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P. Antonio Maria Tannoia Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori... IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap. 4 Viaggia Alfonso per Roma, ed indi per Loreto.
Il Lunedì in Albis, dieciannove di Aprile, unito Alfonso col medesimo P. Villani s'incaminò per Roma. Credeva in Velletri ritrovarci l'Eminentissimo Spinelli, ed essendo quello in S. Visita, si fermò nel Seminario, ove fu complimentato da varj Gentiluomini. Avendolo aspettato per due giorni, portossi in Cisterna, ove sua Eminenza ritrovavasi. In vederlo il Cardinale, diede in un dolce sorriso; ed Alfonso, mettendo da banda i complimenti, Eminenza, le disse, già me l'avete fatta. Aveva il Cardinale, com'è noto, un'alta idea di Alfonso; e siccome si era edificato per lo generoso rifiuto del Vescovado, così concepì una stima maggiore per la pronta ubbidienza prestata al Papa. Anch'esso confirmò che il Papa, avendo avuto la rinuncia, disse volersi raccomandare a Dio, e che già si trattava elegerne un altro; e che poi avendoselo chiamato, non me la sento, disse, voglio precettarlo. Tra di loro ci furono varj discorsi, che interessavano la Chiesa. Tra l'altro, l'animò il Cardinale a volersi addossare di buon animo il peso del Vescovado: Monsignore, li disse, stia certo certissimo del Divino ajuto, essendo più che certa la Divina chiamata. Avrebbelo voluto il Cardinale qualche giorno con se; ma Alfonso se ne sbrigò. Licenziandosi, P. D. Alfonso, li disse, non vi date pena per veruna cosa in Roma, né vi sgomentate, che vi farò io da Agente.
Subito che Alfonso giunse in Roma, senza perdita di tempo, volle, a prima giunta, visitare il deposito dell'Apostolo S. Pietro. Si vide estatico per più di un ora avanti la Sacra Tribuna, e per un pezzo venerò ginocchioni la di lui Statua, che si vede nel Vaticano.
Era tale la prevenzione che di lui si aveva in Roma, che da tutti fu ricevuto con segni di particolare stima. I PP. Pii Operarii lo vollero in propria Casa: tutti furono a riceverlo in porteria, e fu caricato di finezze dal suo strettissimo amico il P. D. Francesco Longobardi. L'Eminentissimo Orsini fu due volte a visitarlo. Più volte i Cardinali Gallo, Antonelli, ed altri Porporati. Così Monsignor Vicegerente con Monsignor Spinelli. Tre volte fu anche a visitarlo il P. Ricci Generale de' Gesuiti. Il Duca di Sora, o sia il Principe di Piombino D. Gaetano Buoncompagno, stando in Frascati, ed avendo saputo il suo arrivo, mandolli offerendo un quarto in Palazzo, e servizio di carozza. Ringraziollo Alfonso per l'abitazione, ma perché vecchio, e malconcio si servì della carozza. Essendosi portato in uno de' giorni a Frascati, venne contradistinto dal Duca co' segni di molta stima. Visitato dall'Abbate Bruni, che anche vi aveva avuto parte coll'Eminentissimo Spinelli nella sua elezione in Vescovo, non potè non lamentarsene, caricando se stesso di vitupero e facendoli presente la sua insufficienza. Non ci vuol niente, li disse, a far il Vescovo: a me manca tutto; ma calo la testa, perché così comanda il Papa, e Iddio vuole, che se li debba obbedire. All'Ab. Toppi, che ritrovavasi Lettore in Roma, e che anche fu a complimentarlo, Padre Lettore mio, disse, il Papa mi vuol far Vescovo. Sono venuto, ma per farli vedere cosa è questo colascione scassato.
Girato avrebbe tutta Roma, se avesse voluto accettare l'invito della tavola. Graziosamente se ne scusò con tutti, non mancando pretesti alla sua umiltà. Avendolo invitato una mattina a pranzo i PP. della Missione di S. Vincenzo, il pranzo mio, confidentemente lor disse Alfonso, datelo per me ai poverelli di Gesù Cristo, affinché il Signore mi faccia accertare in Roma la sua divina volontà.
Avendo mandato ad invitarlo l'Eminentissimo Orsini, Alfonso anche se ne scusò; ma non potè esentarsene, avendole detto il Gentiluomo, che a suo riguardo il Cardinale aveva fatto invito di altri Signori, e Prelati. Vi fu cosa graziosa in casa di Orsini. Mutando stato, non mutò abito Alfonso, ed in Roma facevasi gloria vestir la tonaca di sua Congregazione. Essendo per andare dal Cardinale, li venne detto, che difficilmente con tale abito sarebbe stato ammesso: con questo di più, che Monsignor Testa essendosi presentato in abito talare, il mastro di casa rimandato lo aveva a vestirsi di corto. Alfonso non se ne fece carico; e presentandosi al Cardinale: Eminenza, disse, come mi trovo, così vengo. Sorrise il Cardinale; ed Alfonso, conosco, soggiunse, che vi svergogno. Voglio che mi svergognate, ripigliò il Cardinale, e strettamente abbracciandolo, con ammirazione di ognuno, se l'introduce nel suo gabinetto.
