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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap. 11 Zelo di Alfonso per vedersi confutato M. Volter: sua amarezza per le poesie del Metastasio, e suo compiacimento per quelle del Mattei.
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Cap. 11

Zelo di Alfonso per vedersi confutato M. Volter: sua amarezza per le poesie del Metastasio, e suo compiacimento per quelle del Mattei.

 


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Anche tra la folla di tante contraddizioni, e la Congregazione in pericolo di vedersi soppressa, meno sollecito non vedevasi Alfonso per le cose della Chiesa, di quello lo era per l'innanzi. Pungevagli il cuore, e piangeva amaramente in questi ultimi suoi anni i tanti progressi, che la miscredenza, e 'l libertinaggio tutto giorno, per mezzo di Mr. Volter, e di Giangiacomo Rossò facevano in Francia a danno della Religione; maggiormente che anche strada facevansi nell'Italia, e che in Napoli nelle ore oziose le opere di Volter, come per passatempo, anche leggevansi dalle Dame, ed oggetto se ne faceva nelle comuni ricreazioni. Mancandogli le forze a combatterli, perché vecchi ed in quello stato, animare non lasciava in Napoli varj Letterati amici a volerli smentire.

 

 Tra queste sue afflizioni, avendo avuto tra le mani le confutazioni, che degli errori di Volter ne faceva il zelante Francese Claudio Nonnotte, non capiva in se stesso per la gioja, né finiva ringraziare Iddio per aver suscitato un uomo, che nulla temendo le traversie del secolo, così interessato si vedesse per la sua gloria. Armato di zelo non mancò scrivere lettera al medesimo Nonnotte, congratulandosi dello spirito di Dio che l'assisteva, ed animandolo a non desistere d'impiegare la penna contro i nemici della Chiesa, e delle Anime. Mi manca questa lettera, ma dalla risposta che sussiegue, ed è in data de' 21. Aprile 1778., rilevasi quanto energica potesse essere, e piena di zelo.

 

Claudio Francesco Nonnotte, Prete Bisontino, saluta il Reverendissimo Signor D. Alfonso de Liguori, Padre in Cristo, Vescovo, e Rettore Maggiore della Congregazione del Santissimo Redentore.

 

"Non saprei dire, così egli, se si ritrova persona che abbia provato un piacere più dilettante, e più giocondo di quello che io, Reverendissimo Padre in Cristo, ho provato nel leggere la vostra lettera, talmente è ripiena di amore, e di benevolenza, così che


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amore spira verso tutte le virtù, e la Religione, ed a me sembra essere stata scritta da Angelica, e non da umana penna. Non essendo io solito valutare veruna cosa, se non secondo il giudizio Divino, è incredibile il piacere, che provo quando mi tocca in sorte ritrovar persone, la cui saviezza non si occupa in altro, che nelle Divine cose, e che resi superiori agli umani onori, lasciano in dubbio, se sieno essi eccellenti nelle chiarissime doti del loro ingegno, o pure nello splendore delle loro virtù.

 Più e più volte sono andato in traccia di siffatte persone, ma non mi è per anche riuscito trovarne una. Finalmente dalla vostra lettera ho rilevato esserne una in Napoli; e di vero non mi riuscirebbe possibile esprimere con parole quanto sia da me stimata, e con quale amore io le sia addetto, ed obbligato"a

Fece tal senso in Francia questa lettera di Alfonso a Nonnotte, che tanti e tanti che conoscevano Alfonso per la Morale ivi capitata, giunsero a congratularsi col medesimo Nonnotte. Ei prosiegue, e dice. "Tutti coloro, che hanno letta la vostra egregia, e celebratissima Opera della Teologia Morale, meco si congratulano, per aver io ricevute lettere tanto onorevoli da un Prelato dottissimo, e savissimo; ed io a vicenda mi congratulo con me stesso, perché le mie Opere vengono approvate dal purgatissimo giudizio di un Prelatogrande. Quando poi lessi gli amichevoli giudizj che fate de' miei scritti, e gli elogj che ne spacciate, ben compresi, che voi siete non meno un Prelato savissimo, che amantissimo della Religione b


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Volendo Alfonso maggiormente animare a volersi vie più impiegare contro i nimici così perversi a danno di Gesù Cristo, e della sua Chiesa, compromesso si era avanzarne supplica al Sommo Pontefice, affinché con decorato avesse con particolar Breve il Dizionario contro Volter.

