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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • cap.37 Continuazione de' sintomi mortali in Alfonso; altra seguela de' suoi atti virtuosi; e preziosa sua morte.
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cap.37

Continuazione de' sintomi mortali in Alfonso; altra seguela de' suoi atti virtuosi; e preziosa sua morte.

 


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Anche tra questi estremi, non contenta la morte de' suoi affanni, altri patimenti ella unì, e volle in Alfonso. Se in Arienzo collo star curvo colla testa, urtando i peli della barba, se gli fece piaga mortale nella fontanella della gola, e non si diede per inteso; piaga mortale in questo stato se gli aprì nel medesimo luogo; nè Monsignore diede mai in verun lamento. Si venne in cognizione per lo scolo marcioso; e non era meno la piaga di un sei carlini, e tale, che medicar si dovette colle legaccie. Pativa, ma non sembrava esso che patisse.

 

In queste agonie abbiamo cosa, che consola. Verso sera venne a visitarlo, ma con fiducia di ritornarsene sano, il Canonico D. Domenico Villani. Erano tre anni, che il Canonico veniva talmente travagliato in un ginocchio, che camminava colle gruccie. Calandosene se ne ritornava tutto giulivo; ed incontrando in porteria i Sacerdoti, D. Gaetano Fusco, e D. Andrea Calabrese, lieto lor disse: "Sono venuto zoppo, e me ne vado dritto. Avendomi applicato di soppiatto l'Abitino di Monsignore, che aveva a capo del letto, mi sono inteso sano". Varie cure se gli erano fatte, ma in vano, come bagni d'Isca, ed unzioni mercuriali. A capo di cinque giorni dimandato dal Principe di Polleca, come ne stasse. Bello e sano, disse il Canonico, ed esser pronto in Curia per qualunque attestato.

 

La speranza, che anche non ferma, ci lusinga, fe che si chiamassero due Professori da Napoli. Ritrovarono questi l'infermo verso le quattro della sera assai migliorato, e seguitò a migliorare con comune allegrezza sino alla mattina. A punta di giorno intese Messa, e si comunicò. In seguito s'intese altre due Messe; ma nel mezzo della seconda, vedendosi perturbato, disse: Che fate mo? mo mi mettete in pericolo di fare un peccato mortale. Essendosegli suggeriti atti di amore, e confdenza in Gesù Cristo, Monsignore si vide serenato.

Tra questo tempo pervennero sei nostri Chierici della Casa de' Ciorani. Monsignore, benché agonizzante, li conobbe; se ne compiacque, e  ben due volte li benedisse.


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Tra le quattro in cinque della notte seguente si vide talmente mancato, che davasi per morto. Solleciti i nostri di ajutarlo in quel passaggio colle preghiere, e coi Sagrificj, circa le otto si uscì colla  Messa. Suggerendosegli la Comunione, non diede parola. Uscendo la seconda Messa, e toccandosi il campanello a Sanctus, Monsignore apre gli occhi, e guarda il celebrante. Non vedendo l'elevazione dell'Ostia, li socchiuse; ed elevandosi, si scosse di nuovo: guarda verso l'altare, e videsi tutto sollecito articolar le labbra, ma non si capì cosa dicesse. Passate le nove, fu sorpreso da forte insulto, se gli diede l'assoluzione, e si cominciarono le preci della Chiesa; ma in fine delle Litanie, Monsignore si ripigliò ne' sensi.

 

Più tardi, essendo uscita un altra Messa, se gli suggerì, se desiderava la Comunione, e ne dimostrò anzia. Si comunicò, ed uscita un altra Messa, seguitò, ma troppo abbattuto, il rendimento di grazie. Brontolava, ma non si capiva: solo s'intese dire: Così spero. Poco dopo, con voce chiara, chiese la corona. Avendola, si vide far moto colle labbra, e passarla.

 

Continuava tradittando un concorso di gentiluomini, ed Ecclesiastici. Non fu lento a visitarlo il P. Samuele da Napoli, Ex-Provinciale Cappuccino, e suo amicissimo in Arienzo. Per quanto questi si spiegasse di voler la sua benedizione, non fu capito: lo tenne bensì un pezzo per la mano. Non potendo ottener altro l'Ex-Provinciale, prese egli la mano di Monsignore, si segnò sul capo, e toccandosi specialmente un orecchio offeso, sel vide guarito.

Erano due giorni, che sentivasi incomodato con ulceri nella gola, e temevasi di peggio, il nostro P. Buonopane. Avendosi applicato di sera un pezzolino, che servito era per la piaga di Monsignore, la mattina seguente si ritrovò sano.

