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Cap. 42
Sommo rispetto, e venerazione, che riscosse Alfonso in
Regno, come uomo santo e dotto.
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Quantunque altra mira
non avesse avuto Alfonso, che nascondere le proprie virtù, tutta volta uomo non
vi è stato così venerato, e tenuto da tutti per uomo santo e dotto, come Alfonso
lo fu. Chi stimavalo un Apostolo, chi un S. Francesco Saverio, chi un Filippo
Neri.
D. Mariano Arcieri,
gran Servo di Dio in Napoli, e grande Operario, anzi tale, che già se ne
formano i processi della di lui santità, nol chiamava, che il redivivo S.
Francesco di Sales. Essendosegli detto, che sentivansi de' prodigj,
ricorrendosi alla di lui intercessione, "io, disse, l'ho tenuto sempre per
santo, e come tale, mi ci sono raccomandato anche vivente".
Carlo III Re di Spagna,
Principe d'immortal memoria, godendo questo Regno, tal venerazione aveva per
Alfonso, che spesso spesso, per mezzo del Marchese Brancone, raccomandavasi
alle di lui orazioni, e nelle varie occasioni compiacerlo non mancava. Che se
tal volta ostava la ragion di Stato, e non poteva l'ottimo Principe in tutto
consolarlo, vedevasi in afflizione.
Sua singolar stima, e
somma venerazione sono le quattro nostre Case erette in Regno, ancorché ostasse
il Ministero per lo stabilimento di nuovo Istituto. Voleva, come dissi, che
intrapreso avesse la riforma di un Ordine antico, e con pena egli e la Regina
ammisero i motivi in contrario.
Godeva del profitto che
dalle di lui fatiche risultava a' vassalli; anzi volle che varie Missioni a sue
spese fatte si fossero dai nostri ne' suoi ristretti Reali. L'Augusta Regnante
Maria Amalia anch'essa raccomandavasi alle sue orazioni. Aveva tal venerazione
per Alfonso, che stimavalo un Santo.
Rispetto e venerazione
somma, anzi singolare aveva per esso il Marchese Brancone, Segretario del
medesimo Sovrano. Non respirava, per dir così, senza dipendere da' suoi
oracoli; né risolvevasi nelle cose più scabrose, senza raccomandarsi alle sue
orazioni.
Stando col pensiere di
voler lasciare la carica, perché infermiccio, si diede in dietro dissuaso da
Alfonso. "Adoro, gli rescrisse, la Divina Provvidenza, che di me così
dispone. Mi studierò continuare, e portare il peso della carica colla maggior
rettitudine ed allegria, sperando, che voglia il Signore colla sua misericordia
benedirmi. Io non ho mai ricusato, nè ricuso la fatica, ma come che mi veggo
con poca salute, questo sgomenta il mio coraggio. Prego perciò efficacemente
voi, e tutte le vostre Anime elette ad ottenermi da Dio maggior sanità, - 225 -
acciocché possa
allegramente, e rettamente soddisfare al mio impiego".
In una sua de' tre
Aprile 1745. "Prego, gli scrisse, a continuare di aver memoria di me nelle
vostre sante orazioni, alle quali con tutto l'animo mi raccomando". In un
altra de' 12. Giugno 1751., ringraziandolo del librettino ricevuto, della
Visita al Sagramento, "Quando siete, gli dice, avanti a questo Divinissimo
Signore, ricordatevi con modo speciale di me: così esortatelo eziando, con maniera particolare, alla vostra santa
Comunità, per cui vi serberò le dovute obbligazioni, e saprò in ogni tempo
manifestarmi vostro divotissimo servitore, ed amico".
Egli medesimo lo pose in credito presso il Re Carlo, e l'Augusta Amalia. In una
de' 10. Febbrajo 1753. gli scrisse: "Nella passata settimana parlai ai
Sovrani colla dovuta lode di voi, e de' vostri Individui". Ringraziandolo
Alfonso della protezione, che per la sua nascente Congregazione egli aveva,
"Io da voi, gli disse il Marchese, altro non voglio, che venendo in
Napoli, vi degnate benedirmi, e recitarmi sulla testa l'Inprincipio di S. Giovanni".
