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CAPITOLO 14
Anima Alfonso i più zelanti de' suoi penitenti a voler
fare tra di essi le solite spirituali conferenze, e con questo ne risulta la
grand'Opera delle Cappelle.
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Se trionfò l'Inferno,
vedendo dimessa l'unione, uopo é dire, che sconfitto restò nella sua medesima
vittoria; anzi ne risultò un'Opera di maggior bene dell'Anime, e di maggior
gloria di Dio.
Avendo conosciuto
Alfonso il grand'utile, che risultava dalle passate conferenze, insinuò a
Pietro Barbarese, e ad altri suoi
fervorosi penitenti, che adoprati si fossero nel Mercato, e nei rispettivi
luoghi ad istruire dei poveri Lazzarelli, ed altra gente minuta. Il Barbarese,
che sperimentato aveva in se il profitto, animato da Alfonso, incominciò ad
istruire in varie pratiche di pietà varii Facchinelli nella Bottega di un
Barbiere avanti la Chiesa del Carmine. Sminuzzava il buon uomo il miglior che
poteva, qualche massima Evangelica: istruiva quella gente nelle cose
necessarie; ed animava ognuno a visitare il Sacramento, ed alla divozione di
Maria Santissima: Similmente per un quarto d'ora porgeva loro praticamente la
meditazione o sopra i novissimi, o sopra la Passione di Gesù Cristo; ed in
tutto trattenevali circa un'ora.
Essendo cresciuto il
numero, e vedendosi il bene, che risultava, fu insinuato a Pietro dal Sacersote
D. Giuseppe Gargano, che fatto avesse una tal opera di pietà
nella Cappella de' Berrettari. Lo fece il Barbarese, e vi concorrevano ogni
sera in quella Cappella fino a sessanta tra giovanetti, ed altri di avanzata
età.
Luca Nardone anch'esso,
come il Barbarese, perchè infarinato di lettere, pose Cattedra in altro luogo,
e faceva raccolta di simil gente. Al largo della Pignasecca un Barbiere, altro
fervoroso Penitente di Alfonso, facevala ancora da teologo, e da Direttore di
Anime. Così in altri luoghi di Napoli vedevansi gli assemblisti delle costatelle tirar anime a Dio, strapparle
all'Inferno, e rifugiarle nel Costato di Gesù Cristo.
Alfonso girava,
passando spesso spesso da una in un'altra adunanza, animando i suoi alla
grand'Opera, ed incagiando altri al Crocefisso.
Uno di questa adunanza
fu Frate Angiolo da Napoli, esemplarissimo Alcantarino, morto non ha guari
ottagenario, e con fama di gran virtù. Giovanetto esercitava il mestiere di
Battilano.
Un giorno di Domenica,
essendo entrato, per radersi la barba, nella Bottega dell'anzidetto Barbiere,
vede varie persone dozzinali, che disinvolte intromettevansi - 48 -
in un luogo deretano.
Curioso entra anch'esso, e ritrova in una stanza quantità di persone, chi a
sedere, e chi ginocchioni, avanti un Altarino, ove, accerchiata da lumi, eravi
una statua di Maria Santissima. Avendo domandato cosa ivi si facesse, gli fu
detto: Qui viene ad istruirci D. Alfonso
Liguori nelle cose della Santa Fede; e mancando esso, supplisce il Mastro.
Si ferma il Giovanetto. Non essendo venuto Alfonso, il Barbiere fecelo da
Catechista, e si soddisfece da tutti a varj atti di pietà. Restò così preso il
Battilano, che non lasciò frequentare l'adunanza, e tocco dalla Grazia lasciò
il Mondo, e fecesi Alcantarino in S. Lucia del Monte.
Tra le tante di queste
fortunate Adunanze, vili agli occhi del Mondo, ma gloriose innanzi a Dio,
Pietro Barbarese n'aveva la più numerosa.
Una delle sere
nell'atto, che il Canonico Romano stavasi divertendo alla Pietra del Pesce con
altri Sacerdoti, passando di là persona confidente: Vostra Signoria, disse al Canonico, se la sta divertendo; venga, e veda che fa al Mercato Pietro
Barbarese, che resterà stupito. Curioso il Canonico ci si portò; ma
veggendolo il Barbarese, si leva da sedere, cede il luogo, e tacque; e se
ripigliò la parola nol fece che astretto, e comandato. Avendo il Canonico dato
parte all'Eminentissimo Pignatelli, se ne consolò questi in sentire, che un
Secolare oprava un tanto bene. Volle bensì ch'egli il Canonico si avesse preso
l'incarico d'istruire quella gente. Pietro, avendo ceduto il posto intavolò in
casa sua un'altra unione di Lazari, e Facchinelli.
Vedendosi il gran bene
che da queste Adunanze tuttogiorno risultava animò Alfonso altri ferventi
penitenti e piantar delle simili in varj luoghi della Città. Così incoraggiti
vedevansi per Napoli questi zelanti Penitenti impiegarsi in tirar anime a Gesù
Cristo, condurle alle Adunanze, ed invogliarle ai Sacramenti, ed alle virtù
cristiane. Alfonso di volta in volta visitavale; nè finiva di consolarsi di
questa grand'Opera. Anche quando portavasi in Napoli, fondata che ebbe la
Congregazione, non lasciava visitare queste sue care Adunanze, ed invogliarle a
perseverare nel divino servizio, ed a tirare nuove Anime a Gesù Cristo.
Consolavasi soprattutto, che da un'Opera contraddetta dall'Inferno, erane
risultata un'altra più grande, e di maggior gloria di Dio.
