Il Re Cattolico, soggiunge, non volle corpo, non regole, non
noviziato, non privilegi, non possessioni, ed in conseguenza nulla simile ad
una Congregazione, o sia Società Religiosa".
Forma anche un delitto
della Casa eretta da Alfonso nello Stato di Benevento. "Il Re, dice,
permise l'erezione di quattro Case, e non più; ed i Missionarj, contro il
divieto reale, ne formano una quinta, e più ampia in Benevento". Non si
capiva, come sognossi il Fiscale questa proibizione. Il Re col Dispaccio del
1752, se approvò le quattro Case, ch'esistevano in Regno, non proibì, che altre
se ne stabilissero in alieno dominio. Soggiunge, "che ivi si trasferivano
i tesori del Regno". Qui sì che si colpisce nel segno; e contestavalo co'
Feudi, e colle tante tenute di già acquistate.
Volendo rendere
inescusabili, e più aggravati i nostri delitti, rampolli ci fa de' suppressi Gesuiti.
"Avendo letta la Regola, così prosiegue, l'ho ritrovata tanto difforme
dagli altri Istituti, quanto uniforme a quello de' Gesuiti". Se letto
avesse, come dice aver letto, uniforme ritrovata l'avrebbe anche a quella di S.
Basilio, e di S. Benedetto. Tutto è Gesuitismo in senso del Fiscale. "Nel
descriversi - 31 -
l'autorità
dal Superiore generale, così egli, patentemente ci ho veduto quel Despota, che
governava con arbitrio assoluto la Società de' Gesuiti. L'essenza del
Gesuitismo appunto consisteva nell'assoluta autorità del Generale, e cacciar
via dalla Società qualunque individuo, non ostante qualunque professione di
voti, e qualunque tempo vissuto si fosse nella Religione. In questi soli due
punti consisteva tutto l'arcano del governo Gesuitico. Quell'arcano, a favore
del quale si rendette questa Società, non ostante tante persecuzioni nel
principio sofferte, così formidabile".
Non è così come il Sig.
Fiscale la pensava. Non fu Gesuita S. Vincenzo de Paoli, nè S. Filippo Neri, e
non tale il Venerabile P. D. Carlo Carafa Institutore de' PP. Pii Operarj.
Tutti questi, per tener espurgate le proprie adunanze, o non vollero i voti, o
posposero la professione solenne a' voti semplici: Encomiar doveva il Fiscale
non condannare il sistema. Il vaglio nell'aja, diceva Alfonso, fa bene, e non
male.
Quello però, che tra le tante cose soprattutto
dà nell'occhio al Fiscale, si è l'esatta ubbidienza, che Alfonso ricercava ne'
suoi. Come se società vi fosse nel Mondo, che sussister si vegga, senza che da un
capo si dipenda. Questo voto anche pungeva il cuore a Martin Lutero. In senso
suo condannar si dovrebbero tutt'i Santi Fondatori, che questo voto hanno
esatto, e questa dipendenza da' proprj alunni, e condannar la Sede Apostolica,
che tale eroicità ella richiede, canonizzando i Regolari.
Si avanza finalmente,
ed è cosa da non credersi. Quell'istesso, che fa la felicità della Chiesa, e
dello Stato: voglio dire l'adoprarsi, e fatigare per le Anime, quest'istesso
avevasi a delitto il Fiscale.
"Mi è parso rimarchevole,
così egli, che quantunque nel proemio della Regola si dica di essere i Soggetti
destinati solamente per predicare a poveri villani, nel decorso si parla di
Esercizj Spirituali da darsi nelle loro Case ad ecclesiastici, e secolari, ed
anche di prediche da farsi nelle proprie Chiese. Anche i Gesuiti, ei dice, sul
principio non si fermarono, che in pochi esercizj di pietà, e poi vollero
abbracciar tutto; cioè predicar nelle lor Chiese, tener Case di Esercizj
Spirituali, insegnar lettere umane, e Teologia; e reggere Congregazioni di
Secolari, che furono per li Gesuiti i potentissimi mezzi di farsi infiniti
seguaci. Lo stesso potrebbe accadere per questi".
Non capivasi, come il
Fiscale, giustificar poteva quel poi, ch'egli asseriva. I tanti Esercizj, che
da' nostri si praticano (come a tutti è noto) non erano novità. Abbarcciati
furono in Congregazione fin dal suo nascimento. Ne godé il Re Cattolico; anzi
desiderava, che mantenuta si fosse sempre l'opera nella sua nativa, e fervorosa
qualità.
