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CAPITOLO 13
Grave imbarazzo, in cui si ritrovò Alfonso coi
Penitenti.
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Se le opere di Do non
vanno mai discompagnate dalla tribulazione, nè anche da questa furono esentate
le opere di Alfonso. Questo è il crocciuolo in cui Iddio le purga e raffina.
Era così eccessivo il
numero de' Penitenti, che goder volevano de' suoi ammaestramenti, che anche
accerchiato vedevasi in ogni angolo di strada. Non avendo tempo per dare ai più
ferventi delle necessarie istruzioni, volendoli vantaggiare nello spirito,
pensò di sera ne' tempi estivi unirli insieme in luogo solitario; ed emulando anch'esso
le Adunanze de' primi fedeli, voleva così addottrinar quelli in comune, e
renderli maggiormente illuminati.
Elesse su le prime la piazza, che vi è avanti Santa
Teresa de' Scalzi, indi quella sopra S. Agnello, e come più comoda finalmente,
e meno frequentata, la piazza avanti la Chiesa della Stella, o sia de' Padri di
S. Francesco di Paola. Quivi si adunavano tutti, e vi erano persone, che
venivano dal Mercato, dalla Conceria, dal Lavinaro, e da altri luoghi più
lontani. Non erano questi persone nobili, ma Lazzari, Saponari, Muratori,
Barbieri, Falegnami, ed altri Operaj; ma quanto più erano dell'infima
condizione, tanto maggiormente venivano abbracciati da Alfonso.
Convenivano ancora con
esso varj Sacerdoti suoi amici e compagni, e tra questi - 44 -
il Porpora, de Alteriis, Mazzini, Letizia, Sarnelli,
Capozzi, Pirelli, Fusco, Molitelli, Coppola, e tra gli altri D. Gennaro
Fatigati, che morì in Napoli Superiore del Collegio della sacra Famiglia, o sia
de' Cinesi. Tutti Uomini Apostolici, e morti, com'è noto, con fama di Santità.
In quest'Assemblea di
gente così oscura agli occhi del Mondo, ma troppo sublime avanti a Dio, si
sminuzzavano ogni sera da Alfonso le verità più sublimi di nostra Santa Fede; e
siccome si metteva in orrore il vizio, così si mettevano in prospetto le virtù
Cristiane. Conferendo tra di loro gli Ecclesiastici, che proponeva i gradi
della Carità verso Dio, e chi quei della Carità verso il prossimo. Si faceva
vedere quanto l'annegazione di se stesso sia necessaria per profittare nello
spirito, e quale sia il danno, e grave danno, che risulta dalle passioni. Altre
volte si parlava della mortificazione della propria carne, e dell'obbligo, che
si ha d'imitar Cristo Crocifisso. Si davano a tal' effetto delle varie pratiche
di pietà; e chi portava ai secolari l'esempio di un Santo, e chi di un'altro.
Con ciò si eccitavano i
penitenti alla virtù, e si animava ognuno a maggiormente stringersi con Gesù
Cristo.
Non poteva l'Inferno lasciar
in pace unione così santa. Essendosene insospettiti i Padri Teresiani,
tacquero, non sapendo che gente fosse. Non furono così indifferenti i Padri
Paolotti. Vedendo questi persistere l'unione, postisi in forse di cosa mala, di
soppiatto osservavano dalle finestre, per vedere che gente fosse, e se
indovinar potevasi cosa si trattasse.