 

Doloroso fu per Alfonso il ventesimosettimo. Verso le tredici, inaspettatamente sorpreso si vide sopra del pettignone da tai dolori, e così acerbi, che, non trovando sito, esclamava, ajutatemi... scioglietemi... calatemi a terra. Tra questi spasimi, fissando più volte lo sguardo verso Maria Santissima, quasi agonizzando disse: mio Gesù... Essendosegli data dentro un sorso di acqua una cartellina di Maria Immacolata, non potette inghiottirla.

Mitigato il dolore, ma fu cancrena, che si spiegò nella vescica, chiese da se la cartellina, recita un Ave a Maria Santissima, e se l'inghiotte. Vedendosi, che il patimento non cessava, se gli tolse il bicchiere, e se gli applicò un cataplasma. In sentirsi toccato, rivolgendosi al P. Criscuoli, afflitto, e quasi piangendo interrottamente, gli disse: Mi hanno posto le mani alle parti... Mi hanno posto le mani a basso.  Essendosegli detto, esser stato il Fratello Leonardo (era questi un Fratello antico, e confidente) si quietò.

 

Alle sette della notte seguente, richiesto come si sentisse, rispose:


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Son morto. Vedendo la sollecitudine de' nostri, e de' Medici, disse: Tutto è perduto. Dimandato, se voleva sentir la Messa, e comunicarsi, con volto giulivo fe segno di sì. Comunicandosi, si segnò prima colla Croce, fece i suoi atti, e facendo il rendimento di grazie, assecondarono due altre Messe.

Volendosi fare un unzione sul pettignone, risentito disse: Non toccate; ma poi cedette in sentire ubbidienza. Dimandato dal Medico come si sentisse: Son morto, rispose; ed avendolo pregato benedirgli un Immagine di Maria Santissima, articolando la mano, la benedisse.

 

Debilitata la mente, e spossato il corpo in questi estremi, voleva Monsignore delle spinte per ricorrere a Dio, e confortarsi. Sentendosi ripetere dei santi sentimenti, che passo passo se gli suggerivano, ne godeva, e brontolar si vedeva le medesime aspirazioni.

Tante volte, vedendolo io di soperchio affollato, credeva si tediasse, ma non era così. Avanzandosi la cancrena, si vide di nuovo non trovar sito, e con maggior dolore travagliato da spasmi. Vedendolo noi patire, e non potendo sollevarlo, ammutimmo tutti. Egli non vedendosi al solito confortato, ancorché moribondo, quasi risentito disse: Pensieri divoti non ve ne sono?

Fu tale lo spasimo, e tale l'abbattimento, che, credendosi agonizzante, si accese la candela benedetta, e si diede principio alla raccomandazione dell'Anima. Ripigliato ne' sensi, se gli presentò un Immagine di Maria Santissima. Apre gli occhi Monsignore, barbotta colle labbra, ed unisce le palme in atto di chi prega; indi bacia l'Immagine, e con chiarezza recitar s'intese l'Ave Maria. In seguito si vide agitato, e mettendosi la mano alla fronte, disse: Pensieri... non mi lasciate in riposo. Sopraggiungendo due de' nostri da Castellammare, e  cercandogli la benedizione, articolò la mano in segno di benedirli.

Erano le tredici, e Monsignore si vide di nuovo abbattuto. Presentandosegli il Crocifisso, lo prende, e l'accosta alle labbra; ed avendolo tra le mani, spesso spesso, aprendo gli occhi, lo guardava. Similmente presentandosegli un Immagine di Maria Santissima, se gli disse, che posto avesse Anima e vita in mano della Madonna. Monsignore lo capisce, apre tutte e due le braccia in segno di offerta, e volgendo gli occhi all'Immagine, sollecito si vide articolare molte cose. La notte vi fu miglioria, e riposò placidamente.

 

Non fu in istato la mattina de' ventinove, benché migliorato, di comunicarsi. Dicendosi la Messa, s'intese dire: Quanti nemici esterni. Più Messe si dissero a vista dell'infermo. Ricordandosegli la morte di Gesù Cristo, se gli suggerì volergli anch'esso offerir la sua. Monsignore richiamando i sensi, alza le mani, ed unendo palma a palma, per un pezzo se gli videro articolar le labbra: indi rivolgere gli occhi verso l'Immagine di Maria Santissima. Vedendosi questo, si animò


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a ricorrere alla Vergine, e con voce chiara recitò l'Ave Maria. Essendosegli dato a baciare un Immagine di S. Giuseppe, la prese tra le mani, e consideratala un pezzo, rivolgendosi al Fratello, è S. Giuseppe, disse, e dettosegli di sì, e che si ci fosse raccomandato, subito si vide brontolar cose, né finiva di guardarla, e contemplarla.

