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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap. 34 Sussieguono altri varj atti virtuosi di Alfonso.
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Cap. 34

Sussieguono altri varj atti virtuosi di Alfonso.

 


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Se la Carità è quel vincolo, che unisce in se, e restringe le virtù tutte, anche in Alfonso tante diverse virtù ristrette si videro dal nobil legame dell'amore. I suoi atti divoti, le pratiche di pietà, la sua orazione, altro scopo non avevano, che l'unione con Dio. Per misericordia di Gesù Cristodisse al P. Villani, non mi sento affetto a veruna cosa. Erano così frequenti questi suoi slanciamenti in Dio, massime in questi ultimi tempi, che dir si possono un solo atto da mattina a sera.


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Non mancarono in lui anche in questa età i più menomi atti di Religione. Mangiando, prendendo il caffè, o altra bevanda, non mancava segnarla colla croce. Similmente non assaporava cosa senza premettervi un Ave alla Vergine. Entrando, o uscendo di Chiesa, storpio qual era, mancar non si vedeva a quei atti di Religione, che si ricercano in un sano. Anche sonando l'oriuolo, per sin che non gli mancò l'udito, salutar soleva con un Ave Maria SS.

 

Ascoltando la Messa, e preparandosi alla Comunione vedevasi assorto, e tutto profondato nella contemplazione del Mistero. All'elevazione anche voleva ginocchiarsi, o per dir meglio, dirupavasi a terra, e non avendo forza per rialzarsi, a stento, e con gran fatiga rialzar dovevasi dal servitore, e Fratello. Vedendosi il suo grave patimento, e compassionandosi il suo stato, si fe capo al P. Villani, per proibirglielo. Comunicato che si era, non era più suo; ed entrando in una dolce estasi, spesso spesso sentivasi esclamare: Amor mio, Dio mio: Mamma mia, amalo tu per me.

 

Dissi, che calato in Chiesa, assisteva le più ore alle quattro, e cinque Messe, ed il giorno altra consolazione non aveva, che starsene avanti al Tabernacolo contemplando Gesù Sagramentato. Questo fu il suo Paradiso da che levò mano al tavolino, e seguitò a goderlo sino all'Ottobre del 1784., cioè sino ai suoi anni 88.

Anche di questa consolazione volle Iddio privarlo. Facendosi di giorno la Novena di S. Teresa, Alfonso, perché encomiavasi la sua Avvocata, ed esposto vi era il Venerabile, anticipava la calata, e trattenevasi sino a sera. Un giorno tra gli altri, e fu l'ultimo della Novena, soffrì un estasi continuata, e trasformato più volte ripetette nel forte dell'estasi: Eterno Amore, io vi amo. Questi trasporti di spirito, resi ordinarj, attiravano l'ammirazione del popolo. Rincrescendo tal pubblicità al P. Villani, sotto il pretesto della calca della gente, e del gran calore che offender potevagli la testa, proibì che in Chiesa non si fosse più calato. Ubbidì Monsignore; ma fu per lui questa proibizione la massima delle pene, che in seguito lo afflisse.

 

Come giungeva l'ora di vedersi calato in Chiesa, e non essendogli permesso, vedevasi in afflizione. Era tale quest'ardenza, che se consolava, facevaci compassione. Strascinandosi sul capo della scala, anzioso voleva calare, e poi  con pena davasi in dietro.

Un giorno essendovisi solo, ed a stento portato, accorrendo il Fratello, pregavalo Alfonso a volerlo calare in Chiesa. La Visita, se gli disse ve la fate da qui; ma qui non ci è Gesù Cristo, rispose piangendo Monsignore. Volendolo distogliere il Fratello Francescantonio, "andiamo, gli disse, alla Cappella, ove vi è Gesù Crocifisso; ed egli: ma nella Cappella non vi è il SS. Sagramento.
Anche un altro giorno estuando di amore,


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ostinossi a voler calare. Essendosegli detto, che calar dovevansi da cinquanta e più gradi, ed egli storpio, e debole: Non è così, rispose Monsignore; e volendola vincere, incamminossi sostenuto dal servitore, e dal Fratello; né si arrese, se non videsi impotente, e venir meno.