"Ho provato, ed inteso con ammirabile piacer, rescrive il Nonnotte, perché avete risoluto umiliare una supplica al Sommo Pontefice, ed esporgli, che si benignasse commendare il mio Dizionario, siccome Clemente XIII. commendò il libro da me scritto, ed intitolato degli errori di Voltaire. Questo appunto era ciò, che da me grandemente bramavasi, e per questo istesso motivo io gli aveva mandato i miei libri assai pulitamente ligati, ed adorni di vesti tali, che meritato avessero l'onore di passare nelle mani del S. Padre; ma non ho ricevuto veruna risposta, benché dal Cardinal Pallavicino, a cui aveva scritto, mi si è stato partecipato averli ricapitati in mano di Pio VI. Crederò dunque essere stata la mia Opera disprezzata da un Pontefice così grande, o esser io per qualche motivo rimasto deluso ed ingannato. Questo, dottissimo Prelato, io lo lascio alla vostra decisione" c

Si avanza e dice "L'esortazione che mi fate è ripiena di amore, cioè che se insorgesse qualche nuova massima dalla Setta de' Filosofi infernali, io, secondo il mio costume, impugni, e l'espugni. Quanto desiderate, e quanto m'insinuate, abbiatelo per compito, nonché intrapreso. Ma molte altre Opere avrei pubblicate, se non mi fossero mancati i sussidj convenienti e necessarj. Ciò non ostante ho scritto il terzo volume degli errori di Volter, così intitolato L'Esprit de Voltaire dans ses Ecrits, ed in quello intendo far vedere, che per quanto tempo l'opere di Volter giraranno per le mani de' nostri giovani, non è d'aspettarsi mai che possa presso di


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noi rimettersi in piede l'ossequio, e l'amore verso la Religione"d.

Soggiunge il Nonnotte, ma con suo sommo rammarico: "avrei molto a caro che questa mia Opera si stampasse in Parigi; ma sarebbe necessario che approvata fosse da qualcheduno de' Regj Revisori, ma è talmente folle l'ammirazione, che i nostri hanno per Volter, o pure è così grande il timore che hanno concepito di quel mordacissimo uomo, che a me non riesce ritrovare un Censore benevolo; che anzi dall'istesso Arcivescovo di Parigi mi è stato risposto, che non ritroverò giammai un Censore di questa fatta. Cosa veramente da far tutta meraviglia. Sarò forse nella necessità far dare alle stampe presso gli Eretici di Ginevra un libro da me scritto in difesa della Religione; giacché i Cattolici non hanno questo spirito, e permesso mi sia esclamare con Tullio: O tempora, o mores"e

Conchiude la lettera: "Sono un di presso a' 20. anni, che di continuo sono occupato nelle battaglie in favore del Signore, senza aver mai ricevuto verun soccorso umano, ed essere stato più tosto caricato dagli empj di spessissime dispettose parole. Io però pieno di fidanza in Dio, non mi abbatto di spirito, anzi cresce in me il coraggio, non potendomisi offerire miglior tenzone di questa. La vostra lettera bensì ammi aggiunto nuovi stimoli, perché non solo spira zelo verso la Religione, ma ancora una dolcissima carità, per la quale preghiamo grandemente Iddio, che restiamo congiunti nella Patria celeste, egualmente che ci ha congiunti in questo esilio della terra"f . Addio.


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Se esultò, e fu di consolazione per Claudio Nonnotte la lettera di Alfonso, di rammarico fu per Alfonso la risposta del medesimo. Pianse, e non davasi pace in sentire il gran credito, e l'applauso in cui Volter era specialmente in Parigi; e che non ritrovavasi tra Regj Revisori chi fosse per riprovare le di lui bestemmie, e contestare la verità in favore della Chiesa.

