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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap. 10 Alfonso da alle stampe un Opera, che riguarda il maggior bene de' popoli, e de' Sovrani; e stabilimento de' nostri nella Città di Benevento.
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Cap. 10

Alfonso da alle stampe un Opera, che riguarda il maggior bene de' popoli, e de' Sovrani; e stabilimento de' nostri nella Città di Benevento.

 


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Come tutto giorno non mancava l'Inferno adoprarsi a danno di Alfonso, così Alfonso mezzo non lasciava per impegnarsi a danno dell'Inferno. Critiche che fossero le circostanze per se, e per la Congregazione, egli, non perdendo il suo sereno, tuttavia impegnato vedevasi in beneficio delle Anime, e per la gloria di Dio. Riflettendo, che ove il popolo rendesi esatto, e non manca verso Dio de' proprj doveri, regnando il buon costume, anche ossequioso rendesi verso il Sovrano, non mancò intavolar un Opera, che intitolò: La fedeltà de' Vassalli verso Dio, fedeli li rende al proprio Principe. Fanno a calci, diceva Alfonso, offesa di Dio, e rispetto al Sovrano: se non si teme Iddio, nè anche si teme il Sovrano.

 

Persuaso di questa gran verità non davasi pace quando sentiva congiure, e tradimenti. "Essi la sgarrano, ripeteva, intendendo i Monarchi, nè avranno mai pace, se non hanno a cuore impedir il peccato. Ove non domina la Religione, ei diceva, regna l'iniquità, e la perfidia. Posto il peccato, tutto è sconvolgimento: così, reso il popolo fedele a Dio, anch'è fedele per essi". Propone i mezzi in


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quest'Opera, e stabilisce alcune massime, che perché singolari, sono tutte proprie per promuovere la gloria di Dio, il bene de' Sovrani, ed il vantaggio de' sudditi: così varj esempj mette in veduta di Principi savj, e santi, che col promuovere ne' proprj vassalli gli spirituali vantaggi, hanno reso florido lo Stato, e goduto col popolo i frutti della pace, e della filiale subordinazione.

 

Scrivendo quest'Opera, quasi ubriaco di zelo, disse rivolto ad uno de' nostri: "Che Missioni e Missioni, uno di questi che colgo, vale per cento e mille Missioni. Quello che un Sovrano tocco da Dio può fare di bene, nol possono fare mille Missioni".

Perché Roma ha rapporto, ed è quasi il centro di tutte le Monarchie, sollecito ne inviò varie copie all'Eminentissimo Castelli, e per mezzo di questo, e de' rispettivi Ministri, che risedevano in Roma, siccome da Liegi per mezzo del Canonico D. Errigo Henrequin, pervenir fece all'Augusta Maria Teresa, all'Elettore di Colonia, a quello di Treviri, agli Arcivescovi, ed a tutti i Vescovi che nell'Impero han dominio temporale. Così al Principe Carlo Governatore de' Paesi Bassi, al Re di Spagna, e Portogallo, a quello di Torino, al Duca di Palma, ed al Gran Duca di Toscana.

In somma a tutti i Sovrani Cattolici, ed a Principali Ministri. Non esiste veruna risposta, perchè al solito consagrata da Alfonso alla sua umiltà.

 

Vincenzo Maria de Majo, ammirando quest'Opera, non potette non magnificare in Alfonso la sua pietà e dottrina, e soprattutto il suo gran zelo, e che benché oppresso dagli anni e dalle sofferte fatighe in prò delle Anime, e della Chiesa, tuttavolta anche il decrepito non mancava affatigarsi in dar nuove Opere alle stampe a beneficio dello Stato, e della Chiesa. Alphonsus de Ligorio praeclarissimus Episcopus, vir pietate ac doctrina percelebris, maximis pro Ecclesia Dei exlantatis laborius attrinus, diutinis adversae valetudinis incommodis affectus, Animarum studio ad devexam usque aetatem exardescens, Opusculum hoc concinnavit.