 

Dovendo far la Visita da dentro la stanza, vedevasi tutto in festa. Accendeva delle candele sull'altare, e suggeriva al servitore, e Fratello, o ad altri, che l'assistevano, degli atti di adorazione, di amore, e di confidenza. Facendo questo, vedevasi Alfonso brillare, ed uscire di se.

Un giorno essendosi calato in porteria per fargli respirare un po di aria, sentendo in Chiesa suonare il campanello, dimandò cosa fosse. In sentire, che facevasi l'esposizione, godendone, dimostrò anzia di portarvicisi. Avendogli detto il Fratello, che in Chiesa vi era del troppo caldo, Gesù Cristo,  rispose Monsignore, non va trovando frescoCosì dicendo cercava ajuto, e si sforzava per alzarsi; ma si arrese con dirsi, che non voleva il P. Villani.

 

Portandosi dal servitore sulla sedia rotabile girando per i Corridori, Monsignore, che altro non aveva nel cuore, che Gesù Sagramentato, andiamo un poco in Chiesa, gli disse, a ritrovare Gesù Cristo. Come volete calare, disse il servitore, se non potete reggervi? Chi te l'ha detto che non posso camminare, rispose tutto ansante: non si tratta di giorni, ma sono mesi che non scendo in Chiesa a visitare Gesù Cristo. Videsi in tale agitazione, che per capacitarlo chiamar si dovette, e farlo precettare dal P. Mazzini.

 

Anche dormendo non vaneggiava che o del Sagramento, o di Maria SS.. Erano tali questi suoi slanciamenti che facevano tenerezza. Entrando nella sua stanza, mentre egli dormiva, il Chierico Pasquale Volpicelli, lo trovò, che sognandosi diceva: quanto è bella Maria, quanto è bella Maria; quanto sei bello Gesù Cristo mio. Un altra volta sentivasi replicare: io voglio dar gusto a Dio. Ancorché tutto il mondo vada sossopra, io voglio sempre dar gusto a Dio. Farebbero volume questi atti, se accennare si volessero.

 

Non era meno la sua ardenza compassionando Gesù Crocifisso. Avendolo a veduta, sperimentavansi continuati i suoi atti amorosi. Amavalo, e contemplavalo con tenerezza. La sua meditazione altro oggetto non aveva, com'egli stesso attestava, che la Passione di Gesù Cristo. Vedevasi afflitto per non poter dare al suo Dio Crocifisso, com'egli si esprimeva, sangue per sangue.

Anche ogni giorno, ancorché in questa età, passar voleva nel Corridore di Casa, ch'è ben lungo, le Stazioni della Via Crucis; e non potendo il venerabil vecchio, facevasi sostenere dal Fratello, o dal servitore, e tante volte da tutti e due. Anche sino all'anno 88. dell'età sua continuò questo pio esercizio, e similmente se gli proibì, vedendosi il suo grave incomodo.

Solo restò per Alfonso la visita


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in camera del Crocifisso. Quivi meditava i passi che avanzato aveva per esser crocifisso, e le sue dolenti stazioni; ed in faccia a questo sfogava di continuo il sua cuore, e quel desiderio che aveva di sempre più patire.

