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cap.37
Continuazione de' sintomi mortali in Alfonso; altra
seguela de' suoi atti virtuosi; e preziosa sua morte.
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Anche tra questi
estremi, non contenta la morte de' suoi affanni, altri patimenti ella unì, e
volle in Alfonso. Se in Arienzo collo star curvo colla testa, urtando i peli
della barba, se gli fece piaga mortale nella fontanella della gola, e non si
diede per inteso; piaga mortale in questo stato se gli aprì nel medesimo luogo;
nè Monsignore diede mai in verun lamento. Si venne in cognizione per lo scolo
marcioso; e non era meno la piaga di un sei carlini, e tale, che medicar si
dovette colle legaccie. Pativa, ma non sembrava esso che patisse.
In queste agonie
abbiamo cosa, che consola. Verso sera venne a visitarlo, ma con fiducia di
ritornarsene sano, il Canonico D. Domenico Villani. Erano tre anni, che il
Canonico veniva talmente travagliato in un ginocchio, che camminava colle
gruccie. Calandosene se ne ritornava tutto giulivo; ed incontrando in porteria
i Sacerdoti, D. Gaetano Fusco, e D. Andrea Calabrese, lieto lor disse:
"Sono venuto zoppo, e me ne vado dritto. Avendomi applicato di soppiatto
l'Abitino di Monsignore, che aveva a capo del letto, mi sono inteso sano".
Varie cure se gli erano fatte, ma in vano, come bagni d'Isca, ed unzioni
mercuriali. A capo di cinque giorni dimandato dal Principe di Polleca, come ne
stasse. Bello e sano, disse il Canonico, ed esser pronto in Curia per qualunque
attestato.
La speranza, che anche
non ferma, ci lusinga, fe che si chiamassero due Professori da Napoli.
Ritrovarono questi l'infermo verso le quattro della sera assai migliorato, e
seguitò a migliorare con comune allegrezza sino alla mattina. A punta di giorno
intese Messa, e si comunicò. In seguito s'intese altre due Messe; ma nel mezzo
della seconda, vedendosi perturbato, disse: Che
fate mo? mo mi mettete in pericolo di fare un peccato mortale. Essendosegli
suggeriti atti di amore, e confdenza in Gesù Cristo, Monsignore si vide
serenato.
Tra questo tempo
pervennero sei nostri Chierici della Casa de' Ciorani. Monsignore, benché
agonizzante, li conobbe; se ne compiacque, e
ben due volte li benedisse.
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Tra le quattro in
cinque della notte seguente si vide talmente mancato, che davasi per morto.
Solleciti i nostri di ajutarlo in quel passaggio colle preghiere, e coi
Sagrificj, circa le otto si uscì colla
Messa. Suggerendosegli la Comunione, non diede parola. Uscendo la
seconda Messa, e toccandosi il campanello a Sanctus,
Monsignore apre gli occhi, e guarda il celebrante. Non vedendo l'elevazione
dell'Ostia, li socchiuse; ed elevandosi, si scosse di nuovo: guarda verso
l'altare, e videsi tutto sollecito articolar le labbra, ma non si capì cosa
dicesse. Passate le nove, fu sorpreso da forte insulto, se gli diede
l'assoluzione, e si cominciarono le preci della Chiesa; ma in fine delle
Litanie, Monsignore si ripigliò ne' sensi.
Più tardi, essendo
uscita un altra Messa, se gli suggerì, se desiderava la Comunione, e ne
dimostrò anzia. Si comunicò, ed uscita un altra Messa, seguitò, ma troppo
abbattuto, il rendimento di grazie. Brontolava, ma non si capiva: solo s'intese
dire: Così spero. Poco dopo, con voce
chiara, chiese la corona. Avendola, si vide far moto colle labbra, e passarla.
Continuava tradittando
un concorso di gentiluomini, ed Ecclesiastici. Non fu lento a visitarlo il P.
