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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 3
    • Cap.5 Alfonso ritorna in Roma; onori ricevuti dal Papa: e sua consagrazione.
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Cap.5

Alfonso ritorna in Roma; onori ricevuti dal Papa: e sua consagrazione.

 


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La sera degli 8 di Maggio Alfonso fe ritorno in Roma, e la stessa sera pervenne il Papa da Civita Vecchia. Non perdendo tempo, fu subito ad inchinarlo; ed essendosi piegato per baciarli il piede, il Papa, quasi abbracciandolo, sollevollo, e diedeli da sedere.

Alfonso, che aveva in mira la sua insufficienza pel Vescovado, ed un sacro orrore per la dignità, buttandosi di nuovo a' suoi piedi, lacrimando espose i suoi acciacchi, l'età avanzata, e sopratutto l'inettitudine per un tale impiego.

Si commosse il Papa, non v'ha dubbio, ma non si risolvette in contrario. L'ubbidienza, disse, sa far miracoli; confidate in Dio, che Dio vi ajuterà. Fattolo di nuovo sedere, ebbe piacere informarsi dello stato del Regno di Napoli, così politico, che spirituale; e non meno di un'ora e mezza lo tenne seco confabolando, con suo estremo piacere Sopratutto li fe presente Alfonso il gran bene, che operavasi da' suoi congregati, e come Iddio benediceva la nostra Congregazione, con soddisfazione de' Vescovi, e compiacimento del Sovrano.


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In seguito fu dal Cardinal Pallavicino, da Monsignor Uditore, e da Monsignor Marefoschi Secretario dell'esame; così visitò altri Cardinali, e Prelati. In Casa del Cardinal Tortegiani Secretario di Stato, non dandosi a conoscere, e volendo veder sfollata l'udienza, stevasene umiliato in un cantone dell'anticamera.

Raccontò Monsignor Molinari, essendo infermo a morte in Bovino, che ritrovandosi in Roma Postolatore de' Santi Cappuccini, entrando anch'esso nell'anticamera, e vedendolo non considerato, Voi sapete, lor disse rivoltato a' familiari del Cardinale, chi è quel Religioso? Questi è Alfonso Liguori Cavalier Napoletano, Uomo dotto, e santo, ed è troppo conosciuto per le sue stampe nell'Italia, e fuori. Disse, che stavane come un pezzente; e che tanto bastò per farlo sapere al Cardinale, e con onore esser ammesso prima d'ogni altro. Visitando il Cardinale Antonelli, questi li uscì incontro sino alla porta della sala: con suo compiacimento lo trattenne con se circa due ore; e non mancò accompagnarlo sino al medesimo luogo.

 

Restò così preso il Papa per Alfonso, che più volte lo volle da solo a solo. Un giorno ebbe il piacere discorrerci, con sua somma sodisfazione, per circa tre ore, e conferire con esso ciò, che più interessava la Chiesa. Ne fu così sodisfatto, che con tutti ne parlava con ammirazione, avendone conceputo un'idea vantaggiosa, e di santità, e di saviezza. Questa stima del Papa fu così nota in Roma, e tal sensazione fece in tutti, che davasi a credere ognuno, non esser Alfonso per restante nel grado di Vescovo.

La notizia percorse anche in Napoli; e Monsignor Borgia, da' riscontri che aveva, lo teneva di certo Cardinale. Egli stesso Alfonso, raguagliando D. Ercole suo Fratello delle cose di Roma, li scrisse: Ho parlato a lungo col Papa, il quale mi ha fatto mille finezze.

 

Uscendo in discorso, in un'altra udienza, sulla frequente Comunione, e che contradetto erasi veduto in Napoli da certi spiriti più rigidi, che divoti, i quali esaggerando la disposizione, disanimavano i Fedeli di avvicinarsi a questo Sacramento, sentendo ciò il Papa, quasi alterandosi, disse, che vogliono dir questi? sò io il bene che ha fatto, e fa la frequente Comunione. Riprovò il suo silenzio, e volle, che confutato avesse i suoi oppositori. Compiacendolo Alfonso, compose e diede fuori, stando in Roma un'operetta su questo particolare. La ricevette il Papa con gradimento; e facendone Alfonso dono a Molti Prelati, e Cardinali, si ammirò da tutti il suo talento.