Non altrimenti lo ha
venerato e favorito, e specialmente nelle sofferte contraddizioni, l'ottimo
Marchese de Marco, altro Segretario del medesimo Sovrano. Avevalo questo in
idea di gran santità; né altrimenti chiamarlo soleva, che Corona del Vescovado; e per l'innanzi, Uomo
veramente Apostolico, e decoro del Sacerdozio. Raccomandavasi spesso alle
sue orazioni; né occasione vi fu che nol favorisse.
Il Marchese Tanucci,
uomo di quell'alto discernimento che si sa, anche avevalo per uomo santo, e tutto
di Dio.
In somma venerazione, e
come uomo dotto e santo fu presso i Signori Reggenti dell'Infante D.
Ferdinando, ora nostro Augusto Sovrano. Special venerazione ebbero per esso, e
lo favorirono nei riscontri i Principi Ardore, e Cendola. Così il Principe di
San Nicandro, Ajo del medesimo Infante. Tra l'altro, come dissi, effetto di
somma venerazione fu la vita donata a sua intercessione a tre soldati, che
oltre la diserzione, tentato avean scaricar lo schioppo contro un Uffiziale,
residente nell'impiego.
Per uomo santo lo
venerò, ed ebbelo in istima il Duca di Sora, e ne conservava memoria anche
ritirato in Roma; anzi eletto Vescovo, ivi lo favorì con segni di somma stima.
Cavalieri e Dame, tutti
lo avevano per uomo santo. D. Ettore Carafa, Capitano degli Alabardieri, Duca
di Andria, e Cavaliere dell'Ordine di S. Gennaro, spesso spesso vedevasi in
Nocera per esser diretto coi suoi consigli; e partendo cercargli ginocchioni la
benedizione, ed esser degnato di un segno di pietà sul capo.
Così il Principe della
Rocca, D. Ascanio Filomarini, e D. Filippo Carafa, Conte di Cerreto; così D.
Diego d'Avalos, Marchese del Vasto. Una delle volte, che questi unito con sua
figlia fu in Arienzo, per consultarlo sullo - 226 -
stato di quella, così edificato restò della povertà,
ed umiltà sua, che ritornandosene, disse a varj gentiluomini: "Non può
negarsi che sia un gran santo.
Così tanti altri
Cavalieri, o che passavano, o che di proposito portavansi in Nocera, o in
Arienzo, diretti volevansi nella coscienza, e raccomandavansi alle di lui
orazioni. Varie rispettabili Dame, come la Duchessa di Bovino, la Principessa
Malaspina, la Caracciola, ed altre, non avendolo in Napoli, anch'esse
portavansi da lui per esser dirette, o in Nocera, o in Arienzo.
Anche le persone di sua
confidenza avevansi in istima, perché tali. Cercava D. Lucio di Sancro, Duca di
Casacalenda, un Avvocato, ma di buon costume, per casa sua. Avendo inteso, che
servivasi Monsignor Liguori di D. Carlo Melchionni, senza che ulteriormente
informato si fosse, gli mandò il suo biglietto. Essendo andato D. Carlo a
ringraziarlo, come di un onore a se non dovuto: Voi non avete picciolo merito, disse il Duca, essendo persona cognita a Monsignor Liguori.
Gentiluomini, Avvocati
di primo grado, Ministri primarj, tutti l'avevano per uomo santo, e dotto; e
stimavansi contenti se, dipendendo da lui, mettevano nelle sue mani la propria
coscienza. Tra gli altri, il Marchese Avena, Consigliere della Maestà del
Sovrano, non lasciava portarsi una e due volte l'anno in Nocera, ed Arienzo, e
regolare con Alfonso i bisogni dell'Anima, e gli affari della propria
incumbenza.
Quanti Eminentissimi in
tempo suo furono in Napoli, tutti l'ebbero in considerazione per santità e
dottrina. Come uomo illuminato lo fiancheggiò l'Eminentissimo Pignatelli nelle
prime contraddizioni. Come un Apostolo stimavalo l'Eminentissimo Spinelli, ed
ebbe tutta la premura, che almeno a tempo coltivato avesse la propria Diocesi.
