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Cap.38
Concorso di popolo ne' funerali di Alfonso, e varj
segni succeduti in Chiesa.
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Troppo solenni furono i
funerali per Monsignor Liguori, non già di macchine, di apparati, ma di lagrime,
e di ossequio. Prevedendosi da' nostri, subito spirata la benedetta Anima,
l'estro del popolo, trattenuto il segno della campana, si fe capo nel Quartiere
Reale dal Brigadiere Gualenga, per avere avanti la porta di Casa, e raffrenarne
l'impeto, una banda di soldati.
Composto il sagro
cadavere, e situato essendosi sopra decente feretro con quantità di cerei nella
Congregazione, che abbiamo de' gentiluomini, al darsi il segno della sua morte
colla nostra picciola campana, i bronzi di tutte le Chiese, così volendo
Monsignor Vescovo, anch'essi fecero noto al Pubblico il passaggio all'eternità
di Monsignor Liguori. Più di questo non vi volle per vedersi in rivolta tutta
Nocera, e torme di popolo concorrere alla nostra Casa, chi da un Casale, e chi
da un altro.
Aperta la porteria, ma
non dandosi l'ingresso, restava ognuno appagato, facendo toccare il sagro
cadavere chi colla corona, e Rosario, e chi coll'Abitino della Vergine, o con
altro. Tanti portavano canestrini di fiori, che buttati volevansi sopra il
cadavere, ripigliati se li riportavano a casa, e come reliquie di un Santo
dispensavanli agli altri.
Soddisfatti da' nostri
i proprj doveri al comun Padre, recitandosi per intiero l'Ufficio de' morti,
subentrarono uniti a cantar la Libera i PP. Paolotti, e Carmelitani. Ossequiosi
per Alfonso i Preti Missionarj della medesima Città, radunati cantarono
anch'essi l'intero Ufficio, e Libera. Tra questo tempo quantità di gentiluomini
venne da Nocera di sopra, e con questi il Brigadiere Gualenga con tutta l'Ufficialità.
Era un ora di notte, ed a stento si potette serrare la porteria.
Giorni prima
determinato aveva Monsignor Sanfelice, che la pompa funebre fatta si fosse nel
modo il più solenne. Considerato il merito dell'uomo, e la venerazione del
popolo, stabilito aveva, che col Capitolo della Cattedrale, invitato il
Seminario, col Clero de' Pagani, Regolari tutti, e tutte le Confraternite,
piazza piazza portato si fosse processionalmente il sagro cadavere
coll'assistenza de' militari sino al Monistero delle Chiarisse, che quasi
attacca con Nocera di sopra. Che soddisfatte le Monache, ed anche quelle dette
della Purità, col cantarsi la Libera nelle rispettive Chiese, per la medesima
strada, e colla stessa pompa ritorno si fosse fatto nella nostra Casa.
Questo sarebbe stato un
trionfo per Alfonso, non mai veduto in simili casi. Saputosi ne' Pagani la
determinazione del Vescovo, - 203 -
entrati in dubbio i gentiluomini che stratagemma ci fosse, e che con questo
Monsignore trasferir volesse nella Cattedrale il sagro cadavere, uniti col
popolo si posero tutti in tumulto, risoluti d'impedire ad ogni costo, anche
colla spada alla mano, un tal passo.
Ritornandosene di sera Monsignore a
casa, in piazza, se gli ferma la carrozza, protestandosi tutti, che non erasi
per permettere cotale traslazione. Giura il Vescovo, e non essendosi il popolo
disingannato, che non era per farsi quanto si pensava, erano le due della
notte, ed anche tumultuavasi in piazza. Quietossi il tumulto, assicurati da
noi, che tal cosa non vi era. Fu tale la mossa, che Monsignore, prevedendo
tumulto, e forse strapazzo del sagro cadavere, volle non si fosse fatto
l'invito, e che fatti si fossero i funerali nella maniera la più semplice.
