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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap.5 Grave angustia in che si vide Alfonso, essendo lasciato da Compagni. In Napoli si vede esposto a nuove derisioni; ma vi è confortato da Monsig. Falcoja, e dal Cardinale Pignatelli.
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Cap.5

Grave angustia in che si vide Alfonso, essendo lasciato da Compagni. In Napoli si vede esposto a nuove derisioni; ma vi è confortato da Monsig. Falcoja, e dal Cardinale Pignatelli.

 


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Per quanto rilevasi, sortì la divisione tra Alfonso, e 'l Mandarini l'anno susseguente, e propriamente verso la metà di Marzo, cioè mesi quattro da chè si unirono nella Città di Scala. Raffreddati i sangui, dispiaceva ad ognuno, e più al Mandarini il vedersi diviso da Alfonso: costante bensì nelle sue idee, voleva che non esso, ma Alfonso unir si dovesse ai suoi sentimenti.

Ritrovandosi in Napoli, così gli scrisse in Scala nel primo di Aprile 1733: "Se V. S. vorrà seguitare tutti noi altri, tutti ne la preghiamo: anzi la bramiamo, perchè questo è il nostro desiderio di mai disunirci, e viveremo uniti colla pace, e colla quiete di Gesù Cristo. Se poi vorrà fare altrimenti, separandosi da noi, lochè non credo, sarà nostra somma disgrazia; ma io spero al Signore, ed a Mamma, che non lo vogliano permettere".

Ancorchè Alfonso si vedesse solo, e così abbandonato, non per questo corrispose all'invito: anzi disprezzando ogni umano ajuto, non affidò che in Dio solo tutte le sue speranze. Con questo generoso rifiuto restò confermata la divisione; ed a 3 del Mese di Giugno, scrivendogli il Mandarini da Tramonti, conchiude così una sua lettera: Prego comandarmi in ogni cosa, che posso servirla, perchè quantunque separati di corpo, spero al Signore, che non saremo separati di Spirito.

 

Questo colpo, e così inaspettato della divisione, benchè ricevuto con fortezza di spirito, fu però amaro ad Alfonso, più che non si crede. Se la fiducia in Dio confortavalo per un verso, il Demonio per l'opposto non mancava fomentargli nel cuore la più orribile sconfidenza. Ove prima vedevasi ricco di tanti e sì dotti soggetti, che li facevano onorata corona, sortita la divisione, non erano con esso trattenendosi in Napoli il Sarnelli, che il solo Dottor Sportelli, ed il fratello Vito Curzio. L'amarezza era tale, che toglievali la pace; e quelle pietre di Scala, che prima l'intenerivano il cuore, e ricolmavanlo di consolazione, mutata la scena, gli opprimevano lo spirito, ed erangli di orrore.

Tutto questo anche è poco. Subito che si vide abbandonato, se li fecero presente i cachinni, che in Napoli si sarebbero fatti a sue spese: la somma derisione, in cui, in faccia al pubblico si sarebbe veduto, e soprattutto il sommo discredito, in cui veniva a confermarsi nella sua Congregazione. Tutti questi, ed altri non dissimili riflessi mettevano alle strette il di lui cuore, e contrastar vedevasi tra la Confidenza in Dio, che


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mai mancava, e la diffidenza di se stesso, che l'assisteva, e travagliava.

 

Tra queste sue afflizioni non mancò portarsi Alfonso da Monsig. Falcoja in Castellammare. Lusingavasi, afflitto qual era, che non avrebbe mancato quel santo Prelato sollevarlo e rincorarlo: ma non fu così. Iddio, che voleva mettere a nuove pruove il suo spirito, pose altri sentimenti in cuore di Monsig. Falcoja. Stufo anch'esso, al pari del Canonico Torni, delle tante discrepanze sortite a Scala, svogliato ritrovollo, anzi disgustato: maggiormente, che avendo approvata l'Opera, e la Vocazione ad Alfonso, ci andava di sotto l'onor suo. Con indifferenza lo ricevette, e troncandoli la parola, con aria, e maggior indifferenza le disse: Vultis et vos abire? Signor D. Alfonso, Iddio non ha bisogno di Voi, di verun altro: se vuole, può, senza di Voi, stabilir quest'opera, e promuovere delle altre.

 

Restò di gelo Alfonso. Fattosi cuore, con umile sommissione si fe a dire: Io son persuaso, Monsignore, che Iddio non ha bisogno di me, e dell'opera mia; ma io ho bisogno di Dio, e dell'opera sua: spero, ancorchè solo, adempire al suo volere. E soggiunse: che non era uscito di Napoli, e non aveva rinunciato al Mondo per fare il Fondatore, ma per far solo la volontà di Dio, e per promuovere la sua gloria. Consolò non poco questa risposta Monsig. Falcoja: e mutando il linguaggio, fidatevi di Dio, gli disse, perchè Iddio non mancherà benedire le vostre buone intenzioni.

 

Fu di sommo sollievo ad Alfonso questo abboccamento con Monsig. Falcoja; ma non poteva il Demonio lasciarlo in pace, e non aver in mira di travagliarlo. Vedendosi di nuovo così solo nella Città di Scala, ed abbandonato sopra quel Monte, anche perchè talvolta ci mancava il Dottor Sportelli, sorpreso si vide di nuovo da un mondo di angustie e diffidenze.