 

Richiesto dal servitore Alessio, se bisognavagli qualche cosa, "è finito", rispose con voce moribonda. Suggerendogli il P. Magaldi pensieri divoti, Monsignore disse da se, datemi la Madonna: avendola tra le mani: si raccomandava, ma non si capiva. Verso tardi lo sorprese il singulto, che travagliollo sino all'ultimo. Non mancandosi da' nostri animarlo alla confidenza verso Maria Santissima, se gli pose tra le mani una sua Immagine. Avendola baciata; recitò interrottamente I'Ave Maria.

 

Essendosegli avanzata troppo la barba, se affliggeva noi, di maggior pena, tra quei calori, esser doveva per un moribondo. Facendoci compassione, il Fratello Raffaele glie l'accortò il meglio che potette. Non ne dimostrò dispiacere Monsignore, che anzi se ne compiacque. Tagliandosegli i peli delle labbra superiori, ancorché cadavere, se gli videro appuntare. Gran gara vi fu per quei pochi peli, specialmente tra i Chierici; e con istanza furono poi richiesti per reliquie da persone di riguardo.

 

Aggravato, e quasi fuori di se stiede tutta la giornata de' ventinove; ed alle tre della sera, in tale estremità, che già credevasi agonizzante. Radunata la Comunità d'intorno al letto, si cominciarono le preci della Chiesa. Anche questa volta si ripigliò. Ricordato di voler ribenedire la Congregazione, non potendo alzar la mano, fe segno colla testa.

La mattina de' trenta, celebrandosi più Messe, ci avvidimo, che desiderava la Comunione. Nol permise il P. Villani, sul dubbio di non poter inghiottire la particola. Ubbidiente alla voce del Medico, essendosegli posto un poco di neve alla bocca, disse, ma appena l'intese, che ho da pigliare.

Giunto il P. Grossi da S. Angelo, desiderò di esser benedetto. Monsignore, avendolo capito, ne dimostrò piacere, alza la mano, e lo benedisse con consolazione comune.

 

In questo giorno, oltre il concorso di tanti, fu a visitarlo per ricevere la sua benedizione Monsignor Tafuri, Vescovo della Cava, ma non fu conosciuto. Vedendolo in quello stato, piangendo gli baciò la mano, e se la pose sul capo. Un P. Carmelitano essendosi portato a dargli l'assoluzione dell'Abitino, ne godette. Bastava ricordarsegli i Sacratissimi Nomi di Gesù, e Maria, o presentargli una qualche Immagine de' Santi suoi Avvocati, per richiamarlo ne' sensi.
Suggerendogli il P. Criscuoli de' divoti affetti, e presentandogli un Immagine dell'Arcangelo S. Michele, che tener soleva a capo del letto, si vide prenderla tra le mani, baciarla, aprir gli occhi, contemplarla; e movendo le labbra, raccomandarsi all'Arcangelo.

Similmente vedevasi aprire gli occhi, e brontolar tra se,


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suggerendosegli gli atti di Fede, Speranza, e Carità. Essendosegli presentato un Crocifisso di ottone, dimostrò volerlo tra le mani. Anzioso lo stringe, tenta da tre volte accostarselo alle labbra, ma non essendo in forza, guidandogli la mano il P. Capriola, lo bacia, brontolando colle labbra.

Soffrendo nel tempo medesimo de' spasmi nel basso ventre, accorse colle proprie mani, come per ajutarsi, ma avendole a stento alzate, le unisce, e le incrocicchia in segno di uniformità.

 

Circa le diciessette, volentieri gustò poche cucchiaja di latte, ma in decorso qualunque cosa venne ributtata. Tutto il giorno, e la notte seguente, benché cadavere, conservava i sensi interni, e vedevasi corrispondere co' segni esterni ai divoti affetti, che se gli suggerivano, aprendo gli occhi, o facendo movimento colle labbra.

 

La mattina de' trentuno, alle otto si cominciarono le Messe, come prossimo all'agonia, così a vista sua, che in Chiesa, e nel suo Oratorio. Essendoglisi presentato il Crocifisso, apre gli occhi, lo guarda, e 'l prende tra le mani. Presentandosegli l'Immagine di Maria Santissima, anche la guarda, e contempla.
Circa le tredici, presentandosegli di nuovo il Crocifisso, ed animandosi alla confidenza, si vide baciarlo coi segni i più affettuosi. Verso le diciotto, avendo sul petto un Immagine di Maria Santissima, la prende tra le mani, la bacia, e se la stringe sul petto: così se la prese, e tennela per un quarto d'ora verso le ventore; alle ventuna sopraggiungendo nuovo insulto, si credette entrato nell'agonia, ma di nuovo si ripigliò.