La mattina de' due non
si potette aprir la porteria, se giunto non fosse un distaccamento di venti
militari. Un numero immenso di popolo, e di ogni ceto, concorso la notte da'
Casali di Nocera, di Sanseverino, della Cava, e da altri luoghi, si trovò
avanti la nostra Casa. Tutti protestandosi di voler ossequiare per l'ultima
volta, e di avere qualche reliquia del Vescovo santo, come ognuno l'acclamava.
Ben per tempo fu anche
in Casa Monsignor Vescovo. Non invitati, anche spontaneamente volendosi onorare
la memoria di Alfonso, si vide il Capitolo della Cattedrale, i Seminaristi, il
Clero de' Pagani, i Parrochi, e tra i Regolari, i Padri Paolotti, e i
Carmelitani. Sulle prime essendosi cantata la Libera dal Clero de' Pagani,
subentrarono i Canonici della Cattedrale, indi i Regolari. Tra questo tempo,
essendosi la notte moltiplicati gli altari, quantità di Sacerdoti, Regolari, e
Secolari celebravano per la sant'Anima.
Monsignore, essendo il
tutto pronto, ordinò la processione, si stabilì che non si entrasse in Città.
Che uscendosi di porteria, e fattosi un semicerchio avanti la Casa, si entrasse
nella nostra Chiesa. Precedevano i PP. Paolotti, indi i Carmelitani, i Padri,
Chierici, e Laici nostri. Per terzo il Clero de' Pagani col Rettore della
Matrice, e i quattro Parrochi, susseguendo a questi il Capitolo della Cattedrale.
Sei gentiluomini
diedero di piglio alla bara, volendo essi l'onore di portare il sagro cadavere.
Non essendo conveniente, si dovette stentare per farli cedere. Essendosi
addossato l'incarico a' quattro Rettori delle nostre Case, quattro Canonici presero
i fiocchi all'estremo della coltra, e i sei gentiluomini coi torchi accesi
fiancheggiavano la bara. Seguiva Monsignor Vescovo col suo cereo, e dietro lui
i Reggimentarj della Città, susseguiti questi da quantità di gentiluomini.
Situato il cadavere in
Chiesa, si cantò da' Signori Canonici l'intero Ufficio, assistendovi Monsignor
Vescovo, e solennizzossi la Messa dal Canonico e Vicario Generale D.
Giambattista Villani, D. Fortunato Pinto, Canonico, e Patrizio Salernitano, ora
degnissimo Vescovo - 204 -
di
Tricarico, recitò l'orazione funebre. Tutto fu commozione nel popolo; e non
capendo in Chiesa, perché troppo ristretta, situar si dovette la cattedra quasi
fuora della porta.
Dimesso fu il
catafalco, non comportando altrimente l'altezza della Chiesa, cosicchè il
cadavere non era che un sei palmi alto da terra. Questo fu un tratto di
Provvidenza. Se non era così, il popolo non avrebbe veduto soddisfatti i suoi
desiderj di baciarlo, e toccarlo colle corone, e spargervi sopra quantità di
fiori. Assistendovi di fianco il F. Francescantonio, ed il servitore Alessio,
le madri presentavano loro i piccioli bambini, volendo, che colle labbra
toccato avessero il sacro cadavere; e non potendosi strappar cosa del suo,
perché assistito da' soldati, ricco se ne partiva ognuno coi fiori raccolti
sulla bara, o colle corone, che toccato l'avevano.
Tra questo tempo un
celebre Pittore si vide da Napoli per ritrarne l'effigie, o spinto da altri, o mosso
da se. Volendosi far questo verso le ore diciassette, e formarsi la maschera, a
stento si potette chiudere la Chiesa. Spogliandosi il cadavere de' sagri
arredi, si vide prender aria di vivo, e farsi rubicondo, e sanguigno.
Estraendosi la maschera, e questa avendo tirato della pelle nella parte
sinistra del naso, ne uscì tanto sangue, che molti ne inzuppavano i fazzoletti.
