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Cap. 13
Encomiando il Re la dottrina di Alfonso, vuole che da'
nostri si pubblichi la Santa Crociata: zelo di Alfonso per quest'Opera; e sua
sollecitudine per la Missione di Sicilia.
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La Provvidenza, che non
perde di mira i suoi, non poteva non garantire Alfonso contro gli sforzi del
Fiscale. Trattandosi il disbrigo, e l'appuramento de' carichi nella Real
Camera, altra disposizione vi fu dal Re, che avvilì i contrarj, e rese
abbattuto il Fiscale. Troppo aveva egli declamato sulle dottrine morali di
Monsignor Liguori, e troppo amare tirate ne aveva le conseguenze. Anche in
questo confusa restò l'umana perfidia. Bastantemente era nota in Corte la
dottrina di Alfonso, la sua pietà, il suo zelo, e 'l suo attaccamento alla
Chiesa, ed allo Stato.
Avendo il Re ottenuto
dal Sommo Pontefice Papa Pio VI. a' 21. Novembre 1777. il potersi godere in questo
Regno le grazie tutte, e tutt'i privilegj della santa Crociata, - 62 -
tra i tanti, a' quali
affidar volle la pubblicazione di quest'Opera, il maggior appoggio nol fece che
a Monsignor Liguori, ed a' suoi Missionarj.
"Avendo in
considerazione il Re, così il Marchese della Sambuca ad Alfonso a' 22. Ottobre
dell'anno susseguente, le incessanti fatiche di cotesti Missionarj del SS.
Redentore, per istruire i Popoli, ed indurli agli atti della vera pietà e
Religione, e la santa premura colla quale spargono da per tutto i principj
della sana Morale, relativi a' doveri di un buon Cittadino, e di un buon
Cristiano, si è determinata la M. S., che l'Opera della Crociata, la quale non
è ad altro ordinata, che alla salute de' Fedeli, ed al vantaggio dello Stato,
sia promossa, e sostenuta dallo zelo di cotesti Missionarj".
Sicuro il Sovrano dell'
opera nostra si compromette ancora di sua real munificenza. "Mi ha
ordinato il Re, così prosiegue il medesimo Marchese, manifestar a V. S.
Illustriss. e Reverendiss., che a corrispondenza dell'esito felice, che avranno
le fatighe di cotesti Missionarj, non lascerà dare i convenienti segni del suo
real gradimento".
Restò confuso Alfonso per questo incarico; ed
unendo alla pietà del Sovrano anche il suo zelo, con circolare ai nostri degli
8. di Novembre pose in veduta l'eccellenza dell'Opera, ed il bene delle Anime.
"Già vedete,
Fratelli miei carissimi, ei disse, che il nostro piissimo, e religiosissimo
Monarca, altro non inculca e comanda, che l'adempimento del fine del nostro
Istituto, cioè istruire i popoli ne' proprj doveri verso del Sommo Iddio, del
Principe, del prossimo, e di loro medesimi".
Rileva Alfonso lo scopo
dell'Opera rispetto al temporale, e i tesori spirituali, ed eterni che vi si
lucrano. "Un Opera dunque di tanta pietà, così prosiegue, che ha per
oggetto principale l'interesse della Religione, ed il pubblico bene dello
Stato, oltre i vantaggi di già espressi, non merita essere guardata con occhio
indifferente, ma con ogni sforzo promuover si deve da chi per disimpegno del
proprio Ministero, è tenuto a zelare l'onore di Dio, a procurare l'utile dello
Stato, ed a fomentare verso il prossimo la Carità cristiana".
Come si vede, encomiata
restò con questo Dispaccio la dottrina di Alfonso, il costume, e lo zelo de'
suoi Missionarj; ed egli riconosciuto per Fondatore, e Superiore di tutte le
Case: in buon senso rovesciato tutto il forte fabbricato dal Fiscale, e tutte
le sognate criminalità, che ventilavansi da' nostri Contraddittori. A misura
che piovevano le grazie, così voleva Alfonso che si accrescessero a Dio le
preghiere, e i ringraziamenti.
A 24. Gennaro 1780.
scrisse, che in tutte le Case, dopo l'esame della sera, recitate si fossero in
comune, invocato lo Spirito Santo, le seguenti preghiere, frammezzate per tre
volte - 63 -
da un Pater, Ave, e Gloria; ma con voce alta
ed intelligibile, ed in modo, come spiegossi, che ogni parola si sentisse da
tutti. Quid mihi est in Coelo, et a te
quid volui super terram: Deus cordis mei, et pars mea Deus in Aeternum: Gesù
mio, tutto a voi mi dono, voi solo voglio, e niente più.