Come giusto estimatore del di lui merito ne fece il carattere di dotto e santo,
sin dai 9. Agosto 1748. alla Sagra Congregazione dell'Indice: Testamur, ei scrisse, Reverendum Dominum Alphonsum de Ligorio,
Patritium Neapolitanum, Sacrae Theologiae professorem, in Apostolicis
Missionibus indefessum, tum propter singularem pietatem, tum etiam propter
doctrinam, et sacrarum praesertim litterarum peritiam, dignum esse, cui
facultas a Sancta Sede concedatur, legendi, ac retinendi libros quoscunque
damnatorum auctorum.
Non altrimenti stimavalo
l'Eminentissimo Sersale. Tutta Napoli fu testimonio, come questi lo trattò, e
da Missionario, e da Vescovo. L'Eminentissimo Orsini non conoscendolo che per
fama, essendo stato in questi suoi Feudi, di persona portossi in Nocera, per
raccomandarsi alle sue orazioni: io son
venuto apposta per conoscervi, gli disse abbracciandolo. E' nota la somma
stima che ne dimostrò, ritrovandosi in Roma, per essere consacrato Vescovo.
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I primi Arcivescovi,
anch'essi non l'avevano, che come uomo dotto, e santo. Monsignor Pacca, e
Monsignor Columbino, Arcivescovi di Benevento, spesso raccomandavansi alle sue
orazioni; anzi il Pacca, oltre una Casa de' nostri, che eretta volle in S.
Angelo a Cupolo, venne apposta in Nocera, e ne' Ciorani per conoscerlo di
persona, e regolarsi de' proprj bisogni. Monsignor Nicolaj, Arcivescovo di
Conza, ammirando in lui santità e dottrina, e considerandola nelle membra,
anch'esso volle in Diocesi una Colonia de' nostri.
Monsignor Zunica non
volle accettare l'Arcivescovato di Acerenza e Matera, se, portandosi da lui,
consigliato non l'avesse. Monsignor Gaeta, Arcivescovo di Bari; Monsignor
Ganini, Arcivescovo di Santaseverina; Monsignor Puoti, Arcivescovo di Amalfi;
Monsignor Pignatelli, Arcivescovo di Capua, tutti, oltre tanti altri, lo
venerarono per uomo santo e dotto. Più volte, come dissi, fu veduto Monsignor
Pignatelli ginocchioni a piè del letto di Alfonso in Arienzo cercargli la
benedizione.
Non istimo trasandare
ciocché accadde con Monsignor Rossi, Arcivescovo di Salerno. Giunto questi in
Diocesi, ed essendosi portato Alfonso ad ossequierlo, non se ne stava, tra la
folla di tanti Signori Salernitani, e Diocesani, che in un angolo
dell'anticamera. Accompagnando l'Arcivescovo non so chi, in vederlo corre ad
abbracciarlo, e con ammirabile sorpresa gli prende la mano, e glie la bacia. D. Alfonso, gli disse, voi l'avete
indovinata: io per me non so come Iddio me la manda. Il giorno dopo,
essendo uscito in carrozza, ed incontrandosi con tre de' nostri, fermata la
carrozza, sapete, lor disse, ma tutto
giulivo, che ho baciato la mano al P. D.
Alfonso.
Tale rispetto e
venerazione ebbe per lui Monsignor Rossi che posso dire averlo fatto
Arcivescovo di Salerno. Avendogli richiesto Alfonso un attestato per non sò
chi, gli rescrisse: "L'assicuro che ad altri non l'avrei concesso. Tutto
ho fatto a sua contemplazione, sulla di cui fede ben so, che vive sicura la mia
coscienza".
Contestando il medesimo Arcivescovo a Papa Benedetto XIV la santità di Alfonso,
nol chiama che Soggetto di somma dottrina, di conosciuta probità, prudenza, e
bontà di vita.