 

Se fu singolare in ogni tempo il suo amore verso Maria SS., in quest'ultima età era così violento, che mancano i termini a poterlo esprimere. Non eravi ossequio che trascurava. Perché sordo, suonandosi l'Angiolo del Signore voleva esserne avvisato. Ciò accadeva per lo più nel mezzo giorno in atto che cibavasi. Fatto inteso, vedevasi Monsignore sospendere il mangiare, sdrucciolarsi in faccia alla sedia, piombare a terra, e recitarlo. Come cadeva, così dimenticavasi di mangiare, e per un pezzo restava alienato colla forchetta tra le mani contemplando il gran Mistero; né dovevasi stentar poco per rialzarlo, e metterlo a sedere.
Stava anche attento, e voleva esserne avvisato, se era giorno di Domenica, o sera di Sabbato per recitarlo in piede. Insinuato a dirlo seduto, se non è in piede, ei disse, non si guadagnano le Indulgenze. A stento doveasi alzare, e contentarlo. Lo stesso succedeva suonandosi di sera il De profundis. Seguitò così sino all'anno ottantesimo nono dell'età sua. Considerando il P. Villani questo suo grave patimento, proibì ai Familiari di renderglielo avvisato.

 

Essendo stata sua special divozione il S. Rosario, più volte tra il giorno, girando per i Corridori su la sua sedia, passar soleva la corona unito col servitore, o col Fratello Francescantonio. Fu sempre solito accennare i Misteri, e contemplarli.
In questi ultimi tempi facevasegli proporre dal medesimo Fratello. Una delle volte questi avendo sbagliato, accennando un Mistero in luogo dell'altro,  A buon conto, disse Monsignore, come vi vengono in capo, così dite i Misteri, o ci capono, o non ci capono: i Misteri si debbono considerare secondo i giorni, e non a capriccio. Corretto il Fratello un altra volta, rispose, non essere necessarj i Misteri. Non è più Rosario, ripigliò Alfonso, Il Rosario include, se si vogliono guadagnare le Indulgenze, anche la considerazione de' Misteri.

 

Non eravi respiro che dava, che promesso non fosse a Dio con offerta solenne. Volendo il P. Villani toglierlo di angustia, tutti i Voti se gli erano commutati nella recita del Rosario. Soddisfatto non essendo di quello che includeva la soddisfazione dei Voti, vedevasi col Rosario tra le mani dal mattino alla sera. Troppo belli a vedersi erano i contrasti che giornalmente vi erano o col servitore, o col Fratello: ora che non aveva ratificato l'intenzione, e cominciava da capo, ed ora che erasi variato nell'accennarsi i Misteri.

Una mattina volendosi portare a tavola, e credendo di non aver terminato il Rosario, non si spostò: Vale più, disse, un Avemmaria che tutto il mangiare del mondo. Non ricordandosi una mattina averlo recitato, e dicendogli il Fratello


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averlo detto, voi non sapete, gli disse, che da questa divozione dipende la mia salute.

 

Stando travagliato in quest'anno 1784. dai soliti suoi acciacchi, ed assalito da forte letargo, non parlava. Volendolo scuotere il Fratello Francescantonio "Monsignore, gli disse, (così insinuato dal P. Villani), dobbiamo dirci il Rosario". In sentir Rosario Monsignore si scuote, apre gli occhi, e ripiglia: Deus in adjutorum meum intende. Fu così costante in questa divozione, che non lasciò recitarlo fino al giorno antecedente alla sua ultima infermità; anzi in quella giornata più volte passò al solito la sua corona.

 

Il Mercordì, Venerdì, e Sabbato fu sempre solito privarsi della carne in onore di Maria SS. Essendosegli presentato un poco di semplice lesso in un Mercordì tra l'ottava dell'Ascensione, ricordandosi essere un tal giorno, rimandollo indietro: Voi, disse, ben sapete che fo i Mercordì in onore della Madonna. Anche fin dai primi giorni che fondò la Congregazione astenevasi in tai giorni da ogni sorta di frutta; ma il Sabbato astenevasi anche dal bere così a tavola, che in tutta la giornata. Continuò questa sua astinenza fino a questa età di anni 88.
Volendo i medici ristorarlo, vollero che la sera in luogo di cena se gli desse una tazza di cioccolata rifredda. Ubbidì Alfonso; ma pregò, che eccettuato se ne fosse il Sabbato. Non discernendo i giorni, e dubitando di sbaglio, spesso dimandava che giorno corresse. Dovevasi ingannare, per non privarlo di quel ristoro; e tante volte, non riuscendo, ricorrere dovevasi al P. Villani per obbligarlo.

