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P. Antonio Maria Tannoia Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori... IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap.16 Compiacimento del Re Carlo per la nouva Casa ne' Pagani: Applauso, e liberalità del Popolo gettandosi le fondamenta, ed opere Apostoliche di Alfonso, e de' suoi.
Troppo prospere camminavano le cose in Nocera. Avendo Monsignor de Dominicis fatto presente al Re Carlo il bisogno della propria Diocesi, e 'l gran bene, che Alfonso fatto ci aveva colle sante Missioni, col dippiù, che da questa Fondazione era per risultarne a beneficio de' Popoli, non solo non fu alieno, che anzi si compiacque il pio Monarca, e permise a' 23 di Marzo 1743 che da Alfonso, e da' suoi si avesse Casa, e Chiesa in Nocera. Fu di tale compiacimento questa richiesta al Religiosissimo Principe, che, rescrivendo a Monsig. Vescovo il Marchese Brancone Secretario di Stato, così si spiega: "Stia con questa intelligenza VS. Illustrissima, essere di molto gradimento a S. M., un'Opera così lodevole, santa, e pia, com'è l'acquistar a Dio delle Anime abbandonate. Nell'istesso giorno dispacciò ancora il Re al Governatore di Nocera di voler favorire i Missionarj, e prestar loro ogni sua assistenza in beneficio di quest'opera.
Non fu minore il compiacimento, che ne provò esso Monsig. de Dominicis. Questi dando relazione nel primo di Marzo 1743 alla
Sacra Congregazione de' Vescovi, e Regolari, dello Stato della sua Diocesi;
così si spiega: "Per quanto importa la disciplina del Clero, e del Popolo,
mi è riuscito introdurre, con mia infinita consolazione, altri nuovi Operari
nella Vigna del Signore, mentre in atto sta fondandosi una Congregazione di
Preti Regolari dell'Ordine del SS. Salvadore, che con tanto zelo invigilano
alle istruzioni, che cotidianamente danno nella loro, e nell' altrui Chiese,
tanto per gli Provetti, quanto per gli Figliuoli.
Non avendo i Nostri nè
Casa, nè Chiesa ne' Pagani, Monsig. Vescovo accordò ad Alfonso per disimpegno
del proprio Ministero, e de' suoi una Chiesa beneficiata dedicata a S.
Domenico, attenente al medesimo Contaldi, ed in vicinanza del sito, ove
stabilir si doveva la nuova Casa. Quivi, oltre il Popolo de' Pagani, vi
concorrevano giornalmente in folla quei di S. Egidio, di Corbara, della Terra
di Angri, e quei de' Casali di S. Lorenzo, e S. Marzano.
Determinato il sito
della Casa, si diede di piglio alla fabbrica Monsig. Ferri, in quel tempo
Vicario Generale in Nocera, si portò a 22 Luglio per benedirvi la prima pietra.
Incamminata la fabbrica, si vide un miracolo di materiale. Oltre un sacro furore nel Popolo a chi più poteva segnalarsi, ed uomini, e donne nel trasporto d'ogni bisognevole, le Gentildonne anch'esse così de' Pagani, che di Corbara, e di S. Egidio, unite col Popolo, vedevansi prima di giorno al trasporto delle pietre, e far capo a quelle D. Antonia Contaldi sorella del medesimo Rettore. I Gentiluomini, con ammirazione comune, non avevano ribrezzo far da manuali, e coadiuvare la maestranza in ogni occorrente. Tutto era pietà e divozione. Le limosine erano pingui, e continue: chi somministrava danaro, e chi prestava i materiali: le donne, e specialmente le Matrone, si vedevano esibire anche anella, ed orecchini, ed altri pezzi d'oro, e d'argento. Similmente le sette Università, essendosi unite a' 23 Settembre in pubblico parlamento, e conoscendone il comune vantaggio, somministrarono ducati 100 in sussidio dell'Opera.
Monsig. Vescovo, avendo
sperimentato lo zelo de' Nostri, volle, che uno de' Padri diretto avesse nello
spirito il suo Seminario, e ne' giorni stabiliti, dovevansi i Giovanetti
istruire nel buon costume, ed ascoltarne le confessioni. La Congregazione detta
del Rosario, che nel Duomo vien composta da' Gentiluomini, anche elesse un
Padre per regolare le coscienze, e sermocinare a' fratelli in ogni Domenica.