I primi Vescovi,
ovunque capitava, nol consideravano, che come uomo santo, e di un sapere
straordinario. Vedevansi questi a suoi piedi comunicargli i proprj bisogni,
raccomandarsi alle sue orazioni, e dipendere da' suoi consigli. Monsignor
Volpe, Vescovo di Nocera; Monsignor Coppola, Vescovo di Castellammare;
Monsignor Borgia, Vescovo della Cava, e poi di Aversa;
Monsignor Giannini,
Vescovo di Lettere, questi spesso spesso erano a visitarlo, e non respiravano
senza dipendere da' suoi consigli. Monsignor Giannini, ancorché vecchio, io mi sono dichiarato, gli disse un
giorno, che vi sono figlio, e come - 228 -
figlio voglio che mi
trattate.
Monsignor Albertini,
Vescovo di Caserta spesso spesso era da' suoi consigli, e per edificarsi della
vita santa, che menava: "Io da questa finestra, mi consolo, diceva ai suoi
in Caserta, guardando verso S. Agata, e specchiandomi in Monsignor
Liguori".
Facendo la Missione in
Nola, e presentandosi per chiedere la benedizione a Monsignor Caracciolo, questi slanciandosi dal Trono, voglio io, gli disse, esser
benedetto da voi, ed accostandosi Alfonso per baciargli la mano, Monsignore
più lesto afferrogli la sua, e la baciò.
I Parrochi, i Capitoli
interi, i Regolari di ogni Ordine avevan di lui sì vantaggiosa idea, che
soddisfatti non erano, se non gli aprivano la coscienza. Monsignor Rosa,
Vescovo di Policastri, in tempo che era Parroco in Nocera, essendo andato in
Arienzo con un altro Parroco per consigliarsi in alcuni loro dubbj, ritornato
in Nocera disse: abbiamo un santo
vivente.
Monsignor Pozzuoli,
Vescovo di S. Agata, in tempo che in Capua era Canonico Penitenziere, essendo
stato in Arienzo per consigliarsi con Alfonso di varj suoi dubbj, restò
sorpreso, com'ei diceva, per la profondità della dottrina, per la sua povertà,
ed ammirabile umiltà. Fatto Vescovo di S. Agata, la prima volta, che fu in
Arienzo colla santa visita, entrando nella stanza, ove abitava Alfonso, e
ricordandosi del luogo, ove storpio sedeva, e diedegli udienza, piangendo si
butta di faccia a terra, baciando il pavimento, ove poggiato avea i piedi, e
non fu levato che a stento dal Canonico D. Giovanni Fusari, attuale Primicerio
di quella Cattedrale.
Non altrimenti il
Canonico Barba, insigne Soggetto della Collegiata di Avella. "Per più
anni, ei dice, fui chiamato da lui per predicare nella sua Diocesi, e più volte
fra l'anno anche mi ci portava. Praticando con lui osservava in esso la vera
vita de' Santi, che oggi si adorano su gli altari. Io mel figurava, e per la
santità, e per la dottrina, un vivo S. Francesco di Sales, e un S. Filippo
Neri".
D. Giuseppe Jorio, uomo
noto per santità e dottrina, non potendo portarsi colla Missione nella Terra di
Monteforte, così rescrisse a' 4. Gennajo 1752: "Vi prego, vi esorto, e vi
supplico impegnare il P. D. Alfonso Liguori in venire colli suoi Missionarj, e
se bisogna, fatelo impegnare dal vostro Vescovo, essendo questo Padre il primo
Missionario, che abbia il Regno di Napoli per la dottrina e per la
santità". Nel suo Catechismo di Villa, "Alfonso di Liguori, ei
scrive, uomo noto a tutti per l'eminenza dello spirito, e della dottrina".
Tutti gli Scrittori in
Napoli non possono encomiare la pietà senza lodarne la dottrina, nè magnificare
la dottrina senza encomiarne la pietà. Doti tali in Alfonso furono sempre
inseparabili. Monsignor Lupoli, prima di esser Vescovo, scrivendo all'Abate
Nonnot, Alhponsus de Liguori, ei dice, doctrina et pietate perinsignis
Episcopus.