In seguito si vide
sopraggiungere un mondo di gentiluomini, chi da Salerno, e da Vietri; chi dalla
Cava, e da Sanseverino; altri da Nola, e da Sarno; quantità dalla Torre, da
Lettere, e da altri luoghi, cosicché lo spiazzo avanti la Casa vedevasi
ingombrato da carrozze, e canestre, da barocci, e calessi. Concorsero ancora
Comunità intere di Regolari.
Oltre quei, che vi
erano ne' Pagani, vi furono da Nocera tutti i PP. Olivetani, quei di Monte
Vergine, molti Conventuali, Agostiniani, e Riformati. Dalla Cava pervennero
varj Cassinesi: così da Angri, e da altri luoghi Camaldolesi che erano fuori
de' Romitorj, e quattro altre miglia in distanza, dal Monistero di Mater Domini
un Abate Basiliano con tutti i suoi. Tutto faceva stupore ne' Pagani, e dai
nostri arrivar non si poteva in dispensare delle tele, che state lo erano di
suo uso. Si volle che da diecimila e più persone concorsero per onorare i suoi
funerali.
La sera verso un ora di
notte, vedendo Monsignore il concorso del popolo basso, e temendo inconveniente
tra il popolo e i soldati, volle si fosse seppellito. A stento col braccio de'
militari si evacuò la Chiesa. Varj gentiluomini vollero l'onore deporlo dal
catafalco. Vedevasi il sagro cadavere, dopo trentatré ore, e tra' maggiori
calori della stagione, non solo esente da fetore, ma flessibile in tutte le
membra, e maneggiarsi come vivente.
Monsignor Vescovo, che
trattenevasi in Casa, volle si salassasse. Si tentò nel braccio destro, si
tentò nella mano, ed in vano anche nella - 205 -
vena jugulare. Questa negativa disanimò gli astanti, ma non sapevasi che
Alfonso predetta l'aveva tempo innanzi. Stando in Arienzo, e raccontandosi da'
nostri l'accaduto in S. Angelo nella morte del P. D. Giovanni Rizzi, cioè, che
salassandosi il cadavere, e non avendo dato sangue, lo diede, avendolo
precettato quel Rettore, e che a capo di giorni ne diede di nuovo anche a forza
di ubbidienza. Monsignore tra lo scherzo disse: Quando io sarò morto, non andate facendo questi misteri, che io sangue
non me do. Lo disse, e l'attese.
Fu riposto il sacro
cadavere in una cassa di piombo. Venne questa cautelata con sei suggelli della
Curia Vescovile, con quattro del Pubblico della Città de' Pagani, e con altri
due della Congregazione. Chiusa con tre differenti chiavi: una fu data al
Principe di Polleca D. Giuseppe Capano Orsino, che assisteva per parte de'
Nipoti; la seconda ai Reggimentarj della Città; e la terza restò in potere del
Rettore di Casa. Così cautelata, fu situata la cassa nel corno sinistro
dell'altare maggiore.
Non meno de' funerali
fu semplicissimo il sepolcro. Innanzi tempo pensavasi preparare per Alfonso un
superbo mausoleo, ma ricco di marmi, e prevenirne la morte. Tra l'altro si rese
incumbensato il famoso regio Architetto D. Giuseppe Mauro. Magnifico riuscì il
disegno. Di sopra vi era il mezzo busto di Alfonso, con di sotto lo stemma
gentilizio di Casa Liguori, e nostro, e con puttini dolenti, che mestizia
indicavano, ed afflizione.
Il famoso Scoloppio il P. Giuseppe Cavallo vi compose
un elegante iscrizione, che leggevasi nel mezzo;a ed il
celebre - 206 -
Emanuele Campolongo l'altra vi fece d'apporsi
sul tumulo b
Varie volte si fu per
ridurlo ad effetto; ed ora per un motivo, ed or per un altro se ne differì
l'esecuzione. Succeduta la morte, e non essendosi in tempo di compiacere i
comuni desiderj, a grazia si fe venire da Napoli una tavola di semplice marmo.