Samuele da Napoli, Ex-Provinciale Cappuccino, e suo amicissimo in Arienzo. Per
quanto questi si spiegasse di voler la sua benedizione, non fu capito: lo tenne
bensì un pezzo per la mano. Non potendo ottener altro l'Ex-Provinciale, prese
egli la mano di Monsignore, si segnò sul capo, e toccandosi specialmente un
orecchio offeso, sel vide guarito.
Erano due giorni, che
sentivasi incomodato con ulceri nella gola, e temevasi di peggio, il nostro P.
Buonopane. Avendosi applicato di sera un pezzolino, che servito era per la
piaga di Monsignore, la mattina seguente si ritrovò sano.
Doloroso fu per Alfonso
il ventesimosettimo. Verso le tredici, inaspettatamente sorpreso si vide sopra
del pettignone da tai dolori, e così acerbi, che, non trovando sito, esclamava, ajutatemi... scioglietemi... calatemi a
terra. Tra questi spasimi, fissando più volte lo sguardo verso Maria
Santissima, quasi agonizzando disse: mio
Gesù... Essendosegli data dentro un sorso di acqua una cartellina di Maria
Immacolata, non potette inghiottirla.
Mitigato il dolore, ma
fu cancrena, che si spiegò nella vescica, chiese da se la cartellina, recita un
Ave a Maria Santissima, e se
l'inghiotte. Vedendosi, che il patimento non cessava, se gli tolse il
bicchiere, e se gli applicò un cataplasma. In sentirsi toccato, rivolgendosi al
P. Criscuoli, afflitto, e quasi piangendo interrottamente, gli disse: Mi hanno posto le mani alle parti... Mi
hanno posto le mani a basso. Essendosegli detto, esser stato il Fratello
Leonardo (era questi un Fratello antico, e confidente) si quietò.
Alle sette della notte
seguente, richiesto come si sentisse, rispose: - 196 -
Son morto.
Vedendo la sollecitudine de' nostri, e de' Medici, disse: Tutto è perduto. Dimandato, se voleva sentir la Messa, e
comunicarsi, con volto giulivo fe segno di sì. Comunicandosi, si segnò prima
colla Croce, fece i suoi atti, e facendo il rendimento di grazie, assecondarono
due altre Messe.
Volendosi fare un
unzione sul pettignone, risentito disse: Non
toccate; ma poi cedette in sentire ubbidienza. Dimandato dal Medico come si
sentisse: Son morto, rispose; ed
avendolo pregato benedirgli un Immagine di Maria Santissima, articolando la
mano, la benedisse.
Debilitata la mente, e
spossato il corpo in questi estremi, voleva Monsignore delle spinte per
ricorrere a Dio, e confortarsi. Sentendosi ripetere dei santi sentimenti, che
passo passo se gli suggerivano, ne godeva, e brontolar si vedeva le medesime
aspirazioni.
Tante volte, vedendolo
io di soperchio affollato, credeva si tediasse, ma non era così. Avanzandosi la
cancrena, si vide di nuovo non trovar sito, e con maggior dolore travagliato da
spasmi. Vedendolo noi patire, e non potendo sollevarlo, ammutimmo tutti. Egli
non vedendosi al solito confortato, ancorché moribondo, quasi risentito disse: Pensieri divoti non ve ne sono?
Fu tale lo spasimo, e
tale l'abbattimento, che, credendosi agonizzante, si accese la candela
benedetta, e si diede principio alla raccomandazione dell'Anima. Ripigliato ne'
sensi, se gli presentò un Immagine di Maria Santissima. Apre gli occhi
Monsignore, barbotta colle labbra, ed unisce le palme in atto di chi prega;
indi bacia l'Immagine, e con chiarezza recitar s'intese l'Ave Maria. In seguito si vide agitato, e mettendosi la mano alla
fronte, disse: Pensieri... non mi
lasciate in riposo. Sopraggiungendo due de' nostri da Castellammare, e cercandogli la benedizione, articolò la mano
in segno di benedirli.