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Giulio Cesare Selvaggi magnificando il Domenicale, "in esso, ei scrive,
egualmente che in altre Opere, rifulge non men la dottrina, che la pietà, ed il
zelo delle Anime, d'onde è animato il suo buon cuore".
Per uomo santo e
letterato lo accredita Fabio Mazza, Canonico del Duomo, e Regio Professore in
Napoli. Ammirando le Riflessioni fatte da Alfonso sulla Passione di Gesù
Cristo, e su la Verità della Fede. "L'Operetta, ei dice, è degno parto
dello spirito fervoroso dell'Autore, il quale non solo procura co' dotti libri
insegnare, ma ancora edificare i Fedeli, ed accenderli nella dilezione del
sommo Iddio; che però la di lui scienza ha il carattere proprio di un Letterato
Cristiano".
A che istancarmi su di questo, se tutta la
Storia non è ripiena, che di questi elogj. Posso dire non esservi stato uomo
così rinomato nel mondo, e da tutti tenuto in un idea grande di santità e
dottrina, come lo fu Alfonso Liguori.
Premesse tante e sì
varie testimonianze, ommettere non voglio ciò, che ne sentiva Monsignor
Alessandro Kalifati, Vescovo di Oria. Facendo di lui memoria nel dotto
Commentario della Vita di Giulio Selvaggi, nol vuole, che celeberrimo per
santità, e dottrina, così nella Chiesa, che nella Repubblica delle lettere: Alphonsus Ligorius, novae Congregationis
Divini Redemptoris Institutor, prudens et pius, doctusque Episcopus S. Agathae
Gothorum, plurimis sacra eruditione redundandibus, atque Animarum saluti
apprime utilibus editis Operibus, merito, et contra votum suum in Litteratorum
Republica, et in Dei Ecclesia celeberrimus. Antiq. Christian. Istit. tom. VI. §
34.
Non entro nella
venerazione riscossa tra i popoli. Dico solo, che da tutti facevasi a gara per
aver cosa del suo; chi il pane avanzato nella mensa; chi qualche tela di suo uso;
e chi un pezzetto di tonaca.
In Amalfi fu spogliato
vivo. Se gli cambiò, e fecero in pezzi il centopezzi dell'antica sua cappa;
tutte le camicie gli furono cambiate. Avvedutosene Alfonso, con un sorriso
disse a Suor Dorotea di Stefano, in casa di cui abitava: "Da vero vi avete
posto in testa di farmene andare tutto nuovo". In Chiesa passando tra la
calca del popolo, chi tagliavagli un pezzo di tonaca, e chi un altro. "Io
non so, disse una sera in atto della predica, cosa si credono con queste pezze
vecchie". Fu talmente sfigurata la tonaca, che se gli fece nuova dalle
Monache Benedettine della Trinità.
Passando per la Cava,
di soppiatto se gli cambiò la lacera cappa che aveva e si ci pose una nuova.
Accorgendosene giunto che fu in Casa nostra, "come sono buoni, ei disse,
si hanno presa la vecchia, e mi hanno data una cappa nuova: credono che io fo
miracoli". In Marcianisi, Casale di Capua, ritrovò cambiato cappa, e
cappello. Così in mille luoghi, che tralascio.
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La stanza ove abitava,
il letto ove dormiva, conservavansi come usati da un Santo. In Nola, avendo
abitato in casa de' Signori Zambarelli, facendo la Novena a Maria SS., non
volle sotto varj pretesti far uso del materasso. Per compiacerlo se gli adattò
un pagliaccio; e sin d'allora, come mi attesta il medesimo Canonico D. Felice,
quel pagliaccio, come reliquia, fu conservato, e tuttavia conservasi con
venerazione.
"L'anno 1760.,
così il P. D. Antonio d'Agostino, Exproposito Generale dei Pii Operarj,
avendoci onorati colla sua persona, mentre diede gli Esercizj in S. Marcellino,
trattenendosi in questa Casa di S. Niccolò, gli cedei, per mia particolar
divozione, la propria camera; e l'ho tenuta sempre in venerazione, per avervi
abitato il P. D. Alfonso, ancorché per pochi giorni".
Più direi; ma
potrebbesi invero malignar per falso.
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