Tutto fu tratto di Provvidenza, che fasto non voleva in Alfonso morto, come da
esso abborrito fu in vita. Cosicché l'iscrizione tutta fu questa:
HIC
IACET CORPUS
ILLUSTRISSIMI
ET REVERENDISSIMI DOMINI
D. ALPHONSI DE LIGORIO
EPISCOPI S. AGATHAE
GOTHORUM
ET FUNDATORIS
CONGREGATIONIS
SANCTISSIMI
REDEMPTORIS.
La notte del dì
susseguente, un nuovo concorso di popolo, e di persone di riguardo, Secolari,
ed Ecclesiastici, si vide da Nola, da Salerno, e da altri luoghi lontani; tra
questi quattro Dame Salernitano. Sparsa la voce pervennero persone anche dalla
Città di Ariano, due giornate distante da Nocera. Avendolo trovato sepolto,
raccoglievano per lo meno, come preziose reliquie i frammenti di calcina da
sopra il sepolcro; ed altri partivano contenti, avendo toccati sul sepolcro i
loro Abitini, e corone.
Cosa ci fu che
sorprese, e fu vedersi concorsa quantità di figliuoli innocenti, che,
ginocchioni sul sepolcro, raccomandandosi a Monsignore, l'acclamavano per
santo, baciando, e ribaciando la lapide con segni umili, e divoti.
Succeduta la morte, non
tanto Alfonso era spirato, che s'intese da per tutto invocato come santo; e
Iddio volendone autenticare la divozione, concorse anch'esso con varj segni. Lo
stesso giorno in Nocera, e nei prossimi Casali, anzi in Chiesa, facendosi i
funerali, varie grazie s'intesero ottenute da più persone, ricorrendosi alla
sua intercessione.
Spasimava in atto nei
denti D. Angiola Tortora, e vedevasi spesso - 207 -
travagliata
da molti anni, sentendo Alfonso sul cataletto, ed applicandosi pezzetta delle
sue vesti, nell'istante fu libera, e lo fu in seguito.
Una donna, che da più
mesi, era quasi cieca, patendo varie macchie nella cornea, e molte pustole
nelle palpebre, invocandolo nell'atto dell'esequie, si vide sana.
Erano tre giorni, che un altra donna spasimava con fieri dolori nel fianco.
Ricorre a Monsignore, ed applicandosi una pezza della di lui tonaca, si vide
libera.
Un P. Abate Verginiano, avendo un ostruzione confermata ne fegato, applicandosi
un pezzetto delle sue vesti, ne fu libero.
Avendo una Conversa nel
Monistero della Purità tal piaga nella gamba, che tendeva alla cancrena,
facendo uso di una sua reliquia, nello stato si vide di servire la Comunità.
Nel Casale de Curtoli,
vedendosi da molto tempo travagliata un altra donna con terzana doppia, dolori
nel corpo, e vomiti ostinati, anche nell'istante fu libera col tocco delle sue
reliquie.
Divotissima, e
penitente di Alfonso era in Napoli Suor Angiola Oliviero Monaca di casa, e
Sorella del fu D. Giovanni Oliviero, anche come dissi, uno de' celebri suoi
penitenti. Sparsa la voce della sua morte, rendevasi inconsolabile Suor
Angiola. Mentre così stavane afflitta, Alfonso se le presenta glorioso, la consola,
e disparve.
Saputasi la morte in S.
Agata, anch'essi i Santagatesi fecero capitale del suo patrocinio. Erano tre
giorni che una donna vedevasi afflitta da dolori di fianco; ricorrendo a
Monsignore fu sana.
Spasimando un altra
donna con dolori di denti, applicandosi delle filaccia della sua veste,
nell'istante svanirono. Vedendosi tormentato il Canonico Lucca con dolori
colici, tanto fu il far uso di una lettera di Monsignore, che vedersene
liberato.