"O Dio! esclamava, e non finiva ripeterlo, in Parigi, e tra quei Cattedratici non vi ha da essere chi si opponga ad un mostro così grande, e così nemico della Chiesa e della Religione, e dovrassi e non curarlo, non in Parigi, ma in Ginevra! Poveri noi! E' in tale stato in Parigi l'autorità della Chiesa, che non può far fronte ad un miscredente, e rintuzzarne l'audacia! Povero Arcivescovo! Povera Chiesa! Questo peccato di certo non anderà impunito. Povera Francia! Io ti piango, e piango tanti poveri innocenti che saranno avvolti nelle tue disgrazie".

 Avrebbe voluto avanzar lettera al Re. "Ma che posso io di lontano, disse, se non può l'Arcivescovo, e tanti buoni Vescovi che gli stanno da vicino?"

 

Un lampo di consolazione provò il nostro afflitto vecchio tra queste sue amarezze. Corse voce nel Maggio del medesimo anno 1778., e fu riscontrato da Napoli, che Volter tocco da Dio era per ritrattarsi de' suoi errori, e bestemmie; e che corrispondendo alla Grazia, erasi dichiarato Cattolico. Se Alfonso sperimentato aveva consolazione somma vedendo il Nonnotte impegnato a confutarlo, indicibile fu quella che provò sentendo detestati gli errori dal medesimo Volter. Animato da nuovo zelo, pensò congratularsi col medesimo di questa sua corrispondenza alla Grazia, e del gran bene, che dalla di lui conversione era per risultare a' Cattolici, ed alla S. Chiesa di Gesù Cristo.

Mi giova qui portare la conceputa lettera, e rilevarne i sentimenti.
"Chi v'indirizza questa lettera, così egli, è un Vescovo, che per essere consumato da molte infermità, il Sommo Pontefice benignamente è condisceso, che sgravato si vedesse dalle cure del Vescovado di S. Agata de' Goti. In questi ultimi giorni della mia decrepita età, riuscita mi è al sommo grata la notizia della vostra insigne conversione, tanto ben ricevuta tutt'i buoni Cattolici; ed io non ho potuto contenermi scrivervi questa mia, qualunque ella siasi, e con voi di tutto cuore congratularmi.
Vi dico il vero: mi affliggea, e


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spargea delle lagrime nel vedere, che avendo voi sortito da Dio un ingegno veramente grande, per tanti anni ne avevate fatto un uso così cattivo, e spesso spesso, benché di tutti il più miserabile, feci al Signore delle preghiere, acciocché, qual Padre delle misericordie, facendovi rinunciare agli errori, ritrovato vi avesse al suo amore. Ciocché ardentemente desiderava, è avvenuto. La dirò come la sento. Contesto vostro cambiamento è stato più vantaggioso alla Chiesa, che non sarebbero state le indefesse fatiche di cento Società di Operarj Evangelici".g

Non contento Alfonso della compunzione del cuore, ne desidera ancora un attestato coll'opera. "Acciocché, così egli prosiegue, piena sia, e compiuta questa comune gioja, e dubbio non vi resti sulla vostra conversione, desidererei, che con qualche Opera deste compenso agli errori e sofismi, che appajono in tanti parti del vostro ingegno, e grato mi sarebbe, se imprendesse a spuntare i dardi di un moderno Scrittore, che non ha mancato impugnare, e combattere i dogmi di nostra Fede, con tanto detrimento della misera Gioventù, quale per amore della libertà audacemente ha disprezzato e l'Anima e Dio".

Facendosi carico dello stato di Volter, ridotto quasi cieco, soggiunge: "So che voi patite negli occhi: ma qualunque Scrittura da voi dettata bastante sarebbe ad assicurare tutto il mondo sul vostro cambiamento, e quelli specialmente, che questo si sforzano di metter in dubbio. Pregherò intanto caldamente il Signore a darvi forza, se non di scrivere, dettare almeno qualche cosa contro gl'increduli di questo tempo. Iddio vi conservi ec".h


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Non fu fama, come si seppe, ma romore ciocché divulgato si era di Volter convertito. Siccome eraglisi scritto da Napoli la conversione, così se gli rescrisse l'ostinazione, e che tutto era falso ciocché erasi vociferato. Gelò il povero vecchio a tal notizia. Era in atto per mandar la lettera, e la sospese. "Non sono Grazie queste, ei disse, che sono ordinarie in Dio. Sono sforzi di misericordia, e misericordia straordinaria; e se non vi è qualche principio di buona intenzione, come in S. Paolo, Iddio non l'accorda a veruno. In Volter tutto è pessimo".

