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CAPITOLO 6
Altro trattato di matrimonio per Alfonso: Incontro
ricevuto in casa del Presidente Caravita: Si disinganna del Mondo, e lascia i
Tribunali. .
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Svanito il trattato di
matrimonio con D. Teresina Liguori, figliuola del Principe di Presiccio, pensò
D. Giuseppe intavolarne un altro colla figlia di D. Domenico del
Balzo, Duca di Presenzano, Dama anche questa di non minor ranco, e di virtù
singolari. Non così spiegò l'animo suo in persona di suo Figlio, che lungi la
proposta dall'essere esaminata, venne subito dal Principe abbracciata, e
gradita. Se ambiva D. Giuseppe imparentarsi con esso, e dare suo Figlio in isposo
alla di lui Figlia; nientemeno ambiva quello veder situata sua Figlia con un
Cavaliere così degno, qual'era Alfonso. Aperti i trattati, si aprirono anche le
visite.
Questo trattato
dispiacque ad Alfonso, che tutt'altro aveva in mente, che mondo, e piaceri. Non
gli dava il cuore bensì di spiegarsi con suo Padre, persuaso, che troppo
amaramente l'avrebbe intesa. Per ubbidirlo interveniva, ma di mala voglia, in
casa di Presenzano. Dir voleva, vedevasi tra le spine, in mezzo ai maggiori
divertimenti; e che, andandoci, contava i momenti per vedersi libero da quel
travaglio.
Non mancava D. Giuseppe, vedendo l'indifferenza del Figlio, e volendolo
allettare, specificargli spesso le rare doti, che si ammiravano nella Dama, i
suoi portamenti, il suo spirito, i suoi costumi, e le qualità rare di quel
casato. Alfonso per l'opposto, come mi attestò D. Gaetano suo Fratello, non
volendo dare al Padre un'aperta negativa, si scherniva, che non essendo libero
di petto, e patendo di asma, stimava non essere confacente per esso lo stato
coniugale.
Giudicando D. Giuseppe, che gli addotti motivi nascessero da erubescenza nel
Figlio, e non già che volontà avesse di non volersi ammogliare, spesso spesso
portavalo con sè in quella casa. Ci andava Alfonso per non contristare suo
Padre; ma tutt'altro aveva per capo, che familiarizzarsi, colla Signorina.
Assisteva alla conversazione, ma con tale modestia, e con un contegno così
proprio, come se mai tra di essi ci fosse un tal trattato: Mio Padre mi ci portava, così egli al P. Villani suo Direttore, e quella non mancava farmi belle finezze;
ma io, grazie a Dio, non ci feci un peccato veniale.
Una sera, tra le altre,
vi fu cosa in casa di Presenzano, che fa
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far idea della somma onestà, e grande circospezione di
Alfonso. Venn'egli invitato dalle genti di casa, e da altri Cavalieri a voler
toccare il cembalo. Volentieri si compiacque; e nel tempo medesimo venne
invitata la Signorina a cantare un'arietta. Si alza questa, e, cantando, si pose
di fianco ad Alfonso, quasi ascoltando la sua alla di lui faccia. Non potendo
Alfonso scansare il cimento, con disinvoltura, toccando il cembalo, si
rivolgeva colla testa alla parte opposta. Credendo quel gesto la Dama
alienazione di mente, si leva dal lato, ove ne stava, e si situa dall'altro; ma
quanto fu lesta la giovane a mutar sito, altrettanto fu pronto Alfonso a
rivoltare la testa nell'altro lato. Capito il mistero la Dama, si formalizza; e
non potendo celare il conceputo sdegno, rivolta alla conversazione: Al Signor Avvocato, disse, gli è preso il mal di luna.a
Così dicendo lascia di cantare, e disturbata vassene altrove. Restò mortificato
Alfonso; ma la sua onestà non dispiacque, e fu di edificazione a tutti.
Sollecitava D. Giuseppe gli sponsali; e non mancava animar il Figlio ad un sì
vantaggioso matrimonio. Scusavasi Alfonso, e replicava sempre, che non aveva
salute per un tale stato. Vedendo l'impegno del Padre, si dichiara con sua
Madre, che a niun patto era per ligarsi col Mondo; e pregolla, che persuaso
avesse il marito a desistere dall'impegno.
Affliggevasi D. Anna,
vedendo la retrosìa del Figlio; ma non essendo essa aliena dai sentimenti di D.
Giuseppe, anch'essa animavalo, e facevagli vedere il proprio
vantaggio, e sopra tutto il sommo dispiacimento, ch'era per provarne suo Padre:
Ma io, disse Alfonso, tante, e tante difficoltà esporrò a mio
Padre, fintantochè non farò conchiudore nè questo, nè altro matrimonio. La
Figliuola per l'opposto, animata da' Parenti a volersi sposare con Alfonso, non
vedendosi corrisposta, anch'essa se ne dimostrava aliena; ed insistendo il
Padre, e la Madre a voler ciò fare, arditamente disse: Come? mi ho da prendere uno per marito, che non mi vuole guardare in
faccia.
Così passavano le cose.
Ma Iddio, che formato aveva altri disegni sopra Alfonso, con un colpo di
Provvidenza, tanto maggiormente efficace, quanto meno aspettato, toglie Alfonso
da imbarazzo, e tronca a D. Giuseppe la serie di tutte quelle speranze, che nel Figlio
fondato aveva.
