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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO I
    • CAPITOLO 17 Come, ed in quale occasione si vide animato Alfonso a fondare la sua Congregazione in ajuto delle Anime abbandonate.
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CAPITOLO 17

Come, ed in quale occasione si vide animato Alfonso a fondare la sua Congregazione in ajuto delle Anime abbandonate.

 


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Non pervenne Alfonso in Napoli, dopo la campagna fatta in Provincia di Lecce, e di Bari, che molto consumato. I compagni, che più l'amavano, D. Giuseppe Porpora, D. Giovanni Mazzini,


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e D. Giuseppe Jorio, ed altri, vedendolo sfinito e debilitato nelle forze, pensarono, per ristorarlo, cavarlo fuori di Napoli, e farlo sollevare in qualche amena campagna. Varie pensate si fecero che non si stimarono convenienti; ma avendo proposto D. Giuseppe Panza, Gentiluomo e Sacerdote della Città di Amalfi, un Romitaggio troppo ameno in vicinanza di quella Città, perchè sopra un colle ed in faccia al mare, piacque a tutti il progetto; e furono di comitiva in Alfonso D. Giuseppe Jorio, D. Giovanni Mazzini, il Panza, ed altri due, che s'ignorano.

 

Il viaggio per mare non si ebbe troppo prospero. In vece di tirarsi ad Amalfi, a stento si approdò a Minori. Essendosi ristorati, bonacciato il mare, si portarono in Amalfi.

Mentre ivi stavano complimentando Monsign. Scorza, che n'era Arcivescovo, giunge in tempo il Canonico D. Matteo Criscuoli Vicario di Scala. Usciti in discorso del motivo del loro viaggio, perchè, disse il Criscuoli, non venirvene a S. Maria de' Monti sopra Scala? Ivi vi è un Romitaggio con sufficiente abitazione; potreste sollevarvi, ed anche far del bene a tanti poveri caprai, che vi dimorano, e vivono abbandonati, ed io, soggiunse, vi do ogni mia facoltà, e giurisdizione. Non dispiacque il partito. Maggiormente piacque ad Alfonso, per l'occasione, che se li presentava, di poter far del bene a que' poveri campagnuoli.

 

Avvalendosi Alfonso in S. Maria de' Monti delle finezze, e facoltà ricevute dal Vicario Criscuolo, non mancò situarvi il SS. Sacramento. Quivi nell'atto che dava sollievo al Corpo, ricreavasi nello spirito colla presenza di Gesù Sacramentato.

Fattosi noto il loro arrivo, si videro subito accerchiati i Missionarj da Pastori, e Capraj, e da altra gente, che dispersa ne stava per quelle campagne. Non è credibile quanto questo concorso fosse di consolazione ad Alfonso. Così egli, che compagni si posero a catechizzare che contadini ed a ricevere con tutta carità le confessioni. Dandosi quei Pastori l'un l'altro la voce, vi concorse altra gente; e riuscì la villeggiatura per i Missionarj una continuata, ma fruttuosa Missione.

 

Fu questa l'occasione e così Iddio fe conoscere ad Alfonso il gran bisogno spirituale, che si soffre dalle tante Anime, che prive de' Sacramenti e della Divina parola, abbandonati marciscono per le campagne, e Paesetti rurali. Raccontava ei medesimo, che buona parte di quei contadini vivevano all'intutto dimentichi di Dio; e quello ch'è più, perchè lontani da' Paesi, ignorati ancora delle cose più necessarie; anzi tanti e tanti non si potevano abilitare alla Confessione, se prima non si istruivano, e dirozzavanzi ne' primi rudimenti della Fede.

 

Sparsa la voce nella Città di Scala, che il celebre Missionario Alfonso Liguori, con altri Sacerdoti, stava sopra S. Maria de' Monti,


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e del gran bene, che operava in beneficio di que' tanti villani, più non vi volle, per invogliare i Signori Scalesi a voler godere anch'essi dello zelo di Alfonso, se non altro, di un sermone.. Non fu minore il desiderio, che n'ebbe Monsignor Santoro, che vi era Vescovo. Questi voglioso di conoscere Alfonso, di cui ne sentiva predicare lo zelo, senza perdita di tempo, invitollo a voler consolare, e sodisfare il desiderio di quel pubblico, nella prossima Domenica, correndo quella tra l'ottava del Corpo del Signore.

