Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
P. Antonio Maria Tannoia Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori... IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
Cap.50 Doti personali, che accompagnavano Alfonso nel ministero apostolico.
Non eravi cosa tanto
eminente in Alfonso, quanto il vero carattere di uomo Apostolico. Intendo un uomo
geloso dell'onore di Dio: tutto carità, e tutto amore per li peccatori:
singolare nel ministero della parola; caro a Dio, e ricco de' suoi doni.
Eccessiva era la sua Carità, e tutta Apostolica, con qualunque peccatore. Avendo egli, come già disser. un dono di Dio tutto particolare sopra i cuori, come un traviato vedevasi a suoi piedi, anche non volendo, dovea compungersi, e detestare i suoi eccessi. Maggiormente vedevasi
impegnato Alfonso colla gente povera, se carica di peccati non era ajutata da
altri. Credeva detto anche a se quel comede
et manduca, che Gesù Cristo in
visione disse a S. Pietro, mostrandoli il lenzuolo ripieno di animali immondi.
Come uno di questi capitava a' suoi piedi, vedevasi Alfonso tutto intenerito,
compassionarne lo stato, e col cuore tra le mani illuminarlo, fargli capire il
suo gran male, compungerlo, e ridurlo a penitenza. Così animava anche i suoi. Questi sono, soleva dire, quell'unica pecorella, che Gesù Cristo,
lasciando le novantanove, andava in cerca, per mettersela sulle spalle. Questi erano i regali più graditi, che in Missione aver poteva dai Parochi, e dai medesimi suoi compagni. Carità così grande, ed eccessiva, che egli aveva in accogliere i peccatori, goderne, e festeggiare, vedendoli compunti, se edificava, ed era d'ammirazione ai veri operarj, tacciavasi non però da taluni, che animati lo erano da falso zelo, quasi per indulgente, e lasso, come se indistintamente agli assolvesse ognuno disposto, o indisposto che fosse. Non era lasso Alfonso, anzi troppo ritenuto egli era in comunicare a chi non si conveniva il sangue di Gesù Cristo. Sembrava facile, non capendosi il gran dono di Dio, ch'egli aveva in compungere i cuori, e disporli; e la gran carità, con cui se li abbracciava, ed inducevali al pentimento. Questi tali, che come indisposti, erano discacciati, non che licenziati da altri Confessori, vedevansi col fatto mutar vita, e perseverare nel santo proposito.
A senso comune era Alfonso tenuto per il primo Missionario in questo Regno. Siccome nel confessare, così nel predicare aveva un dono di Dio tutto particolare. Non altrimenti la sentivano, non che i Vescovi, ed Arcivescovi, anche i medesimi uomini Apostolici così in Napoli, che nelle Provincie. Non è ch'egli predicasse dottrine nuove, e peregrine, ma perchè, animato dallo spirito di Dio, non predicava, che Cristo Crocefisso. Questo era il gran libro, ch'egli leggeva, e questo predicar soleva non meno ai dotti, che agl'ignoranti. Non vi erano fiori nelle sue prediche, nè varj ornamenti: ma non mancava in esse quell'arte, e quel contorno, che i primi Padri di S. Chiesa usar solevano ne' sermoni, predicando al Popolo.
Chiari erano gli argomenti, e capibili da tutti, anzi brevi e succinti, senza lungheria di periodo. Anche qualunque villano, rozzo che fosse, o semplice donnicciuola, non perdevane una parola. Egli medesimo, inculcando ai nostri una sera lo stile semplice, e piano, disse: d'ogni altro peccato ne debbo dare conto a Dio, ma non del predicare: ho sempre predicato in modo, da poter essere capito da tutti. Adattandosi al Popolo,
non abbandonava nelle autorità de' Padri, e delle Scritture, e quelle che
portava, sminuzzavale in modo, che anche le vecchiarelle ne capivano il
significato. Abbondava bensì nei fatti accaduti, o a peccatori pentiti, o
impenitenti, per animare alla penitenza, o per atterrire i meno contriti.
Non voleva Alfonso spavento nel Popolo, ma compunzione. Anche in fine delle prediche di terrore, non lasciava i peccatori disanimati, come se indegni delle divine misericordie. Siamo in tempo, diceva, che per esser cristiano, non bisogna parlare, che di rigore, senza che se ne abbia la pratica, ma si sbaglia. Metter in disperazione i peccatori, e far valere i diritti della giustizia, contro quelli della divina misericordia, riempiendo 'i cuori di spavento, e portarli alla disperazione, non è che de' moderni Novatori. Riprovava Alfonso, che esecrava questo tal fare. Se il peccatore, diceva, vede disperato il caso suo, anzicchè ricorrere a Dio, si sposa col peccato, e si da' in braccia alla disperazione. I motivi, che dava in fine delle prediche di terrore, se erano di abbominio al peccato, erano ancora di filiale confidenza verso Dio Redentore: Iddio, diceva Alfonso, vuole tutti salvi, e l'eternità dannata non è riserbata, che ai solo ostinati. Non servivasi, come fanno taluni, d'invettive aspre, o di termini disgustosi. Le espressioni, che aveva sempre in bocca, non erano, che o di Figli miei, o di miei fratelli, o al più di poveri peccatori. Con questo fare, operava prodigi, e vedevansi i più traviati portarsi con fiducia a' suoi piedi, e molto più di Cristo Crocefisso.
