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cap.12
Il Re non riprova, ma conferma ad Alfonso, contro il
sentimento del Fiscale, i varj impieghi già stabiliti in Congregazione:
consolazione di Alfonso; e nuove rimostranze del suo zelo.
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Prudenza, e confidenza
in Dio, tra questi tanti anfratti, facevan gioco in Alfonso. Fidava in Dio, e
certo egli era della protezione divina; ma non mancava regolar umanamente se
stesso, e bilanciarne ogni passo. Ove i Contraddittori, per esser a capo de' loro
disegni, ed averne l'intento, pietra non lasciavano da smuovere nella Real
Camera, egli, come dissi, anziché sollecitudine, voleva che da' nostri
temporeggiato si fosse. Tal sua condotta stupir faceva ognuno; e non sapevasi
se più in lui ammirar dovevasi la tolleranza ne' travagli, o la saviezza in
saperli regolare.
Rimessa nella Real
Camera la Relazione del Fiscale, sel figuri ognuno che fuoco di riverbero far
potevano i nostri avversarj. Non eravi Ministro che accerchiato non vedevasi da
impegni forti e potenti, anzi interessati vedeansi i medesimi Officiali delle
Reali Segreterie. Cantavasi bensì al sordo, troppo patente essendo l'astio ed
il livore. Alfonso però, buttandosi nel seno della Provvidenza, sicuro lo era
della protezione di Dio.
"Gesù Cristo, così
al P. Majone a dodici Aprile 1779., in queste nostre persecuzioni ha fatto
miracoli, e son sicuro che non lascerà l'Opera sua che si distrugga, essendo di
tanto profitto a' poveri peccatori. Il Barone Sarnelli insiste che si
distrugga, e Leone c'inclina, dicendo ch'è inutile. Iddio però la sente
altrimenti. Mi sono consolato che ne' nostri processi vi sono da trenta
attestati de' Vescovi del bene delle nostre Missioni". Indi soggiunge:
"Dalla Calabria, dalla Puglia, dalla Basilicata, dalla Diocesi di
Benevento, dalla Sicilia, e dalla Campagna di Roma, ho notizie che
m'inteneriscono, delle tante fatighe de' nostri Padri, e del bene che fanno.
Benedetto sia Dio".
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Essendosegli scritto,
che il Maresciallo Pignatelli, e la Duchessa di Montecalvo dimostravansi
interessati per la Congregazione, se ne consolò estremamente. "Non avrei
mai pensato, rescrisse, che il Signore ci avesse aperta questa strada. Chi sa
si volesse Iddio servire di questi Signori per far trovare la pace alla nostra
Congregazione, e per far acquistare ad essi il merito di questa santa
Opera".
Anche molti Vescovi,
vedendosi in pericolo la Congregazione, non mancarono interessarsi. Monsignor
Bergamo, Vescovo di Gaeta, portossi a posta in Napoli a parlare al Presidente
Cito, a Paoletta, ed a Salomone, tutti e tre della Real Camera. Tra l'altro lor
disse: Come facciamo noi poveri Vescovi,
se ci levano questa Congregazione, che ha tanto a cuore l'onore di Dio, ed il
bene delle Anime.
Massimo delitto era per
noi, come spiegavasi il Fiscale, che formavasi nelle Case, contro il divieto
del Re Cattolico, una formale Comunità con Leggi e Statuti; ed oltre altri
impieghi, anche con Superiori Generale e Locali. Il carico nell'aspetto in cui
vedevasi posto, anche a' Ministri amici sembrava non potersi abbattere.
Alfonso, facendo uso di sua prudenza, ed animato dalla solita fiducia, presenta
al Re un suo discarico per la Segreteria dell'Ecclesiastico. Confessa esser
vero quanto asserivasi da' Contraddittori; ma fa presente, che se i suoi erano
di edificazione, e profittavano tra i popoli, non era che l'effetto del buon
ordine tra Congregati. Che in Casa, e nelle Missioni, senza i rispettivi Capi
esser non vi poteva né ordine, né subordinazione; che i Giovani se si
allevavano, erano necessarj per mantenersi l'Opera in supplimento de' vecchi; e
che per renderli abili al Ministero, e costumati, necessitavano Maestri nelle
Scienze, e Direttori nello spirito.
Molto non vi volle per
conoscersi dal Marchese di Marco, e rappresentarlo al Re, così la rettitudine
di Alfonso, che il mal talento de' Contraddittori. Tanto bastò per dare a terra
tutta la gran mole, che dal Fiscale su questo particolare erasi fabbricata.