 

Avendo visitato i Signori Esaminatori, cioè il Cardinal Gallo Penitenziere Maggiore, il P. Ricchini Maestro del sacro Palazzo, e l'Abbate di S. Pietro in Vinculis, somma fu la stima che dimostrarono.

Richiesto in che materia voleva esser esaminato, si rimise al loro arbirio; ma cortesemente obbligato, col Cardinale si ristrinse al trattato


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de Mutuo, e coll'Abbate a quello de Legibus, ma il P. M. Ricchini, che ben sapeva quanto rincrescevali il Vescovado, voglio darvi, li disse, un punto di vostro piacere, ed è, An liceat appetere Episcopatum?

Toccò la corda, che più sonava. Diede in sorriso il P. Maestro; ma Alfonso, se non pianse, dimostrò nel volto l'amarezza, che nel cuore lo cruciava.

 

Il giorno innanzi all'esame, considerando il peso, che era per addossarseli, sorpreso fu da tal mincrania, che non davagli pace. Somma fu l'afflizione del P. Villani, ben sapendo, che non così volentieri se li alleggeriva. Così travagliato non voleva, e non era nello stato di cibarsi, ma fecelo a stento, e forzato dal medesimo Padre. Comunque ritrovossi l'indomani, presentossi all'esame. I Cardinali Orsini, ed Antonelli, che l'introdussero nella solita sala, vedendolo travagliato, se ne afflissero.

Troppo gloriosa fu per Alfonso questa funzione. Interrogato dal P. M. Ricchini, se era lecito, o nò pretendere il Vescovado, pregollo che avesse alzata più la voce; ma rivolgendosi al Papa il Cardinal Gallo, Beatissimo Padre, disse, non ci sente, perché non ci vuol sentire. Sorrise il Papa, e ne sorrisero gli Esaminatori, e tutti.

 

Terminato l'esame, uno de' Cardinali li suggerì, che ringraziato avesse il Papa. Alfonso, o che nol sentisse, o fingesse non sentirlo, suggerendocelo di nuovo il Cardinale, Beatissimo Padre, disse, e questo fu tutto il ringraziamento, giacché vi siete degnato di farmi Vescovo, pregate Iddio, che non mi perda l'Anima.

 

Il giorno di S. Basilio, 14 del mese di Giugno, fu consacrato all'Altare del Salvatore nella Minerva, e nol fecero, che con somma sodisfazione il Cardinal de Rossi, Monsignor Macedonio, e non so chi altro. Giornata per lui non vi fu di questa più mesta, e dolorosa. Egli stesso confidò in seguito al proprio Confessore, che due grandi sforzi sofferto aveva in sua vita: uno, quando lasciando il Mondo, abbracciato si vide strettamente dal Padre: l'altro, quando in Roma fu consacrato Vescovo contro sua voglia. Nel primo, disse, combattetti colla passione verso un Padre, che mi amava: e nel secondo, mi viddi abbattuto, essendo obbligato ad accettare ciò che non voleva, spaventato dal peso, e dai giudizi di Dio.

 

Se cercò grazie al S. Padre, queste non riguardarono se stesso, ma il bene delle Anime. Ci fu chi li disse, che se voleva il privilegio di far uso del berettino, dicendo la Messa, doveva spedirsi il Breve. Oh bella, rispose, ho da pagar danaro per fare una mala creanza a Gesù Cristo! nè capiva come, e perché questo privilegio si cercasse dai Vescovi.

 

Tra questo tempo, che Alfonso stavane in Roma, considerandosi dai nostri quale, e quanto detrimento la sua perdita era per arrecare alla Congregazione, essendosi unite le Case tutte, vollero si supplicasse il Papa


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per averlo, anche Vescovo, Rettore e Superior Maggiore della nostra Congregazione.

