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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap.31 Tempesta de' scrupoli, e gravi tentazioni sofferte da Alfonso nei suoi ultimi anni.
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Cap.31

Tempesta de' scrupoli, e gravi tentazioni sofferte da Alfonso nei suoi ultimi anni.

 


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Stanco Alfonso per le passate battaglie, e più non essendo nello stato di combattere, sospeso aveva le armi al Tempio. Avendo riposto gl'interessi tutti di sua Congregazione nelle mani della Provvidenza, pensar non voleva che a Dio, ed a se stesso; ma altro conflitto stavangli apparecchiato. Iddio che qual oro nel crociuolo raffinato lo voleva, in altra pruova lo pose più dolorosa, e più amara. Siccome al demonio permise, salvo l'Anima, che afflitto avesse il S. Giobbe: così è da credersi, avergli permesso, che anche con Alfonso si ci fosse divertito.

 

Travagliato l'abbiamo veduto per anni ventidue con tale storpiatura nel collo, che orrore faceva, non che compassione a chiunque lo guardava. Afflitto per anni venti quattro, vedendo perseguitata ed in pericolo di esser suppressa la sua Congregazione.
Malmenato si è veduto presso il proprio Principe, e presso il Pubblico nell'integrità della dottrina, volendosi come nociva alla Chiesa, ed allo Stato. Così calunniato, ma con maggior travaglio, per poco ossequioso alla Santa Sede, dismembrata in Regno, e soppressa la Congregazione, ed egli condannato, e mal veduto dal Capo della Chiesa.

Tutto fu croce, e martirio. Non contento di questo, toccollo il comun nemico, permettendolo Iddio, nella coscienza; ma con tal turbine di scrupoli, perplessità, ed angustie, che più per esso non vi fu pace. Noi non siamo a giorno di tutto; ma dal poco che se ne sa, arguir si può quanto questa croce fu pesante, e quanto amara per Alfonso questa diabolica contraddizione.

 

Oscurato l'intelletto, posta sossopra si vide la volontà. Barcollando questa tra la densità delle tante tenebre, tutto per lui addinvenne o causa di peccato, o peccato, o dubbio di peccato; e sul dubbio di poter offendere, o di aver offeso Iddio agonizzava il povero vecchio, e non davasi pace. Chi regolato aveva tante migliaja di Anime, e consolate con un suo detto, in istato non era di regolare se stesso. Ogni cosa facevagli ombra, ed ogni ombra addinvenir montagna di orrore. Si vide in tale imbarazzo che mezzo non vi fu per rimetterlo in quel sereno; che formar soleva per l'iinnanzi il suo paradiso.

 

Col timore di essere in peccato, vi nacque la diffidenza di salvarsi. Chi sa, ei diceva piangendo, chi sa se sto in grazia di Dio e mi salvi.


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Assalito dallo spirito di diffidenza, volgendosi al Crocifisso che aveva a fronte, piangendo esclamava: Gesù mio, non permettete che io sia dannato; e sul dubbio se fosse o no in peccato; Signore, ripeteva lagrimando, non mi mandate nell'inferno, perché nell'inferno non si ama. Domandato un giorno come ne stasse: sto, disse, sotto lo staffile della giustizia di Dio; e rivolgendosi al Crocifisso, ah Signore, esclamò, castigatemi, e castigatemi come merito, ma non mi ributtate dalla vostra faccia.

 

L'unico suo ristoro in questo conflitto era la voce del Confessore; ma perché Maestro in materia morale, per quanto sforzavasi soggettare l'intelletto, quello recalcitrando, non mancava suggerirgli in contrario nuovi dubbj e ragioni. Mi fa il capo, diceva, come un arganella. Era un bel vedere il P. Villani soggettarlo ad ubbidire, e Monsignor a' suoi piedi umiliarsi, e confondersi. L'intelletto ripugnando, ed egli violentandolo, volendo ubbidire, Gesù Cristo mio, sentivasi esclamare, fate che mi capaciti, e mi soggetti. Io per me non ci voglio pensare, diceva il povero vecchio, intendo contraddire, né voglio far peccato, ma l'intelletto mi dice il contrario.

 

Colla tempesta degli scrupoli contemporaneamente se gli mosse un altra di tentazioni, ma quanto varie, altrettanto pericolose. Tutto soffrì Alfonso. Ribellione di senso, vanità di pensieri, presunzione di se stesso, e somma incredulità.
"Non vi è Mistero di nostra Fede, mi disse il P. Mazzini, che in esso non sia combattuto. Ora il demonio lo tocca in un punto, ed ora in un altro; ma quello che più recami compassione si è, che vedesi assalito in un tempo medesimo contro più virtù. Io resto ammirato, mi soggiunse, e mi consolo vedendogli fare gli atti opposti.

Toccato nella Fede, tutto fuoco vedesi ripetere: Dio mio credo, e voglio vivere, e morire figlio della S. Chiesa: così rendesi segnalato nella confidenza in Gesù Cristo, ed in Maria SS., se diffidenza l'assale in contrario".

