- 102 -
Cap.7
Passa Alfonso colle Missioni in altri luoghi, va nella
Terra dei Ciorani, e vi fonda un'altra Casa.
- 103 -
Sistemate le cose nella
Villa, passò di nuovo Alfonso nella Casa di Scala. Gran motivo ebbe di
consolarsi, vedendo il gran bene, che vi si operava sotto la guida del P.
Sportelli; e molto più per altri nuovi Candidati, che con ansia attendevano
alla sua venuta.
Correndo l'Autunno, si
estese colle Missioni in varj luoghi della Costa. Pregato da quello
Arcivescovo, fu in Praiano, a Vettica, a Pasitano, ed a Citara, tutti i
piccioli Casali, ma tutti bisognosi di sommo ajuto. Entrato il Gennaro del 1735
ritornò di nuovo Alfonso nella piana di Cajazzo. Visita, e dà sesto nella Casa
della Villa; ed avendo fatta la Missione a Treglia, ed al Casale de' Profeti
nel ristretto di Formicola, ritornando in dietro, passò in altri Villaggi e
Casali.
Avendo di mira la Villa,
e la Diocesi di Cajazzo, non trascurava Scala e i luoghi della costa. Nella
quaresima del 1735 per ubbidire a Monsig. Santoro, condiscese, benchè non
secondo i suoi disegni, per lo Quaresimale nel Duomo di Scala: diede li santi
Esercizj nella Parrocchiale di S. Caterina, ed alle Monache di S. Cataldo; nè
mancò consolarle coi sermoni nei Venerdì di Marzo, rammentando la Passione di
Gesù Cristo, e i dolori di Maria Santissima.
Ma sbrigatosi da Scala
fè di nuovo ritorno nella Villa. Non fu di certo senza mistero, se il P.
Sarnelli ebbe premura di portare Alfonso nella Terra de' Ciorani. Aveva egli in
cuore, che eretta si fosse in quella Baronia di casa sua, anche perchè a
portata di tante popolazioni, una Casa della nuova Congregazione. Non mancò
Iddio di benedire i suoi disegni.
Essendosi conosciuto
dal popolo di Ciorani, e molto più da quel Parroco D. Agnello Gaudiello, il
gran bene, che Alfonso operar poteva in quella terra, e ne' Casali vicini, se
fissato si fosse coi suoi compagni, non più vi volle per vedernelo invogliato.
Soprattutto si attaccò ad Alfonso, e s'invogliò dell'Opera sua il Sacerdote D.
Andrea Sarnelli, Fratello germano di esso D. Gennaro. Avendone fatta parola al
Barone suo Padre, anche questi entrò nella risoluzione di avere i Missionarj
nella sua Baronia, e D. Andrea si risolse ancora di voler far l'Opera a conto
suo. Così, con consolazione comune, si vide effettuato quanto il P. Sarnelli
desiderava. Per allora D. Andrea assegnò a 17 Aprile in sussidio de' soggetti
ducati cento ogni anno sopra una sua vigna, e trecento, sortita la sua morte.
Vedendo in seguito il gran bene, che si operava a beneficio di tante Anime,
come a suo luogo dirò, dotò la Casa, per istabilir l'opera con maggior
fermezza, in ducati - 104 -
cinquecento;
e per questi donò ad Alfonso a 26 Decembre 1754 tutta la vigna da esso
aumentata , e ricevuta dal Padre come sua porzione.
Fatto inteso D.
Fabbrizio di Capua, Arcivescovo di Salerno, di quanto erasi stabilito ne'
Ciorani, esultò, vedendo apprestarsi da Dio un tanto ajuto nella sua vasta
Archidiocesi. Ritornò Alfonso ne' Ciorani, ottenuto il beneplacito
dell'Arcivescovo, coi PP. Mazzini, e Rossi, e fu nel Maggio di quest'anno 1735.
