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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • cap. 36 Predizione della morte fattasi da Alfonso; ultima sua infermità, e complesso di virtù, essendo infermo.
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cap. 36

Predizione della morte fattasi da Alfonso; ultima sua infermità, e complesso di virtù, essendo infermo.

 


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Eccoci vicini al termine della vita di Alfonso. Contava egli l'anno novantesimo secondo, e correva del secolo l'ottantesimosettimo. Un tal passaggio all'eternità sel predisse ei medesimo sin dal Settembre del 1786.. Non manca Iddio notificare per lo più ai Servi suoi il fine della loro carriera; ed una di queste fortunate anime fu di certo Monsignor Liguori.

Visitato l'anno antecedente dal P. Giuseppe Imparato Carmelitano, che ogni anno visitarlo soleva nel detto mese, questi licenziandosi,  P. Giuseppe, gli disse Monsignore, l'anno che viene non ci vedremo più.  

Stando buttato su la sua sedia, ed in profondo raccoglimento,


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il giorno decimosesto di Luglio 1787., volgendosi al Fratello Francescantonio, tutto giulivo, Fratello,  gli disse, ora mi resta da fare un altra funzione. Non ne fe caso il Fratello; ma Alfonso intendeva di quella funzione, che era per fare sul cataletto. Se ne capì il mistero, essendosi veduto sorpreso la notte de' diciotto dalla dissenteria.

 

La mattina de' diciannove dopo aver assistito alla Messa, ed essersi comunicato, fu colto dalla febbre. La mattina de' venti, ancorché febbricitante, volle levarsi di letto per sentir la Messa, e comunicarsi. Verso tardi abbattuto si vide ne' sensi, e con tal languidezza, che sembrava spirare. Si cibò; ed essendosi ristorato, riposò parte della notte seguente.

Subito che la morte gli fu sopra, svanirono come baleno i soliti suoi scrupoli, ed angustie. Vedevasi il nostro vecchio ilare, e sereno; ma con tal pace di spirito, che faceva la meraviglia di ognuno. Così sereno si vide in tutto il decorso di sua penosissima infermità. Ritrovandomi in Nocera, non mancai esser presente in ogni ora al suo letto, e notare anche i respiri di chi tanto avevami amato.

 

Divolgate in Città, e ne' vicini Casali le critiche circostanze, in cui Monsignore si ritrovava, giornalmente non mancavano gentiluomini di riguardo, Religiosi, e Preti graduati essere a visitarlo. Monsignor Sanfelice in ispezialtà non lasciava giornalmente assisterlo. Informate le Monache, non vi fu Monistero, ove in comune non si porgessero a Dio delle ferventi preghiere per la di lui salute. Anche i popoli animati dai Parrochi interessati si videro per mantenerlo in vita, avendosi da tutti come protettore presso Dio per i comuni bisogni.

 

Ne' ventuno di Luglio, vedendosi febbricitante, spossato, e quasi moribondo, si eresse altare nella sua stanza, si celebrò, e se gli diede la Comunione. Avanzata l'ora, chiese da cibarsi, e mangiò da sano; ma, fatto tardi, si vide di nuovo abbattuto. La notte però riposò placidamente, e non fu d'incomodo a veruno. Era giorno di Sabato, e notificandosi al popolo, facendosi l'esposizione in Chiesa, lo stato di Monsignore, vi fu in tutti tenerezza, e commozione.

 

Verso le otto la mattina de' ventidue essendosi ritrovato in retti sensi, fu richiesto, se voleva sentir la Messa, e comunicarsi: sbrigatevi presto, rispose tutt'anzia Monsignore. Avvisato, che incominciavasi la Messa, si segnò al solito colla Croce, e di nuovo disse: sbrigatevi. Alla funzione non stava tutto in se, ma fattosegli capire, che doveva comunicarsi, richiama i sensi, si comunica, e persistette, facendo affettuosi atti con Gesù Sagramentato. Circa le tredici si vide di nuovo abbattuto, e richiesto dal P. Rettore come ne stasse, disse: Raccomandatemi a Gesù Cristo. Volendo il Medico, se gli dasse una limonata, ubbidì, e si pose nel suo raccoglimento.