A 30. di Maggio del medesimo anno 1778. passò Volter, come si sa, ma costante ne' suoi errori, dalle pene temporali di questa vita alle pene della Eternità dannata; ed a' 2. di Luglio del medesimo anno anche passò all'infelice Eternità con morte repentina il suo collega nel male, l'empio Giovan Jacopo Rossò. Riscontrato Alfonso dall'Abbate D. Vincenzo Lupoli, che fu poi Vescovo di Cerreto, "Non mi giunge nuova, rescrisse al medesimo a 15. Settembre, la notizia della morte dell'infelice Rossò. Grazie sempre al Signor Iddio, che in poco tempo estinti si sono due capitali nemici della Chiesa".

 

Consolazione sperimentò Alfonso anche tra questo tempo. Aveva egli somma stima di Pietro Metastasio: ne lodava il talento, e ne magnificava la probità; ma vivevane afflitto, considerando che le di lui Opere, benché oneste, e castigate, tuttavolta titillavano il fomite ne' Giovanetti.

Fa più male, diceva, Pietro Metastasio colle sue poesie, ancorché oneste, che nol fanno tanti libri sfrontatamente osceni. Questi, perché tali si evitano: Metastasio, perché onesto, non si evita: si legge con piacere, e non volendo, offuscato ritrovasi l'intelletto, e pervertita la volontà. Essendo accertato da Napoli, che esso medesimo Metastasio entrato in se, e conoscendo quanto gran male nell'incauta Gioventù operavano i suoi Drammi, anche detestavali, Alfonso non capiva in se per la gioja.

 "Mi si permetta manifestare, così egli in una sua Opera, i una gran consolazione, che pochi giorni sono mi recò una certa notizia. Mi fu assicurato per cosa certa, che il celebre Abbate Signor Pietro Metastasio, dopo tante lodi ricevute da tutta Europa per le sue composizioni poetiche date alle stampe, che quanto più belle, tanto sono state più nocive (intendo di quelle sole, che trattavano di amor profano); poiché le sue espressioni quanto sono state più tenere e vive, tanto più han potuto accendere ne' cuori de' poveri Giovani fiamme perniciose di affetti impuri; al presente ha dato


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fuori un libretto in prosa, ove detesta queste sue fatiche, e si protesta, che se potesse ritirarle tutte o fare che non più comparissero al mondo, lo farebbe ad ogni costo, anche del suo sangue.

Ed in effetto, mi dicono, che non compone più in versi, se non alcuni Drammi spirituali, o morali, costretto dall'incombenza che tiene di Poeta della Corte Cesarea: e che sta sempre ritirato in casa a far vita divota e di orazione. Io ne ho intesa una consolazione indicibile, perché questa sua pubblica dichiarazione; e questo suo lodevolissimo esempio gioverà a far ravvedere molti giovani ingannati, che cercano acquistar nome, ed onore con simili componimenti amorosi.

E' certo, che il Signor Metastasio con tal sua dichiarazione merita più encomio, che se avesse dato alla luce mille famosi libri di poesia, mentre con quelli sarebbe lodato dagli uomini, ed ora è lodato da Dio. Quindi ove io prima detestava la di lui vanità in pregiarsi di tali suoi componimenti (non parlo dei Drammi sagri, che sono eccellenti, e degni di ogni lode) ora non mi sazio lodarlo, e se mi fosse permesso, gli bacerei i piedi, vedendolo fatto da se stesso Censore di quelle sue Opere, con desiderio di vederle abolite per tutto il mondo, a costo, come dice, anche del sangue".

 

In tale e tanto orrore, aveva Alfonso le poesie non pure, considerando il gran male che di per se promuovono nella Gioventù, che ne piangeva, e riflettendoci, ne detestava le Opere, e gli Autori. Come l'opposto gioiva, avendo tra le mani poesie sacre di valenti Soggetti; e siccome non finiva detestare, e screditare le prime, così encomiava, ed accreditava le seconde.

