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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap.7 Sforzo dell'Avvocato Fiscale per vedere suppressa la Congregazione.
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Cap.7

Sforzo dell'Avvocato Fiscale per vedere suppressa la Congregazione.

 


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Tutta Napoli, erano quasi tre anni, stava in aspettativa per la relazione dal Fiscale, anzi se ne contavano i momenti. Se erasi veduto il lampo, non dubitavasi il tuono. Amici, e nemici, gli uni temendo e compassionandoci: gli altri per vederci e travagliati e distrutti. Non fu questa umiliata al Real Trono prima de' 13. Febbrajo 1777.; Troppo ardenti contro di noi, non v'ha dubbio, furono i nostri avversarj, ma non tali, uopo è dire, come lo fu il Fiscale. Tutt'altro nelle sue mani maneggiavasi la spada della contraddizione. Avendoci rubricati come Gesuiti nascenti, soppressa giurato aveva la Congregazione, e perduti i Missionarj.

 

Meglio non possonsi individuare le di lui intenzioni, che co' suoi medesimi sentimenti. Avendo di mira favorire il Sarnelli, si spazia per primo sopra il combattuto podere. Sostiene, che le nostre Case prima del 1752 erano corpi illeciti: che se il Re Cattolico ci aggraziò, essendosi decaduto come refrattarj, ei dice, della grazia di più sussistere, il podere spettava non a noi, ma al pristino padrone. Non si capiva, come illecite le Case, se ognuna roborata con particolar Dispaccio dell'Augustissimo Sovrano; nè si capiva, come refrattarj i Missionarj, se inseguito non erasi punto mancato, in quanto il Re comandava.

 

Rassodata la vigna al Barone, entra il Fiscale nel criminale. "Anziché brigarmi sugli interessi di un privato, è mio dovere, ei prosegue, rilevare i tanti abusi, che sono nell'Istituto, e che perturbar possono la pace, e la disciplina dello Stato". I delitti però non gravitavano


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tutti, che sul medesimo centro, cioè, che il Re Cattolico, approvandoci, non volle, e che da noi si formavano Comunità, e Collegi. Così egli pensava, ma non era così. Se dal Re non si voleva il vivere in comune, e con Leggi stabilite, permesso non avrebbe con quattro Dispacci l'erezione delle Case; e convivere uniti i Missionarj sotto la direzione di Alfonso Liguori.

 

Dà nell'occhio al Fiscale, che oltre un Superiore generale, qual'era Alfonso, anche in ogni Casa avevasi il proprio Rettore; e che non vivevasi da' nostri, come il Re volle, da semplici Preti, ma da Regolari con Leggi, e Statuti. Accresce il delitto, perché approvata la Regola dal Papa, e non esecutoriata nella Real Camera.
Egli però non sapeva, che umiliata da Alfonso, si ebbe in mano dal Re Cattolico; e se per giusti suoi riflessi negò l'exequatur, volle bensì con suo compiacimento, e fecelo sentire per mezzo del Marchese Brancone, che tali Regole si osservassero; anzi progettando ad Alfonso, come dissi, la Riforma di un Ordine Religioso, voleva, che, non abbandonata la propria Regola, adottata si fosse il vestire di quell'Ordine, e non altro.

 

In senso suo massimo delitto era ancora la comunicazione delle Grazie Apostoliche, a noi accordata con altre Congregazioni dal Papa Benedetto XIV. Non potendo negare, che esecutoriato era stato questo Breve nella Real Camera a' 4. Luglio 1763., vuole per lo meno, che questa sorpresa fu con un orrettizio esposto.
"Tali cose, ei dice, dimostrano stabilita, e formale Società Religiosa, con Regola, con gerarchia, con voti, e con tutt'altro, che caratterizza le altre Religioni. Il Re Cattolico, soggiunge, non volle corpo, non regole, non noviziato, non privilegi, non possessioni, ed in conseguenza nulla simile ad una Congregazione, o sia Società Religiosa".

 

Forma anche un delitto della Casa eretta da Alfonso nello Stato di Benevento. "Il Re, dice, permise l'erezione di quattro Case, e non più; ed i Missionarj, contro il divieto reale, ne formano una quinta, e più ampia in Benevento". Non si capiva, come sognossi il Fiscale questa proibizione. Il Re col Dispaccio del 1752, se approvò le quattro Case, ch'esistevano in Regno, non proibì, che altre se ne stabilissero in alieno dominio. Soggiunge, "che ivi si trasferivano i tesori del Regno". Qui sì che si colpisce nel segno; e contestavalo co' Feudi, e colle tante tenute di già acquistate.

