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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO I
    • CAPITOLO 14 Anima Alfonso i più zelanti de' suoi penitenti a voler fare tra di essi le solite spirituali conferenze, e con questo ne risulta la grand'Opera delle Cappelle.
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CAPITOLO 14

Anima Alfonso i più zelanti de' suoi penitenti a voler fare tra di essi le solite spirituali conferenze, e con questo ne risulta la grand'Opera delle Cappelle.

 


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Se trionfò l'Inferno, vedendo dimessa l'unione, uopo é dire, che sconfitto restò nella sua medesima vittoria; anzi ne risultò un'Opera di maggior bene dell'Anime, e di maggior gloria di Dio.

Avendo conosciuto Alfonso il grand'utile, che risultava dalle passate conferenze, insinuò a Pietro Barbarese,  e ad altri suoi fervorosi penitenti, che adoprati si fossero nel Mercato, e nei rispettivi luoghi ad istruire dei poveri Lazzarelli, ed altra gente minuta. Il Barbarese, che sperimentato aveva in se il profitto, animato da Alfonso, incominciò ad istruire in varie pratiche di pietà varii Facchinelli nella Bottega di un Barbiere avanti la Chiesa del Carmine. Sminuzzava il buon uomo il miglior che poteva, qualche massima Evangelica: istruiva quella gente nelle cose necessarie; ed animava ognuno a visitare il Sacramento, ed alla divozione di Maria Santissima: Similmente per un quarto d'ora porgeva loro praticamente la meditazione o sopra i novissimi, o sopra la Passione di Gesù Cristo; ed in tutto trattenevali circa un'ora.

Essendo cresciuto il numero, e vedendosi il bene, che risultava, fu insinuato a Pietro dal Sacersote D. Giuseppe Gargano, che fatto avesse una tal opera di pietà nella Cappella de' Berrettari. Lo fece il Barbarese, e vi concorrevano ogni sera in quella Cappella fino a sessanta tra giovanetti, ed altri di avanzata età.

 

Luca Nardone anch'esso, come il Barbarese, perchè infarinato di lettere, pose Cattedra in altro luogo, e faceva raccolta di simil gente. Al largo della Pignasecca un Barbiere, altro fervoroso Penitente di Alfonso, facevala ancora da teologo, e da Direttore di Anime. Così in altri luoghi di Napoli vedevansi gli assemblisti delle costatelle tirar anime a Dio, strapparle all'Inferno, e rifugiarle nel Costato di Gesù Cristo.

Alfonso girava, passando spesso spesso da una in un'altra adunanza, animando i suoi alla grand'Opera, ed incagiando altri al Crocefisso.

 

Uno di questa adunanza fu Frate Angiolo da Napoli, esemplarissimo Alcantarino, morto non ha guari ottagenario, e con fama di gran virtù. Giovanetto esercitava il mestiere di Battilano.

Un giorno di Domenica, essendo entrato, per radersi la barba, nella Bottega dell'anzidetto Barbiere, vede varie persone dozzinali, che disinvolte intromettevansi


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in un luogo deretano. Curioso entra anch'esso, e ritrova in una stanza quantità di persone, chi a sedere, e chi ginocchioni, avanti un Altarino, ove, accerchiata da lumi, eravi una statua di Maria Santissima. Avendo domandato cosa ivi si facesse, gli fu detto: Qui viene ad istruirci D. Alfonso Liguori nelle cose della Santa Fede; e mancando esso, supplisce il Mastro. Si ferma il Giovanetto. Non essendo venuto Alfonso, il Barbiere fecelo da Catechista, e si soddisfece da tutti a varj atti di pietà. Restò così preso il Battilano, che non lasciò frequentare l'adunanza, e tocco dalla Grazia lasciò il Mondo, e fecesi Alcantarino in S. Lucia del Monte.

 

Tra le tante di queste fortunate Adunanze, vili agli occhi del Mondo, ma gloriose innanzi a Dio, Pietro Barbarese n'aveva la più numerosa.

Una delle sere nell'atto, che il Canonico Romano stavasi divertendo alla Pietra del Pesce con altri Sacerdoti, passando di persona confidente: Vostra Signoria, disse al Canonico, se la sta divertendo; venga, e veda che fa al Mercato Pietro Barbarese, che resterà stupito. Curioso il Canonico ci si portò; ma veggendolo il Barbarese, si leva da sedere, cede il luogo, e tacque; e se ripigliò la parola nol fece che astretto, e comandato. Avendo il Canonico dato parte all'Eminentissimo Pignatelli, se ne consolò questi in sentire, che un Secolare oprava un tanto bene. Volle bensì ch'egli il Canonico si avesse preso l'incarico d'istruire quella gente. Pietro, avendo ceduto il posto intavolò in casa sua un'altra unione di Lazari, e Facchinelli.

Vedendosi il gran bene che da queste Adunanze tuttogiorno risultava animò Alfonso altri ferventi penitenti e piantar delle simili in varj luoghi della Città. Così incoraggiti vedevansi per Napoli questi zelanti Penitenti impiegarsi in tirar anime a Gesù Cristo, condurle alle Adunanze, ed invogliarle ai Sacramenti, ed alle virtù cristiane. Alfonso di volta in volta visitavale; finiva di consolarsi di questa grand'Opera. Anche quando portavasi in Napoli, fondata che ebbe la Congregazione, non lasciava visitare queste sue care Adunanze, ed invogliarle a perseverare nel divino servizio, ed a tirare nuove Anime a Gesù Cristo. Consolavasi soprattutto, che da un'Opera contraddetta dall'Inferno, erane risultata un'altra più grande, e di maggior gloria di Dio.