Era giunto a segno lo
spirito di mortificazione in questi Penitenti, che non avrebbero voluto vivere
per non mangiare. Uno fra gli altri fu accusato ad Alfonso, che cibavasi di
erbe crude, e radici. Era questi un povero Artigiano, che doveva vivere, e
sostentare la famiglia colle proprie braccia. Riprendendo Alfonso l'eccesso,
come vizioso; e D. Giuseppe Porpora ripigliando la parola: Iddio, disse, vuole che si
mangi. E se vi sono date, soggiunse scherzando, quattro costatelle,a anche buon pro vi faccia. Vi
fu un riso fra tutti; e tra il ridere, chi disse giocosamente una facezia, e
chi un'altra. I Padri, che stavano alla veletta, avendo inteso in confuso, costatelle, mangiare, ed il buon pro di
vantaggio, facendone sinistra idea, supposero l'adunanza una unione di gente
sensuale. Esaminandosi l'affare con più riflessione, si passò più innanzi. Vi
fu chi la suppose combricola di
Molinisti, e covile di Eretici.
Riscaldata la fantasia,
ne diedero parte i Padri all'Eminentissimo Pignatelli. Sentendo questi unione
notturna, e cosa di senso pel mezzo, la credette gente discola, e male
intenzionata. Si confermò in questo, - 45 -
perchè sentivansi in quel tempo varie unioncelle di soldati Luterani in
diversi luoghi di Napoli; ed una erasi già scoverta a Pizzofalcone. Avendone
informato il Regente della Vicaria,
questi ordinò subito al Capitano della Gran Corte Vincenzo Langelli, che
mascherato sotto altro abito, indagato avesse cosa passasse tra i Preti, e i
secolari.
Correva allora la
Novena della Nascita della Madonna.. Individuandosi da Alfonso gli atti
virtuosi, che in quella si potevano fare in onore della santa Bambina,
metaforicamente si spiegava con termini di cuffia, fasce, cuna, e simili. Non
capì il Capitano una benedetta. Fu dal Regente, e disse, che vi era un
mescuglio di cose buone, e cattive, ma non aveva potuto cavarne il netto.
Persuaso il Regente, ed il Cardinale, che cosa buona non fosse, ne ordinarono
l'arresto così de' Preti, che de' Secolari.
Ritrovandosi Alfonso la
mattina nell'Arcivescovato, sente il bisbiglio, che vi era, e seppe l'arresto,
che erasi ordinato. Conoscendo, che parlavasi della sua adunanza, sollecito sè
dar voce a' Penitenti, che niuno la sera si fosse portato alla Stella. Credeva,
svanita l'unione, svaniti ancora i timori. Tanti che stavano lontani, e non
furono a tempo avvisati, si portarono la sera al solito luogo, e tra questi
Pietro Barbarese, e Luca Nardone.
Appena giunti si videro
subito i poveretti accerchiati da birri, e da Cursori, e passati a corpo di
guardia nella porta di S. Gennaro. Indi,
assistito ognuno da un birro, e da un Cursore, furono prima portati dal
Canonico Giordano Fiscale della Curia, e poi dal Regente. Non si sgomentarono i
buoni penitenti, vedendosi così arrestati, anzi scherzando il Nardone disse per
strada al Barbarese: Compagnone forse vi
dispiace questo complimento. Si, rispose il Barbarese, perchè Gesù Cristo fu condotto ligato con funicelli, e noi andiamo
civilmente col solo fazzoletto al braccio.
Richiesti dal Canonico
cosa trattavano con quei Preti sopra la Stella dissero, che essendo poveri
ignoranti, venivano istruiti ne' doveri Cristiani da Alfonso Liguori, e da
altri Sacerdoti. In sentire il Canonico Alfonso Liguori: Dio vel perdoni, disse,
avete mantenuto in moto tutte e due le corti, Ecclesiastica, e secolare.
Grazioso è quello, che
accadde in casa del Reggente. Essendosi chiarito della loro innocenza, in
sentire soltanto il nome di Alfonso, curioso si tratteneva in domandare le
pratiche di pietà, che loro venivano insegnate. In questo mentre si trovò a
passare il Viatico per quella strada: in sentirsi dagli arrestati il suono de'
campanelli tutti si posero in moto, voltano le spalle al Reggente, e dicendo
festosi: Lo sposo, lo sposo, corrono
tutti a buttarsi di faccia a terra avanti al balcone. Più di questo non ci
volle per esser licenziati dal Regente anche con lacrime di consolazione.