"Avendo proposto
al Re, così il Marchese ad Alfonso medesimo a 21. Agosto 1779., le rimostranze
di VS. Illustrissima, e Reverendissima, contro le pretensioni di taluni,
tendenti alla distruzione della Congregazione de' Missionarj sotto la di lei
direzione, S. M. mi ha comandato rescriverle, che avendo il Re Cattolico suo
Augusto Padre permesso che i Missionarj, de' quali VS. Illustrissima è Capo,
facciano le Missioni, e sussistano nelle quattro Case che hanno nella Terra de'
Ciorani, in Nocera, Caposele, ed Iliceto; e perché questa degna Opera avesse
sempre a durare, ne prescrisse i mezzi e le condizioni, approva la M. S., che
vi sia nelle mentovate quattro Case chi agli altri presiede per l'interiore
Regolamento, e vi si distribuiscano altresì gli officj necessarj; e poiché lo
spirito della real determinazione del Re Cattolico si è, che questa - 59 -
lodevole Opera non si
dismetta, approva eziandio S. M., che vi si ricevano i Giovanetti, per essere
istruiti negli studj necessarj, acciò ne adempiano i doveri, e suppliscano le
mancanze di coloro i quali, o perché carichi di anni si rendon inutili, o
perché a tal Ministero non idonei, ne siano rigettati".
Gioì Alfonso nel
ricevere questa real determinazione. "Gloria
Patri, et Filio, et Spiritui Sancto, così a 23. del medesimo mese al P.
Majone. Il P. Cimino mi ha letto posatamente il Dispaccio, per cui dirò tre
Messe di ringraziamento. Ringraziamone dunque di cuore Gesù Cristo, e Maria
Vergine, a cui ho raccomandato l'affare con modo speciale. Ringrazio il Signor
di Marco, il Cappellano Maggiore, ed anche vostra Riverenza, che con tanta
attenzione ha atteso nel disbrigo di questo affare di tanto vantaggio, ed anche
l'Officiale Vecchietti che molto ci ha ajutati.
"Io mi sento più male di salute, soggiunge;
ma vi assicuro che muojo troppo contento, se Gesù Cristo, e la Madonna mi fanno
vedere la quiete nella nostra Comunità.
Ed al P. Landi: Da più giorni sto
malato: pregate Gesù Cristo, che mi dia la santa rassegnazione, e non voglio
niente più. Per nove sere dite nove Salve Regina per un affare molto pesante.
Se godette Alfonso, e
ne godettero tutt'i buoni per questa clemenza del Sovrano, ne fremette, e fu
tocco sul vivo l'Avvocato Fiscale. "Se qui fosse venuto, si fe a dire più
volte in varie conversazioni, il Gran Duca di Toscana in persona, conseguito
non avrebbe dalla Corte, quanto hanno ottenuto questi quattro Pretazzoli".
Se Iddio abbondava e
sopraffaceva Alfonso colle sue grazie, Alfonso, dimostrandosi grato, anch'esso
consolava Iddio impegnandosi per la sua gloria. Abbiamo cosa in quest'anno che
sorprende, e tale che n'è viva la memoria.
Correvano sei mesi,
cioè fin dai sedici di Dicembre, che il Cielo divenuto di bronzo non dava
stilla di acqua. Presaggendosi perduti sementati e frutta, tutto era lutto in
Nocera. Commosso Alfonso a vista del flagello, piangere non mancava i peccati
del popolo.
Un giorno di Domenica,
ed erano i quindeci di Maggio, ancorché col corpo così mal ridotto, volendo da
Dio impetrar perdono e grazia, chiese che vestito si fosse di pavonazzo (cosa insolita
in lui) ed aspergendosi di cenere, e con fune al collo, risolvette portarsi coi
suoi, inalberando un gran Crocefisso, processionalmente alla Parrocchia. Non
era breve il camino, né si poté distoglierlo. A stento si ottenne che salisse
in carrozza fino a mezza strada; ma di là alla Parrocchia volle in ogni conto
strascinarsi a piede; e non potendo, perché cadavere, sostener si doveva dal
Fratello, e da altri.
La sola sua veduta
formava spettacolo. Uno dando voce all'altro, zeppa di popolo si vide la
Chiesa, e tutta la piazza. In sentirsi che - 60 -
voleva predicare, i primi Gentiluomini si resero a gloria, volendosi
appagare tutto il popolo, situar la Cattedra alla porta della Chiesa; e perché
impotente a salirvi, prendendolo su le braccia, vel collocarono. Declamò per un
ora e più sopra gli effetti del peccato, il danno che fa all'uomo, e l'ingiuria
che fa a Dio, esortando tutti alla penitenza. Comune fu la compunzione; e
l'indomani, anzi la sera istessa se ne vide il profitto ai piedi de' Confessori.