 

Volendo rendere inescusabili, e più aggravati i nostri delitti, rampolli ci fa de' suppressi Gesuiti. "Avendo letta la Regola, così prosiegue, l'ho ritrovata tanto difforme dagli altri Istituti, quanto uniforme a quello de' Gesuiti". Se letto avesse, come dice aver letto, uniforme ritrovata l'avrebbe anche a quella di S. Basilio, e di S. Benedetto. Tutto è Gesuitismo in senso del Fiscale. "Nel descriversi


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l'autorità dal Superiore generale, così egli, patentemente ci ho veduto quel Despota, che governava con arbitrio assoluto la Società de' Gesuiti. L'essenza del Gesuitismo appunto consisteva nell'assoluta autorità del Generale, e cacciar via dalla Società qualunque individuo, non ostante qualunque professione di voti, e qualunque tempo vissuto si fosse nella Religione. In questi soli due punti consisteva tutto l'arcano del governo Gesuitico. Quell'arcano, a favore del quale si rendette questa Società, non ostante tante persecuzioni nel principio sofferte, così formidabile".

Non è così come il Sig. Fiscale la pensava. Non fu Gesuita S. Vincenzo de Paoli, nè S. Filippo Neri, e non tale il Venerabile P. D. Carlo Carafa Institutore de' PP. Pii Operarj. Tutti questi, per tener espurgate le proprie adunanze, o non vollero i voti, o posposero la professione solenne a' voti semplici: Encomiar doveva il Fiscale non condannare il sistema. Il vaglio nell'aja, diceva Alfonso, fa bene, e non male.

 

 Quello però, che tra le tante cose soprattutto dà nell'occhio al Fiscale, si è l'esatta ubbidienza, che Alfonso ricercava ne' suoi. Come se società vi fosse nel Mondo, che sussister si vegga, senza che da un capo si dipenda. Questo voto anche pungeva il cuore a Martin Lutero. In senso suo condannar si dovrebbero tutt'i Santi Fondatori, che questo voto hanno esatto, e questa dipendenza da' proprj alunni, e condannar la Sede Apostolica, che tale eroicità ella richiede, canonizzando i Regolari.

 

Si avanza finalmente, ed è cosa da non credersi. Quell'istesso, che fa la felicità della Chiesa, e dello Stato: voglio dire l'adoprarsi, e fatigare per le Anime, quest'istesso avevasi a delitto il Fiscale.

"Mi è parso rimarchevole, così egli, che quantunque nel proemio della Regola si dica di essere i Soggetti destinati solamente per predicare a poveri villani, nel decorso si parla di Esercizj Spirituali da darsi nelle loro Case ad ecclesiastici, e secolari, ed anche di prediche da farsi nelle proprie Chiese. Anche i Gesuiti, ei dice, sul principio non si fermarono, che in pochi esercizj di pietà, e poi vollero abbracciar tutto; cioè predicar nelle lor Chiese, tener Case di Esercizj Spirituali, insegnar lettere umane, e Teologia; e reggere Congregazioni di Secolari, che furono per li Gesuiti i potentissimi mezzi di farsi infiniti seguaci. Lo stesso potrebbe accadere per questi".

Non capivasi, come il Fiscale, giustificar poteva quel poi, ch'egli asseriva. I tanti Esercizj, che da' nostri si praticano (come a tutti è noto) non erano novità. Abbarcciati furono in Congregazione fin dal suo nascimento. Ne godé il Re Cattolico; anzi desiderava, che mantenuta si fosse sempre l'opera nella sua nativa, e fervorosa qualità.

 

Il pitoccare anche gli fa senso. Lo cuoce la ricchezza, e lo scotta la povertà. "Non possono questuare, ei prosiegue, e fanno distinzione


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in tempo delle missioni, e non in altro tempo. I Gesuiti nel Concilio di Trento contesero anch'essi acremente per ottenere, come ottennero, essere dichiarati mendicandi; ma poi seppero trovar sutterfugio, che senza spogliare questa veste di mendicità, potessero pervenire all'acquisto d'immense ricchezze. I nostri Missionarj, anch'essi cominciarono dal convivere co' loro particolari patrimonj; indi acquistarono stabili; professarono non questuare, e poi ottennero il poter questuare. Ecco messa in campo quella mistura di possedimento, e di mendicità, che fu così favorevole alla ricchezza de' Gesuiti".