 

Dilatata l'Opera, concorrendoci anch'esso l'Eminentissimo Pignatelli, e maggiormente sistemata ove prima le Adunanze tenevansi nelle Case, e Botteghe, in seguito ebbero Oratorj pubblici, e Cappelle.

Ogni sera, suonate le ventiquattro, ed è quello che si fa di presente, per circa un'ora e mezza, si esercitava la buona gente in varj atti di pietà. Recitavasi il SS. Rosario, cogli Atti di Fede, Speranza, e Carità. Indi ci era mezz'ora di Catechismo fu i doveri cristiani; e pratticamente ancora si sminuzzavano le parti di orare mentalmente. Ogni Sabbato poi,


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si ascoltavano le Confessioni da zelanti Sacerdoti a tal effetto invitati. La mattina di Domenica essendosi fatta mezz'ora di meditazione su la Passione di Gesù Cristo, si diceva la Messa, e fatta l'esposizione del Venerabile, ci era la Comunione con farsi dal Sacerdote un fervorino per Apparecchio, e Ringraziamento, susseguendoci più Messe. Ricevuta la benedizione, ritiravansi a casa.

Il giorno tutti uniti portavansi in qualche Chiesa alla visita del Sacramento, e di Maria SS. Soddisfatta la propria divozione, conducevansi in qualche campagna non frequentata, o in qualche Chiostro, essendo Inverno. Ivi sollevavansi con onesti divertimenti, e con discorsi santi. Fatto sera cantando divote Canzoni erasi di nuovo alla Cappella per gli soliti esercizj. Ed in ogni Adunanza contavansi i cento, centotrenta e cencinquanta.

 

In seguito si prefissero il sollievo de' poveri ammalati negli Ospedali. La Domenica portavansi uniti il dopo Vespero in quello degl'Incurabili, ed il Giovedi nell'altro dell'Annunciata. Chi rifaceva i letti, e purgavali dagl'insetti, chi agli Infermi lavava le mani, e tagliava le unghie: chi puliva e spazzava la Corsea: e chi impiegavasi in altri servizj.

Maggiormente impegnavasi per lo bene spirituale. Animavano que' poveretti alla pazienza, e disponevanli a ricevere i Sagramenti, con istruirsi la gente idiota nelle cose necessarie. I medesimi Confessori ritrovando di questi ignoranti, tirando i laccetti nelle Tabelle dei letti, li designavano, e cedevano ai nostri Cappellisti. Serviti, e confortati nello spirito gli ammalati, si esponeva a capo or di una, or di un'altra Corsea il Venerabile, e recitato da zelanti Sacerdoti in ogni Corsea un istruttivo Sermone su gli effetti specialmente del peccato, o per li morti feriti in quella settimana, o per altri mali che ivi si soffrono, portavasi il Venerabile per tutte le Corsee, consolandosi gl'Infermi colla sua benedizione. Indi tutti alla campagna, come si è detto.

 

Non altrimente per opera di Alfonso, e de' suoi Penitenti ebbero origine in Napoli le Cappelle, dette così, perchè l'origine fu nella Cappella de' Barrettari. Ora sono in numero settantacinque, e si sa da ognuno il gran bene che ne ritraggono gli artieri, e la gente più minuta.

Veggonsi assistite queste Cappelle da zelanti Sacerdoti; e di presente sono la gioja più cara degli Arcivescovi di Napoli. Non ci è pagamento in queste Adunanze, Officiali, ed altre formalità. La porta è aperta a tutti; e più si gode, se vi entra gente discola e scostumata. Anche per le donne, come attestava il mentovato Fra Angiolo, intrecciato aveva Alfonso una simile scuola, dirigendo una savia donna tutte le altre, ed egli non mancava visitarla; ma quest'opera non ebbe durata.

 

Visse molto vecchio il Barbarese, ma sempre impiegato, come lo fu il Nardone in questi esercizj di sommo zelo.

L'unica volta, che fu


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in Napoli Alfonso, essendo già Vescovo, subito che si seppe dal Barbarese, che predicava in varie Chiese, famelico corse per approfittarsi. Vedendolo Alfonso nell'Ospedale dell'Annunziata: Che fai tu qui, gli disse con un sorriso: Sono venuto a sentire lo Spirito Santo, rispose il Barbarese.

Morì questo degno figlio di Alfonso, e zelante Operario di Gesù Cristo in giorno di Sabbato a' 19 Settembre 1767 la notte precedente alla Festa de' dolori di Maria Santissima. Fu seppellito da' Padri Gesuiti nella Congregazione di Maria Addolorata, eretta nella lor Chiesa del Carminello al Mercato. Il suo cadavere non sembrava morto, ma vivo. Vedevasi talmente vegeto e flessibile, che il P. Caracciolo, ed altri di que' Padri non saziavansi di maneggiarlo, vedevano l'ora, ancorchè avanzata la notte, di dargli sepoltura. Morì con fama di gran Santità: se ne ritrasse l'effigie, e fu situato il suo deposito, come di un Santo, in luogo separato,  dietro l'Altare Maggiore di quella pia Adunanza.

Non sappiamo la morte del Nardone: sappiamo bensì, che anche questi morì da Santo, carico di meriti, e di virtù; e che fu posto il suo cadavere anche in luogo a parte nella Chiesa di S. Matteo al Lavinaro.

Ma ritorniamo ad Alfonso.




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