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Cap.19
Approva ad Alfonso il Ven. P. Fiorillo la sua
vocazione, e ritrovasi in altri nuovi imbarazzi.
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Avendo inteso il P. F.
Ludovico Fiorillo i lumi, che Alfonso ricevuto aveva da Dio nella Città di
Scala sopra S. Maria de' Monti e quelli che tuttavia stava ricevendo: S. Luigi Beltrando, gli disse, chiese sei mesi di tempo, per rispondere a
S. Teresa, così anch'io dico a voi: Non solo sei mesi, ma pigliatevene un'anno,
rispose Alfonso. Essendoci ritornato dopo qualche giorno il Ven. P.
abbracciandolo, tutto lieto gli disse: andate,
e fatevi coraggio, che l'Opera è tutta di Dio: buttatevi nelle mani di Dio come
si butta una pietra, che casca di sopra un monte dentro una valle: persuadetevi
che avrete delle contradizioni; ma fidate in Dio, che Iddio vi ajuterà.
Aveva il P. Fiorillo
varie opere di gloria di Dio nella Città di Napoli; e dubbitando disgustarsi il
Clero, ed essere attraversato nei suoi santi disegni, impose ad Alfonso di non
manifestare con veruno i suoi sentimenti; nè che più fosse andato a ritrovarlo.
Accertato Alfonso del
volere di Dio, respirò, e più non vi volle per farlo risolvere di far acquisto
di Soggetti, e metter mano all'Opera. Lo garantivano in questo anche i medesimi
PP. Manulio, e Cutica.
Essendosi raccomandato al medesimo P. Fiorillo per qualche Soggetto, ne
ricevette questa risposta. Stimo quì rapportarla per intiera, perchè tutta si
raggira in compruova deil'Opera.
"Stima V. S., così egli si spiega, che io avessi
lasciato, e scordato il negozio, ch'è di tanta gloria del Signore. Ora più che mai
l'ho a cuore. Stia allegro, e si fidi di Dio, perchè Egli le darà tutta la sua
assistenza in questa causa tanto cara a lui. Io non ho Soggetti, ma se mi
capita qualcheduno, la servirò. Vorrei esser Prete di nuovo per avere la
fortuna di venire a portarle i fangotti appresso. Non si dia a dietro per li
pochi Soggetti, perchè il Signore li manderà in seguito, e li pochi buoni
faranno per molti. La benedico in Nome di Gesù, e di Maria, e facendoli
umilissima riverenza l'abbraccio caramente nella Carità del Signore". Da
S. Domenico Maggiore.
Sparsa la voce, non di
altro si parlava per tutta Napoli, che della nuova Congregazione, e del preteso
Fondatore. Questo era l'ordinario soggetto de' Caffè, e delle Conversazioni.
Vedendo le comuni derisioni i Fratelli della Congregazione di Propaganda, erano
essi i primi a prevenirne gli altri, e chi caricavalo di vitupero da una parte,
e chi per l'altra; nè soffrivano che Alfonso denominato si fosse più loro
Confratello.
Vivevano in ispezialità
amareggiati per questo, ed afflitti - 70 -
in estremo i due rispettabili Canonici Torni, e Gizzio, come più
interessati per Alfonso, l'uno perchè Maestro, l'altro perchè Zio; e tutti e
due per la propria Congregazione. Credevano questi, che non fosse per approvare
il Ven. P. Fiorillo una tale risoluzione, e così credevano, che dissentisse
anche il P. D. Tommaso Pagano.
Un giorno tra gli
altri, vedendo persistere Alfonso nella sua determinazione, avendoselo chiamato
sopra la Chiesa detta la Cesaria; e ritrovandolo costante ne' suoi sentimenti,
non mancarono rimproverargli a piè fermo le credute stravaganze: Voi non vedete, disse il Canonico
Gizzio, che siete infanatichito: Voi non
fate conto di Direttore; tutta Napoli vi è contraria; il P. Pagano non ve lo
approva, e Fiorillo nemmeno; e voi contro il sentimento di Uomini così
illuminati, caparbiamente vi ostinate nelle vostre idee, e vi guidate colle
visioncelle delle Monache.
