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P. Antonio Maria Tannoia Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori... IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap.45 Altre fatiche di Alfonso, stando i nostri nelle Calabrie.
Godevane estremamente Alfonso per questo nuovo destino de' suoi nelle Calabrie. Stimavalo egli un tratto di special providenza per quei Popoli, quasi destituti di spirituale ajuto. Non potendo, perchè vecchio, assecondare i proprj desiderj, col portarvisi di persona, cooperavasi presso Dio coll'orazione, per voler benedire in salute di quelle anime, le fatiche de' suoi Confratelli. Anch'egli in questo tempo non vedevasi indifferente per altre opere di gloria di Dio ne' luoghi convicini di Nocera.
Era qualche tempo che
egli mancava da Salerno. Monsignor Rossi, che n'era Arcivescovo, e ben
conosceva di qual tempra ei fosse, lo volle a beneficio di quel popolo, ed
Alfonso vi fù nel principio di Gennaro 1758 con venti altri de' suoi.
Troppo libertà regnava in Salerno nel sesso donnesco, anche in Chiesa. Avendone Alfonso rilevate le conseguenze, se ne offesero le Gentildonne, facendoli capire il loro disgusto. Si discolpò Alfonso; e ripigliando la Predica la sera susseguente: "Io, disse, non ho inteso offendere le Gentildonne, ma ho insinuato maggior modestia in Chiesa, perchè molto si manca, e si è scandalo agl'altri. Ma fattosi di fuoco, soggiunse: "questi sono peccati gravi, che cercano vendetta, e non sono scusati avanti a Dio: non ho inteso offendere veruna; ma cerco l'emenda per la gloria di Gesù Cristo, e per lo bene di tante Anime. Quanto volle, tanto ottenne. Il dì susseguente si videro le Dame in Chiesa tutte composte, e tali lo furono anche in seguito.
Gravi erano le inimicizie, che, con scandalo del pubblico, e con detrimento delle famiglie, regnavano da qualche tempo tra varj nobili. Alfonso, avendoli rappacificati, e volendoli perseveranti, ne formò una Congregazione nella Chiesa del Gesù, sotto la direzione del Padre Pennacchia Gesuita. Oltre la frequenza de' Sacramenti, una volta la settimana, tenendosi Congregazione, vi era la disciplina in comune, ed avevano in obbligo questi fratelli associare, e prestare dei suffragi ai defunti poveri. Persistette nel fervore, e nell'esemplarità questa Congregazione anche fino alla soppressione de' Gesuiti.
Terminata la Missione nel Duomo, Alfonso suddivisi i Padri, aprì tre altre Missioni. Si diedero gl'esercizi al Clero, ai Nobili, ed anche ai carcerati. Raguagliandomi Monsignor Pinto Vescovo di Tricarico del gran bene operato da Alfonso in questa Missione, così si spiega: "Il profitto fu grande, generale, e costante. Fu grande, perchè vi furono, ed in gran numero delle conversioni strepitosissime: generale, perchè cambiò d'aspetto la Città tutta, cominciando dalla prima Nobiltà fino all'ultimo ceto; e fu costante, avendo continuato a vivere la maggior parte per anni, ed anni cristianamente. Posso anche assicurarvi, che in alcuni anche dura il frutto di quelle fatiche, e se mi ritrovo lasciato il mondo, anche sono tenuto ai lumi, che Dio mi diede in quella Missione. E' voce comune, che Alfonso fe tanto in Salerno, quanto poteva fare un Apostolo. Nel decorso di questa Missione, cioè a' 12 di Gennaro, soffrì egli ne' Ciorani la perdita dell'ottimo Padre D. Saverio Rossi, sostegno di quella Casa, ed uno de' primi suoi Compagni. Se si afflisse, perchè in età immatura, consolossi vedendolo morto da santo. Ancorchè travagliato da anni diciotto da uno sputo marcioso, era egli l'idea dell'osservanza. Singolare era la sua unione con Dio: bastava vederlo sull'Altare per restarne compunto, e raccogliersi; non ci era velame tra