Questa preghiera, ed offerta comandò che seguitata si fosse per tutto Maggio.
La preghiera, ei disse, e ripetevala spesso, conseguisce tutto, ed è
onnipotente presso Dio.
Questo incarico più che
altro offese il Fiscale, e fe darlo in trasporti. Se dispiacque il primo
Dispaccio, con cui il Re non riprovava, anzi comprovò la Gerarchia, che
stabilita vedevasi da Alfonso per lo buon ordine in Congregazione, questo
secondo gli fu di maggior cruccio. Toccollo sopra tutto nel vivo quel
compromettersi il Re, anche di sua munificenza, ove i nostri segnalati si
fossero in promuovere una tal Opera. Poter del mondo! ei disse, anche con premj
si vuole autenticato lo scandalo, e ciò che fa la ruina dello Stato, e della
Chiesa.
Non potendone da più,
ritegno non ebbe sparlarne in ogni luogo, riclamare, e censurare la Real
Segreteria, che così aveva dispacciato. Scoraggiato così egli che 'l
Commissario, che anche era nel medesimo impegno, vedendo che il tempo a momento
pregiudicava, non mancavasi assistere al Ministero, affinché chiamata la causa,
almeno il podere guadagnato si fosse dal Barone, e defraudato non veder dell'in
tutto il loro impegno.
Questa pendenza col
Barone, che tanto interessava il Fiscale, ed il Commissario, né l'uno né
l'altro la videro decisa. Io non entro ne' segreti giudizj di Dio, che sono
imperscrutabili. Tutti e due tra poco tempo improvvisamente, ed in età
immatura, chiamati furono da Dio a render conto di loro condotta: uno, uscendo
dal bagno, morì sul punto, senza darsi luogo a Sacramenti: l'altro, portandosi
a diporto, morto si vide nella medesima carrozza senza che veruno se ne
accorgesse. Mancati i Protettori, anche mancò spirito, e vigore in chi voleva
distrutta la Congregazione, e sbaragliate le membra.
Troppo a cuore, come
dissi, era ad Alfonso la Missione di Sicilia. Essendo mancati i Gesuiti, che
tanto bene vi operavano, ne deplorava l'attrasso. Godendo ora la grazia del
Principe, maggiormente vedevasene invogliato. Tuttavolta viveva in afflizione,
non avendo Soggetti sufficienti per soddisfare il Regno alle tante richieste
de' Vescovi, e per destinarli in quell'Isola. Mio Dio! sentivasi esclamare:
Messis multa, Operarii pauci.
Stando in fine del
corso Teologico nella nostra Casa di Santangelo molti de' nostri giovanetti
Sacerdoti, volendo animar questi all'Apostolato, ed invogliarli per quella
Missione, loro così scrisse a 16. di Agosto del medesimo anno 1779.
"Cari Fratelli
miei, io spero a Dio, che ben conservate il desiderio - 64 -
di essere tutti di Gesù Cristo, il quale già aveste
entrando in Congregazione, e più specialmente rinnovaste nell'oblazione, in cui
vi consacraste tutti all'amore di Gesù Cristo.
Per tanto vi fo sapere,
che essendo venuto da Girgenti in Sicilia il nostro Padre Lauria, mi ha fatto
sapere che i compagni, che dimorano in Sicilia, vedendosi pochi e non
sufficienti a poter contenere il desiderio, che hanno le genti di quella
Diocesi, e di altri paesi vicini (mentre anche l'Arcivescovo di Palermo
Monsignor Sanseverino vorrebbe altri nostri Soggetti per fare le Missioni,
specialmente nella Diocesi di Morreale); desidererebbero almeno due altri de'
nostri Padri, per supplire alle tante Missioni, che bramerebbero quelle genti:
sono molte, e solamente in Girgenti vi sono più di duecento mila Anime.
Posto ciò, giacché voi
altri state terminando gli studj, vorrei sapere chi di voi desidera andare a
fatigare in Sicilia, dove sono così desiderate, e fanno gran frutto le nostre
Missioni. Io avrò memoria particolare di quei Fratelli, che tra di voi saranno
i primi ad offerirsi in quest'Opera di tanta gloria di Dio.
Intanto con tutto l'affetto vi benedico uno per uno; e prego raccomandarmi ogni
giorno al Sacramento; giacché la morte mi sta molto vicina".
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