Troppo pomposa fu la
comparsa, che si fece. Quattro poveri asinelli, ma con barda da soma, e nella
maniera la più vile, fu tutto il loro equipaggio. Vedesi ne' Ciorani una lunga
e spaziosa strada in prospetto della Terra. All'entrata di questa venne
ricevuto Alfonso da un popolo immenso, anche concordo dai vicini Casali: ci fu il
Parroco col Clero: centinaja di uomini, facendoli gala, lo salutarono con un
pomposo sparo; ed altro non sentivasi ripetere da tutti, ma con sentimenti di
gioja: Ecco il Santo.
Così accompagnato dal
popolo e dal Clero, si portò Alfonso tra il festoso suono delle campane nella
Parrocchiale del luogo. Vedendo una tanta moltitudine del luogo, prese
l'occasione dal motivo del suo arrivo, cioè la salvezza delle Anime, vi predicò
da un'ora e più con somma compunzione di ognuno. Il Barone D. Angelo lo volle
per allora coi compagnj in casa sua; ma non fu a portata di riposarsi dopo la
predica. Quant'infermi vi erano, tutti vollero la consolazione di esser
visitati, ed Alfonso con quella carità tutta propria del suo amore, non mancò
l'istessa sera visitarli, e consolarli.
Il dì susseguente al
suo arrivo venne complimentato Alfonso da varj Parrochi e Sacerdoti, e da molti
Gentiluomini di quelle contrade. La sera aprì la Missione, e vi concorse tal
folla di popolo da' casali di S. Severino, e da quei di Bracigliano, che la
Chiesa, benchè spaziosa, no 'l capiva. Al vedersi Alfonso così povero e male in
arnese, così umile e dimesso, e così pieno dello Spirito di Dio, ognuno,
ostinato che fosse, entrava in se, e compungevasi da se medesimo. Le
conversioni furono senza numero; e da tutti per ogni dove si benediceva Iddio
per l'arrivo de' Missionarj, e per lo gran bene, che si compromettevano dalle
loro fatighe.
Tutta l'abitazione, che
a prima giunta si ebbe dal Barone in questa terra, non furono, oltre un sottano
per comodo di cucina, che due camere, spaziose bensì, e non così anguste, come
quelle, che si ebbero a Scala, e nella Villa. A capo di tempo, perchè in troppa
angustia vedevansi Alfonso, ed i compagni, il Barone lor cedette altre due, ma
per passare dalle prime a queste seconde, si doveva passare a Cielo aperto con
grave incomodo, specialmente in tempo d'inverno: anzi mancando in una di quelle
il muro esterno, e non essendo riparata che di tavole, giocava il vento per
tutte le altre. Vi è cosa di più. - 105 -
Le due prime istanze erano situate sopra la bettola del paese, e sotto le
due altre ci stavano le carceri: vale a dire con un continuato complimento,
perchè basse, di grida e parolaccie.
A mano sinistra in una
di quelle istanze, vi eresse Alfonso, col permesso di Monsig. Arcivescovo, un
Oratorio domestico, e tre ne riserbò per uso da dormire. Miseri furono i letti,
benchè pagliacci: più rozzo, e meschino era ogni altro arredo; anzi non vi era
il soperchio, e mancava il necessario. Godeva Alfonso tra queste miserie, e
godevano anche gli altri, vedendosi a parte della povertà, e de' patimenti di
Gesù Cristo. Il picciolo Oratorio sembrava a tutti un picciolo Paradiso: quivi
Alfonso sfogava più di notte che di giorno i suoi affetti con Dio: quivi
celebrava: la Messa durava le ore intere, e di vantaggio, e più lunghi erano i
ringraziamenti, che rendeva Gesù Cristo, dopo aver così celebrato.
Così in questa Terra,
come nella Villa, si stabilirono da Alfonso le solite opere di pietà. Tutto si
eseguiva nella Parrocchia; ma era così grande il concorso de' Casali vicini,
anche ne' giorni feriali, che sembrava a tutti una continuata Missione.