Era così preso pe' Salmi tradotti da Saverio Mattei, che non finiva encomiarne l'applicazione di questo Valentuomo. Se tutti si applicassero così, bandite si vedrebbero, ei diceva, le laide canzoni dalla bocca de' Giovanetti.

Grato il Mattei per questa stima, che Alfonso facevane di lui, e dell'Opera sua, anche nella Traduzione da esso fatta su i medesimi Salmi, non mancò avanzargliene i ringraziamenti; ed Alfonso, così gli rescrisse fin dai 20. Novembre 1774. "Ricevo con molta mia consolazione la sua stimatissima. Io nel fare la mia corta Opera sopra i Salmi ho avuta principalmente davanti gli occhi quella di V. S. Illustrissima. L'Opera sua è per li dotti, e per gl'ignoranti, perché istruisce insieme, ed alletta: la mia è solo per gl'ignoranti, e nulla vi è in essa di allettamento. L'Opera sua è stata applaudita da tutt'i Letterati d'Italia, e può dirsi anche d'Europa: la mia appena può piacere a qualche persona divota".

Maggiormente volendolo incoraggiare a volersi impiegare per simili opere di gloria di Dio, soggiunge: "Vedo gli avanzi, che fa nel foro, ma quanto avrei desiderato ch'ella avesse potuto continuare


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ad impiegare il gran talento, e la scienza, che Dio le ha dato, in bene della sua Chiesa. Del resto anche nello stato, in cui si trova, può molto giovare alla Religione, giacché ora tutti parlano di Teologia, e di Sacra Scrittura, e si sentono delle belle proposizioni"l

 

Posizione Originale Nota - Libro IV, Cap. 11, pagg. 50 - 51 - 52 - 54 - 55 - 57

 




a Reverendissimo Domino in Christo Patri, Alphonso de Liguori Episcopo, Rectori Majori Congregationis Sanctissimi Redemptoris, Caludius Franciscus Nonnotte Presbyter Bisontinus.

S. P. D.

Haud Scio an quis unquam jucundius, aut suavius aliquid sit expertus quam quod in legendis litteris tuis, Reverendissime in Christo Pater, expertus sum. Ita enim charitatis & benevolentiae plenae sunt, adeoque virtutum omnium, religionisque amorem spirant, ut non ab incola terrae sed ab Angelico spiritu exarata esse videantur. Cumque nihil ego, nisi ex mente Divina solitus sim aestimare, incredibile est qua perfundar voluptare, cum eos mihi contingit reperire homines, qui Divina tantumodo sapiunt, & dignitatibus magnis majores, dubium relinquunt, an praeclarissimi ingenii dotibus, an maximarum virtutum splendore antecellant. Tales saepissime homines quoesivi, tales nondum inveni, sed talem ex literis tuis hominem  Neapoli existere tandem cognovi. Quem quidem quanti faciam, & qua ipsa charitate, & addictus, & devinctus sim, nullis verbis valeam exprimere.

 



b Gratulantur mihi quicumque egregium, & celebratissimus Theologiae Moralis

Opus noverunt, quod a doctissimo Episcopo tam honorificas litteras acceperim; ipse vicissim gratulor mihi, quod tanti viri judicio opera mea approbentur. Cum autem ea perlegi, quae de scriptis meis, & amice censes, & honorifice praedicas, sapientissim, & Religionis amantissimum Praesulem intellexi, at ea statim animum subiit Salvatoris fententia, qua discipulos suos ab Evangelica Missione revertentes admonuit: In hoc nolite gaudere, quia Spiritus vobis subjiciuntur; gaudete autem, quia nomina vostra scripta sunt in Coelis.

 



c Mirifice & delectatus sum, & affectus, quod in animum induxeris Summo Pontifici suppliciter exponere, ut Dictionarium meum commendet, quemadmodum librum de erroribus Vulterii Clamens XIII. commendavit. Hoc vehementer ipse desideraveram, eaque de causa libros meos elegantissime compactos miseram, eoque habitu ornatos, qui ut in manus SS. Domini Nostri devenirent, conveniens esset. Sed nihil ab eo responsi habui, quamvis a Cardinale Pallavicino, ad quem litteras direxeram, acceperim eos se Pio VI. reddidisse. Comptemptum ne a tanto Pontifice Opus meum? an me nescio qua de causa deceptum, & delusum eistimem? Hoc tibi, Praesul sapientissime, judicandum relinquo.

