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P. Antonio Maria Tannoia Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori... IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap.38 Alfonso dà fuori la sua Teologia Morale.
Tra questo tempo, cioè sul principio del 1753 e tra i tanti e sì gravi imbarazzi diede fuori Alfonso la sua Teologia Morale. Nel 1748 ad istanza de' suoi corredato aveva il Bossembau di non poche note, che dedicò a Monsignor D. Giuseppe Nicolai Arcivescovo di Conza. Erano queste varj casi discrifati nel decorso delle Missioni, che da' suoi, per aversi alla mano, si vollero dati alle stampe.
Quest'Opera è l'effetto
di un puro zelo. Altra mira in tesserla non ebbe che la gloria di Dio, ed il
bene delle anime. Stando al tavolino, non si determinava ad abbracciare, o a rifiutare
delle tante opinioni, senz'aver presente questi due fini; e non imprendeva la
penna, senza essersi raccomandato a Gesù Cristo, ed a Maria Ss., avendone
avanti gli occhi, e sul tavolino le di loro immagini.
Evita Egli in quest'Opera con somma prudenza i due estremi del lasso probabilista, e del rigido tuziorista, nocivo per le anime così l'uno che l'altro. Tutto è equità in quest'opera. Egli non intende discaricar le anime da quello che impone Gesù Cristo, e S. Chiesa: nè aggravarle più di quello che questi non pretendono. Non è tale, che colla rigidezza spaventi le anime, e contorci le coscienze: nè così benigno che lusinghi il senso, e deroghi al Vangelo. Ove la legge è chiara, non è indulgente per la libertà: ed ove la legge non prepondera, se favorisce la libertà, non si butta al lassismo. In una parola non è Alfonso uno di quei spiriti rigidi, che facendo precetto ciò che non è, vogliono tutto peccato: nè così indulgente, che faccia libertà, quello che è precetto: scopulos vel laxitatis, vel rigorismi, in quos plerique impellunt, vir clarissimus arte mira declinat, così si spiega facendo giustizia all'opera, il P. M. Fra Tommaso Cherubino, luminare in quel tempo de' P. Domenicani, e Regio Professore in questa Università di Napoli: così Monsignor Coppola Vescovo di Cassano, Paroco allora, e Revisore Ecclesiastico: Nihil in eo offendi, quod bonis moribus Chistian eque pietati adverfetur: nibil rigidum in eo reperi, quod pia Mater ecclesia abborret, nibil laxum, quod animarum jacturam permittit, sed totum quod in eo est, Christianam sapit doctrinam.
Non è egli Alfonso come
si vede, attaccato a verun partito. Rispetta tutti; ma sopra tutto venera la
ragione, e fa sua legge l'autorità della Chiesa.
Quest'opera se si
esamina, non è che un risultato delle leggi Ecclesiastiche, e Civili. Ove
queste mancano, fa sua Alfonso la dottrina di S. Tommaso, e supplisce il di più
coll'autorità, ma di Teologi di sperimentata dottrina. Talvolta vedesi
barcolare tra due opposte opinioni; e non avendo per determinarsi un
sufficiente motivo, sospende il giudizio, e lascia il Lettore in libertà per
appigliarsi ove vuole.
Non entro ad individuare le tante opinioni, che come lasse, ridusse al giusto peso: dico bensì che a lui siamo debitori, se attraversato si vede nella Chiesa uno scandalo, e così grave, che deturpava, e vilipeso rendeva il Santuario. Comunemente non aveasi ribrezzo da' Confessori abilitare per le Sacre Ordinazioni Chierici, o altri di fresco spoppati dalle materie le più turpi. Aveasi per massima, che essendosi disposto per lo Sacramento della Penitenza, erasi ancora per quello dell'Ordine: se non si vuol dire, che si abilitavano taluni per l'uno, e per l'altro.
e persistendo nella volontà di volersi ordinare, indegno è ancora per quello della Penitenza. Avendo diretta questa
sua dissertazione ai Vescovi d'Italia, non ci fu Vescovo che renduto non gli
avesse i suoi più vivi ringraziamenti. Monsignor Amato Vescovo di Lacedogna,
mancandomi altre lettere, così li rescrisse a' 12 Ottobre "Ognuno de'
Vescovi è tenuto render grazie a V. P., ma con maggior fervore lo so io per li
tanti lumi, che ci somministra colle sue fatiche, in profitto delle anime.
Tutto per Alfonso è
glorioso in quest'opera. Meglio ponderando la prima edizione, benchè incontrato
avesse presso del Pubblico, egli non stimandola ben diggerita, non ebbe
ribrezzo in questa seconda ristampa, ritrattarsi in molte e varie opinioni: in nonnullas opiniones, così si spiega nella
prefazione, temporis decursu, rebus ad seduliorem trutinam revocatis, hominem
me agnoscens, reformavi. In Napoli bensì non furono gradite da quelle rispettabili Congregazioni che vi sono, queste sue ritrattazioni, giudicandosi da tutti come bastantemente sode, e fornite di classiche autorità le opinioni da esso ritrattate. Taluni arrivarono a dire, che con questo, poco onore si faceva. Si dica di me disse Alfonso, ciò che si vuole: io non cerco la mia gloria, ma il bene delle Anime, e la gloria di Gesù Cristo.
Siccome non fu Egli dominato dallo spirito di partito, così non fu dallo spirito di autorità. Ancorchè Fondatore e Superiore, non obbligò i suoi a seguitarlo; ma lasciò in libertà ognuno adottare qualunque opinione, ancorchè contraria alla sua: mai bensì lassa, e non uniforme a' Canoni, ed al Vangelo: nè così rigida, che spaventasse i fedeli, e fosse loro di tracollo all'inferno. Sapendo che taluno de' nostri degenerasse o nell'uno, o nell'altro, egli non davasi pace, se il soggetto smosso non si vedeva dal suo strampo opinare. Come e quanto benedisse Iddio quest'Opera, e queste
sue rette intenzioni così nell'Italia, che fuori, lo vedremo in seguito. Dico
bensì, che profetò il Papa, allorchè li rescrisse che incontrato avrebbe la
comune approvazione. Individuerò altrove in quali e quanti luoghi di Europa, ed
anche in America sia stata ricevuta con applauso. In Venezia, vivendo Alfonso,
si vide ristampata dieci volte. Missionario Napoletano, e gran servo di Dio D. Giuseppe Jorio, non volendo decidere da se, Voi avete, li rispose, il vostro Ligorio, consigliatevi con esso.
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