Accettò l'invito Alfonso; e si può dire, che questa sola Predica operò nella Città di Scala quello che operar poteva un'intera Missione. Furono così vivi, e così calzanti i motivi, ch'ei diede, per innamorarli di Gesù Sacramentato, e così grande l'abbominio, che aver si debba per tutto ciò ch'è peccato, che tutto l'uditorio non solo pianse, ma prorompere si vide in singhiozzi e schiamazzi, e tali che anche s'intesero nel vicino Conservatorio delle Monache del Salvatore.

 L'idea che si aveva del Predicatore, e per questa tale mozione succeduta così sensibile nel popolo, invogliò le Monache a volerlo anch'esse sentire. Pregato Alfonso da Monsignor Santoro, non lasciò compiacerle; e non fu poco il profitto, che ritrassero le Monache da questa sua Predica. Restò così preso Monsignor Santoro per Alfonso, che non l'avrebbe voluto partito da Scala: lo pregò bensì a volerlo compiacere per una Novena al popolo, nel prossimo Mese di Settembre, correndo allora in quella Cattedrale la Festa del Santissimo Crocefisso. Così l'invitarono ancora le Monache, per dar loro nel medesimo tempo li santi Esercizj.

 

Tale fu la villegiatura di Alfonso, e de' suoi Compagni nella Città di Scala; ma se partì, non partì di certo col cuore da S.Maria de' Monti, si lasciò addietro i suoi diletti Pastori, e Caprari. Considerando il loro bisogno ne piangeva, e pregava Iddio a voler prescegliere, tra' figli di Abramo, chi fosse per interessarsi per loro bene.

Nel Settembre non mancò Alfonso, come aveva promesso, portarsi di nuovo nella Città di Scala, e seco per compagno condusse ancora il suo indivisibile amico D. Giovanni Mazzini. Fece nella Cattedrale la Novena del Crocifisso con gran concorso, e con maggior compunzione di quel popolo, e de' luoghi vicini; e consolò ancora co' santi Esercizj, siccome desideravano, anche le Monache del Salvatore. Iddio che in Scala aveva cominciato ad abbozzare nel cuore di Alfonso i primi disegni dell'Opera sua, anche in Scala con altro tratto di Provvidenza, volle perfezionarli.

 

Viveva in quel conservatorio una Religiosa di santa vita, molto favorita da Dio. Questa niente consapevole di quello passava per capo ad Alfonso, in un estasi ch'ebbe, vide in ispirito, e fu nel giorno terzo di Ottobre 1731 una nuova Congregazione di Preti tutta sollecita


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in ajutare milioni di anime, che abbandonate vivevano, e senza ajuto in tanti villaggi, e contadi; e tra questi Alfonso, che presedeva a tutti. Nel tempo medesimo s'intese dire: quest'Anima è quella, che ho eletta per capo di quest'Opera di mia gloria.

Conferendo la Religiosa con Alfonso di cose di sua coscienza, li manifestò ancora quanto in ispirito aveva veduto, e cosa Iddio voleva da lui. Restò sorpreso Alfonso a tal novità; e fattosi presente i lumi che continuavano, e le spinte, che per quest'Opera ricevute aveva da Dio sopra S. Maria de' Monti, non seppe che dire. Riflettendo, e diffidando di se, ancorchè in cuor suo si vedesse presente in tanti Pastori, e Caprari, che abandonati chiedevangli soccorso, non mancò disprezzare la visione, e trattar la Religiosa da pazza e fantastica.

Si confondeva, ma non si arrendeva la Monaca; e quanto più Alfonso la contrariava, quella tanto più insistiva, che Iddio voleva da lui una tal' Opera in sussidio de' villani, e delle anime più abbandonate.

 

Ritirato che fu in casa, vedevasi Alfonso cogitabondo, e disturbato. Richiesto dal Mazzini così agitato, titubava comunicarli l'accaduto. Cosa ci è stata colla Monaca, replicò il Mazzini, ma cosa di confessione non è; perchè vi ho inteso alzar la voce, e contrastare. Pressato, lo fece. Anzichè disprezzare il Mazzini la visione e dissuaderlo, maggiormente l'incoraggisce; poteva mettersi in dubbio della Religiosa, essendo bastantemente nota la di lei santità. Quest'opera manca in questo Regno, li disse, e non sappiamo cosa voglia Iddio da Voi.