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Dopo tavola furono i nostri a ritrovarlo. Si vide sollevato, e gioviale. Essendosegli mandata dal P. Villani, che stava incomodato in camera, una bellissima Madonnina, che fu di Monsignor Falcoja, Alfonso la ricevette con gradimento, la baciò con tenerezza, ed avendola tra le mani la contemplò per un pezzo. Licenziandosi taluni de' Padri, che dovevano uscire per una Novena, se gli suggerì, che quelli, e tutti desideravano la sua benedizione. Ne dimostrò piacere; ed alzando un tantino la mano, segno di benedirli.

 

Circa le ventidue essendosegli dimandato come sentivasi, disse: Ringraziamone Iddio; e suggerendogli il Fratello Francescantonio, che, essendo Superiore della Congregazione, avesse benedetto i Padri, e Fratelli di tutte le Case, rispose: anche voi, e replicollo più volte, pregate Dio, e la Madonna per me. Così dicendo, fe' segno di benedirli. Godeva Monsignore vedersi, qual'altro Giacobbe, circondato da' suoi figli, guardavali con piacere, e non finiva augurarli tutte le benedizioni.

Sino alla sera Monsignore stiede sempre in perfetta quiete, placido, e sereno; ma travagliato dalle febbre diede in vaniloquj. Il suo vaneggiamento in questi alti bassi faceva tenerezza ad ognuno. Datemi Gesù Cristo, diceva, e vedevasi colle braccia, come per incontrarlo. Similmente: quale Madonna è questa... Presto diciamo Messa, che voglio comunicarmi.

 

La notte de' ventitré di nuovo si vide aggravato. Avendogli detto verso giorno il Fratello Francescantonio, essere ora di sentir la Messa, e farsi la Comunione, sollecitatevi, rispose Monsignore, ma troppo abbattuto. Non vedendo cominciata la Messa, impaziente replicò più volte: Non volete darmi la Comunione; ma in faccia alla funzione non fu più in retto senso.

Venuto il Medico, lo diede per disperato. Dicendosegli, che si disponesse per l'Estrema Unzione, e replicandosegli più volte, non capisco, rispose. Avendolo in qualche maniera capito, perché vedevasi privo della Comunione, disse: Voglio il Corpo suo. Replicandosegli di disporsi per l'Estrema Unzione, egli ripetette: Datemi il Corpo suo. Non si compiacque, dubitandosi se fosse o no in retto senso.

Estremato che fu, essendosegli detto dal P. Villani, che benedetto avesse la Congregazione, e li Soggetti presenti, e lontani, per quanto sel replicasse, nol capì. Anzioso il P. Villani di esser compiaciuto, non mancò suggerirgli, che per ubbidienza in nome di Gesù Cristo, e di Maria Santissima benedetto avesse la Congregazione e come Vescovo, e come Superiore. Alfonso in sentir ubbidienza, richiama i sensi, alza la mano, e compiace tutti della sua benedizione.

 

Disperata la vita di Monsignore, non mancò il P. Villani cerziorarne le Case. Lutto vi fu da per tutto. Ancorché cadavere ei fosse, la sola idea, che avevasi tra i viventi, rincorava, ed era di consolazione.


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Pervenuta l'infausta notizia, Soggetto non vi fu, che volare non volesse per assistere in Nocera al di lui transito, e riceverne l'ultima benedizione. Tutti i Rettori partirono, e con essi quei Soggetti, che dispensar non si potevano dall'assistere in Casa. Tra tre giorni vi pervennero tutti anco da Benevento, e da S. Angiolo. In vederli, compiacimento ne dimostrò l'agonizzante vecchio; né mancò benedirli, facendo segno colla mano.