esso e Gesù nel Sacramento, tanto era palpabile la sua fede. Egli promosse talmente in quella Casa l'opera degli Esercizj, che vi concorrevano anche da Napoli: egli evitava nel Paese, e dava riparo a qualunque sconcerto: egli manteneva la pace nelle famiglie; ed il Parroco da lui ricorreva in qualunque bisogno tra suoi Figliani. Singolare fu il Rossi nella carità verso i poveri. Egli era il comun Padre di tutti. Conoscendo Alfonso il dono di Dio, che possedeva, aveagli dato il permesso di diffondersi verso i poveri senza veruna restrizione. Richiesto da me quante famiglie ne' Ciorani non erano soccorse dalla nostra Casa, mi disse, che circa dieci in dodici. Oltre de' Cioranesi venivano sollevati dalla sua carità tanti e tanti de' Casali vicini, che per proprio profitto, e per essere corporalmente soccorsi frequentavano la nostra Chiesa. Facevagli controposto
alle virtù, che possedeva un umor bilioso, ed in estremo ardente. Era questo
per esso un continuato conflitto, che metteva alle strette il di lui spirito;
ma predominando la virtù, signoreggiava se stesso, e maggiormente si
perfezionava nello spirito. Sorpreso da tal fuoco, sì grande era la violenza,
che reprimendo se stesso egli soffriva, che ingialliva, e dava nel nero.
Costavali così caro questa violenza, che tante volte riducevalo in letto, e
buttar vedevasi bacili di veleno.
In quaresima Alfonso fu
chiamato in Napoli. Non potette negare l'opera sua a tanti, che lo ricercavano.
Varj Monasterj furono consolati coi santi Esercizj. Sangue del Protomartire S. Stefano, che in quel
Monastero si conserva. Non tanto Alfonso ne pregò le Monache, che processionalmente
fu preso, e portato al comunichino. Posta la Reliquia sull'Altare, e dato
l'incendio, non passarono due minuti, che liquefatto si vide, e divenuto
vermiglio, con istupore delle Monache, e di altri assistenti.
In questo tempo il Galtieri se li vide tenuto per la vita. Era questi Calabrese, e dovendo partire per Mormanno sua Patria, noleggiato avea la barca. La sera antecedente Alfonso sel chiama, e dice: "Voi domani volete partire? Sì, rispose, e tutto sta all'ordine. Io non voglio che partite per mare disse Alfonso, e con questa barca; ma come farò, disse il Galtieri, non essendoci altro comodo; ed Alfonso: aspettate, che fra giorni non mancherà il ritorno per terra di qualche Prete vostro compaesano, che verrà qui Ubbedì il Galtieri. Non più che a capo di tre giorni pervenne, con proprio comodo da Mormanno, il Sacerdote D. Gaetano Molintosi, e con quello se ne partì. Vi è cosa di più: la barca noleggiata, quando fu nel golfo di Policastro, naufragò senza salvarsi veruno de' passeggeri, che erano molti, nè il Padrone della barca con tutti i Marinari. Terminati gli Esercizj nel Monistero di S. Gaudioso, passò in quello di Bettelemme; e così nell'uno, che nell'altro maggior fervore si vide, e maggior spirito di osservanza.
Oltre della Predicazione ne' Monasteri, ed in varie Chiese, che ora non sovvengono, e che non davangli respiro un giorno per l'altro, non è da credersi come, e quanto vedevasi in Casa accerchiato di sera da ogni ceto di persone. Una di queste sere, oltre tutto l'officio che teneva in attrasso, eraci in Casa lo stampatore, che premevalo, perdendo tempo la stampa, per li fogli da correggersi. Sul punto un Magnate mandò a ricercarlo di tutta fretta, ritrovandosi in ultimo la Duchessa sua moglie, che tanto lo desiderava. "Va, disse Alfonso, all'inviato, e dite al Duca che sto impedito, ma che stia di buon animo: la Duchessa starà bene, ed io domani sarò a visitarla. Come disse, così fu. La notte fuori, di aspettativa, si vide la Duchessa passata dalle braccia della morte, a quelle della vita.