Erano le tredici, e
Monsignore si vide di nuovo abbattuto. Presentandosegli il Crocifisso, lo
prende, e l'accosta alle labbra; ed avendolo tra le mani, spesso spesso,
aprendo gli occhi, lo guardava. Similmente presentandosegli un Immagine di
Maria Santissima, se gli disse, che posto avesse Anima e vita in mano della
Madonna. Monsignore lo capisce, apre tutte e due le braccia in segno di
offerta, e volgendo gli occhi all'Immagine, sollecito si vide articolare molte
cose. La notte vi fu miglioria, e riposò placidamente.
Non fu in istato la
mattina de' ventinove, benché migliorato, di comunicarsi. Dicendosi la Messa,
s'intese dire: Quanti nemici esterni.
Più Messe si dissero a vista dell'infermo. Ricordandosegli la morte di Gesù
Cristo, se gli suggerì volergli anch'esso offerir la sua. Monsignore
richiamando i sensi, alza le mani, ed unendo palma a palma, per un pezzo se gli
videro articolar le labbra: indi rivolgere gli occhi verso l'Immagine di Maria
Santissima. Vedendosi questo, si animò - 197 -
a ricorrere alla Vergine, e con voce chiara recitò l'Ave Maria. Essendosegli dato a baciare un Immagine di S.
Giuseppe, la prese tra le mani, e consideratala un pezzo, rivolgendosi al
Fratello, è S. Giuseppe, disse, e
dettosegli di sì, e che si ci fosse raccomandato, subito si vide brontolar
cose, né finiva di guardarla, e contemplarla.
Richiesto dal servitore
Alessio, se bisognavagli qualche cosa, "è finito", rispose con voce moribonda. Suggerendogli il P.
Magaldi pensieri divoti, Monsignore disse da se, datemi la Madonna: avendola tra le mani: si raccomandava, ma non si
capiva. Verso tardi lo sorprese il singulto, che travagliollo sino all'ultimo.
Non mancandosi da' nostri animarlo alla confidenza verso Maria Santissima, se
gli pose tra le mani una sua Immagine. Avendola baciata; recitò interrottamente I'Ave Maria.
Essendosegli avanzata
troppo la barba, se affliggeva noi, di maggior pena, tra quei calori, esser
doveva per un moribondo. Facendoci compassione, il Fratello Raffaele glie
l'accortò il meglio che potette. Non ne dimostrò dispiacere Monsignore, che anzi
se ne compiacque. Tagliandosegli i peli delle labbra superiori, ancorché
cadavere, se gli videro appuntare. Gran gara vi fu per quei pochi peli,
specialmente tra i Chierici; e con istanza furono poi richiesti per reliquie da
persone di riguardo.
Aggravato, e quasi
fuori di se stiede tutta la giornata de' ventinove; ed alle tre della sera, in
tale estremità, che già credevasi agonizzante. Radunata la Comunità d'intorno
al letto, si cominciarono le preci della Chiesa. Anche questa volta si
ripigliò. Ricordato di voler ribenedire la Congregazione, non potendo alzar la
mano, fe segno colla testa.
La mattina de' trenta,
celebrandosi più Messe, ci avvidimo, che desiderava la Comunione. Nol permise
il P. Villani, sul dubbio di non poter inghiottire la particola. Ubbidiente
alla voce del Medico, essendosegli posto un poco di neve alla bocca, disse, ma
appena l'intese, che ho da pigliare.
Giunto il P. Grossi da
S. Angelo, desiderò di esser benedetto. Monsignore, avendolo capito, ne
dimostrò piacere, alza la mano, e lo benedisse con consolazione comune.
In questo giorno, oltre
il concorso di tanti, fu a visitarlo per ricevere la sua benedizione Monsignor
Tafuri, Vescovo della Cava, ma non fu conosciuto. Vedendolo in quello stato,
piangendo gli baciò la mano, e se la pose sul capo. Un P. Carmelitano essendosi
portato a dargli l'assoluzione dell'Abitino, ne godette. Bastava ricordarsegli
i Sacratissimi Nomi di Gesù, e Maria, o presentargli una qualche Immagine de'
Santi suoi Avvocati, per richiamarlo ne' sensi.