E' debolezza comune tra predicatori di non restar sodisfatti, se eccitandosi il Popolo al pentimento, non vedesi dare in ischiamazzi. In quella confusione, diceva Alfonso, nè il Popolo capisce il predicatore, nè fa il predicatore perchè piange il Popolo. Egli vedendo il Popolo
commosso, e dare in grida, e singhiozzi, astenevasi dal porgere altri motivi;
ma, toccando il campanello, imponeva l'acchetarsi; nè ripigliava i motivi, se
non vedendolo quietato. Voleva che capito si fosse ciò che detestar si doveva,
e per qual motivo. Egli però aveva un dono così singolare, che appena
ripigliava, subito vedevasi immerso il Popolo nel pianto, e nel dolore.
La natura concorreva anch'essa co' suoi doni, per render ammirabile la sua predicazione. La voce, che aveva era dolce, e sonora. Anche nelle Chiese più grandi sentivasi da ognuno come presente. Grazia aveva nel porgere, e chiarezza nello spiegarsi. Non era nè breve, nè lungo nelle prediche: era tale, che non generava tedio; anzi fame di sentirlo, e non uscirne di Chiesa.
Colla voce, e colla maniera, con cui si spiegava, vi concorreva lo strapazzo di se medesimo. Questo, più che ogni altra cosa, faceva breccia ne' Popoli, e somma impressione. Ne' luoghi vicini andava a piedi, e sopra un vil somaro ne' luoghi lontani, ma con barda alla peggio, cioè rozza, e da soma. Il suo vitto ne' primi tempi, come confessavano i nostri vecchi, (e non fu per pochi anni) non erano che quattro castagne, ed un poco di pane, o pane e frutta verdi; ma il Sabato non passavalo che in pane, ed acqua. Mi diceva il P. Villani, che la mattina non cibavasi per lo più, che in qualche angolo di Sacrestia. Con sua confusione mi riferì D. Tommaso Tortora Abate di Angri, che facendo la Missione in quella Terra, una mattina essendosi portato con lui ne' Ciorani, mentre egli mangiava, Alfonso attese al disbrigo de' suoi affari: che ne partì digiuno, e per istrada non mangiò, che due mela, ed un poco di pane, che riposto si aveva nell'apertura della tonaca. In seguito il P. Cafora, vedendolo debilitato nelle forze, e spasimante col testa, restrinselo a pane e minestra; con qualche oncia di carne, ma facevalo Alfonso più per ingannar il palato, che per sollievo del corpo.
Conferiva non poco, e faceva dell'impressione ogni altro suo esteriore portamento. Vedevasi umile, e dimesso: povero, e senza fasto: anzi bisognoso del necessario. Bastava guardarlo, per restarne compunto. In Melfi, facendo la Missione, un vagabondo si accostò ad uno de' nostri per volersi confessare. Sentendo il Padre che la donna, che seco aveva, era una druda, e che da molti anni vi conviveva, li disse, che se non troncava l'attacco, e licenziava la donna, non era capace di assoluzione. Ora in punto l'ho lasciata, rispose il giovine, e me ne vado. Posso io più peccare, vedendo la vita straziata, che dal P. D. Alfonso si mena? Così dicendo cava fuori da sotto la cappa una camicia, che seco portavasi in segno dell'abbandono. In Benevento era così pieno il Duomo, che il Popolo stavane di fuori. Un uomo, ma di taglio, distruggendosi in lagrime, tutto si percuoteva. Entrando in Chiesa un Sacerdote, che ben lo conosceva, Voi, li disse, vedendolo singhiozzare, piangete, e non capite una parola? Come non voglio piangere, rispose, vedendo quel sant'uomo, che fa penitenza per li peccati miei! Così la grazia operava, e così Alfonso compungeva i cuori anche colla sola veduta.
Accreditavano ancora il suo ministero, altri doni di Dio, che possedeva. Lo spirito di profezia, come dissi, accompagnavalo da per tutto. Familiare li era la penetrazione de cuori. Tante, e tante volte gli elementi assecondar si videro i proprj desiderj. E' ombra sua, voglio dire, i ritagli delle sue vesti, strappati di soppiatto, mettevano in fuga le febbri, ed altri malori. Colle sue orazioni moltiplicati si videro i commestibili a tavola. Preintendendo, che ne' Ciorani era stato spedito da' medici il P. Rossi, dite, gli scrisse, che questo benedetto singulto se ne vada colla pace di Gesù Cristo, e voglio che viviate, e fatichiate per la Congregazione. Tanto bastò per vedersi sano. Non una, ma più volte, come anche già dissi, pubblicamente si vide favorito dalla Vergine, ed a vista del Popolo soffrir estasi, e ratti. In Amalfi, (come stando in Napoli comparve in Nocera), confessando in casa, con istupore di molti, predicar si vide in Chiesa. Questi doni, e così stupendi ben noti nel publico, mettevano in maggior credito la di lui persona, e non vi era popolazione, ove egli capitasse, che nol ricevesse come un inviato del Cielo, e che ossequiosa non si dimostrasse a' suoi cenni, operando quanto Alfonso ricercava per il profitto di ognuno.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL |