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P. Antonio Maria Tannoia Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori... IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap.19 Nuove macchine ne' Pagani contra i nostri in Napoli, ed in Roma, e protezione dell'Eminentissimo Spinelli, e di Monsig. Rossi, Arcivescovo di Salerno.
Se tante volte colla
frode avevansi fatto strada i nostri contrari in Napoli, ed in Roma, colla
frode, non perdendosi di animo, avvalorarono di nuovo le loro forze. Non
sapendo come farsi sloggiare i Missionarj, e farli ritrovare senza casa, e
senza tetto, si fa comparire nel Sacro Regio Consiglio la Sorella del Contaldi.
Abitava questa in altro palazzo; ma mezz'ora prima, che affissa si fosse in piazza la citazione, volendo far vedere, ch'essa, e non i Padri erano in possesso della casa, di nascosto vi s'intromette con altre venti persone; ed avendo alla mano due Notari, se ne forma l'atto, com' ella, e non i Padri, ne stava in possesso. Fu troppo amaro per Alfonso, sentendo ne' Ciorani, questo nuovo attentato. Rincrescendoli comparire in giudizio, non sapeva ove attenersi. Ogni savio non però, essendosi portato in Nocera, e specialmente Monsig. Vescovo, volle che l'inferno non l'avesse per vinta. Prese a petto la difesa per esso, e per la Congregazione il celebre Avvocato D. Vitale di Vitale, che, per l'integrità sua, e dottrina, fu poco dopo condecorato della toga dall'augustissimo Re Carlo. Capita la frode nel Sacro Consiglio, anche in questo restarono delusi gli avversari, essendosi decretato, che i Padri, e non la donna restar dovessero in possesso della casa.
Benchè fatta questa giusta difesa ne' termini più onesti dal Vitale, offese non però, ed irritò vie più i partitanti, ed il Contaldi, ne sono da credersi i gravi cimenti, ne' quali si videro Alfonso, ed i compagni. Essendosi querelato, ma trai denti, del torto, che se li faceva, volendosi discacciato di casa, persona prepotente, ed era ecclesiastica, lo caricò di tali elogi; che ne anche convenivano ad un facchino: quando volete andar rubando, gli disse tra l'altro con sommo sdegno, e spogliando la gente a forza, uscite a rubare al passo in mezzo della strada. Non se ne offese Alfonso: Benedetto Iddio, rispose, ho lasciato la casa mia per esser trattato come ladro in Nocera. Eravi presente il Sacerdote D. Paolo Moscati de' Baroni dell'Olevano. Vedendo questi malmenato un uomo così degno, mancatagli la flemma, s'avventa tutto fuoco contra del Prete per buttarlo dal balcone; e fatto l'avrebbe in quel moto istantaneo, se dai nostri non si fosse impedito. Pianse Alfonso vedendo il Moscati, ed il Prete in tale cimento, e molto più per l'offesa, che ridondavane a Dio.
Una furia infernale
uopo è dire, che agitasse i contrari. Ancorchè troppo duro in Roma sperimentato
si fosse il terreno, tuttavolta all'entrare di Agosto di nuovo Alfonso si vide
attaccato dal Clero secolare, e regolare, e da i due Eletti de' Pagani. Volendo maggiormente rilevare Papa Benedetto XIV il merito di Alfonso, e cosa fosse la nascente Congregazione, fece commettere dal Cardinal Spinola un nuovo informo all'Eminentissimo Spinelli in Napoli, ed a Monsig. Rossi Arcivescovo in Salerno. Altro nuovo tratto di provvidenza fu quest'informo. Iddio così dispose, per maggiormente vedersi accreditato presso del Papa Alfonso, e l'Opera, ed aversi innanzi tempo, per la conferma dell'Istituto, il voto di un Cardinale di tanto peso, qual'era lo Spinelli, ed il sentimento di un Metropolitano di tanto riguardo.
Questa commessa non fu troppo gradita. Non avendo che sperare i contrari specialmente in Salerno, perchè troppo persuaso l'Arcivescovo dell'onestà di Alfonso, e de' compagni, si lusingavano far guadagno col Cardinale. Stando questi a di porto nella Torre del Greco, non furono tardi i Parochi, ed altri a prevenirlo. Con essi ci fu ancora un Avvocato. Fa orrore, se riferir volessi, quanto fu nero il carattere, che fu fatto di Alfonso, ed in quale aspetto furono posti i suoi Alunni. Si fatto parlare stomacò il Cardinale; ma riclamando i Parochi, sul termine di Congregazione, che millantavasi da' Missionarj, e non ci era, sputò il Cardinale, che avrebbe voluto più tosto non una Congregazione dipendente da un Capo, come quella de' Pii Operarii, e de' PP. di S. Vincenzo, ma tante case disunite dipendenti da' soli Vescovi, come quelle dell'Oratorio. Quest'espressione, così buttata dal Cardinale, fece ingigantire i Parochi, spacciando, ritornati che furono ne' Pagani, che il Cardinale non era per approvare la Regola, e festeggiavano perchè restava abolita la Congregazione, e nulla la donazione già fatta.