"Sono stato dubbioso, così il Canonio Giuseppe Simeoli, se dovessi più ammirare la purità delle massime, o l'unzione dello spirito, ch'è la divisa propria del nostro Autore, ben conosciuto per la sua pietà e dottrina".

 

Tal senso fece quest'Opera anche tra gli Oltramontani, che tradotta in Francese, vendibile si vide in varj Regni. "Quest'opera, così il Traduttore, è il grido di un'Anima sensibile, che non respira, se non per la gloria della Religione, per l'interesse de' costumi, per la felicità de' Sovrani, e de' loro sudditi; ed altra ambizione non ha, che portare gli uomini alla virtù, e renderli felici. Soggiunge: tutto ciò, ch'è uscito dalla penna del rispettabile Prelato, che ha composto


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quest'Opuscolo immortale, porta l'impronto del genio, e della sensibilità del cuore.

 

Facevano mancanza in Benevento gli soppressi Gesuiti, e destituita vedevasi la Città di que' tanti ajuti, che questi le prestavano. Restituito Benevento al Papa a 3. di Febbraro 1774, dopo l'invasione delle Armi Reali del nostro Augusto Ferdinando IV, vacando la Cattedra per la morte di Monsignor Colombini, varie suppliche si umiliarono al P. Padre Pio VI., esponendo il bisogno spirituale del Popolo Beneventano.

Eletto Arcivescovo di Benevento, e creato Cardinale Monsignor Francesco Maria Banditi Vescovo di Monte Fiascone, tra l'altro incaricollo il P. Padre volergli suggerire, arrivato in residenza, un espediente per potersi promuovere in Benevento, mancando i Gesuiti, la gloria di Dio, ed il bene delle Anime".

 

Sessionando in Benevento l'Eminentissimo Banditi coi Canonici della Cattedrale, e coi Patrizj della Città, i voti concorsero tutti in cedersi ai PP. Missionarj del Redentore, con tutte le rendite, e Chiesa, il soppresso Collegio. Avendo il Cardinale fatto capo da Monsignor Liguori, ognuno credeva abbracciato il partito.

Alfonso però sempre alieno dal vedere i suoi stabiliti in Città cospicue, qual'era Benevento, ringraziò il Cardinale di tale, e tanta esibizione. Rescrisse, che venendo abitato Benevento da tanti, e sì illustri Regolari, potevano quelli sollevare i bisogni spirituali del Popolo, ove i nostri addetti lo erano a Villaggi, e Terre destituite di Operarj; e quel bene, che questi operar potevano ne' lochetti, farlo non potevano in una Città così cospicua, e così ricca di tanti Ordini Religiosi.

 

Non si arresero per questa negativa né il Clero, né i Patrizj. Non potendo superarla con Alfonso, fecero capo dal P. Villani. Incoraggiato il Cardinale scrisse anch'esso. Rappresentò, che Benevento era abbandonato al pari di ogni Villaggio; che se molti erano i Regolari, questi non erano addetti, che alle opere del proprio Istituto, e che niuno abbracciar poteva quei esercizj di pietà, che addossati si avevano i PP. Gesuiti.

Non fu alieno il P. Villani, anche per le critiche circostanze, in cui lo erano le Case del Regno; ed Alfonso anche esso vi condiscese persuaso da siffatti motivi. Informato Pio VI, se ne compiacque, sentendo come i nostri erano acclamati in Benevento, e con suo special chirografo in data de' 23. Aprile 1777 accordò a i nostri Chiesa, e Collegio con tutte quelle rendite che aveansi dai soppressi Gesuiti.

Il giorno del Cuore di Gesù, cioè a' 6. Giugno 1777. dandoci il possesso, v'intervenne con suo compiacimento l'Eminentissimo Banditi, Clero, e Città in corpo, coi principali Patrizj. Il Padre D. Gaspare Cajone destinato Rettore vi sermonicò con piena soddisfazione di tutti; e più


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non vi volle, per vedersi la Chiesa accorsata, e redivive, con pubblica soddisfazione, tutte le opere de' Gesuiti.

 




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