Ma vi è cosa di maggior
momento.
Il dopo Vespro del
giorno susseguente, essendo uscito al solito in carrozza recitando preci, ed
offerendosi vittima alla divina giustizia, ritornando, come fu prossimo alla
nostra Casa, disse al cocchiere che dato in dietro tirato avesse alla Cappella
del Majo. E' questa una Chiesa dedicata a Maria SS. Come vi giunse, fattosi
calare di carrozza, entra in Chiesa, e va a prostarsi avanti l'altare della
Vergine. Più non vi volle per vedervisi concorso un gran popolo. Alfonso, fatta
scoprire l'Immagine, animò tutti, se volevano l'acqua, ricorrere a Maria SS.
Avendo orato in silenzio, rivolgendosi alla moltitudine, "Allegramente,
lor disse, seguitate a raccomandarvi alla Madonna, confessatevi e comunicatevi
in questa settimana, che, Domenica avremo l'acqua".
In tutt'i giorni
susseguenti il Cielo dimostrossi di bronzo più che prima, e tale si vide la
Domenica. Erano le ore ventidue. Questa volta, diceva ognuno, Monsignor si è
svergognato. Non fu così. In un punto, passate le ventidue, si vide l'aria
sconvolta, e tale pioggia si ebbe, che allagate restarono, non che inzuppate le
campagne tutte. Troppo patente fu il suo merito presso Maria SS. Alfonso,
vedendo la pioggia, si confonde ed arrossisce. "Questa mia parola, disse ai nostri, si sarà presa per profezia: mi scappò così di bocca, ma io non sono
profeta".
Questo portento fece
rumore anche in Napoli. Monsignor Lupoli tra gli altri partecipollo in Francia
all'Abate Nonnotte. In hac pluvia aquae
inopia, così egli a' 29. di Maggio, qua
a die decima fexta superioris Decembris ad praesentem usque Majum laboramus, in
caritate annonae, atque in tanto sitientium agrorum periculo, die decima quinta
hujuste mensis, beatissimus Antistes (cioè Alfonso) aetate et sanctitate verendus, apud urbem Nocera, magna fuorum,
populique corona stipatus caput cinere adspersus, fune ad collum adligatus, ab
una ad aliam Aedem incessit, ac pro concione verba etiam, quantum potuit,
habuit vehementer. Mirum! Sequenti die non urbs paullo distants, sed ea tantum
regio, quam vulgo dicunt de Pagani, quaeque penitentem Alphonsum viderat,
optatum Coeli imbrem experta est.
Altra mostra di zelo
abbiamo tra questo tempo. Avendo preinteso che ritrovavasi male nel Quartiere
di Nocera il Chirurgo del Reggimento, e che qualunque fossero state le
sollecitudini de' PP. Cappuccini, - 61 -
sen moriva impenitente, sollecito vi destinò taluni de' nostri. Resa
infruttuosa l'opera di questi, egli, ancorché cadavere, e collo spirito tra i
denti, premendogli la salvezza di quell'Anima, di persona volle strascinarvisi.
Da una ora e più sfiatossi il povero vecchio per ricondurlo a Dio. Tutto fu
inutile. Dimenandosi, e non trovando sito l'infelice, altro non ripeteva: Oh che guaio: che ne vuole da me questo
vecchio. Il miserabile non ammetteva né Rivelazione, né Redenzione.
Somma fu la pena di
Alfonso, non avendo profittato; e colle lagrime agli occhi disse rivolto ai PP.
Cappuccini: "Io lo lascio in braccio ai diavoli: pregate, e seguitate ad
assisterlo". Tutto fu inutile. Morì lo sventurato, e non una, ma più volte
ripetere s'intese: Causa causarum salva
me. Pianse Alfonso la dannazione di questo infelice, né finiva adorarne i
divini giudizj. La grazia, disse, si vende troppo caro a chi non sa
conoscerla.
Se di rammarico fu per Alfonso la morte
di questo infelice, di consolazione sovrabbondò per l'altra di un Soldato.
Cattolico questi, ma impenitente, e carico di scelleragini, orecchio non dava a
Confessori. Sentendo, e compassionando Monsignore il suo stato, agonizzando si
portò nel Quartiere.
Lo
compunge, lo fa entrare in se stesso, e lo converte a Dio.
Restò così contento per quest'Anima
guadagnata a Gesù Cristo, che predicando il Sabato nella nostra Chiesa, volle
che dal popolo ringraziata si fosse Maria SS., dicendo che alla Vergine
attribuir si doveva la conversione di quel Soldato, e che solo la Vergine aveva
potuto salvarlo.
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