Non potendone di
vantaggio, in alto tuono proruppe: Pazzo,
Pazzo, Pazzo, non vedete, che siete illuso, ed uscito di cervello. Chinò la
testa Alfonso ad un tale complimento: ma ripigliando la parola, vel dissi Signor Zio, li rispose, che io non mi regolo colle visioni, ma col
Vengelo di Gesù Cristo: vi dico, ed abbiatelo per certo, che non opero di
volontà mia, e senza dipendere da chi debbo.
Vedevasi Alfonso, tra
queste afflizioni, ed angustie, sommamente oppresso, per lo secreto ricevuto
dal P. Fiorillo: maggiormente, che ritrovandosi quello in luoghi lontani, non
era aportata di poterlo consultare. Credeva peccato rivelare il secreto, e
giustificare se stesso: e tacendo vedeva che dava scandalo ed ammirazione.
In questa confusione
non sapendo come risolversi, fe' capo per consiglio da più persone prudenti ed
illuminate. Il P. D. Tommaso Pagano stimava che non era tenuto al secreto: Sarebbe un sommo scandalo, diceva, se l'Opera s'imprende, credendosi in
contrario il P. Fiorillo. Il P. D. Matteo Ripa, con cui si confidò, anche
per raddolcirlo, e non averlo contrario, era di parere esser tenuto al secreto.
Monsignor Fortunato Vescovo di Cassano, uniformandosi al P. Pagano, credeva non
esser tenuto. Non so i sentimenti de' Padri Cutica, e Manulio: so bensì, che
discordi erano i pareri, e chi sentivalo di una maniera, e chi di un'altra.
Questa istessa
disparità metteva in maggior confusione Alfonso. Essendosi abboccato con
Monsignor Amato Vescovo d'Ischia, questi gli disse, che cercato avesse il
parere di Monsignor Falcoja. Ritrovavasi Monsignor in Ischia. In Ischia si
portò Alfonso. Fu uniforme di sentimento Monsignor Falcoja con Monsignor
Fortunato; anzi disse, uniformandosi al P. Pagano, che facevasi male, se non si
rivelava il secreto, perchè l'Opera, anzicchè di edificazione sarebbe caduta in
discredito, con iscandalo di tutta Napoli.
Fu Alfonso talmente
favorito da Dio in questo viaggio, che in un 'ora e mezza, com'ei diceva, con
istupore de' marinari, si vide colla barca in Ischia, e con altro tanto di
tempo di nuovo in Napoli.
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Rasserenato di mente, e
posto in pace il cuore, si presentò da se Alfonso ai Canonici Gizzio, e Torni,
ma tanto fu il presentarsi, quanto vedersi favorito co' soliti complimenti,
cioè, ch'era caparbio, e pieno di se stesso, e che, con iscandalo di tutta
Napoli, non aveva ribrezzo ostinarsi, non avendo con se il P. Fiorillo: se Fiorillo non ve l'approva, dissero
questi, Voi in coscienza, come potete
azzardarvi ad un tal passo?
Ripigliando Alfonso
umilmente la parola, ma con ispirito, Voi
supponete, lor disse, che io opero di capo mio, e contro il sentimento del P.
Fiorillo, ma non è così: quanto eseguisco tutto è in conformità di quanto il
medesimo mi ha consultato. Avevasi portato a bella posta copia il biglietto
ricevuto, ed in così dire, la dà in mano del zio. Restarono tutti e due
mortificati Gizzio, e Torni; ma ripigliò il Canonico Torni, non mi basta questo, voglio l'Originale.
Lo esibisce Alfonso; ed avutolo nelle mani, disse: questo mi basta per cautela, e per onore della mia Congregazione.
Credeva Alfonso esser
fuori d'imbarazzo, avendo svelato il secreto, ma non fu così. Erano talmente
preoccupati gli animi, che si rispettò la persona del P. Fiorillo, non già la
determinazione. Troppo premeva al Demonio attraversare i disegni di Dio.