Il pitoccare anche gli
fa senso. Lo cuoce la ricchezza, e lo scotta la povertà. "Non possono
questuare, ei prosiegue, e fanno distinzione - 32 -
in tempo delle missioni, e non in altro tempo. I
Gesuiti nel Concilio di Trento contesero anch'essi acremente per ottenere, come
ottennero, essere dichiarati mendicandi; ma poi seppero trovar sutterfugio, che
senza spogliare questa veste di mendicità, potessero pervenire all'acquisto
d'immense ricchezze. I nostri Missionarj, anch'essi cominciarono dal convivere
co' loro particolari patrimonj; indi acquistarono stabili; professarono non
questuare, e poi ottennero il poter questuare. Ecco messa in campo quella
mistura di possedimento, e di mendicità, che fu così favorevole alla ricchezza
de' Gesuiti".
Rifletter poteva, che
se il Re Cattolico enuncia il lodevol costume di non questuarsi in Missione,
non inibì il farlo in altro tempo: così se senza rendita, e colla proibizione
degli acquisti, sostentar potevano i Missionarj se stessi, mantaner chiesa, e
casa, e dar da vivere a Chierici, che sono il sostegno dell'opera. Nelle carte
a lui esibite, se vi erano le accuse de' Contraddittori, anche vi erano le
giustificazioni di Alfonso, e de' suoi. Il Fiscale sostiene quelle, e ributta
queste come equivoci, e versipellerie. "Questa maniera di parlare, di
agire, e di scusarsi, mi diedero a divedere, ei dice, molta rassomiglianza con
quelle che già teneansi dalla Società de' Gesuiti: maniere, coll'intiero
Istituto, abborrite e proscritte da tutt'i Principi di Europa, finanche dal
Sommo Pontefice".
Stanco il Fiscale di
accumular delitti a' delitti, facendola da Teologo, entra a censurare la
dottrina di Alfonso, e non manca, benché non incombenzato, condannar la sua
Morale per perniciosa alla Chiesa, e di danno allo Stato. "Cotal Teologia,
così prosiegue, non è tratta, che dagli Autori Gesuiti, de' quali si adotta il
principio fondamentale, e tutte le perniciose conseguenze". Volendo
commuovere l'animo del Principe, mette in veduta la sovranità offesa, la comune
salvezza, e, quel ch'è più, la sicurezza della di lui persona.
Conchiude, ma con
enfasi di zelo: "una dottrina così perniciosa messa in pratica, è quella,
che desta il mio zelo a supplicare la Maestà vostra, a voler prendere i più
forti rimedj, acciò si schianti dalle radici, non co' rimedj palliativi, ma
severi ed efficaci, cosicché non resti alcun asilo al probabilismo, alle
restrizioni mentali, ed agli spergiuri autenticati".
Rinforzando il suo
zelo, "Non temo, ei soggiunge, su questo proposito parlare. Parlo alla
Maestà vostra, perché parlo in favore della Morale di Gesù Cristo Signor
nostro, il quale nella purità di essa fa tutto con consistere la Sacrosanta
Religione, che ci diede. Se essa dall'ambizione di alcuni Preti, accesi di
essere stimati nuovi fondatori (ambizione la più esquisita, che in ogni tempo
ha mosso gli uomini a' più grandi eccessi), si corrompe, a Vostra Maestà tocca
con tutto lo sforzo di quel potere, che Dio ha messo nella sua mano,
ristabilirla".
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Censura così amara per la dottrina di Alfonso
soprattutto fu di orrore in tutta Napoli. Non si capiva da' Dotti come estratta
questa Moral Teologia da' soli Gesuiti, se Autore non vi è di ogni Ordine, ed
Istituto, di cui Alfonso non si avvalga. Se letto avesse il Fiscale, come dice
aver letto, passo passo ritrovato avrebbe Leggi Civili, e Canoniche; Padri
Greci, e Latini; e zeppa tutta l'Opera delle dottrine così imparziali di Papa
Benedetto XIV.
Premesso l'apparato di
tante cose, per conseguenza necessaria risultavane l'abolizione della Congregazione.
Ove il Re Cattolico col Dispaccio del 1752. caratterizzando la Congregazione
per Opera di gloria di Dio, e di cristiana pietà verso i suoi vassalli, vuole
che sussista; il Fiscale, dimostrandola disutile alla Chiesa, e di peso allo
Stato, vuole si distrugga.
"Non vi è bisogno,
ei dice, di nuove Congregazioni, e di nuovo incentivo, per abbracciarsi la vita
Ecclesiastica in un Paese, ove vi ha settantacinque mila tra Preti, e Frati.