In vista di tale trionfo, si portarono subito, senza perdita di tempo, da Sua Eminenza uniti con D. Lucio Tortora, e con altri Gentiluomini, i nuovi Sindaci eletti a' quindeci di Agosto. In vederli il Cardinale, si pose in contegno, credendo la seconda de' Parochi. Parlò D. Lucio; e sentendo il Cardinale encomiare la Congregazione, lo zelo di Alfonso, e de' Missionarj ed il gran bene, che operavano in Nocera, se ne compiacque estremamente: Signori miei, lor disse, quanto mi edifica il vostro parlare, altretanto restai scandalizato avantieri del parlare de' Parochi. Avendo dimandato quali Sindaci fossero, in sentire, che vi era anche il Sindaco particolare de' Pagani, come! disse, egli è comparso in Roma contra i Missionarj, ed ora me ne parla in favore? Essere stato l'antecessore, rispose il Sindaco D. Gaetano Criscuoli, e che si era rivocata la procura. Se ne compiacque il Cardinale; e con volto giulivo compromise tutta l'opera sua in favore di Alfonso, e della Congregazione.
Non lasciava mezzo Monsig. de Dominicis, tra questo tempo in cui pendevano le relazioni, per veder bonacciata la tempesta. Si fa arbitro, e progettando accomodo, pregò i nostri a voler sottomettere. Ci venne Alfonso, e ci venne il Contaldi. Con Alfonso ci furono i Padri Sportelli, e Mazzini, e col Contaldi altri suoi partitanti. Essendosi venuto a' progetti, uno se ne fece per parte del Contaldi, e fu, che restava a suo conto pagare i contratti debiti per la fabbrica; ma che i Padri partir dovessero da' Pagani, e non volendo partire, che serrassero la Chiesetta di S. Domenico, e trattenuti si fossero come in casa propria da semplici Preti, senza operar cosa ne' Pagani. Resta stupito Monsignore in sentire tal progetto: irato alza mano al congresso; e rivolto ai Padri disse: tirate avanti così in Napoli, che in Roma, ed assistete all'Eminentissimo Spinelli, che Iddio sta per voi. Adora Alfonso i divini giudizi, si stringe nelle spalle, e col capo chino fece ritorno a casa.
Troppo appassionato era Monsig. de Dominicis per quest'Opera, nè lasciava mezzo per assodarla; ma non senza afflizione di Alfonso, de' nostri, e di tutti gl'interessati, sorpreso si vide dalla morte a' ventidue di Agosto di questo medesimo anno 1744. Quest'accidente non dispiacque, anzi rallegrò i contrari, perchè sfiancato credevano di protezione Alfonso, ed i suoi. La Provvidenza non però supplì la mancanza di Monsig. de Dominicis con un degno successore, qual fù D. Gerardo Volpe, uomo, com'è noto, a niuno secondo nella prudenza, e nel zelare l'onore di Dio, ed il bene dell'Anime.
Uniformi furono le due
relazioni dell'Eminentissimo Spinelli, e di Monsig. Rossi Arcivescovo di
Salerno. Il nuovo Istituto (così si spiega il Cardinale) o sia Congregazione
de' Preti Secolari detti del Santissimo Salvatore, si è fatto, e tuttavia si fa
conoscere di sommo, e singolare profitto. accorrere in ajuto di altre Diocesi. In Casa, oltre varie pratiche di pietà, porgono gli Spirituali Esercizj non che agli Ordinandi, e Cleri, anche alle persone Secolari. Stimandosi di molto profitto, furono stabiliti in Nocera dal defunto Monsig. de Dominicis, col consenso ed applauso di tutto il Capitolo della Cattedrale, così dai Rettori, Parochi, e Clero non solo della Città, ma di tutte le sette Università che la compongono. Tutto fù fatto congregati in generale parlamento, precedente i banni per tutt'i luoghi soliti delle dette Università, anche con acclamazione degli altri luoghi di quella Diocesi. Monsignore ne visse sempre ben soddisfatto, e vivono con esatta subordinanza agli Ordinari de' luoghi. Non è vero, che vanno mendicando, ma si mantengono, benchè strettamente, colle loro vendite, e fatiche. Non merita considerazione la vendita, che si asserisce di crocifissetti, e cateniglie, avendo informato essa Sacra Congregazione con tutta verità il medesimo defunto Vescovo di Nocera". Fin quì l'Eminentissimo Spinelli; e tale fu la relazione di Monsig. Rossi Arcivescovo di Salerno.
Tanto dispose la Provvidenza. Così con quattro ricorsi in contrario e quasi otto mesi di travagli in Roma, non risparmiando i Preti, e i Regolari, nè denaro, nè cavilli, nè contumelie, la Congregazione anziche denigrata, restò conosciuta, ed applaudita dal Capo visibile della Chiesa, verificandosi, come profetizzò Zaccheria, la salute dall'inimico. Di questo calice bensì vi era per anche la feccia, e tranguggiar dovevasi da Alfonso, e da' suoi.
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