Quanto più i doni di Dio si manifestavano in lui, e vedevasi da tutti venerato, egli tanto maggiormente umiliava se stesso. Invitato a pranzo nel Gesù nuovo dal P. Provinciale de' Gesuiti, lo compiacque. Tutto fu venerazione, e rispetto per esso. Soprattutto non finivasi ammirare la sua povertà, e quel sentir così basso di se medesimo. penetrati quei Padri dalla venerazione per lui, non sapevano, come aver cosa di suo uso, e conservarsela per reliquia. Vedendo, che aveva per cinta un orlo di panno, anche logorato, sbianchito, e rattoppato, procurano un altro nuovo, e con disinvoltura ce l'offrono, con disegno di farcelo cingere, ed aversi il vecchio. Gradì Alfonso la cinta; ma, odorando il mistero, con disinvoltura, se si tenne la nuova, e non si disfece della vecchia.
Nel mese di Giugno venne invitato in Nola dalle Monache Chiariste per un triduo in onore del Cuore di Gesù. Vi fu, e per voce comune si disse: non, che si vide un uomo sul Pulpito, ma un Serafino, che col cuore tutto fuoco, animava tutti ad amare Gesù Cristo. Ancorchè vecchio tirava le Prediche anche le due ore, ma non sembravano che momenti, tanto ogn'uno vedevasi sorpreso dall'affluenza de' suoi affetti, ed incantato dalla sodezza delle dottrine.
Contemporaneamente fu
pregato da Mons. Caracciolo, e dal Canonico Crisci per un'altr'acqua serotina
in Seminario a beneficio delle tante piante, che lo desiderano. Se ne consolò
Alfonso, e ne gradì l'invito, sentendo, che tutto giorno germogliar vedeasi in
quel sacro luogo sempre più la pietà, e la divozione.
Erano restati così presi per Alfonso i Signori Amalfitani, per la precedente Missione, che di nuovo in quest'anno lo vollero per la Novena a Maria Assunta. Vi fu; e non fu poco il profitto, che vi fece. Anche qui venne favorito dalla Vergine con un segno tutto speciale. Una sera tra le altre, avendo detto in fine della Predica, che mentre egli pregava Maria Santissima per tutti, anche essi avessero chiesto una grazia per lui orando, si vide da tutti, non altrimenti, che in Foggia, ed in S. Giorgio, un raggio come di Sole, che uscendo dal volto della statua di Maria Santissima, andava a terminare in faccia ad Alfonso; ed egli quasi due palmi elevato sopra la cattedra, ma tutto fuoco nel volto, che sembrava non uomo, ma Serafino. Tanto mi attestano il Canonico Casabona, il Sacerdote D. Pietro de Luca, e tanti altri, che vi erano presenti. Questo favore confirmò maggiormente nel Popolo l'alta idea che si aveva della di lui Santità.
Se i Nostri nelle Calabrie si affaticavano con la voce, Alfonso in Nocera operava colla voce, e colla penna. Tra questo tempo restrinse in un Opera, che chiamò Apparecchio alla Morte, le massime più importanti di nostra santa Religione. Con quest'Opera si può dire, tanto fu lo spaccio che si ebbe dappertutto, che ei fece una general Missione nel Regno, ed altrove. Questo libro, quì in Napoli, disse il Signor Alasia, uno de' Padri della Missione, ha fatto, e fa delle strepitose conversioni.