Ancorchè si fosse saputo da' Fratelli delle Apostoliche Missioni, o sia di
Propaganda, che il Venerabil Padre non era di sentimento contrario, che anzi
approvato aveva ad Alfonso l'ideata Congregazione, tuttavolta la sentivano così
male, che già erano sulle mosse di cassarlo dal numero de' Fratelli.
Finora l'Eminentissimo
Pignatelli, su li rapporti che se li erano fatti, anch'esso la sentiva male con
Alfonso: informato, che dipendeva in tutto dal P. Fiorillo, e dal P. Pagano,
talmente ne restò disingannato, che anzi ne prese la protezione. Avendo inteso,
che si pensava escluderlo dal numero de' Fratelli, sè sentire al Canonico
Torni, che attentata non si fosse cosa contro Alfonso Liguori, senza che esso
ne fosse inteso.
Respirò ascoltando ciò
Alfonso; ed essendosi portato per ringraziare il Cardinale, questi gli disse, perchè non siete venuto a ritrovarmi più
prima. Si scusò Alfonso con dire che vedevalo affollato di continuo da
tanti negozj; ed il Cardinale, volendolo umiliare gli disse: siete un poco superbo: anche per voi ci era
luogo, e sareste entrato, come ogni altro.
Ancorchè persuaso fosse
il P. D. Matteo Ripa, che Alfonso non operava di suo capriccio, e che regolato
veniva dal Ven. P. Fiorillo, pure persisteva, che era nell'inganno.
Più non sapendo che
fare, per ismuoverlo dal suo proposito, progettò voler unire sopra i Cinesi un
congresso di Teologi; volendo, che Alfonso rimesso si fosse al sentimento di
questi. Considerando il Ripa il gran bene, che faceva in Napoli, e fuori, e
quello, che operava nella sua Congregazione, in sussidio del Popolo, e de' suoi
Cinesi, stimava peccato, anzichè gloria di Dio, l'allontanarsi - 72 -
da Napoli. Maggiormente
era in agitazione il Ripa, anzi agitatissimo, perchè con Alfonso vedevansi
mossi altri a seguitarlo, come D. Gennaro Sarnelli, de' Baroni di Ciorani nello
Stato di Sanseverino, e D. Vincenzo Mandarini, Gentiluomo di Rossano in
Calabria, tutti e due valenti Operaj, ed utili non poco nella sua nascente
Congregazione.
Non finì quì il risentimento
del Ripa. Stimando questi diabolica suggestione, e non ispirazione di Dio, la
mossa di Alfonso, si querelò non solo co' Padri Pagano, e Fiorillo, e con
altri, che approvato l'aveano, ma avvanzonne lettera risentita anche a
Monsignor Falcoja. Manca la lettera del Ripa, e solo esiste la risposta del
Falcoja.
Questi così gli
rescrisse da Ischia a 29 Luglio 1732. "In punto ricevo la sua
favoritissima, e quantunque sia alquanto amara, pure mi è cara, perchè sua. Non
voglio indugiare un momento a rispondere, perchè dal canto mio non s'influisca,
ch'ella stia un momento dippiù nell'amaritudine.
Lei sa bene che le
parti del P. Spirituale non si estendono a dare le vocazioni: che il darle si
appartiene alla Divina Provvidenza, che ha fatte le nicchie in Paradiso, per
collocarvi le statue, che si lavorano in terra: ed in terra ha poste tante
officine, ed alla giornata ne apre delle altre, perchè in esse sian lavorate,
secondo le sue altissime disposizioni, le statue ragionevoli, che in quella
beata Galleria debbono collocarsi. E perchè l'affluenza non sia tutta ad una
officina, egli medesimo dispone, chi deve applicarsi ad una, e chi ad un'altra.
Onde a' Padri
Spirituali altro non resta, che l'approvare, o riprovare le vocazioni: or
quando l'Anima fida in Dio benedetto, e nella divina parola: qui vos audit, me audit, si deve
credere, che non la sbagli. Potrebbe sbagliarla il P. Spirituale, direte voi?
Rispondo, che la fedeltà divina non lascia di comunicare la sua luce a quelli,
che ha posto nel Mondo, per rifonder lume agli altri: altrimenti qual sicurezza
vi farebbe per accertare il Divino Volere. Dunque quando il Signor D. Alfonso,
ed ogni altro seguiti questa regola, non la sbaglierà in conto alcuno".