Rifletter poteva, che se il Re Cattolico enuncia il lodevol costume di non questuarsi in Missione, non inibì il farlo in altro tempo: così se senza rendita, e colla proibizione degli acquisti, sostentar potevano i Missionarj se stessi, mantaner chiesa, e casa, e dar da vivere a Chierici, che sono il sostegno dell'opera. Nelle carte a lui esibite, se vi erano le accuse de' Contraddittori, anche vi erano le giustificazioni di Alfonso, e de' suoi. Il Fiscale sostiene quelle, e ributta queste come equivoci, e versipellerie. "Questa maniera di parlare, di agire, e di scusarsi, mi diedero a divedere, ei dice, molta rassomiglianza con quelle che già teneansi dalla Società de' Gesuiti: maniere, coll'intiero Istituto, abborrite e proscritte da tutt'i Principi di Europa, finanche dal Sommo Pontefice".

 

Stanco il Fiscale di accumular delitti a' delitti, facendola da Teologo, entra a censurare la dottrina di Alfonso, e non manca, benché non incombenzato, condannar la sua Morale per perniciosa alla Chiesa, e di danno allo Stato. "Cotal Teologia, così prosiegue, non è tratta, che dagli Autori Gesuiti, de' quali si adotta il principio fondamentale, e tutte le perniciose conseguenze". Volendo commuovere l'animo del Principe, mette in veduta la sovranità offesa, la comune salvezza, e, quel ch'è più, la sicurezza della di lui persona.

Conchiude, ma con enfasi di zelo: "una dottrina così perniciosa messa in pratica, è quella, che desta il mio zelo a supplicare la Maestà vostra, a voler prendere i più forti rimedj, acciò si schianti dalle radici, non co' rimedj palliativi, ma severi ed efficaci, cosicché non resti alcun asilo al probabilismo, alle restrizioni mentali, ed agli spergiuri autenticati".

Rinforzando il suo zelo, "Non temo, ei soggiunge, su questo proposito parlare. Parlo alla Maestà vostra, perché parlo in favore della Morale di Gesù Cristo Signor nostro, il quale nella purità di essa fa tutto con consistere la Sacrosanta Religione, che ci diede. Se essa dall'ambizione di alcuni Preti, accesi di essere stimati nuovi fondatori (ambizione la più esquisita, che in ogni tempo ha mosso gli uomini a' più grandi eccessi), si corrompe, a Vostra Maestà tocca con tutto lo sforzo di quel potere, che Dio ha messo nella sua mano, ristabilirla".


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 Censura così amara per la dottrina di Alfonso soprattutto fu di orrore in tutta Napoli. Non si capiva da' Dotti come estratta questa Moral Teologia da' soli Gesuiti, se Autore non vi è di ogni Ordine, ed Istituto, di cui Alfonso non si avvalga. Se letto avesse il Fiscale, come dice aver letto, passo passo ritrovato avrebbe Leggi Civili, e Canoniche; Padri Greci, e Latini; e zeppa tutta l'Opera delle dottrine così imparziali di Papa Benedetto XIV.

 

Premesso l'apparato di tante cose, per conseguenza necessaria risultavane l'abolizione della Congregazione. Ove il Re Cattolico col Dispaccio del 1752. caratterizzando la Congregazione per Opera di gloria di Dio, e di cristiana pietà verso i suoi vassalli, vuole che sussista; il Fiscale, dimostrandola disutile alla Chiesa, e di peso allo Stato, vuole si distrugga.