 

Verso le ore tredici la stessa mattina del ventitré, essendosegli applicati i vescicanti, si vide un punto sollevato. Volendosi andare incontro al desiderio, che aveva di comunicarsi, si celebrò un altra Messa. Avvisato che dicevasi Messa, e preparato si fosse a ricevere Gesù Cristo, dimostrò esultarne. Dubitandosi se fosse in istato di comunicarsi, dandosegli una particola non consagrata, si vide, che erano moti dell'Anima abbandonata dal corpo. Elasso qualche tempo, chiese da se Monsignore la corona, e colla mano andava in cerca, come per ritrovarla. Essendosegli data, benché non fosse in retto senso, la menava, balbettava, ma non si capì cosa dicesse.

 

Persistendo nello stesso stato, vollero i Medici, che colla limonata se gl'intromettesse il sale di china. Avendone preso tre in quattro cucchiaj, la rifiutò; ma dicendosegli voler il Medico, e l'ubbidienza di prenderne di vantaggio; come sentiva Medico, ed ubbidienza, così apriva la bocca. Esibendo il polso al Medico, che ce lo richiese, disse: Eccomi qua, mio Dio.

Volendogli io osservare le piante, se erano in calore o no, sentendosi tocco, non mi toccate, disse, e spaventato, le rannicchia. Vedendosi travagliato da' vescicanti alle coscie, da' senapismi ai piedi, e da' bagnolini sulle viscere, con voce moribonda esclamò: mi sento tutto rotto dal petto a basso.

 

 Anche in questo stato si vide Monsignore troppo geloso della modestia cristiana. Ancorché tra i maggiori calori estivi, e tra gli ardori della febbre, non per questo si vide in lui atto meccanico, che cercasse ristoro, o che si discoprisse parte del corpo. Tutto era compostezza. Dovendosi pulire, sollecito coprivasi quelle parti, che la verecondia non soffre palesi. Essendo tocco in qualunque parte del corpo, ancorché abbattuto dalla febbre, ributtava chiunque, anche con risentimento. Vedendosi scoperto per pulirlo. Mi hanno spogliato, disse quasi piangendo al servitore Alessio: ho fatto peccato? E più volte replicò, né davasi pace, se ci era stato peccato o no.

 

Essendo somma la venerazione, che si aveva per Monsignore, sentendosi travagliato, e moribondo, sono incredibili le tante richieste che si avevano, anche da' Paesi  lontani per aversi delle sue reliquie. Le biancherie, che in quell'occasione si davano a lavare, non ritornavano in Casa, che o mancanti, o smuzzicate. Vedevansi di continuo capitar


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fazzoletti ripieni di corone, ed altre divote cose, anziosi tutti che toccato avessero il suo corpo. Quantità di Ecclesiastici, Regolari, e Secolari, erano a vicenda in Casa per ammirarne la virtù, ed averne delle reliquie. Monsignor Sanfelice specialmente non lasciavalo di veduta, avendolo per un santo.

 

Nel decorso della giornata de' ventitré, se non migliorò, non peggiorò Monsignore. La notte seguente, circa le due, essendosi veduto in miglior senno, se gli disse, se desiderava la Comunione. In sentirlo, brillò il santo vecchio; e dicendosegli che già veniva, tutto lieto esclamò: Vieni Gesù Cristo mio, e ripetettelo più volte. Altri atti d'invito fece al Sagramento e colla voce, e co' moti delle braccia. Comunicato che fu, disse rivolto al P. Magaldi: Ora che ho da fare?
In buon senso voleva suggerito gli atti di ringraziamento, e suggerendosegli, Monsignore senza proferir parola, ascoltava, e brontolava. Dicendosegli, ringraziate Gesù Cristo, che avete nell'Anima, e pregate la Madonna, che lo ringrazj per voi; ed egli: Ma voi pregate la Madonna anche per me. Soggiungendo il Padre, che in nome di Gesù Cristo benedetto avesse tutti gli astanti, Monsignore alzando in alto la mano, benedisse tutti da sano. In sentir Monsignore in retto senso, accorsimo io, ed altri per esser benedetti, e Monsignore anche ci consolò.