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Bisogna dire, che si
vide non poco angustiato Alfonso per queste vicende. La mattina avendo inteso
quanto la notte era accaduto, si presentò da se al Cardinale, l'informa di
quello - che -
ci era, e si offerisce, se colpa vi fosse, come autore
del tutto a qualunque castigo. Non solo restò sincerato il Cardinale, ma
consolato ancora del tanto bene, ch'egli faceva. Disapprovò bensì l'unione: Sono tempi, disse, troppo sospetti; e bisogna evitare, che i lupi non si cuoprano sotto
la pelle degli Agnelli, e fare del male all'ombra del vostro nome.
Furono sparsi talmente
questi timori di setta, e di unione, che tutta Napoli n'era piena. Non vi era
luogo dove non se ne parlasse; e quello, ch'è più curioso si è, che come
incontravasi Alfonso, o taluno de' Compagni, perchè conosciuti esemplari, e
zelanti, s'incaricava loro di porgere preghiere a Dio per questi nuovi Eretici.
Un giorno essendosi
portato il Mazzini a dir Messa sopra i Camandoli, venne richiesto da un Padre,
se si fosse scoverta la setta nuovamente escita: Che setta, rispose il Mazzini? la
setta delle costatelle, disse il Religioso: ed il Signor Vicario, soggiunse,
ci ha fatto sapere, che certi Sacerdoti ogni sera uniti coi secolari fanno
delle combricole sopra la Stella, e congetturasi, che sia una setta di
Molinisti. Rincorollo il Mazzini; e disbrigandoli disse: Che poteva star sicuro, che non ci era cosa
di male.
Gran bene faceva
Alfonso in Napoli con queste sue conferenze.
Anche al presente si
sono veduti vivere con esemplarità molti, che giovanetti vi erano intervenuti.
Tanti e tanti si dedicarono a Dio nello stato di Laici in varie Comunità. Tre
so, che si fecero Alcantarini; ed uno di questi e il Fratello Giuseppe da Napoli, che ancor vive, ed altri, che benchè
restati nel secolo, hanno menata una vita tutta santa.
Conosco io e sono noti
in tutta Napoli, un vecchio venditor di farina chiamato Giuseppe il Santo al Mercato; Ignazio Chianese vasaio al ponte
della Madalena; e Bartolomeo d'Auria venditore d'Istoriette, e libri vecchi:
tutti e tre uomini di sopraffina virtù. Si sanno Bernardino Vitale vaccinaro,
Pasquale Sorrentino anche farinaio, un certo Giuseppe Falegname, un Matteo Ortolano, Gennaro Camparotolo
Sensale agli Orefici, Giuseppe Carrozziere, Agnello Fabricatore di fuochi
artificiali, ed un Francesco Stampatore, venerati tutti per Anime innamorate di
Gesù Cristo. Sono noti, omettendo tanti e tanti e tanti altri, Antuono o sia
Antonio Pennino, che vendendo uova per Napoli, rescattava Anime dall'Inferno,
che anche morto conparendo a taluni li distolse dal peccare; Nardiello, o sia
Leonardo Cristano, che benchè per Napoli, col somaro avanti andasse vendendo
chiappari e castagne, tuttavolta guadagnava Anime a Gesù Cristo.
Questi tutti e due
operarono prodigi in vita e dopo morte. Uno ebbe particolar sepoltura da' Padri
Gesuiti nella Chiesa del Carminello al Mercato; e l'altro in quella di S.
Arcangelo all'Arena: ma di Nardiello
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abbiamo stampata la vita dal Dottor Vincenzo Tino presso i
Fratelli di Paci nel 1776.
Questi, ed altra simil gente erano i cariti penitenti
di Alfonso.
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