Rappresentando al Papa il P. Villani il comun rammarico, questi rispose: Nò nò, non è così: mi costa esser la Congregazione ben stabilita, e fornita di Soggetti; nè sarà per sentirne danno, mancandoci Monsignore: e mi consolo, soggiunse, del gran bene, che opera nella Chiesa, e nel Regno. Esponendosi il P. Villani il commune desiderio di volerlo anche Vescovo, per proprio Superiore, colla facoltà di potersi eleggere un vicario, il Papa ne dimostrò compiacimento, vedendo l'attacco che si aveva per Alfonso da' nostri Congregati.

Accordò tutto; e si può dire, che con questo si scemò in Alfonso porzione dell'amarezza, credendosi discacciato di Congregazione in pena de' suoi peccati.

 

L'ultima volta, che fu per licenziarsi dal Papa (ed avevalo voluto da sei in sette volte) sopraffatto si vide da maggior finezza. Il S. Padre non sapeva disfarsi di Alfonso, ed Alfonso non vedeasi sazio di trattare col Capo visibile della Chiesa. Il Papa raccomandò se stesso, e la Chiesa alle di lui orazioni, ed Alfonso supplicò il Papa averlo presente innanzi a Dio coi bisogni della sua Diocesi.
Uscendo, accompagnato si vide fin' all'ultim'anticamera da varj Prelati, e Cardinali; ma il Cardinal Antonelli, avendo contratto per esso una più special venerazione, accompagnollo fino alla prima sala. Donogli il Papa quanto spettavagli per le Bolle; ed il cardinal Antonelli agevolò ogn'altra spesa, come Secretario del Concistoro.

 

Essendo stato di nuovo in Frascati per licenziarsi dal Duca di Sora, questi lo volle a tavola; e non contento di questo, nel partire lo accompagnò a piedi per lungo tratto di strada, e salendo in carrozza diedegli anche il braccio.

Raccomandò alle di lui orazioni se stesso, e la famiglia, e dopo uno scambievole abbraccio, non fu contento, se non baciavagli anche la mano.

 

In tutto questo tempo, che Alfonso stiede in Roma, non vi fu caso che mosso si fosse per vederne le rarità. Non uscì di casa, che per necessità, o per visitare i sacri luoghi, Consecrato che fu, visitò di nuovo il sacro deposito dell'Apostolo S. Pietro, raccomandando se stesso, e le Anime alla sua cura commesse.

Così visitò ancora le Basiliche, cioè S. Maria Maggiore, S. Gio: Laterano, e S. Paolo fuori di Roma. Fu nella libreria Vaticana, ma per osservare in quei Codici i sacri depositi dell'antichità Cristiana. Avendolo invitato per la seconda volta a tavola l'Eminentissimo Orsini, volendoli far godere non so che Festa in piazza Farnese, se ne dispensò col pretesto de' suoi incomodi. Non così con D. Sergio Sersale. Avendolo questi invitato a vedere nella Traspontina dal Noviziato de' PP. Scolopii, la Processione del Corpus Domini, con compiacimento vi si portò, per veder onorato nella Capitale del Mondo un Mistero così sacrosanto, ma tanto contradetto dai miscredenti.


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Anche in Roma la sua mortificazione li fu sempre compagna. Offerto un gelato, ritrovandosi per li gran caldi offeso con la testa, ricusollo, e volle semplicemente zucchero, e limone, che chiamasi in Roma, acqua fresca.

 Vestì sempre, come dissi, da Missionario, con corona alla cinta, e con cappello ordinario, ed aperto. Personaggio di alto rango, Monsignore, li disse, essendo stato a licenziarsi, Voi non avendo lasciato l'abito di vostra Congregazione, avete dato un esempio, che ha edificato tutta Roma. Il Papa istesso non finiva encomiare la di lui virtù.

Monsignor Mastrilli Chierico Regolare Teatino, Arcivescovo di Bettelemme, che fu uno che assistette alla di lui Consacrazione, attestò, che il Papa, parlandone con alcuni Cardinali, nel giorno che fu conacrato, disse; Nella morte di Monsignor Liguori avremo un altro Santo nella Chiesa di Gesù Cristo. Contestava Monsignor Mastrilli, che comunemente Prelati e Cardinali lo venerarono tutti, come un santo vivente.




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