 

Erasi portato da Napoli  per assistere al suo transito il suo penitente D. Salvatore Tramontana. Non contento questi di esser stato benedetto unito cogli altri, se gli presentò solo avanti il letto. Monsignore avendolo conosciuto, ne dimostrò compiacimento, lo benedisse, e dissegli: Pregate la Madonna per me. Sì, rispose il P. Magaldi, pregherà per voi Gesù Cristo, e la Madonna; quella bella Madonna, che stà in S. Chiara: ve la ricordate?  Dove, dove, ripigliò sollecito Monsignore; e replicandosi in S. Chiara, e se ricordavasela, Sì,  rispose tutto giulivo.
Elasso qualche tempo, e sorpreso da nuovo insulto, disse: Fate dir la Messa, e dicendosegli, che era notte, e si dormiva, soggiunse: Non mi fate lasciare la Comunione.

 

Avanzata la notte, e suggerendogli il P. Neri di far atti di amore, e ricorrere a Gesù Crocifisso, comprendendolo, richiamò i sensi, e come se gli suggerirono, così brontolando gli ripeteva. tra l'altro con voce chiara s'intese dire: Gesù Cristo mio Crocifisso, io ti amo con tutto il cuore, tu sei morto per me.

 

La mattina de' ventiquattro, essendosi dette più Messe votive nella sua stanza, perché avevasi fatta la Comunione nell'ultima ora della sera, non si stimò ricordarcela. Erano le dieci, e Monsignore con somma istanza disse: datemi Gesù Cristo.  Gli atti di desiderio, che faceva, e l'impazienza di presto vedersi consolato, mossero tutti al pianto. Si compiacque; ed essendosi comunicato, restò facendo atti di amore, e di ringraziamento.


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Entrata la febbre, di nuovo Monsignore si vide abbattuto, e mancato ne' sensi. Suggerendogli il P. Magaldi di recitare l'Ave Maria, e ricorrere a Maria Santissima, Monsignore si vide far moti colle labbra, e recitarla. Vedendo così il Fratello Francescantonio, gli avvolse nel polso la lunga sua corona. Sentendosi intrigato, e non essendo in se, mi hanno ligato,  disse quasi piangendo. Se gli tolse dal polso, e se gli pose nelle mani; ed egli, ancorché abbandonato, recitò l'Ave Maria; e rivolgendosi al P. Magaldi chiese, se l'aveva detta bene, e seguitò a menar la corona, e balbettare.

 

Riscontrati in Napoli i Signori Nipoti dello stato del zio, verso sera fu a visitarlo il Signor D. Giuseppe con sua moglie, e l'altro zio il Principe di Polleca. Cercandogli questi la benedizione, ma si stentò per farglielo capire, modificando la mano, lo benedisse. Avendogli D. Giuseppe detto, che apposta erasi portato per visitarlo, Vi ringrazio, disse, siate benedetto. Avendogli cercato un suo ricordo, Monsignore richiamando gli spiriti, disse: Salvati l'Anima.

Entrata D. Gusmana col Principe, Monsignore avendolo a stento capito, benedisse anche questi. Avvicinandosegli il Signor D. Giuseppe, gli prese la mano, dicendo essere suo Nipote: Monsignore la strinse anch'esso: così la tenne per un pezzo, e lo benedisse di nuovo. Vedendo, che non partivano, State tutti contentilor disse, basta, mo ve ne potete andare.

Medicandosegli i vescicanti alle coscie, ancorché estremamente abbattuto, ricorse subito a coprirsi colle proprie mani le parti della modestia.

 

Non poteva  il demonio lasciarlo in pace. Credeva moribondo poter conseguire quello, che in vita non aveva ottenuto. La mattina de' venticinque, stando abbattuto, s'intese dire in atto, che il P. Neri celebrava: Chi fa peccato, è inimico di Dio. Vedendo il Padre essere tentato, interrompe la Messa, e lo anima a confidare ne' meriti di Gesù Cristo, e di ricorrere a Maria Santissima. Respirò Monsignore, e videsi serenato. Subentrata nel tempo istesso la febbre, perché perturbati i sensi, non si potette comunicare. Verso le dieci, tentato di nuovo, disse: E mi volete far disperare?