Volendo invogliare le anime, e far comprendere il gran Mistero dell'Incarnazione, sussecutivamente donò al pubblico nove sermoni colle meditazioni a parte per l'Avvento, e per la Novena di Natale. Così una particolar novena in onore del Sacro Cuore di Gesù, ed un settenario pel glorioso S. Giuseppe. Furono così applaudite queste operette, che per ogni dove si viddero sparse colle stampe di Venezia, e di Bassano. Persona vi fu che impugnò la dissertazione, che egli avea fatto sopra l'abuso di maledire i Morti, condannandolo di colpa mortale, Egli pubblicò una dotta lettera apologetica su questo particolare. Dice aver fatto esaminare il punto specialmente da tutte le Congregazioni de' Missionarj di Napoli, che fanno legge in materia morale, e che tutti erano stati concordemente del suo sentimento: che anche in Roma era stata esaminata questa sua dottrina per ordine del Papa Benedetto XIV, e che il Papa istesso erasi spiegato esser anche egli del suo medesimo sentimento. Vedendomi persuaso in contrario, non avrò difficoltà, ei dice, ritrattarmi con altra scrittura publica, come non ho ripugnato di farlo in altre mie opinioni.
Contemporaneamente nel Giugno del 1758, dopo mesi sette impiegati nei loro Apostolici disimpegni, ritornarono i nostri dalle Calabrie. Non è credibile quale, e quanta consolazione sperimentò Alfonso in vederli tutti sani, e carichi di varie prede fatte all'Inferno. Erano stati consolati a prima giunta colle S. Missioni, Vigianello, Ossomarzo, Cepollino, Verbicaro, e S. Domenica. In Quaresima essendosi ripassati colle rinovazioni di spirito i medesimi luoghi, si erano fatte le Missioni in Saraceno, in Cività, S. Basile, Lungro, e Fermo tutti Albanesi di Rito Greco. Nell'Aprile, volendosi compiacere il Principe della Rocca, erano stati in Cutri, Policastro, Cotronei, e Rocca Bernardo, feudi del Principe nella Calabria Ultra, ed essendosi fatte anche in questi luoghi le rinnovazioni di spirito, si era passato nella terra di S. Gio: in Fiore, commenda del Figlio del Principe in Diocesi di Cosenza.
Consolavasi Alfonso in sentir spezzato il pane Evangelico a tante popolazioni, maggiormente perchè affamate, e con piacere ricevuto. In Saraceno essendo stato pregato da Reggimentarj il Predicatore Quaresimalista, e non volendo accordare
di predicar egli la mattina, e i Padri di sera, il Popolo tolse la scala dal
Pulpito, e così l'indussero a convenire. In Policastro accadde un caso, ma troppo lugubre. Essendosi ritrovata di notte dal Camerlengo una donna con due drudi in casa, tutti e tre furono carcerati. Sapendosi dai Padri questo scandalo, erano sul punto di partire. Questa mossa afflisse tutto il Popolo, e lacrimevoli, compromettendosi voler dar riparo allo scandalo, si presentarono ai Padri il Clero, i Gentiluomini, ed il Governatore. I due Uomini confusi, e pentiti, ma carichi di funi, e con corone di spine in testa vennero portati, accompagnati da' Preti, e dal Popolo, disciplinandosi, e cercando scusa per tutto il paese. Questo spettacolo infervorò la Missione. Anche la donna fece in Chiesa atti tali, che autenticarono una vera conversione. Quanto si volle, tanto si ottenne dai Signori Policastresi. Erano stati danneggiate da alcune persone, in quattro mila e più ducati, varj Preti, e Gentiluomini: tutti generosamente nella sera della Predica della pace condonarono l'offesa, e rilasciarono il danno ricevuto. Un solo, ed era fondachiere, rilasciò ducati cinquecento. Esuberante fu il frutto in tutte queste Missioni. Offese rimesse, e strepitose: restituzioni non leggiere; scandali gravi detestati; Baroni, ed Università pacificate. Oltre di questo riconciliati si videro colla Chiesa, e con G. C. tanti pubblici miscredenti anche tra Preti, che rimessi, si resero a tutti di edificazione. Se la Corte non fosse stata restia, le Calabrie ripiene si vedrebbero delle nostre Case. In Normanno, che non fecero per farci stabilire nel soppresso Convento de' Coloriti. Quei di Cutri, e Policastro destinarono persona in Napoli per ottenersi il Reale beneplacito. Il Principe della Rocca nè fu così invogliato, che contentavasi dimezzare la rendita della Comenda del Figlio, per vederci stabiliti in S. Giovanni in Fiore.
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