Entra ancora Monsignore
nella sua giustificazione, e dice: "Io mi veggo giudicato, e condannato
come se volessi dissipare il suo Convitto, e diroccare l'Opera degnissima, che
li costa tanta fatica. Di che teme? E' forse abbreviata la mano del Signore,
che non possa promuovere il Convitto, e molte altre cose. Lasciamo fare a Dio
benedetto, perchè un'Opera di Dio ajuta, e non distrugge l'altra. Ma
quest'altr' Opera svanirà? Se svanisce, non si perde il nostro merito; anzi io
dico: o quest'opera è di Dio, e non svanirà, quando chi la promuove è fedele; e
noi opponendoci, ci opponiamo ad un'Opera di Dio: O quest'Opera non è di Dio, e
svanirà: ma nè la sua, nè verun altra Opera di Dio patirà alcun nocumento.
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Facendosi carico Mons. delle opposizioni del Ripa, prosiegue, e dice "Ma
si perdono i soggetti? Vorrei, mio caro, che di accordo ci fidassimo un poco
più di Dio, ed avessimo un poco meno di fiducia negli uomini.
Nel principio della
fondazione de' Pij Operaii se ne uscirono quattro Soggetti di grandissima
vaglia, tantochè furono Fondatori di altre quattro Congregazioni; nè i Ven.
Padri D. Carlo Carafa, e D. Antonio de Colellis si commosero punto, nè la
Congregazione perì, anzi prese incremento colla venuta di altri uomini, mandati
da Dio benedetto in luogo di quelli, ch'erano usciti. Veda, che questa non sia
una pura tentazione del Demonio, che si vuole opporre a quest'altra Opera di
Dio, come in mille maniere, anche sensibili, si ci è opposto fin'ora, e lei
abbia da rimanere come una spina, che l'abbia a rodere il cuore in questa, e
nell'altra vita".
Fin quì Monsignor
Falcoja.
Nè anche con questo
restò persuaso il Ripa, che anzi maggiormente si confermò nella supposta idea,
che tutto per Alfonso fosse illusione, ed inganno; nè lasciò querelarsi con
tutta Napoli della di lui incostanza, e dell'inganno, in cui erano i suoi
Direttori.
Ma io, non posso meglio
individuare i sensi del Ripa, che con quello, ch'ei medesimo lasciò scritto
nelle memorie di sua Congregazione, non a gloria di Alfonso, ma in suo
vitupero.
Dopo aver notato, come
dissi, il gran bene, che operava sopra i Cinesi, soggiungne "Procurai
distogliere il Sig. D. Alfonso da questo attentato colle ragioni di non doversi
lasciare il bene certo, che faceva in questa Casa e Chiesa in servizio di una
Fondazione novella bisognosa di ajuto, ed approvata dal Papa, per un bene
incerto, che sperava di fare sotto un novello Istituto, che appoggiato in una o
più visioni di donne, non era fuor di sospetto d'illusione.
Gli posi avanti gli
occhi il danno positivo, che avrebbe causato a questa Sacra Famiglia
andandosene col Signor Mandarini, e che se Monsignor Falcoja voleva tentare
(credevalo esso Autore, non approvatore soltanto della visione della Monaca) di
fondare altre Religioni, lo poteva fare, ma senza perturbare la nostra quiete.
Finalmente essendo l'Istituto da essi ideato la predicazione, e le scuole,
ritrovandosi tutto questo nel nostro, ed in modo più eminente, trattandosi di
estendere la Fede fino agli ultimi confini del Mondo, e fare le scuole
agl'istessi Infedeli, incostante più tolto, che ragionevole era la mossa
lasciare di militare sotto di questo nostro Istituto, per andare
sull'incerto...
Ma per quanto avessi detto, restò saldo nella sua
risoluzione, sul motivo di esser certa la sua vocazione, perchè approvata dal
Padre Fiorillo, da Monsignor Falcoja, e da altri, che riconosciuto avevano per
vera anche la visione della Monaca a
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