 

Tutte le tentazioni erano per Alfonso fastidiose, ma per le impure soffrir vedevasi un doppio martirio. Sono di ottantotto anni, disse piangendo un giorno al P. Criscuoli, ed il fuoco della mia gioventù non ancora si è estinto. Anche il P. Mazzini mi disse, che contro la castità soffrir vedevasi le tentazioni le più orribili; e che talvolta se gli vedeva così ribellato il fomite, che gridar sentivasi anche di notte, Gesù mio, fammi piuttosto morire, che offendervi; e ricorrendo a Maria SS., se tu non mi ajuti, ripeteva io posso fare peggio di Giuda.

Talvolta era tale il fomite, che non sapendo distinguere la suggestione dal compiacimento, prorompeva in pianto. "Pregate Iddio per quelle sante ossa, ci disse più volte il P. Mazzini, che ha le più fiere tentazioni, ma trionfa con sua gloria". Visitandolo un Parroco, "Monsignore,


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vi vedo malinconico, gli disse: voi siete stato sempre allegro". Allegro! ripigliò Alfonso, io provo pene d'inferno.

 

Non potendo reggere alla piena delle angustie, e rincrescendogli incomodar di soverchio i PP. Villani, e Mazzini, ancorché storpio, e collo spirito tra i denti, volendo ricevere qualche sollievo, strascinar vedevasi alle loro stanze, e con ribrezzo comune calare dal piano superiore a quello di sotto.
Non potendo aver questi, qual cerva assetata faceva capo ad ogni fonte, voglio dire, che presentavasi a chiunque. Era giunto a sì bassa idea di se, che più non figuravasi né di esser Vescovo, delle scienze morali saperne i principj.

Spesso spesso anche la notte non potendo prender sonno, o per il senso ribellato, o che in dubbio ei fosse di peccato, così sopraffatto vedevasi da spavento, che non potendo trovar pace, risvegliar vedevasi per ritrovar qualche sollievo il medesimo servitore, o Fratello che l'assisteva; e tante volte era così grande la piena, che anche di notte o strascinavasi dal P. Villani, o cercava taluni de' Padri.

Unico sollievo per Alfonso era la preghiera; ed anche questa per lo più non gli era di conforto. Parlo con Dio, disse un giorno al P. Villani, ed in ogni parola che dico, par che mi ributti. E' cominciata stamattina questa tempesta: dico Gesù mio, io vi amo, e mi sento dire, non è vero. In tale e tanta oscurità ritrovavasi in certi giorni, che chiuso stimava per se il Paradiso. Volgendosi al Crocifisso, dunque Gesù mio, diceva, non ti ho d'amare eternamente; e rivolgendosi alla Vergine, Mamma mia, ripeteva, perché non ti ho da godere nell'eternità.


Stimavasi maggiormente perduto, perché non ravvisava in se verun opera buona. Il P. D. Giuseppe Errico l'intese, che conferendo col P. Villani con orrore ripeteva: "Mi ho posti tutti gli obblighi; non dico Messa, non dico officio, non faccio una cosa buona: il senso recalcitra, ed io mangio come lupo. Non so come Iddio mi possa sopportare".

 

Il mangiare in questo stato non che sollievo, eragli veleno. Non mangiava che da condannato. In queste circostanze che mi trovo, disse un giorno al P. Villani, io debbo attendere alla mortificazione del senso, e della gola.

Tante volte sul dubbio di essere in peccato, vedevasi restar sospeso colla forchetta in mano, e non cibarsi. Una mattina tra lo spazio di mezz'ora che io stiedi con esso, non avevasi mangiato pochi bocconi di riso, che se gli erano preparati.
Altra volta essendosegli preparato il mangiare, non potevasi indurre a cibare. Vedevasi nell'ultima desolazione. Accorso, e confortandolo il P. Villani, mi sento dire, ei disse, tu hai lasciato Dio, e Dio ha lasciato te. Encomiando il P. Villani la bontà di Dio, ed animandolo alla confidenza si servì di quel passo di Ezechiello: Nolo mortem impii etc. Sul fatto videsi confortato. Un passo di Scrittura a tempo tante volte eragli


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di sollievo. Oh Dio, esclamò, quante centinaje di volte ho io predicato questo passo per confortare i peccatori, e per me non mi sovveniva.

 

Tutto era travaglio per Alfonso. Il maggiore però era approssimandosi la Comunione. Allora se gli facevano innanzi tutti i dubbj di peccato. Il desiderio di unirsi con Gesù Cristo lo spronava, e davalo in dietro lo spavento di vedersi in peccato. Il Celebrante medesimo, non essendovi altri, doveva, per serenarlo, interrompere la Messa.

Celebrava per lui, come dissi, il P. Garzillo, e tante volte pazientar doveva per finché Monsignore non vedevasi in pace. Una mattina avendo detto, Ecce Agnus Dei, quando fu al Corpus, impunta Monsignore. Non vedendolo risolvere il Garzilli, "Monsignore, gli disse, non fate fare più anticamera a Gesù Cristo". In tante mattine non si sarebbe comunicato, se a tempo non fosse accorso il P. Villani.