"Non vi è bisogno, ei dice, di nuove Congregazioni, e di nuovo incentivo, per abbracciarsi la vita Ecclesiastica in un Paese, ove vi ha settantacinque mila tra Preti, e Frati. Che i Vescovi, a' quali si appartengono così gli abitatori delle Città, come delle campagne, debbono essi pensare per istruirli, poiché loro è commesso da Dio distribuire que' Ministri, che la Gerarchia della Chiesa ha stabiliti, per ajutarli nelle funzioni Ecclesiastiche, senza piantarsi nuovi Istituti; e che a queste particolari Congregazioni, per qualche particolar funzione, si deve quell'immensa genìa di Religiosi di varj Istituti, i quali l'uno all'altro nella durata de' secoli si sono aggiunti, accarezzandosi i nuovi, senza dismettersi, anzi senza togliersi gli antichi divenuti inutili. Così a Preti si aggiunsero i Monaci, a questi i Frati, ed a costoro i  Chierici Regolari, e come se questi non bastassero, ora pian piano si fa avanti una nuova Società Religiosa".

 

Avanzando i suoi riflessi, e prevedendo il Fiscale non propizie le conseguenze, "Se Vostra Maestà, soggiunge, su questo, che rappresento, vorrà sentire il parere de' suoi Magistrati, spero che costoro non si faranno abbagliare dall'apparente utilità dell'insegnarsi a' poveri villani. Tutte le cose male hanno avuto principio dalle cose buone. Non vi fu una nuova Setta nel Mondo (qui per la nobile comparazione merita un ringraziamento) che con apparenza di bene non facesse la prima sua mostra; ma il tempo dimostrò, che il fanatismo, l'ambizione, lo spirito di singolarità, e non altro, erano state le molli, che innalzato aveano i nuovi edificj; o che almeno erano succedute al primiero spirito di pietà, per tenerle in piede".

 

Bastantemente credendo aver persuaso il Principe, conchiude, e proggetta il proprio parere. Vuole, che commettasi a Teologi di sana dottrina l'esame della Moral Teologia del Liguori. "Acciò conoscendo Vostra Maestà, ei dice, che contenga moltissimi errori, che la vera cristiana Morale distruggono, possa avvertire i sudditi suoi,


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affinché se ne abborrisca la lettura, proibendola nelle forme consuete".

Per secondo vuole, che vietar si debba assolutamente a' detti Missionarj ogni forma di Congregazione, Superiori, Voti, Novizj, Scuole, Congregazioni, Privilegj, ed ogni altro, che di essi possa significare Congregazione formata. Per terzo ordinarsi, che i beni, ch'essi posseggono, o sotto il nome dei Vescovi, o in nome proprio, detratti quelli, su i quali vi sia alcun privato, che rappresenti alcun diritto, com'è il Barone de' Ciorani, si vendano, e s'impieghi il prodotto in capitale; e del fruttato, mentre viveranno i presenti Ecclesiastici, che sono in Sacris, si dia a ciascuno l'assegnamento di annui ducati settantadue, tassato da sua Maestà Cattolica. Tutti gli altri, specialmente i Novizj, si dimettano, e vadano nelle proprie case".

Qui diede da ridere il Fiscale. Tolta la vigna combattuta, non ascendeva la rendita di tutte le Case unita in uno, che a ducati cinquecento novanta. Ove si sarebbe preso il dippiù, volendo egli, che si dessero per ciaschedun Sacerdote annui ducati settantadue? Questa, e non altro era la gran ricchezza de' nostri Cioranisti, cotanto decantata dagli avversarj, e posta in prospetto dall'Avvocato Fiscale.
Finalmente vuole, "che s'interdica la facoltà di questuare; e che fino a quando la Moral Teologica insegnata dal Fondatore non sia eliminata, anche s'interdica ai Missionarj la Confessione, e la Predicazione".

 

Non essendo pago il Fiscale avere spiegato con inchiostro così amaro i proprj sentimenti, obbliga ancora il Sovrano, diciam così, a volerli eseguire. Troppo pungevagli il cuore la nascente Congregazione. "Non creda V. M., ei soggiunge, che senza rimedj forti, ed efficaci anche questa nuova Congregazione non sia per crescere. Tra le contraddizioni sono forte le altre: tra le contraddizioni si promoverà anche questa. Si aspetterà il tempo più favorevole, ed allora la presente controversia si descriverà tra la gloria dell'Istituto; ed il mio nome, che peraltro non merita, che oscurità, (qui profetizza) sarà famoso nella Vita di D. Alfonso de Liguori, tra quelli, si dirà, che il demonio eccitò, come sempre operar suole, contro le opere buone".

Tanto alla Maestà del Re espose il Fiscale, e tanto esigeva a danno nostro, e di Alfonso.




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