Suggerendogli il P. Criscuoli de' divoti affetti, e presentandogli un Immagine
dell'Arcangelo S. Michele, che tener soleva a capo del letto, si vide prenderla
tra le mani, baciarla, aprir gli occhi, contemplarla; e movendo le labbra,
raccomandarsi all'Arcangelo.
Similmente vedevasi
aprire gli occhi, e brontolar tra se, - 198 -
suggerendosegli gli atti di Fede, Speranza, e Carità. Essendosegli
presentato un Crocifisso di ottone, dimostrò volerlo tra le mani. Anzioso lo
stringe, tenta da tre volte accostarselo alle labbra, ma non essendo in forza,
guidandogli la mano il P. Capriola, lo bacia, brontolando colle labbra.
Soffrendo nel tempo
medesimo de' spasmi nel basso ventre, accorse colle proprie mani, come per
ajutarsi, ma avendole a stento alzate, le unisce, e le incrocicchia in segno di
uniformità.
Circa le diciessette,
volentieri gustò poche cucchiaja di latte, ma in decorso qualunque cosa venne
ributtata. Tutto il giorno, e la notte seguente, benché cadavere, conservava i
sensi interni, e vedevasi corrispondere co' segni esterni ai divoti affetti,
che se gli suggerivano, aprendo gli occhi, o facendo movimento colle labbra.
La mattina de'
trentuno, alle otto si cominciarono le Messe, come prossimo all'agonia, così a
vista sua, che in Chiesa, e nel suo Oratorio. Essendoglisi presentato il
Crocifisso, apre gli occhi, lo guarda, e 'l prende tra le mani.
Presentandosegli l'Immagine di Maria Santissima, anche la guarda, e contempla.
Circa le tredici, presentandosegli di nuovo il Crocifisso, ed animandosi alla
confidenza, si vide baciarlo coi segni i più affettuosi. Verso le diciotto,
avendo sul petto un Immagine di Maria Santissima, la prende tra le mani, la
bacia, e se la stringe sul petto: così se la prese, e tennela per un quarto
d'ora verso le ventore; alle ventuna sopraggiungendo nuovo insulto, si credette
entrato nell'agonia, ma di nuovo si ripigliò.
Non mancò Maria
Santissima assisterlo, e consolarlo in quei estremi. Questa è quella grazia,
che egli in vita ardentemente sospirava, e tenevala pregata. Parlando di questo
estremo in una sua Opera, a
così scrive: "O consolatrice degli afflitti, non mi abbandonate....
Impetratemi voi d'invocarvi allora più spesso, acciocché io spiri col vostro
dolcissimo Nome in bocca, e del vostro SS. Figlio. Anzi Signora, perdonate il mio
ardire, prima che io spiri, venite voi stessa a consolarmi colla vostra
presenza. Questa grazia l'avete fatta a tanti vostri divoti, la voglio, e la
spero ancor io. Son peccatore, è vero, non la merito; ma son vostro divoto, che
v'amo, ed ho una gran confidenza in voi. O Maria, vi aspetto, non mi fate
restare sconsolato".
Così in altro luogo: b Quando poi mi
troverò nelle ultime angustie della mia morte, o Maria, Speranza mia, non mi abbandonate.
Allora più che mai assistetemi, e confortatemi a non disperarmi alla vista
delle mie colpe, che mi opporrà il demonio. Signore, perdonate il mio ardire, - 199 -
venite voi stessa allora
a consolarmi colla vostra presenza. Questa grazia l'avete fatta a tanti, la
voglio ancor io. Se il mio ardire è grande, maggiore è la vostra bontà, che va
cercando i più miserabili per consolarli.
Quanto chiese, tanto
ottenne. Troppo patenti furono i segni. Benché agonizzante, placido, e sereno
vedevasi Monsignore. Avendo tra le mani, circa le ventiquattro, l'Immagine di
Maria Santissima, ed assistendolo due
Preti, nell'istante lo videro giulivo, e tutto acceso nel volto,
parlare, e ridere, come sano, in faccia all'Immagine.