 

Non mancò Maria Santissima assisterlo, e consolarlo in quei estremi. Questa è quella grazia, che egli in vita ardentemente sospirava, e tenevala pregata. Parlando di questo estremo in una sua Opera, a così scrive: "O consolatrice degli afflitti, non mi abbandonate.... Impetratemi voi d'invocarvi allora più spesso, acciocché io spiri col vostro dolcissimo Nome in bocca, e del vostro SS. Figlio. Anzi Signora, perdonate il  mio ardire, prima che io spiri, venite voi stessa a consolarmi colla vostra presenza. Questa grazia l'avete fatta a tanti vostri divoti, la voglio, e la spero ancor io. Son peccatore, è vero, non la merito; ma son vostro divoto, che v'amo, ed ho una gran confidenza in voi. O Maria, vi aspetto, non mi fate restare sconsolato".

 

Così in altro luogo: b Quando poi mi troverò nelle ultime angustie della mia morte, o Maria, Speranza mia, non mi abbandonate. Allora più che mai assistetemi, e confortatemi a non disperarmi alla vista delle mie colpe, che mi opporrà il demonio. Signore, perdonate il mio ardire,


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venite voi stessa allora a consolarmi colla vostra presenza. Questa grazia l'avete fatta a tanti, la voglio ancor io. Se il mio ardire è grande, maggiore è la vostra bontà, che va cercando i più miserabili per consolarli.

 

Quanto chiese, tanto ottenne. Troppo patenti furono i segni. Benché agonizzante, placido, e sereno vedevasi Monsignore. Avendo tra le mani, circa le ventiquattro, l'Immagine di Maria Santissima, ed assistendolo due  Preti, nell'istante lo videro giulivo, e tutto acceso nel volto, parlare, e ridere, come sano, in faccia all'Immagine.

Non era un ora di notte, e si osservò di nuovo un tale spettacolo. Assistendolo il Rettore da un lato, il P. Buonopane dall'altro, con a piede il P. Fiore, se gli presenta dal P. Buonopane un Immagine di Maria Santissima, animandolo a volersi raccomandare in quei estremi. In sentir Monsignore il dolce Nome di Maria, spalanca gli occhi, e li fissa nell'Immagine; sul punto si accende nel volto, borbotta colla lingua, e divenuto giulivo, e quasi sano, rise per un pezzo guardando, e contemplando la Sagra Immagine.

Sapremo nell'eternità cosa in quell'estremo passò tra lui, e la Vergine.

Tutta la notte fu per esso una continuata agonia, ma placida, e serena. Concentrato in se medesimo, ascoltava con piacere de' divoti sentimenti: dandosegli a baciare il Crocifisso, corrispondeva aguzzando le labbra. Anche la mattina, facendosi i bagnolini sul basso ventre, vedendosi scoprire, con istupore comune si vide al solito rannicchiarsi nelle gambe, e colle mani tremanti prendere il lenzuolo, ed accostarselo alle parti.

 

Sin dalle sette, per tutta la mattina, non mancarono delle Messe a vista, e così in Chiesa, e nell'Oratorio di casa. Troppo premeva ai nostri in quei estremi l'assistenza di Dio per il Padre comune. Alle quindeci e mezza se gli aggravò l'affanno. Tutta la notte, e la mattina non lasciò Monsignore tener stretto nelle mani il suo Crocifisso; volendosi la consolazione dai nostri, e da altri ancora, di avere un Crocifisso venerato da Monsignore ne' suoi estremi, con destrezza se gli cambiava in un altro.

 

Vivendo Alfonso, aveva sempre desiderato, e si consolava vedersi la morte assistito dai cari suoi figli. "Oh Dio, così esclama in una sua Operac,  da ora io vi ringrazio, che in morte mi farete assistere da' miei cari Fratelli della mia Congregazione, che altro interesse non avranno allora, che della mia eterna salute, e tutti mi ajuteranno a ben morire".

Anche di questa consolazione non privollo Iddio.


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A momento altri Soggetti vedevansi capitare dalle Case; ed egli qual altro Giacobbe, vedendosi il letto circondato da tanti Figli, entrò nella stretta agonia.

Non sembrava lottare colla morte, ma godersela con Dio in un estasi amorosa. Non vi furono moti nella machina del corpo, non stringimenti di petto; non sospiri dolorosi. Essendosegli posta, e tenendo tra le mani un Immagine di Maria Santissima, tra le preghiere, e le lagrime di tutti noi, placidamente posando, e come sorpreso da un dolce sonno, suonandosi l'Angelo del Signore, spirò Alfonso, come si spera, la sua bell'Anima in seno a Dio, e fra le mani di Maria Santissima.