 



d Amantissime deinde hortaris me, ut si aliquid novi a tartarea secta Philosophorum proficiseatur, illud more meo, & impugnem, & expugnem. Quod desideras, quod suades, id jam susceprum, & confectum est; sed multo plura edidissem men tertium conscripti, cui titulum feci, de ingenio Vulterii in scribendo. L'Esprit de Voltaire dans ses Esucrits, in eoque demonstrare intendo, quod quamdiu opera Vulteriana hominum nostrorum manibus tenentur, Religionis obsequium & amorem posse apud nos restitui, sperandum non sit.

 



e Ut opus illud typis mandaetur Parisis, vehenmenter optarem, sed necessarium esset, ut ab aliquo e Censoribus Regis approbaretur. Jam stulta autem, & nostroruum erga Vulterium admiratio, aut tantus ab illo maledicentissimo homine metus, ut benevolum Censorem reperire nequam; quin etiam ab ipso Parisiensi Archiepiscopo re ponsum mihi est, Censorem me nullum hujusmodi reperturum. Res sane admirar one digna! Librum in Religionis defensionem conscriptum, quia non audent Catholici, apud haereticos forsitan Genevenses, typis cogar mandare! Hic vero liceat cum Tullio exclamare: o tempora, o mores!

 



f Ab annis fere viginti versor assiduus in praeliis Domini, nulla spe humana adjuntus, ab impiis frequentissime conviciis lacessitus. At fidei in Deum plenus, nun quam animo concido, imo crescit animus, cum melius certamen detur nemini. Verun novos mihi stimulos addidere tuae litterae ardentissimum Religionis zelum, mellifluamque charitatem spirantes, qua nos sicut in terreno exilio, ita in coelesti Patria coniungi vehementer Deum deprecamur. Vale.

 



g Qai hane tibi mitto epistolam Episcopus sum, cui multis pene comsumptus infirmitatibus, summus Pontifex suae Dioecesis S. Agathae Gothorum curam abdicare benigne indulsit. In his meae gradaeve aetatis octoginta jam trium annorum extremis diebus jam maxime gratum mihi suit, ubi tuam illam eximiam, et omnibus bonis Catholicis acceptam commutationem accepi, ut me continere nequeor, quin tibi banc meam, quatisqumque illa sit, conscriberem, tecumque ex animo gratularer. Angebar equidem et flebam, eo quod ingenio vere magno a Deo accepto sic te male usum tot annis viderem, et saepe numero, licet miserrimus omnium, ad Deum meas fudi preces, ut te Pater misericordiarum ad suum amorem, erroribus quibus detinebaris relictis, totum traheret. Quod maxime optabam evenit. Hoc (dicam ut sentio) magis magisque boni Ecclesiae fuit, quam non fuissent centum Evangelii Operariorum societatum indefessi labores.

 



h Ut undique tamen, omnibusque modis absoluta sit isthaec communis omnium letitia, et omnis tuae mutationis ambiguitas prorsus abigatur, optarem, ut aliquo scripto, erroribus, sophismatibusque satisfaceres, imo tela retunderis recentis cujusdam Scriptoris, qui Fidei Dogmata inficiari minime dubitavit, magno tot miserorum juvenum salutis detrimento, qui libertatis amore. Animam, Deumque audacter neglexerunt. Scio te visu laborare; sed qualisqumque scriptura a te dictata satis esset toto urbi, et illis praecipue, qui hoc de te, ac si fictum foret, in dubium vocare conantur. Enixe interim precabor Deum ut vires tibi suppetet, si non scribendi, dictandi saltem aliquid contra huiusce aetatis incredulos. Vale.

 



i Rifless. Spirit. P. 2, pag. 25.



l Presso Mattei tom. 2 Apolegeti:. Crist. pag. 86.






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