Grave Causa feudale nel
1723 agitavasi nei Tribunali di Napoli, tra il Gran Duca di Toscana, ed uno de'
primi Magnati di questo Regnob; e non era meno l'interesse
di cinque in secento mila docati. - 22 -
Patrocinando Alfonso il Magnate, per un mese, com'ei diceva, avevasi
studiato, e rivolto il processo; e tali e tante erano le ragioni, che rilevato
aveva, e così evidenti, che già teneva per vinta la causa.
Venuto il giorno del
contraddittorio, e fu in casa del Presidente D. Domenico Caravita, si porta Alfonso
tutto tronfio, e pettoruto, credendo aver la palma. Disse; allegò ragioni; citò
leggi, e decisioni; nè mancò cosa per una difesa tutta dotta, e singolare.
Tanti, che ivi stavano Avvocati, e Poccuratori, ammirando l'eloquenza, e la
sodezza delle dottrine, non dubitavano della vittoria; ed il Presidente
Caravita vedevasi così persuaso, che se gli vedeva, come scritto in fronte, il
decreto in favore. Ma quando Alfonso credeva aver guadagnata la causa, e
riscuotere degli applausi, si ritrovò colla causa perduta, e, quello ch'è più,
ricoperto di rossore, e di somma vergogna.
Centinaia di volte,
come ei diceva, rivoltato aveva il processo, ed in tutt'altro erasi incontrato,
che in un documento, che faceva la
ragione dalla parte opposta. L'Avvocato contrario, che forse era il Sign.
Maggiocchi, non vedendo toccata quella carta, lo lasciò dire senza
interromperlo. Essendo Alfonso per conchiudere: Sign. D. Alfonso, gli disse
spezzandogli freddamente la parola in
bocca, non è così, come sua Signoria se la
pensa. Si prenda il processo, e si osservi il documento tale, che troverà
l'opposto. Si prenda, disse Alfonso tutto fuoco, e tutto spirito. Pendeva
la decisione di una clausola, ed era se
il Feudo era di concessione antica, giusta le leggi de' Longobardi, o moderna,
secondo quella de' Franchi. Osservata la carta, si ritrova quanto l'Avversario aveva detto: Ho torto, disse Alfonso, osservando
anch'esso il documento. La novità lo sorprese. Credendo passare per uomo di
mala fede, sbalordisce, e si confonde; e fu tale la confusione, che se gli
conobbe in faccia l'interno disturbo.
Il Presidente Caravita, che l'amava, e ben sapeva la sua onestà, vedendolo
smarrito, non mancò ricordarlo: Non sono
questi, disse, i primi abbagli, che
si prendono in Tribunale; nè Voi solo siete urtato in questo: abbiamo esempli
anche di altri uomini di valore.
Non ci fu ragione per
Alfonso; ma chinando la testa tra il rossore, e la vergogna: Mondo, disse tra se, ti ho conosciuto: Addio Tribunali: così dicendo, volgendo le spalle
a tutti, nel medesimo punto sen cala sempre ripetendo: Mondo ti ho conosciuto.
Quello che più cruciavalo, come ci disse già vecchio che avendo rivoltato per
un Mese carta per carta il Processo, non capiva, come un tal documento eragli
sfuggito, e non caduto sotto l'occhio.
Giunto in casa, ( ma
non vide Alfonso la strada, che fece ) si chiude nella propria stanza, e si
serra di dietro. Mancando il Padre, non avverte il suo disturbo la Madre.
Venuta l'ora di tavola, chiamato non - 23 -
risponde: si bussa, e dice non voler mangiare: si torna a chiamare, e non dà
udienza, o se risponde, lo fa di mala
grazia. Non altrimenti si portò la sera.
Questa novità pose sossopra tutta la casa; ma nè dalla Madre, nè da altri si
pensava a che attribuirlo.
Maggiormente avanzossi
l'afflizione il giorno susseguente. Capitato D. Giuseppe, dolente D. Anna gli fa presente il disturbo del
figlio. Chiamato, e richiamato dal Padre, nè anche volle aprire. Piangeva D.
Anna, e affligevasi D. Giuseppe; ma vedendo questi l'ostinazione del figlio, monta in
collera, e si disturba anch'esso: Alfonso
sen muore, diceva piangendo D. Anna. Che
muoja, diceva sdegnato D. Giuseppe. Erasi
al terzo giorno, e nè anche voleva aprire. Lo fece; ma fu, com'ei disse, perchè
commosso dal pianto di sua Madre. Pressato a prender cibo, non si mosse; ed a
stento, dopo tante preghiere della Madre, s'indusse a prendere una fetta di
mellone, che come ei diceva, gli sembrò più amaro, che il fiele.
Passata una tal tempesta, subentrò in cuore ad Alfonso la
luce di Dio. Riflettendo, ma cò principj
evangelici, cosa sia il Mondo, e quanto è vana la sua gloria, restò di nuovo
confermato nella risoluzione, che fatta aveva di non più vedere i Tribunali; nè
più saper di Mondo. Si arrese Alfonso alla Grazia, ma per metà.
Iddio però, che aveva in parte guadagnato il posto,
riserbò ad altro giorno il compimento de' disegni suoi.
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