Operava la grazia in Alfonso; ma dissidando sempre di se, non sapeva a qual partito appigliarsi. Tutto va bene, rispose, e i compagni ove sono? eccomi qua, rispose il Mazzini: son io con voi; mancheranno altri Sacerdoti, che con noi s'invoglieranno, per un Opera di tanta gloria di Dio.

 

Mentre le cose così passavano tra Alfonso, ed il Mazzini, capitò nella Città di Scala Monsignor Falcoja Vescovo di Castellammare, uomo, come è noto, di sperimentata santità, e molto illuminato nelle cose dello spirito. Tale lo era ancora Monsignor Santoro: ma non era nuovo ad Alfonso il Falcoja, avendolo avuto in pratica in Napoli sopra i Cinesi.

Animato dal Mazzini, conferì con questi Prelati i lumi ricevuti da Dio sopra S. Maria de' Monti, e quello che spacciava aver veduto in ispirito la consaputa Religiosa. Tutti e due, avendo per più giorni esaminato e ponderato il tutto, furono d'accordo, che i suoi lumi erano da Dio, e che non vi era cosa da dubbitare per parte della Monaca. Sono troppo note, dissero, la perfezione del suo spirito, e le grazie, che di continuo riceve da Dio a

 

Ammirò in questo incidente


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Monsignor Falcoja un tratto di special Provvidenza. Una simile Opera aveva egli desiderata nel Regno fin da che era Arcivescovo in Lanciano. Compassionando il buon Prelato tanti villagi, e lochetti, in dove, o perchè non giungono, o non sono che di passaggio i Missionarj, si veggono le Anime derelitte, e prive di soccorsi spirituali.

In sentire la spinta, che Alfonso sperimentava nel cuore, per un Opera di tanta gloria di Dio, e di tanto bene delle Anime, se ne consolò, ne rese grazie a Dio, ed animò Alfonso a sollecitamente abbracciarla.

Tanto passò in Scala con Alfonso tra Monsignor Santoro, e Monsignor Falcoja; ma Alfonso se non si diede addietro, per lo meno restò sospeso, e riserbò quant'occorreva al prudente discernimento del suo proprio Direttore il P. D. Tommaso Pagano.

 

Posizione Originale Nota - Libro I, Cap. XVII, pag. 64




a Lo spirito di profezia nelle Anime elette, i lumi di Dio, e le sue comunicazioni non mancarono, né sono per mancare nella Chiesa di Gesù Cristo. Questa Religiosa fu Suor Maria Celeste Crostarosa. Per queste sue illustrazioni, e presagimenti soffrì la poverina nel Conservatorio di Scala molti travagli, e contraddizioni. Iddio però autenticò cogli effetti quanto gli fosse cara. Espulsa di , rifornò a Nocera nel Casale detto i Pareti un Conservatorio di figliuole: e chiamata nella Città di Foggia, eresse un altro di figliuole nobili, che di presente sotto il titolo del Salvatore fa l'edificazione di quella Città, ed il sollievo delle case nobili di quella Provincia.

Passò a miglior vita in Foggia Suor Maria Celeste con fama di eroiche virtù a' di 14 settembre 1755. Il suo corpo è peranche vegeto, ed intero, che le Monache, sempre che si apre la tomba, morendo qualche Sorella, sogliono cambiarle la tonaca. Trent'anni dopo il suo passaggio all'altra vita, e propriamente nel primo di Gennaro 1785, volendosi rivestire, nel levarle la camicia, ritrovossi questa attaccata al femore del piede destro e strappandola ne uscì tal copia di sangue, che la Religiosa restò imbrattata nelle mani. Similmente a' 18 ottobre 1788 rivedendosi in Cadavere, si rinvenne il fazzoletto, che se l'era posto sul volto nel 1755 tutto insanguinato in quella parte che corrispondeva alla bocca. Di questo se ne fece un atto con tre Notari da Monsignor Saggese Vescovo di Montepeloso, e Vicario in quel tempo del Conservatorio, coll'intervento di varj Ecclesiastici, e Gentiluomini. Sarà sempre viva in Foggia la memoria di questa gran Donna, e gran Serva di Dio.






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