Da più giorni stava a
letto con febbre ardente il fratello di una poveretta. Bisognando sette in otto
carlini di china per spezzarcela, non aveva questa come rimediarvi. Atterrita
dalla spesa ricorre al patrocinio di Alfonso. Beato Monsignore mio, disse
postasi ginocchione, ajutami tu che io
non posso. Animata da fiducia fa una pillola della tela servita a
Monsignore, e diedela al fratello. Nell'istante se gli spezza la febbre; e dopo
due giorni portasi in campagna a fatigare.
Ommetto molti altri
segni, e grazie, ma tralasciare non posso un portento, a vista di tutti,
succeduto in Chiesa in atto de' funerali. Erano dieci giorni, che vedevasi
travagliato con febbre acuta, e dissenteria Giuseppe Maria Fusco, figliuolo di un anno, e mesi,
figlio di D. Tommaso Fusco; ma a' diciannove Luglio si vide aggravato di
vantaggio, e nel Giovedì, due di Agosto, non dava più speranza di vita.
Sentendosi da Orsola
Fusco di lui zia l'acclamazione di Alfonso, come santo, e spacciarsi delle
grazie, confidando anch'essa esser consolata, risolve portarvici il figliuolo.
Lo fece tra la contraddizione del fratello, della cognata, - 208 -
e di sua madre, che credevano spirasse per strada.
Avendo toccato un Rosario sul sagro cadavere, lo mette sopra del fanciullo. La
madre, che seguito l'aveva, animata da maggior confidenza, prega il F.
Francescantonio, che assisteva al cataletto, che colla faccia avesse fatto
toccare dal figliuolo il cadavere di Monsignore. Tanto fu toccarlo, quanto
restituirlo sano. Nell'istante sparisce la febbre, ripiglia spirito il
fanciullo, ed allegra la zia, e la madre, se lo portano sano a casa. Questo è
molto; ma vi è cosa di vantaggio.
Stanco Alfonso, diciam
così, di più stare sotto del moggio, volendo si pubblicassero le sue glorie,
non altri prescelse per banditore, che lo stesso innocente Giuseppe Fusco.
La sera del Venerdì,
terzo di Agosto, essendosi portato in nostra Casa il Sacerdote suo zio, D.
Gaetano Fusco, ci diede parte di questa grazia in persona del nipote.
A tempo essendosi state
trasmesse da Napoli varie Immagini di Alfonso, fatte incidere dal Sacerdote D.
Salvatore Tramontana, se ne diede una.
Osservandosi questa in
casa, D. Gaetano chiama il nipote, e presentandocela, come dir volesse, questo
è colui, che vi ha fatta la grazia, il figliuolo avendola attentamente
guardata, estatico e fuori di se, incomincia a dire: Alfonso, Alfonso; ed additando col dito l'Immagine, alza le manine,
e rivolgendo gli occhi verso il Cielo, disse, Alfonso in Cielo. Ammirati, e stupiti i suoi, non sapevano che si
dire, e di nuovo il fanciullo festante, e giulivo ripetette: Alfonso, Alfonso, il Santo, il Santo,
indicando col dito l'Immagine, e nuovamente alzando le mani, e gli occhi verso
il Cielo, disse: Il Santo in Cielo, il
Santo in Cielo, Alfonso in Cielo.
Questa inaspettata loquela del fanciullo, l'aver nominato Alfonso col
proprio nome e quell'idea di santo, ed essere in Cielo, sel figuri ognuno, che
spinta diede alla fama per trombettare in ogni dove le glorie di Alfonso.
Avanzandosi la fama con questi, e con altri nuovi prodigj, da giorno in giorno vedevansi
persone al suo sepolcro, o per chieder grazie, o avendone impetrate, per
dimostrarsi grati con offerte, ed oblazioni.
Non contento il Clero de' Pagani degli
ossequj prestati ad Alfonso nelle precedenti esequie, volle anche il terzo
giorno onorarne nella nostra Chiesa la memoria con nuovo catefalco, e con
particolar funerale. Concorso di popolo vi fu, e troppo grande; e recitò le di
lui lodi il nostro P. D. Vito Papa.
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Posizione Originale Nota - Libro IV, Cap.
XXXVIII, pagg. 205-206
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