A tempo il medesimo Padre gli pose avanti la Passione di Gesù Cristo, e i meriti di Maria Santissima. Monsignore in sentirsi ricordare meriti di Gesù Cristo, e di Maria Santissima, spalanca gli occhi, sollecito presenta l'orecchio, ed attento si ferma ad ascoltarlo. Suggerendogli di offerire a Gesù Cristo i suoi patimenti, egli con voce chiara disse: Tutto offerisco alla Passione di Gesù Cristo mio. Dopo qualche minuto esclamò: Credo, e voglio credere quanto m'insegna la S. Chiesa.  Poco dopo soggiunse: Così spero.

Come il Padre seguitava a suggerirgli altri atti di Fede, e di Confidenza, così vedevasi Monsignore  articolar le labbra, e ripeterli tra di sé. A capo di tempo con voce interrotta chiese: Che ho da fare per guadagnare? Fate la


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volontà di Dio, se gli disse. Tacque; e di quando in quando vedevasi fissato gli occhi in faccia al quadro di Maria Addolorata; e frattanto non mancavasi celebrar delle Messe in vista del moribondo Prelato.

 

Sorpreso da tal deliquio, circa le tredici si stimò prossimo all'agonia. Si cominciarono le preci, e se gli diede l'assoluzione. In atto ricupera i sensi, ed essendosi dimandato dal Medico, che ginocchioni gli stava innanzi, come si sentisse: Sto all'ultimo, rispose; ed avendogli chiesta la benedizione, Monsignore con voce chiara, aprendo gli occhi, disse: Dominus noster Jesus Christus te benedicat.
Postosi a' suoi piedi il Fratello ed il servitore, anch'essi chiesero essere benedetti. Suggerendogli il Fratello Francescantonio di voler benedire le Case della Congregazione, e tutti i Soggetti, Sì,  rispose Monsignore, e fe segno colla mano di benedirli. Fu comune il pianto, e tutti portandosi a baciargli la mano, ancorché agonizzante, ne dimostrò compiacimento.

 

Non se gli erano in questi estremi ricordate a Monsignore le Case dello Stato. Avendogli detto il Fratello Francescantonio volerle benedire, e che anche quelle fatigavano per Gesù Cristo, e per il bene delle Anime, stentò a farglielo capire. Avendolo capito, alzò la mano non una, ma due volte in segno di benedirle.
Colta l'occasione, non poteva il demonio non fargli presente le passate angustie. A capo di mezz'ora, credo che volendo far petto alla tentazione, spalanca gli occhi, e con istupore di tutti, non come moribondo, ma come sano, alza la voce, e dice: Benedico le Case dello Stato; e talmente l'alzò, che l'intesi anch'io, che ritrovavami nella stanza d'appresso.

Essendo passato qualche intervallo, se gli ricordò voler benedire la propria Diocesi, e le Monache di S. Agata, e di Scala: Monsignore modificando la mano, anche fe segno benedirle; ma poi da se con voce alta, e chiara, benedico, disse,  il Re, tutti i Generali, Principi, e Ministri, e tutti i Giudici, che fanno giustizia. Questa spontanea benedizione per il Re, suoi Generali, Principi, Ministri, e Giudici sospettar ci ha fatto in seguito aver avuto relazione con quella prescienza di guai, che Napoli soffrir doveva, come disse, nel novantanove; e che benedisse il Re con tutti i ceti, per i varj rapporti, che poi fra questi vi furono, e potette aver presente.