 

Anche in questi ultimi tempi era sollecito per veder radicata negli altri questa divozione verso Maria SS.. A chiunque era per visitarlo, altro non ripeteva: Siate divoti della Madonna, che chi è divoto della Madonna si salva. A tutti insinuava visitare le sue Immagini, recitare il Rosario, ed il Sabato e le Vigilie onorarla almeno con digiuno semplice.

 

Ai nostri giovani, e specialmente a quei, ch'erano per portarsi al Noviziato, tre cose inculcava: ubbidienza ai Superiori, chiarezza di coscienza, e divozione a Maria Santissima. "Vogliate bene alla Madonna, dir soleva, che la Madonna e Madre della perseveranza; e chi ama Gesù Cristo, e Maria Santissima si fa santo".
Un giorno animando i nostri a confidare nel di lei patrocinio, disse: Giovane io pure ho fatto del mio, ma la Madonna mi ha chiamato a questo stato; e tutta l'obbligazione io l'ho a Mamma Maria: essa mi ha chiamato, ed essa mi ha sostenuto in questo stato".

 

Tre volte un Chierico nel Dicembre del 1784, partendo per il Noviziato, non sazio della prima, fu a cercargli la benedizione, e tre volte il nostro vecchio l'accolse con amore, e tennelo ricordato con


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questi avvertimenti: "Figlio mio, gli disse la prima volta, se volete perseverare, comunicatevi più volte la settimana, e siate divoto di Maria Santissima, e del Santissimo Sagramento;" la seconda: "Figlio mio, vi raccomando la santa ubbidienza; essendo ubbidiente, piacerai a Dio, e sarai ben veduto in Congregazione; e sopra tutto vi raccomando ad esser divoto di Maria Santissima, e di Gesù Sagramentato". E nella terza gli disse: "Se il nemico di Dio vi tenta ad uscirvene di Congregazione, chiamate subito Gesù, e Maria, e tanto l'invocherete, fino a tanto, che vi passa la tentazione".

 

Oltre di questi, ed altri ossequj, che giornalmente praticar soleva con Gesù Cristo, e con Maria Santissima, aveva alla mano altri atti divoti per l'uno, e per l'altra; e non soddisfacevali che o verso sera, o riposto che si era sul letto. Saressimo al bujo di questi, se Monsignore in un giorno del 1784., sul dubbio, che la memoria non gli mancasse, non se l'avesse fatti notare dal Fratello Francescantonio; e sono i seguenti.

 

Dieci atti di amore, dieci di confidenza, dieci di dolore, dieci di uniformità al volere di Dio, dieci di amore a Gesù Cristo, dieci di amore alla Madonna, dieci di amore al Santissimo Sagramento, dieci di confidenza a Gesù Cristo, dieci di confidenza a Maria Vergine, dieci di rassegnazione al patire, dieci di abbandono in Dio, dieci di abbandono a Gesù Cristo, dieci di abbandono alla Madonna; e dieci preghiere per fare la volontà di Dio.

 

A misura dell'amore cresceva in Alfonso la confidenza verso Gesù Cristo, e Maria SS.. Travagliato dalla febbre una sera, e vaneggiando, fidato nelle mani di Gesù Cristo; ei diceva, muojo sicuro, e credo salvarmi per li tanti meriti di Gesù Cristo, e di Mamma Maria; e spero andar presto a render loro le grazie in paradiso.