Dilatata l'Opera,
concorrendoci anch'esso l'Eminentissimo Pignatelli, e maggiormente sistemata
ove prima le Adunanze tenevansi nelle Case, e Botteghe, in seguito ebbero
Oratorj pubblici, e Cappelle.
Ogni sera, suonate le
ventiquattro, ed è quello che si fa di presente, per circa un'ora e mezza, si
esercitava la buona gente in varj atti di pietà. Recitavasi il SS. Rosario,
cogli Atti di Fede, Speranza, e Carità. Indi ci era mezz'ora di Catechismo fu i
doveri cristiani; e pratticamente ancora si sminuzzavano le parti di orare
mentalmente. Ogni Sabbato poi, - 49 -
si ascoltavano le Confessioni da zelanti Sacerdoti a tal effetto invitati. La mattina
di Domenica essendosi fatta mezz'ora di meditazione su la Passione di Gesù
Cristo, si diceva la Messa, e fatta l'esposizione del Venerabile, ci era la
Comunione con farsi dal Sacerdote un fervorino per Apparecchio, e
Ringraziamento, susseguendoci più Messe. Ricevuta la benedizione, ritiravansi a
casa.
Il giorno tutti uniti
portavansi in qualche Chiesa alla visita del Sacramento, e di Maria SS.
Soddisfatta la propria divozione, conducevansi in qualche campagna non
frequentata, o in qualche Chiostro, essendo Inverno. Ivi sollevavansi con
onesti divertimenti, e con discorsi santi. Fatto sera cantando divote Canzoni
erasi di nuovo alla Cappella per gli soliti esercizj. Ed in ogni Adunanza
contavansi i cento, centotrenta e cencinquanta.
In seguito si prefissero
il sollievo de' poveri ammalati negli Ospedali. La Domenica portavansi uniti il
dopo Vespero in quello degl'Incurabili, ed il Giovedi nell'altro
dell'Annunciata. Chi rifaceva i letti, e purgavali dagl'insetti, chi agli
Infermi lavava le mani, e tagliava le unghie: chi puliva e spazzava la Corsea: e chi impiegavasi in altri
servizj.
Maggiormente
impegnavasi per lo bene spirituale. Animavano que' poveretti alla pazienza, e
disponevanli a ricevere i Sagramenti, con istruirsi la gente idiota nelle cose
necessarie. I medesimi Confessori ritrovando di questi ignoranti, tirando i
laccetti nelle Tabelle dei letti, li designavano, e cedevano ai nostri
Cappellisti. Serviti, e confortati nello spirito gli ammalati, si esponeva a
capo or di una, or di un'altra Corsea
il Venerabile, e recitato da zelanti Sacerdoti in ogni Corsea un istruttivo
Sermone su gli effetti specialmente del peccato, o per li morti feriti in
quella settimana, o per altri mali che ivi si soffrono, portavasi il Venerabile
per tutte le Corsee, consolandosi
gl'Infermi colla sua benedizione. Indi tutti alla campagna, come si è detto.
Non altrimente per
opera di Alfonso, e de' suoi Penitenti ebbero origine in Napoli le Cappelle, dette così, perchè l'origine
fu nella Cappella de' Barrettari. Ora sono in numero settantacinque, e si sa da
ognuno il gran bene che ne ritraggono gli artieri, e la gente più minuta.
Veggonsi assistite
queste Cappelle da zelanti Sacerdoti; e di presente sono la gioja più cara
degli Arcivescovi di Napoli. Non ci è pagamento in queste Adunanze, nè
Officiali, ed altre formalità. La porta è aperta a tutti; e più si gode, se vi
entra gente discola e scostumata. Anche per le donne, come attestava il
mentovato Fra Angiolo, intrecciato aveva Alfonso una simile scuola, dirigendo
una savia donna tutte le altre, ed egli non mancava visitarla; ma quest'opera
non ebbe durata.
Visse molto vecchio il
Barbarese, ma sempre impiegato, come lo fu il Nardone in questi esercizj di
sommo zelo.
L'unica volta, che fu - 50 -
in Napoli Alfonso,
essendo già Vescovo, subito che si seppe dal Barbarese, che predicava in varie
Chiese, famelico corse per approfittarsi. Vedendolo Alfonso nell'Ospedale
dell'Annunziata: Che fai tu qui, gli
disse con un sorriso: Sono venuto a
sentire lo Spirito Santo, rispose il Barbarese.
Morì questo degno
figlio di Alfonso, e zelante Operario di Gesù Cristo in giorno di Sabbato a' 19
Settembre 1767 la notte precedente alla Festa de' dolori di Maria Santissima.
Fu seppellito da' Padri Gesuiti nella Congregazione di Maria Addolorata, eretta
nella lor Chiesa del Carminello al Mercato. Il suo cadavere non sembrava morto,
ma vivo. Vedevasi talmente vegeto e flessibile, che il P. Caracciolo, ed altri
di que' Padri non saziavansi di maneggiarlo, nè vedevano l'ora, ancorchè
avanzata la notte, di dargli sepoltura. Morì con fama di gran Santità: se ne
ritrasse l'effigie, e fu situato il suo deposito, come di un Santo, in luogo
separato, dietro l'Altare Maggiore di
quella pia Adunanza.
Non sappiamo la morte
del Nardone: sappiamo bensì, che anche questi morì da Santo, carico di meriti,
e di virtù; e che fu posto il suo cadavere anche in luogo a parte nella Chiesa
di S. Matteo al Lavinaro.
Ma ritorniamo ad Alfonso.
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