 

Vedendosi in senso, accostandosi il Rettore di Casa, gli disse, se voleva ricevere Gesù Cristo. In che intese Gesù Cristo, quasi esultando ripigliò: datemi la Comunione, sì, datemi la Comunione. Lo disse con tal ardenza, che si corrette in Chiesa per presto soddisfarlo. I suoi deliquj anzi che effetti del male, erano deliquj di amore. Non vedendosi appagati, con maggior anzia replicò più volte: Viene la Comunione? Sentendo dire, che già veniva, apre gli occhi, e vedendo il Sacerdote colla Sagra Pisside, non fu più uomo, ma Angelo, e come se fosse


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in estasi, si diede a fare tai e tanti atti di amore, che fe tutti stupire. Nell'istante si vide trasformato, come di fuoco, tutto giulivo riceve il Divin Sagramento, e tra gli estri amorosi s'intese dire: Gesù mio, non mi lasciare.

Qualche tempo dopo, vi fu chi gli presentò, affinché si ci fosse raccomandato, un Immagine del nostro Fratello Gerardo, singolare in santità, e ne' portenti. Conservava Monsignore una special venerazione per questo benedetto Fratello. Avendola guardata per un pezzo, chiese chi fosse; ed essendosegli detto, essere del Fratello Gerardo, disse: Non ha modo da liberarmi.

 

Dimandato se desiderava sentir la Messa, colla testa fe segno di sì. Incominciandosi, tre volte si segnò al solito colla Croce, e la terza volta ne proferì con voce chiara le formali parole. Richiesto dal Medico come si sentisse, rispose: Sto male. Avendogli di nuovo cercata la benedizione, lo ribenedisse. Più tardi il P. Neri, senza dir cosa, gli fe presente un Immagine del Crocifisso. Monsignore, che stava in senso, con mano tremante fe segno di volerlo. Avendolo avuto, se l'accosta alle labbra, lo bacia; e sel tenne per un pezzo; ma in seguito fu sorpreso dai soliti vaneggiamenti.

 

Saputosi per ogni dove lo stato, in cui trovavasi Monsignore, preghiere s'intesero, e voti al Cielo per il suo felice passaggio. Napoli, tra tutti, si vide oltremodo afflitta. pochi furono i Monasteri delle Sacre Vergini, che per esso non s'interessassero. Così impegnati si videro presso Dio tante Comunità di Religiosi, come i Padri Gerolimini, i Pii Operarj, e quei della Sacra Famiglia, detti i Cinesi.

Il Canonico D. Gabriele Genga, Superiore in quel tempo della Congregazione delle Apostoliche Missioni, e l'altro detto della Conferenza, solleciti ne passarono la notizia ai comuni Confratelli.

Singolare anche si rese la Città, e Diocesi di S. Agata. "Immediatamente, che mi è pervenuta la notizia, così l'Arcidiacono, e Vicario Capitolare D. Niccolò Roberti, ne ho passato l'avviso a queste sante Religiose, ed a tutto il Clero, e Capitolo per disporsene le preghiere all'Altissimo. E perché, in punto di terminarsi in questa Cattedrale le funzioni corali, è pervenuto l'avviso, sul medesimo punto si sono fatte delle preghiere a Maria SS. col canto delle Litanie, e disposta per domattina l'esposizione del Venerabile, ed ordinata in tutta la Diocesi la Colletta pro infirmo".

Anche tanti Parrochi, e Vescovi suoi divoti si segnalarono in questo. Commossi lo furono in ispezialità Monsignor Puoti, Arcivescovo di Amalfi, ed i Vescovi della Cava, e di Lettere, che riscontrati, Sacrificj offersero a Dio, ed animarono i popoli a pregare per esso.

 

Ritrovandosi in Napoli, tra questo tempo, D. Donato Cafullo, gentiluomo di Caposele, e discorrendosi nella stanza del P. Maestro Carotenuto nel Convento di S. Lorenzo, dello stato in cui vedevasi Alfonso,


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due gentiluomini di S. Agata, che n'erano digiuni, restarono così sorpresi, sentendolo estremato, che ad uno comparvero anche le lagrime. "Voi non sapete, dissero questi, il gran bene che ha fatto in S. Agata, e che tuttavia sta facendo con quello che ha fatto. La notizia della morte di Monsignor Liguori, essi dissero, sarà per apportare in S. Agata, ed in tutta la Diocesi una tristezza universale".




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