 

 La carità, che è diffusiva in se stessa, investendogli il cuore, siccome in Gesù Cristo, ed in Maria Santissima, così in quest'età estendevasi ancora, e con ardenza verso gli uomini. Sentendo infermo taluno de' nostri, infermavasi anch'esso. Facendosi guidare su la sua sedia, portavasi subito a visitarlo; e non potendo entrare nella stanza, facevasi calare, e trattenavasi per un pezzo. Informavasi del patimento, ed animavalo alla pazienza; ma sopra tutto a star uniformato, ed unito con Dio. Non era questo per qualche Soggetto di riguardo, ma girava per le stanze di chiunque, e vedevasi sollecito anche per qualunque de' Fratelli.

 

Molto più dimostravasi interessato per le Anime. Una era la sua preghiera, cioè la perseveranza de' giusti, e la conversione de' peccatori; ma per questi distruggevasi in lagrime, ed offerivasi vittima avanti a Dio. Godeva delle fatighe de' suoi, e consolavasi dell'Opera delle Missioni. Se volevasi vedere rinvigorito, bastava notiziarlo di Missioni fatte, e di


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peccatori convertiti. Brillava, e se gli vedeva nel volto il compiacimento, che sperimentava nel cuore.

Ritornando dalla Romagna il P. Falcone, ed essendo andato a baciargli la mano, la prima cosa che Monsignore gli dimandò fu, se si facevano Missioni in quelle Case, e se si operava per il bene del prossimo, e per la gloria di Gesù Cristo. Accertato che sì, non finiva di consolarsi: benedetto sia sempre Iddio, ripetette tutto lieto, e tutto giulivo.

 

Per l'opposto era in rammarico, sentendo scandali e peccati. Affliggevasi sopra tutto per la mancanza de' Vescovi. Mancando i Pastori, disse un giorno, son disperse le pecore, viene il lupo, e se le mangia. Avendo inteso una sera, che eravi speranza di accomodo tra le due Corti, Napoli e Roma, tutto si rallegrò. "A me preme, disse, che si proveggano i Vescovadi di Vescovi santi: quanto non vi è il Vescovo, le cose vanno storte, e le Anime vanno a basso. Sapete che vuol dire non esservi Vescovo? Le Anime si ruinano, e non vi è chi ci pensa. Questo è quello che da' sei mesi, o da quanto ha, che piango innanzi a Dio. La mancanza del Vescovo ruina tutta la Diocesi".

 

Essendosi portati a visitarlo Monsignor Bergamo, Vescovo di Gaeta, e Monsignor Rosa, Vescovo di Avellino, Alfonso ritrovavasi mangiando. Richiesto come ne stasse, Come voglio stare, rispose, sto per comparire avanti al Tribunale di Gesù Cristo: così dicendo, pruruppe in pianto. Licenziandosi questi, disse a Monsignor Bergamo, ora che andate in Napoli, prego chiamarvi il P. N. e ditegli da mia parte, che tanto non strapazzi le Anime redente col sangue di Gesù Cristo. Non davasi pace, pungendogli troppo il cuore il fare Giansenistico di quel consaputo Religioso, che come dissi, tanto attrassava la Comunione, e sospeso teneva le Anime per mesi, ed anni.

Bene delle Anime, in una parola, e gloria di Gesù Cristo erano per Alfonso come due calamite che attiravagli il cuore. Signore, voi ben sapete, così un giorno tra questi estremi s'intese dire, che quanto ho pensato, ho detto, ho fatto, ed ho scritto, tutto l'ho detto, e fatto per le Anime, e per la gloria vostra. Bastava dire gloria di Dio, e salute del prossimo per  vedersi rinvigorire, e far acquisto di nuove forze.

Anche in quest'ultima età esso medesimo, parlando di non so che col P. Villani confessò l'innocenza della sua vita. Io son Vescovo, disse, e debbo dire la verità; né mi ricordo aver detto una bugia avvertitamente, anche quando era picciotto; cioè a dire quando era figliuolo.




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