Tutto era zelo per
Alfonso. Poco si mangiava, e meno si dormiva; nè vi era persona, che non
partivane soddisfatta. Le confessioni specialmente si ascoltavano mattina e
giorno fino a sera, ed ogni giorno sopravvanzava del popolo pel dì susseguente.
Riuscendo di troppo
incomodo al Parroco, perchè vecchio, tanta folla di gente, e molto più la
perdita del sonno, che soffriva nella prim'ora della mattina pel mormorio che
vi era dentro e fuori di Chiesa, Alfonso si situò co' suoi nella Chiesa di S.
Sofia, che vedevasi attaccata al Palazzo Baronale. Essendo questa mal tenuta,
la riattò nelle sue parti, e rendettela atta al disimpegno del suo ministero.
Non essendo sufficiente al suo zelo la sola Terra di Ciorani, destinava i suoi
ne' giorni festivi per altri Villaggi, che, come più lontani, non potevano
portarsi nella nostra Chiesa.
Non passò gran tempo,
che riformata si vide, con le fatiche di Alfonso e de' suoi, la Baronia de'
Sarnelli. Ciorani non ravvisavasi più quello che era. Sembravano a tutti quei
naturali un' avventurata porzione de' primi fedeli, che tanto edificavano la
Chiesa. Non si sentivano più risse e rancori: bandite si videro le parolacce
ne' giovanetti, e le canzoni profane nelle zitelle; e risuonar si sentivano
nelle case, e per quelle colline le sacre canzoni di Alfonso. L'ordinario
saluto, incontrandosi con un Cioranese, era: Sia lodato Gesù, e Maria: quest'istesso mettevasi in bocca delle
Madri ai loro figliuoli; e come i nostri incontrovansi con quelli, salutati si
vedevano con questi sacratissimi Nomi. Non s'intese più in quella Terra
un'imprecazione: depopolate si videro le taverne: non vi furono più giuochi
illeciti, con offesa di Dio: - 106 -
la Parrocchia era frequentata in ogni tempo; e stabilita si vide in tutti,
con comune edificazione, la frequenza de' Sacramenti, la Visita al Venerabile,
ed una tenera divozione per Maria Santissima.
Furono così abbondanti
questi semi sparsi da Alfonso, che anche di presente germogliar si veggono con
sommo frutto in quella Baronia.
Non poteva il Demonio
starsene indifferente, prevedendo i suoi danni. Se ne risentirono per primi
coloro, che più dovevano garantire questa Casa, cioè i Parrochi convicini.
Vedendo questi il concorso ne' Ciorani, e sfollarsi tutto giorno le proprie
Parrocchie, ardendo d'invidia, si armarono tutti a danno di Alfonso. I Preti
anch'essi borbottavano, avendo i Missionarj, come tanti spioni della Curia, e
Censori delle proprie azioni. Non mancarono entrare in ballo anche i Padri
Riformati. Ingelositi questi per la limosina, tentarono ogni mezzo per
impedirne la formazione. Fu tale il fiotto presso Monsignor Arcivescovo contro
Alfonso e i suoi, che già questi vedevasi barcolare, se fermar doveva i
Missionarj ne' Ciorani, o licenziarli.
Altri disgusti non ci
mancarono. Disingannati i Preti e i Frati, Mons. di Salerno diede fuori a'
dodeci di Decembre di quest'anno 1735 la sua Bolla, per l'erezione della Casa
in forma di Collegio, con comune compiacimento di tutta l'Archidiocesi.
Troppo tardi
riconobbero, così il Tosquez, che il Mandarini i perniciosi effetti della
divisione. Non davansi pace, e tuttavia vedevansi afflitti, non vedendo
prosperate le loro idee, ancorchè avessero con se così propenso il Papa.
Trattenendosi in Roma il Mandarini rescrisse ad Alfonso l'anno susseguente 1736
in data de' 10 Agosto, rinnovando sempre più le premure per l'unione. Enuncia
di nuovo l'intrinsichezza del Tosquez col Papa, e la propenzione del Papa nel
voler garantire l'Opera. "Io stimo, dice, che non si debba tralasciare una
tale occasione, volendosi servire il Signore del canale di D. Silvestro,
nell'accordarci quella grazia. Non facciamo, che manchi per noi, perchè un
giorno ne dovremo dar conto a Dio. Ci rifletta bene, e risolva per lo
meglio".
