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P. Antonio Maria Tannoia Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori... IntraText CT - Lettura del testo |
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Cap.38 Applauso con cui fu ricevuta dal Pubblico l'Opera della Verità della Fede; compiacimento di Papa Clemente XIII., altri libri dati alle stampe; e nuovi avvisi a suoi Congregati.
In quest'anno Alfonso, cioè nel 1767., e tra lo sconvolgimento, in cui vedevasi la Congregazione, pubblicò la Verità della Fede, o sia la sua grand'opera in difesa della Chiesa Cattolica. Fa vedere come questa è l'unica, e rivelata da Dio, e che fuori di questa Chiesa, non vi è salute. E' divisa quest'opera in tre parti. La prima è contro li Materialisti, che negano l'esistenza di Dio; la seconda attacca li Deisti, che negano la Religione rivelata; e la terza è contro i Settarj, che negano la Chiesa Cattolica Romana esser l'unica, e vera. Con questi attacca i Giansenisti, anche nemici della Chiesa, e del sangue di Gesù Cristo. Raccomandando la stampa di quest'opera al Fratello Francesco Tartaglione, Questi scritti, li disse, mi costano sudori di sangue.
Stando l'Opera sotto del torchio, vi fece due appendici. La prima è contro Elvezio, o sia contro il libro intitolato L'Esprit, di cui Elvezio n'è l'autore. Due punti sopra tutto imprende a combattere. Primo la sensibilità Fisica, che Elvezio chiama causa produttrice de' nostri pensieri. Alfonso fa vedere, che posto un tale assioma, differenza non passa tra l'anima degli uomini, e quella de' bruti; e che distrutta vi resta con tal principio la morale, e la Religione. Confuta, per secondo, l'altro principio di Elvezio; cioè che la Morale dell'uomo la formano il piacere, e l'interesse: vale a dire, che tutto ciò, che fomenta il piacere è onesto, e tutto quello è giusto, che fomenta l'interesse. Alfonso fa vedere che la sola verità del vero bene, e del vero male è, e deve essere nell'uomo l'unico motore di sua morale. Così combatte altre empietà contro la Religione, la Libertà, e la Morale Cristiana . Si raggira la seconda appendice, confutando quell'altro libro francese intitolato: De la Predication etc. In questo, attaccandosi di fronte la predicazione Evangelica, e distinguendo l'Autore la conversione dello spirito da quella del cuore, fa vedere, che può ottenersi colla predicazione quella dello spirito, e non quella del cuore. Quanto sia empio in se stesso un tale assunto, Alfonso lo rileva, facendo vedere, che tolta la predicazione, privo resterebbe l'uomo di un mezzo così interessate, preordinato da Dio per la sua conversione.
Comune fu l'applauso con cui fu ricevuta quest'Opera, e maggiormente fu encomiato lo zelo di Alfonso, che vi si era adoperato. Giambattista Gori, Canonico della Metropolitana di Napoli, rapportandone il pregio a S. E. il Cardinal Sersale, non finisce di ammirare lo zelo di Alfonso, ancorchè oppresso dall'età, e dalla mole del Vescovado: "Cum nihil injurium, impervium nihil Viro Apostolico sit in animarum salute procuranda; hinc multiplici licet sollicitudinum mole Ecclesiae suae gravatus, devexa licet aetate, eadem tamen animi fortitudine ad certandum bonum fidei certamen progreditur; e che Alfonso altro non ha in mira tra Fedeli, che l'integrità della Fede, e del buon costume: Omnia in eo tendere visa sunt, ut integra Fides, et ingenui mores ab impiorum calumniis, et pravarum opinionum caligine vindicentur, Materialistarum, et Deistarum, aliorumque perditorum hominum deliramenta penitus convelluntur". "Il piissimo Autore, così alla Maestà del Re, il Canonico Simioli, ha senz'avvedersene, dipinto l'ardor di sua fede, e di sua carità; ed in certi particolari suoi sentimenti, ha espresso, come in viva imagine, la sua pietà, e religione".
Tra tutti si compiacque
estremamente di quest'Opera Papa Clemente XIII. Avendocela Alfonso, dedicata,
così si spiega con un suo Breve de' 4. Agosto 1767.
e lo zelo che nutrite per la gloria di Dio.
Restò soprattutto ammirato il Papa, che non contento di giovare alla propria Diocesi, che che avanzavale di tempo, impiegavalo in beneficio di tutta la Chiesa: Caeterum, Venerabilis Frater, te summopere amamus, quod minime contentus uni Ecclesiae tuae prodesse: quidquid temporis tibi superest ex Episcopali tua procuratione, id perire non pateris, sed omne consumis in ejusmodi laboribus, quorum utilitas non circumscribitur finibus tuae Diocesis, sed ad Ecclesiam porrigitur universam.
Anzioso il Papa di sua salute, prego Iddio, ei dice, che vi dia sanità, e vita, e che vi dia forze per perfezionare il di più, che forse avrete intrapreso: Deum rogamus firmam ut tibi tribuat valetudinem, et vitam addat et vires, quo alia complura, quae forte inchoasti, feliciter possis absolvere. Conchiude: Et fraternitati tuae, benevolentiae nostrae pignus, Apostolicam Benedictionem peramanter impertimur. Tale, e di vantaggio era la stima, che avea il S. Padre della dottrina, e dello zelo di Alfonso.
Avendo in mira l'ignoranza, che vi era in Diocesi, e volendo giovare al suo Popolo, diede fuori in questo tempo un'altra opera, ma troppo utile, cioè l'Istruzione al Popolo sopra li Precetti del Decalogo per ben osservarli, e sopra i Sacramenti per ben riceverli. Non è di gran mole questo libro, ma perchè sommamente utile fu applaudito, specialmente dai Parrochi. "O si considera, disse il Cattedratico Giordano, regio Revisore, il fondo delle sentenze, o il modo di spiegarle, parrà sempre agl'intendenti, che porti scritto nella fronte il nome dell'autor suo". In buon senso di uomo dotto, e zelante dell'onor di Dio, e della salvezza delle Anime.
Anche con quest'Opera va
egli incontro Monsignore a quei spiriti rigidi, che affettando purità di
dottrina, e Cristianesimo antico, caricano le Anime di quel giogo oltremodo
pesante, che aggravarle non s'intende da Gesù - Cristo. drizzano al Paradiso. Di certo i loro sentimenti adottati non furono dai Santi Vescovi, che adoriamo sull'Altare, e da quei santi Operaj, che, per salvare un'Anima, hanno sacrificato e vita, e sangue. "Non ancora abbiamo noi veduto, diceva Alfonso, un Giansenista, che abbia perduto un'ora di sonno per metter in salvo un'Anima".
Non perdendo di mira cogl'interessi della Chiesa, e Diocesi anche quelli della sua Congregazione, a' 20. di Giugno di questo medesimo anno, inculca al P. Villani suo Vicario alcuni avvertimenti, da darsi ai nostri in suo nome. "Avvertite, ei
dice, i nuovi Rettori di non far nuove fabbriche senza l'approvazione de'
Consultori della Casa, essendo fabbriche di poco momento; ma essendo cosa
notabile, che non s'intraprenda senza il mio permesso. Che non si spenda a far compra
di libri di notabile valore: buono è che pensino a meglio trattare i soggetti
nel vitto, acciò non si lamentino, e facciano l'osservanza.
Considerando la Casa di Nocera
come più soggetta alle distrazioni, e perché frequentata da Cittadini, e perché
soggetta al passaggio di amici, che o vanno, o vengono da Napoli, a 25 di
questo medesimo mese, così scrisse da Airola a quel Rettore:
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