Conoscendo Alfonso, che tutto era arte del Demonio, e che altro impegno non aveva, che scoraggirlo, e fargli abbandonare quel posto: vedendosi un giorno assai stretto dalla tentazione, si obbliga con colpa grave  avanti a Dio, sacrificare se stesso, ancorchè solo, in ajuto delle Anime abbandonate. Quest'atto fu benedetto da Dio; e quanto incoraggì, e dilatò il cuore ad Alfonso, altrettanto scoraggì, e pose in rotta chi tanto si opponeva si disegni di Dio. Ricordavasi Alfonso con raccapriccio, anche negli ultimi suoi anni, di questa battaglia; ed uscendone in discorso col P. D. Domenico Corsano, che ascoltava le sue Confessioni, li disse, che due erano state in vita sua le tentazioni più amare: cioè quando si divise dal Padre, e quando a Scala abbandonato si vide, e lasciato solo dai Compagni.

 

Fece subito eco in Napoli quanto in Scala era accaduto; e che abbandonato da tutti il famoso Fondatore era ito in fumo il decantato Istituto. Le risate erano comuni, e tutti rimproveravano il fanatismo


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di Alfonso, la sua ostinazione, e quell'essersi posto, come si credeva, tra le braccia di una Monaca illusa ed illudente. Vi fu chi spacciò, che il Papa sotto gravi pene ordinato aveva ad Alfonso il desistere dalla sua ideata Congregazione, e che proibito avesse a Monsig. Falcoja di più regolarlo nella coscienza.

Ache da i pulpiti, chi 'l crederebbe! venne malmenato il di lui nome. Taluni zelanti: ma non secondo la scienza, volendo far conoscere a quali e quanti inganni del Demonio stanno soggette anche le Anime favorite da Dio, se manca l'umiltà, e presumano di sestesse, portavano in esempio Alfonso Liguori, che per essere stato adoratore de' proprj lumi e caparbio, vedevasi illuso e rovinato. I suoi medesimi fautori, anch'essi andavano mutoli, e col capo chino; e siccome si cachinnava a spesa di Alfonso, così vi erano delle risate anche a scorno di quelli. In tutta Napoli non vi fu persona, che detto avesse parola in sua discolpa, o in difesa di chi avevalo consigliato.

 Solo il Ven. P. Fiorillo, quanto più vedeva scatenato l'Inferno a danno dell'Opera, e di Alfonso, tanto più era sicuro che l'Opera era di Dio, e che Iddio non avrebbe mancato coadjuvarla.

 

Non vi fu fraposta di tempo per esser portate queste notizie all'Eminentissimo Pignatelli; Anzi vennero riferite, ma con tripudio, or da uno, or da un'altro. Fattosi grosso ognuno, millantavasi Profeta avanti al Cardinale; ed avendosi alla mano tante ripruove, non si mancava condannare Alfonso come Idolatra di se medesimo, e tutto gonfio delle proprie idee. Sentendo tali cose l'Eminentissimo Pignatelli, compatì, ma non condannò Alfonso. I passi non furono falsi, ei disse, ma noi non sappiamo i giudizj di Dio. Rendendosi sensibile ai suoi travagli, impose al Canonico Torni, che in suo nome l'avesse chiamato in Napoli.

 

Sel può figurare ognuno, con quale applauso Alfonso potett'essere ricevuto in Napoli, e quanta ripugnanza incontrar dovette in fare quella comparsa. Chi lo sghignava da una parte, e chi se ne beffava per l'altra. Tutto era per esso un trionfo di vitupero. Soprattutto abborrito si vide da' Parenti, ed Amici. Il Canonico D. Matteo Gizzio, più che ogn' altro, non volle vederlo, sentirlo. Anche il Ripa nol degnò di verun'atto; così tanti altri, che prima lo veneravano, e lo avevano in istima.

Unito col Canonico Torni fu Alfonso dal Cardinale. In sentire tante e sì diverse stravaganze, se n'afflisse il savio Porporato. Portando il discorso, il Canonico, che volevalo riguadagnare per Napoli, disse, che se Iddio avesse voluta quell'opera, non gli avrebbe levato i mezzi; e voi in Napoli, soggiunse, più che altrove potrete far del bene, senza attrassare i poveri, che sono l'opera vostra. Anche questa fu una nuova tentazione.

Non si arrende Alfonso, si sgomenta, anzi tutto confidenza rispose: Quanto è accaduto, Signor


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Canonico, dobbiamo persuaderci, che tutta è stata opera del Demonio: ma non per questo, che il Demonio si ci è fraposto, debbo darcela per vinta. Se mi sono mancati i Compagni, non mancheranno altri Sacerdoti, che s'invoglieranno del medesimo zelo; e se tutto manca, non mancherò io, benchè solo, sacrificarmi in ajuto di tante Anime, che abbandonate vivono per le campagne, e nei luoghetti del Regno.

Restò ammirato il Cardinale in vista di tal fortezza: tacque; e voltandosi al Canonico, disse: Non istà bene, che per ora si lasci Scala: vediamo Iddio, che ne vuole. Facendo coraggio ad Alfonso, fidatevi di Dio, gli replicò più volte, e non degli uomini, che Iddio vi assisterà. Approvò la sua costanza; ma riprovò in seguito coi primi Compagni qualunque progetto di unione. Restò consolato Alfonso con questi sensi del Cardinale; e fe ritorno a Scala ripieno di maggior confidenza, vedendosi animato dal proprio Superiore. Quest'istesso, essendosi divulgato in Napoli, scoraggì, e tolse di bocca anche la favella a tutti coloro, che beffavansi di sua condotta.




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