Similmente gli dà parte
di essere stato col Dottor Tosquez a Perugia: che quel Vescovo esibiva Casa e
Chiesa per una fondazione, e che anche in Roma vi era simile apertura. "Se
la Regola, ei dice, non è peranche perfezionata, si può chiedere al Papa
l'approvazione del solo Istituto. S. Gaetano ebbe approvato l'Istituto da
Clemente VII e la Regola da Clemente VIII. Così fece Innocenzo XI coi
conviventi nella Germania, e Benedetto XIII coll'Abate Ripa".
Pungendo di soperchio
il cuore al P. Mandarini la promossa disunione, e non vedendosi corrisposto,
incalza un altra lettera a dodeci di Novembre con motivi non meno pressanti.
"Avendo il Papa, ei dice, in concetto l'Opera di VS. Illustrissima, e la
persona - 107 -
del Dottor
Tosquez, non è di bene perdere sì favorevole congiuntura; ed essendoci quattro
Case, cioé Scala, e Cajazzo, e le due (cioè le sue) di Tramonti, e Tiano, si
potrebbe dal Papa ottenere l'approvazione, e con questo risarcirsi l'onore
dell'Istituto, e delle persone, chiudere la bocca a tutti, e confondere
l'Inferno".
Entra similmente nella
piaga della divisione, e volendo raddorcirla, dice. "Benchè in quanto al
Mondo fossimo divisi, avanti a Dio non è così; perchè io, e tutti non abbiamo
mancato averlo presente nelle nostre orazioni insieme con tutt'i suoi. Or
fidato nel Signore, ed a Mamma, vi esprimo il mio, e 'l comune desiderio di
riunirci, anche per non essere imputanto innanzi a Dio, ed essere scusato di
aver mancato in questo. Nel medesimo sentimento è anche D. Silvestro; e
volendosi degnare di unirci, si deve mettere la banda il passato, e badare al
presente, non curandoci di qualunque offesa". Scusa ancora il Tosquez:
"sono due anni e più, ei dice, che lo pratico, e sempre ho avuto occasione
di confondermi in vista del tenore di sua vita: se non avessi conosciuto, che
vi sia lo Spirito di Dio, l'avrei lasciato, perchè non cerco altro che
salvarmi, e promuovere la gloria di Gesù Cristo.
Dà luogo ancora in
questa lettera alla sua umiltà. "Operiamo per parte nostra, ei scrive,
quello che possiamo, se non vogliamo esser tenuti a darne strettissimo conto a
Dio, giacchè Iddio ci ha chiamati a questa sua Opera: se poi per li peccati
miei io sono d'impedimento, e Dio non vorrà, che si effettui l'unione, si butti
questo Giona a mare, e così sarà cessata la tempesta".
Quanto camminava in
fretta il Mandarini, altrettanto Alfonso vedevasi lento. Bilanciando il più che
temeva, col meno che sperava, si disbrigò finalmente con una aperta esclusiva.
E' vero, diceva Alfonso, che promettono molto, ma non so se l'attendono. Le
prime impressioni non si cancellano: quello che oggi si ritratta, dimani si
ripiglia; e quello che si promette, raffreddato l'impulso, non si attende.
Maggiormente ne fu alieno, memore dell'avviso dell'Eminentissimo Pignatelli, di
più non aver che fare, specialmente col Tosquez, che, quantunque uomo di Dio,
era nondimeno stravagante, e singolare nelle sue idee.
Sino al mese di Ottobre si trattenne Alfonso ne'
Ciorani. Di nuovo poi, essendo passato nella Villa, aprì la Missione, e predicò
la Penitenza in Recala, uno de' Casali, ove risedevano i Rossi, che richiesta
l'avevano.
|