Effettuata la fondazione in questa Diocesi di Nocera, fu tale l'applauso de' Popoli, che non ebbe tempo Alfonso a poter respirare. La Terra di Angri, Terra popolata di cinque in seimil' Anime, in sentire il gran bene, che fatto aveva in tanti altri luoghi, anche s'invogliò per la santa Missione. Vi fu Alfonso nel Novembre di quest'anno: fu ricevuto come un Apostolo, anzi felice si riputava chi poteva aver cosa di suo uso. Vi fu un fatto, che non merita trasandarsi. Abitava Alfonso in casa di D. Lorenzo Rossi. Avendo D. Teresa, di lui figlia, strappato dal fratello Laico un paio di sottocalze di Alfonso, intinte di sangue, le conservava con somma divozione. Essendo stata gridata da un Religioso, come cosa non buona, essendo Alfonso peranche viatore, le diede in limosina ad un poveretto idropico da molto tempo, e tutto gonfio nelle gambe. Non passò qualche giorno, che di nuovo sel vide in Casa ristabilito e senza travaglio. Ammirando D. Teresa l'istantanea guarigione, quegli tutto lieto le disse: da che mi daste queste calze, mi si sgonfiarono le gambe, e mi vidi sano. Vale a dire, che anche l'ombra di Alfonso era benefica, e salutare. Sorprendente fu il frutto, che vi fece Alfonso in questa Terra. Vi erano da centoventotto cattive pratiche, e tutte si videro tolte, e darsi uomini, e donne ad un vivere tutto esemplare. Trecento, e più Giovanette voltando le spalle al Mondo, consacrarono a Gesù Cristo la loro verginità; nè vi fu una, che tralignato avesse dal suo proponimento. In questa Missione il Sacerdote D. Lorenzo di Antonio, che viveva una vita libertina, dando Alfonso gli Esercizj al Clero, si diede alla sua seguela, e morì poi in Congregazione penitente, zelantissimo operario, e tutto di Dio. Anche in questo tempo il Giovanetto D. Pasquale Adinolfi risolvette ritirarsi tra Noi, e lasciar Casa, e Parenti. Introdusse in Chiesa la meditazione in comune la mattina, e la sera, come tuttavia si pratica, la visita a Gesù Sacramentato, e promosse in tutt'i ceti la frequenza de' Sacramenti, e la divozione a Maria Santissima.
Non ancora aveva Alfonso operato veruna cosa in Nocera, o sia nel corpo della Città. Subito che s'intesero i prodigi di conversione, che tutto giorno operava nella Terra di Angri, non mancarono farli premura quei Gentiluomini, per averlo nella Parrocchia di S. Matteo. Fu molto laboriosa per Alfonso questa Missione. Forma la Parrocchia da seimil' Anime, e concorrendovi i vicini Casali, arrivavano a nove in diecimila. Abusi, e disordini non erano per mancare. Molte inimicizie, e troppo antiche, si videro riconciliate: gran numero di Persone restituirono l'indebitamente ritenuto: tanti Giovanetti da gran tempo ligati con parola di Matrimonio, che con iscandalo frequentavano le figliuole, si videro sposati, e posti in grazia: altri, che vivevano da anni, ed anni pubblici impenitenti, si videro rimessi, e convertiti. In questa Missione lasciò il Mondo, e ritirossi tra di noi, mosso più dall'esempio di Alfonso, che dalle prediche, il Primicerio della Cattedrale, e Gentiluomo di Nocera, D. Giacomo Andrea Nola. Similmente il giovanetto D. Francesco Sanseverino, che, passato a capo di anni tra' Pii di Casa Nola, ed il Chierico D. Nicola Moscarelli, morto in Congregazione carico di meriti, e di virtù.
Volendo Alfonso invogliare il Popolo alla divozione verso Maria Santissima, e non essendoci nella Parrocchia una statua sotto il titolo de' Dolori, animò tutti a farla. Si videro specialmente le donne portare in Chiesa il migliore, che si aveva, anche in oro, ed argento. Furono tante le oblazioni, che Alfonso, oltre la Statua, impiegò il danaro in altre opere pie in beneficio de' poveri. Siccome era egli tutto zelo per Maria Santissima, così la Vergine riserbava per Alfonso certi colpi di particolar conversione. La sera antecedente al suo arrivo un disgraziato Giovane, erasi indotto in quella notte ad offendere Iddio. Mentre portavasi a far del male, avendo ribrezzo peccare coll' abitino indosso, va per lasciarlo in un forame di fabbrica. Sentendosi sul punto attirato il braccio, spaventato si diede in dietro. Volendo la Vergine compensargli quell'ideale ossequio dimostrato pel suo abitino, la notte, comparendogli in sogno, miserabile, li disse, hai rispetto pel mio abitino, e non hai orrore offendere il Figlio mio? Dimani, che viene colla Missione il Padre D. Alfonso va da lui, confessati, e muta vita. Non ancora il Giovane aveva inteso nominare Alfonso, nè sapeva cosa della Missione. La mattina essendo andato da un dilettante di Lotto, per farsi interpretare il sonno, ed averne i numeri, quegli, troncandogli la parola, li disse: sapete, che oggi viene il P. D. Alfonso colla Missione. In sentir Alfonso e Missione, restò sorpreso il Giovane, non pensa più a' numeri, ma pensa a' casi suoi. Arrivato Alfonso fu subito a ritrovarlo, narrandogli l'accaduto. Alfonso piangendo li disse: Dunque Mamma a me ti ha mandato? l'intese, lo ridusse a Dio; e fu tale il ravvedimento, che ancor vive da perfetto Cristiano. Fu sì grande il frutto di questa Missione, che ancor se ne raccontano delle meraviglie.
Sin da che Alfonso operava nei Casali di Napoli col
Padre Sarnelli, lo zelo di Dio, che non è mai sazio, progettò loro un'altra
opera, quanto scabrosa, altrettanto vantaggiosa per Dio, e per lo Stato.
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