 

Oggetto di compassione fu per noi tutti due volte, quando al tardi, essendosi serenato di mente, videsi in afflizione per la Comunione non fatta. Travagliato una mattina persistette fino all'ultima ora nelle sue angustie; ma dileguato il velo, piangendo esclamava: Datemi Gesù Cristo. Avendo tutti celebrato, adattar si dovette sopra una sedia, e calato in Chiesa, compiacerlo della S. Comunione.

Un'altra mattina, perché agitato, anche non fu nello stato di comunicarsi. Capacitato dal P. Villani che non vi era peccato, quanto prima temeva accostarsi all'altare, altrettanto poi videsi invogliato. Per consolarlo, se gli dovette portare in camera la Comunione. Tali erano i suoi desiderj, che ogni tardanza era secolo per esso: quando vieni, ripeteva tutto ardore, quando vieni Gesù Cristo mio.

 

Ancorché ributtato da Dio, com'ei diceva, tanto più vedevasi sollecito di presentarsi avanti a Gesù Sagramentato, e trattenevasi le più ore. Voglio saziarmi di amarlo, ripeteva tutto fuoco; ma spero amarlo eternamente, benché per i peccati miei io merito l'inferno. Travagliato dalle solite tentazioni, maggiormente faceva premura per esservi portato. "Essendo in tempesta, così il Fratello Francescantonio, con anzia cercava esser calato in Chiesa; e dicevami, che stando avanti al Sagramento, il demonio lasciavalo in pace. Non potendo talvolta, perché fatto sera, suppliva gli atti dalla stanza, figurando di trovarsi avanti al Sagramento".

 

 Benché così angustiato, se richiesto ei veniva di consiglio da persone di fuori, anche non mancava rispondere, e consolarle. Tra questo tempo, e tra le medesime angustie ritrovavasi in Napoli una Religiosa sua cugina. Avendogli questa cercato consiglio, Alfonso, così le rescrisse. "Mi scrive V. R. che alle volte si vede quasi perduta. Consoliamoci insieme, e diamoci animo, perché io passo l'istessa tempesta.

Mi ritrovo vicino alla morte, ed in tale stato le tentazioni


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non mi lasciano, e mi ajuto, come fa V. R., con guardare il Crocifisso. Afferriamoci dunque alla Croce, e procuriamo tener sempre gli occhi a Gesù Cristo moribondo. Facendo così sperar dobbiamo, che non voglia mandarci all'inferno, dove separati da lui non potremmo più amarlo, il che sarebbe l'inferno del nostro inferno.

Seguitiamo dunque sempre a dirgli: Signor mio, fate che io vi ami, e poi mandatemi dove volete. Io per i peccati miei merito ogni pena, castigami come vuoi, ma non mi private di potervi amare, privami di tutto, ma non mi privare di te".

Prosiegue e dice: "Prego raccomandarmi a Gesù Cristo, specialmente dopo la Comunione, che io farò lo stesso per V. R.. Quando sarò più vicino alla morte, ve lo farò sapere, acciocché mi ajutate con modo particolare per passare all'eternità". Terminata la lettera soggiunge di vantaggio: "Anche tra questi guai non vi scordate in fine dell'orazione raccomandar sempre a Gesù Cristo i poveri peccatori".

 

Un anno, e forse più durò il forte di questa tempesta. Due cose in questo stato, diceva il P. Villani, fanno giuoco in Monsignore: cieca ubbidienza, ed abbandono in mano a Dio. Aveva tal fede all'ubbidienza, che non potendo avere di persona il P. Villani, o non volendolo incomodare, tante volte mandava, esponendogli qualche sua angustia, o pel servitore, o pel Fratello che l'assisteva. Mi dicono bugia, disse un giorno cogli occhi al pianto, dicono che sono andati da D. Andrea, e mi gabbano.

Singolarmente sperimentava sollievo buttandosi nelle mani di Dio. Tentato al non più, ritrovandosi un giorno, e nella massima oscurità, mezzo non vi fu per sollevarlo.

Compassionandolo il P. Criscuoli, Monsignore gli disse, guardate il Crocifisso, e dite con me in te Domine speravi. Tanto fu ripigliare il versetto, che serenarsi, e non finire di ripetere non confundar in aeternum.

Egli medesimo disse al P. Villani, l'unico mezzo in queste mie angustie si è abbandonarmi nelle mani di Dio: con questo, e non con altro mezzo mi sollevo e trovo pace. Confido che Gesù Cristo per pura sua misericordia non sarà per mandarmi all'Inferno.

 

Qualche intervallo, non v'ha dubbio, vi era di tempo in tempo, ma così passaggiero, come quei fuochi notturni, che in aria si accendono, e tosto spariscono. Benché così travagliato, non per questo ommettere si vedeva i suoi esercizj di pietà. La sua orazione era un atto continuato: la lezione de' libri divoti era più volte ripigliata; così non ommetteva ogni altro esercizio. Per l'innanzi aveva per le mani la Vita del B. Giuseppe Calasanzio, e tra queste angustie la Vita di S. Gregorio di Nazianzo, e quella di S. Francesco di Sales, perché tutti e due sofferto avevano anch'essi una tal tempesta.




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