Che i Vescovi, a' quali si appartengono così gli abitatori delle Città, come
delle campagne, debbono essi pensare per istruirli, poiché loro è commesso da
Dio distribuire que' Ministri, che la Gerarchia della Chiesa ha stabiliti, per
ajutarli nelle funzioni Ecclesiastiche, senza piantarsi nuovi Istituti; e che a
queste particolari Congregazioni, per qualche particolar funzione, si deve
quell'immensa genìa di Religiosi di varj Istituti, i quali l'uno all'altro
nella durata de' secoli si sono aggiunti, accarezzandosi i nuovi, senza
dismettersi, anzi senza togliersi gli antichi divenuti inutili. Così a Preti si
aggiunsero i Monaci, a questi i Frati, ed a costoro i Chierici Regolari, e come se questi non
bastassero, ora pian piano si fa avanti una nuova Società Religiosa".
Avanzando i suoi
riflessi, e prevedendo il Fiscale non propizie le conseguenze, "Se Vostra
Maestà, soggiunge, su questo, che rappresento, vorrà sentire il parere de' suoi
Magistrati, spero che costoro non si faranno abbagliare dall'apparente utilità
dell'insegnarsi a' poveri villani. Tutte le cose male hanno avuto principio
dalle cose buone. Non vi fu una nuova Setta nel Mondo (qui per la nobile
comparazione merita un ringraziamento) che con apparenza di bene non facesse la
prima sua mostra; ma il tempo dimostrò, che il fanatismo, l'ambizione, lo
spirito di singolarità, e non altro, erano state le molli, che innalzato aveano
i nuovi edificj; o che almeno erano succedute al primiero spirito di pietà, per
tenerle in piede".
Bastantemente credendo
aver persuaso il Principe, conchiude, e proggetta il proprio parere. Vuole, che
commettasi a Teologi di sana dottrina l'esame della Moral Teologia del Liguori.
"Acciò conoscendo Vostra Maestà, ei dice, che contenga moltissimi errori,
che la vera cristiana Morale distruggono, possa avvertire i sudditi suoi, - 34 -
affinché se ne abborrisca
la lettura, proibendola nelle forme consuete".
Per secondo vuole, che
vietar si debba assolutamente a' detti Missionarj ogni forma di Congregazione,
Superiori, Voti, Novizj, Scuole, Congregazioni, Privilegj, ed ogni altro, che
di essi possa significare Congregazione formata. Per terzo ordinarsi, che i
beni, ch'essi posseggono, o sotto il nome dei Vescovi, o in nome proprio,
detratti quelli, su i quali vi sia alcun privato, che rappresenti alcun
diritto, com'è il Barone de' Ciorani, si vendano, e s'impieghi il prodotto in
capitale; e del fruttato, mentre viveranno i presenti Ecclesiastici, che sono
in Sacris, si dia a ciascuno l'assegnamento di annui ducati settantadue,
tassato da sua Maestà Cattolica. Tutti gli altri, specialmente i Novizj, si
dimettano, e vadano nelle proprie case".
Qui diede da ridere il
Fiscale. Tolta la vigna combattuta, non ascendeva la rendita di tutte le Case
unita in uno, che a ducati cinquecento novanta. Ove si sarebbe preso il dippiù,
volendo egli, che si dessero per ciaschedun Sacerdote annui ducati settantadue?
Questa, e non altro era la gran ricchezza de' nostri Cioranisti, cotanto
decantata dagli avversarj, e posta in prospetto dall'Avvocato Fiscale.
Finalmente vuole, "che s'interdica la facoltà di questuare; e che fino a
quando la Moral Teologica insegnata dal Fondatore non sia eliminata, anche
s'interdica ai Missionarj la Confessione, e la Predicazione".
Non essendo pago il
Fiscale avere spiegato con inchiostro così amaro i proprj sentimenti, obbliga
ancora il Sovrano, diciam così, a volerli eseguire. Troppo pungevagli il cuore
la nascente Congregazione. "Non creda V. M., ei soggiunge, che senza
rimedj forti, ed efficaci anche questa nuova Congregazione non sia per
crescere. Tra le contraddizioni sono forte le altre: tra le contraddizioni si
promoverà anche questa. Si aspetterà il tempo più favorevole, ed allora la
presente controversia si descriverà tra la gloria dell'Istituto; ed il mio
nome, che peraltro non merita, che oscurità, (qui profetizza) sarà famoso nella
Vita di D. Alfonso de Liguori, tra quelli, si dirà, che il demonio eccitò, come
sempre operar suole, contro le opere buone".
Tanto alla Maestà del Re espose il
Fiscale, e tanto esigeva a danno nostro, e di Alfonso.
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