Se in Napoli si vide imbarazzato per le tante visite, e complimenti, in Roma lo fù di vantaggio. Mi sembrano mille anni scappare di Roma, così scrisse di là al Fratello D. Ercole, e liberarmi da tante cerimonie, benché mi trattano con finezze immense. Dolevasi sopratutto per lo baratto del denaro: qui le mancie, soggiunge, mangiano vive le genti; grandi cerimonie, e grandi denari. Vedevasi così affollato dalle tante visite, che appena restavali tempo per raccomandarsi a Dio, e quest'era in Roma la maggior afflizione di Alfonso.
Ritrovandosi il Papa a Civita Vecchia, e non essendo per ritornare così presto. Alfonso risolvette visitare in Loreto la S. Casa. Dissuadevalo il P. Villani, per non esporlo a maggiore trapazzo: Mamma mi ajuterà, rispose: quando sarò per ricevere un'altra volta occasione così bella? Tutto è poco, se ho la consolazione di visitare quella Casa, ove il Verbo Eterno si fè Uomo per me. Questo viaggio, e così fu quello da Napoli a Roma, fu una continuata unione con Dio. Precedeva la mattina una lunga meditazione con altre preci: inde le ore canoniche, visita a Gesù Sagramentato, e visita, Rosario, e Litanie a Maria Santissima; e voleva che il servitore, ed anche il vettorino recitato avessero il Rosario capo scoperto. Suffragava ancora con varie orazioni le Anime de' Defonti; e non consumavasi tutto il tempo di più fino a mezzo giorno, che in canzoni divote, ed in discorsi santi col P. Villani. Ogni mattina non lasciò celebrare, e come l'ora si avanzava, così apparecchiavasi, prima che si arrivasse al destinato luogo. Ripigliando il camino, recitava Vespro, e Compieta. Susseguiva una lunga meditazione, visita a Gesù Sacramentato, e visita, e Rosario a Maria Santissima. Pervenuto all'osteria recitava il Matutino, e le Laudi pel dì susseguente.
Umiltà, e povertà era il suo corredo. Zimarra, e sottana nostra era il suo vestire. Non si mangiava la mattina; e la sera non vi era particolarità nel pranzo; anzi, come se fosse stato il più meschino tra passeggieri, mettevasi a tavola co' medesimi vettorini.
Tre giorni stiede in Loreto, ma non è da esprimersi la consolazione che provò, visitando la S. Casa. Non osservava, ma meditava le più minute circostanze. Estatico sentivasi ripetere: quì il Verbo Eterno si è fatto Uomo: qui Maria Santissima avevalo tra le braccia. Una mattina, avendo fatto appartare il P. Villani, volle restar solo, e buona pezza di tempo si trattenne orando dietro del focolajo.
Incognito che fosse andato, varj personaggi, avendo saputo il suo arrivo, furono a complimentarlo. Caricollo specialmente di mille finezze il P. Gesuita, che faceva da penitenziere in quella Chiesa. Assistevalo di continuo, e feceli osservare ogni rarità, che vi era nel tesoro. Consolavasi Alfonso, sentendo dire, questo dono fu fatto a Maria Santissima da un tal Principe, e questo da altro Sovrano. Tutto era consolazione per esso, e distruggevasi in lacrime, vedendo onorata da sì rari personaggi la gran Madre di Dio.
Mi attesta Domenico Antonio Zannelli, che stavalo servendo, che in tutte le notti, che stiede in Loreto non prese mai letto, e che come osservò dalle fessure della porta, o stavasene ginocchioni poggiato a letto, o a terra abbandonato sulle gambe. La sera passavala incenata con un decotto di salvia. Che anche la mattina poco mangiava, e spronato a gustare di qualche piatto dal cameriere della locanda, con destrezza se ne sbrigava. Non uscì mai di casa per osservare la Città. Solo n'usciva per celebrare la mattina, e di sera per visitare Gesù Sacramentato, e Maria Santissima.
Accerchiato da Peregrini, che ivi non mancano, sovveniva largamente ognuno. Essendoseli presentato uno di questi mezz'ignudo, Alfonso, avendo aperto il baulle, diedegli la miglior camicia, che aveva, e competente somma di denaro. Bisogna dire, che se col corpo partì Alfonso dalla S. Casa, ci lasciò il cuore. Per strada non saziavasi parlare d'altro che, del gran mistero operato tra quelle sante mura. Essendo partito da Marino la mattina susseguente, ed avendo diluviato la notte, ritrovossi ingrossato il fiume Tarni. Temerario il vettorino vi s'ingolfa, ma nel mezzo Alfonso si vide perduto. Era tale la piena, che le acque sopravanzavano lo scafo. Sarebbe perito se il servidore buttandosi nel fiume, non sel recava sulle spalle. Di certo fu un patente prodigio, se salvo si vide all'altra sponda. In Spoleti avendo saputo il suo arrivo Monsignor Acqua, che n'era Vescovo, non potendo di persona visitarlo, perché a letto con podagra, mandollo a levare nella locanda colla sua carozza. Stimossi troppo fortunato poter conoscere di persona un uomo, che tanto egli ammirava nelle sue opere. Troppo oppresso il buon Vescovo ne viveva per il peso della vasta sua Diocesi, e non tanto vide Alfonso, che aprendoli il cuore, lì manifestò le sue angustie. Tra le altre, che avendo in Diocesi quattrocento Parocchie, e quaranta Monasterj di Monache, non aveva operarj per li particolari disimpegni. Sollevato lo zelante Prelato dai santi riflessi di Alfonso, benedisse Iddio di averle veduto, e voleva lunga la notte, per goderlo di vantaggio.
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