Non era un ora di
notte, e si osservò di nuovo un tale spettacolo. Assistendolo il Rettore da un
lato, il P. Buonopane dall'altro, con a piede il P. Fiore, se gli presenta dal
P. Buonopane un Immagine di Maria Santissima, animandolo a volersi raccomandare
in quei estremi. In sentir Monsignore il dolce Nome di Maria, spalanca gli
occhi, e li fissa nell'Immagine; sul punto si accende nel volto, borbotta colla
lingua, e divenuto giulivo, e quasi sano, rise per un pezzo guardando, e
contemplando la Sagra Immagine.
Sapremo nell'eternità cosa
in quell'estremo passò tra lui, e la Vergine.
Tutta la notte fu per
esso una continuata agonia, ma placida, e serena. Concentrato in se medesimo,
ascoltava con piacere de' divoti sentimenti: dandosegli a baciare il
Crocifisso, corrispondeva aguzzando le labbra. Anche la mattina, facendosi i
bagnolini sul basso ventre, vedendosi scoprire, con istupore comune si vide al
solito rannicchiarsi nelle gambe, e colle mani tremanti prendere il lenzuolo,
ed accostarselo alle parti.
Sin dalle sette, per
tutta la mattina, non mancarono delle Messe a vista, e così in Chiesa, e
nell'Oratorio di casa. Troppo premeva ai nostri in quei estremi l'assistenza di
Dio per il Padre comune. Alle quindeci e mezza se gli aggravò l'affanno. Tutta
la notte, e la mattina non lasciò Monsignore tener stretto nelle mani il suo
Crocifisso; volendosi la consolazione dai nostri, e da altri ancora, di avere
un Crocifisso venerato da Monsignore ne' suoi estremi, con destrezza se gli
cambiava in un altro.
Vivendo Alfonso, aveva sempre desiderato, e si
consolava vedersi la morte assistito dai cari suoi figli. "Oh Dio, così
esclama in una sua Operac,
da ora io vi ringrazio, che in morte mi farete assistere da' miei cari Fratelli
della mia Congregazione, che altro interesse non avranno allora, che della mia
eterna salute, e tutti mi ajuteranno a ben morire".
Anche di questa
consolazione non privollo Iddio. - 200 -
A momento altri Soggetti vedevansi capitare dalle Case; ed egli qual altro
Giacobbe, vedendosi il letto circondato da tanti Figli, entrò nella stretta
agonia.
Non sembrava lottare
colla morte, ma godersela con Dio in un estasi amorosa. Non vi furono moti
nella machina del corpo, non stringimenti di petto; non sospiri dolorosi.
Essendosegli posta, e tenendo tra le mani un Immagine di Maria Santissima, tra
le preghiere, e le lagrime di tutti noi, placidamente posando, e come sorpreso
da un dolce sonno, suonandosi l'Angelo del Signore, spirò Alfonso, come si spera,
la sua bell'Anima in seno a Dio, e fra le mani di Maria Santissima.
Tal fu la sua preziosa
morte, e 'l glorioso fine della carriera di Monsignor Liguori. Se corse il
pallio della virtù, sperar dobbiamo averne conseguito il premio. Tutta la sua
penosissima infermità, che non fu meno di giorni quattordici, non fu, che un
estasi continuata. Paziente, e rassegnato nelle mani de' Medici, e di chi
l'assisteva; né chiese, né rifiutò cosa alcuna. Uniformato al Divino volere,
non proruppe mai in un dolce oimè. Tutte le parole, che disse, furono le
indicate, e non altre.
Crocifisso sul letto
del dolore persistette sempre, giorno, e notte, con istupore comune, nel
medesimo sito. Ancorché cancrenato ei fosse nelle parti posteriori, come poi fu
osservato, né si smosse, né diede in lamento. Geloso della santa purità in
vita, lo fu costante anche dando l'ultimo respiro.
Affettuosi, ma
continuati furono gli atti di Fede, Speranza, e Carità; innamorato in vita di
Gesù Sagramentato, tale lo fu moribondo, appassionato del Crocifisso, essendo
vivente, appassionato anche si vide negli ultimi estremi; e se sano fu divoto
di Maria, divotissimo lo fu agonizzante, e tra le braccia della morte.
Morì Alfonso Maria
Liguori carico di anni, e più di meriti nel dì primo di Agosto 1787 toccandosi
le ore diciassette, avendo di età anni novanta, mesi dieci, e giorni cinque.
Sedeva sul Soglio Pontificio Papa Pio VI, reggeva l'Impero Giuseppe II di
questo nome: felicitava questo Regno di Napoli Ferdinando IV, Augusto Figlio di
Carlo III, Monarca delle Spagne: correva della Congregazione l'anno
cinquantesimo quinto: dell'elezione in Vescovo di S. Agata, il vigesimo quinto:
e della rinuncia già fatta, e sua ritirata in Congregazione, l'anno dodicesimo.
Era Alfonso di statura
mediocre, ma grandetto di testa, e vermiglia la carnagione. Fronte spaziosa
egli aveva, occhio attraente, e quasi ceruleo; naso aquilino, bocca ristretta,
e graziosa, e quasi sorridente. Neri i capelli, e folta aveva la barba, e da se
stesso, senza soggettarsi al rasojo, colle forbici smozzicavesela. Nemico di
capellatura, anche da se solevasela accortare.
Perché miope, faceva
uso degli occhiali, ma toglievaseli, o predicando, o trattando con donne.
Sonora e chiara aveva la - 201 -
voce.
Spaziosa che fosse la Chiesa, e lungo il corso delle Missioni, giammai gli
mancò, e tale conservolla anche decrepito.
Aveva un aria che
imponeva, un fare serio, ma misto di giovialità. Se giovanetto tutto concorreva
a renderlo amabile, anche vecchio, e decrepito grazioso egli era, e di comune
compiacimento.
Le facoltà primarie
erano in esso ammirabili. Intelletto acuto, e penetrante; memoria tenace, e
pronta; mente chiara, e metodica. Queste tre doti il sostegno formavano delle
sue letterarie applicazioni.
Una continuata occupazione
fu tutta la sua vita. O trattava con Dio, o applicavasi per Dio, né occupato
mai si vide in cose indifferenti, nè in materie che, benché scientifiche,
curiose fossero, e disutili. Tutto era profitto per Alfonso. Il zelo di Dio lo
divorava; e non altro che Dio, e le Anime erano il suo scopo.
Intraprendente egli
era, ma non temerario. Ogni suo pensiere era contrappesato: la contrarietà non
l'abbatteva, e tutto conseguiva, diffidando di se, e confidando in Dio. Uomo sempre
uguale a se: né la traversia l'abbatteva, né l'auge lo gonfiava.
Aria di comando ebbela
sempre in orrore. Pregava, e non imponeva, così conseguiva quanto voleva. Se
ostentava il comando, voleva essere ubbidito; né lasciava impunita qualunque
resistenza. Forte nel riprendere, ma non trasportato; e con un misto di
mansuetudine raddolciva qualunque amarezza.
Era grande, e facevasi
picciolo; era picciolo, e facevasi grande. Le varie circostanze regolavano il
suo fare. Tutto in esso era giustizia. Chiunque non defraudava di quel merito,
che l'assisteva: puniva, e compassionava: e punito, restavasegli obbligato.
Il temperamento anzi
che flemmatico portavalo alla bile; ma per impero di virtù ammiravasi in esso
piacevolezza, e somma mansuetudine. Presente a se stesso, aveva sempre tra le
mani la propria Anima.
Sorpresa di passione
in esso non si osservò. La porta del cuore a suo talento aprivala, e serravala.
Tutto dalla ragione veniva in esso regolato. Inimico di se stesso, non lusingò
mai il senso. Ma se austero con se, con tutti pietoso egli era, e
compassionevole. Tale in succinto fu Alfonso Liguori.
Posizione Originale Nota -
Libro IV, Cap. XXXVII, pag. 198 - 199
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