 

Tal fu la sua preziosa morte, e 'l glorioso fine della carriera di Monsignor Liguori. Se corse il pallio della virtù, sperar dobbiamo averne conseguito il premio. Tutta la sua penosissima infermità, che non fu meno di giorni quattordici, non fu, che un estasi continuata. Paziente, e rassegnato nelle mani de' Medici, e di chi l'assisteva; né chiese, né rifiutò cosa alcuna. Uniformato al Divino volere, non proruppe mai in un dolce oimè. Tutte le parole, che disse, furono le indicate, e non altre.

Crocifisso sul letto del dolore persistette sempre, giorno, e notte, con istupore comune, nel medesimo sito. Ancorché cancrenato ei fosse nelle parti posteriori, come poi fu osservato, né si smosse, né diede in lamento. Geloso della santa purità in vita, lo fu costante anche dando l'ultimo respiro.

Affettuosi, ma continuati furono gli atti di Fede, Speranza, e Carità; innamorato in vita di Gesù Sagramentato, tale lo fu moribondo, appassionato del Crocifisso, essendo vivente, appassionato anche si vide negli ultimi estremi; e se sano fu divoto di Maria, divotissimo lo fu agonizzante, e tra le braccia della morte.

 

Morì Alfonso Maria Liguori carico di anni, e più di meriti nel dì primo di Agosto 1787 toccandosi le ore diciassette, avendo di età anni novanta, mesi dieci, e giorni cinque. Sedeva sul Soglio Pontificio Papa Pio VI, reggeva l'Impero Giuseppe II di questo nome: felicitava questo Regno di Napoli Ferdinando IV, Augusto Figlio di Carlo III, Monarca delle Spagne: correva della Congregazione l'anno cinquantesimo quinto: dell'elezione in Vescovo di S. Agata, il vigesimo quinto: e della rinuncia già fatta, e sua ritirata in Congregazione, l'anno dodicesimo.

 

Era Alfonso di statura mediocre, ma grandetto di testa, e vermiglia la carnagione. Fronte spaziosa egli aveva, occhio attraente, e quasi ceruleo; naso aquilino, bocca ristretta, e graziosa, e quasi sorridente. Neri i capelli, e folta aveva la barba, e da se stesso, senza soggettarsi al rasojo, colle forbici smozzicavesela. Nemico di capellatura, anche da se solevasela accortare.

Perché miope, faceva uso degli occhiali, ma toglievaseli, o predicando, o trattando con donne. Sonora e chiara aveva la


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voce. Spaziosa che fosse la Chiesa, e lungo il corso delle Missioni, giammai gli mancò, e tale conservolla anche decrepito.

Aveva un aria che imponeva, un fare serio, ma misto di giovialità. Se giovanetto tutto concorreva a renderlo amabile, anche vecchio, e decrepito grazioso egli era, e di comune compiacimento.

Le facoltà primarie erano in esso ammirabili. Intelletto acuto, e penetrante; memoria tenace, e pronta; mente chiara, e metodica. Queste tre doti il sostegno formavano delle sue letterarie applicazioni.

Una continuata occupazione fu tutta la sua vita. O trattava con Dio, o applicavasi per Dio, né occupato mai si vide in cose indifferenti, nè in materie che, benché scientifiche, curiose fossero, e disutili. Tutto era profitto per Alfonso. Il zelo di Dio lo divorava; e non altro che Dio, e le Anime erano il suo scopo.

Intraprendente egli era, ma non temerario. Ogni suo pensiere era contrappesato: la contrarietà non l'abbatteva, e tutto conseguiva, diffidando di se, e confidando in Dio. Uomo sempre uguale a se: né la traversia l'abbatteva, né l'auge lo gonfiava.

Aria di comando ebbela sempre in orrore. Pregava, e non imponeva, così conseguiva quanto voleva. Se ostentava il comando, voleva essere ubbidito; né lasciava impunita qualunque resistenza. Forte nel riprendere, ma non trasportato; e con un misto di mansuetudine raddolciva qualunque amarezza.

Era grande, e facevasi picciolo; era picciolo, e facevasi grande. Le varie circostanze regolavano il suo fare. Tutto in esso era giustizia. Chiunque non defraudava di quel merito, che l'assisteva: puniva, e compassionava: e punito, restavasegli obbligato.

Il temperamento anzi che flemmatico portavalo alla bile; ma per impero di virtù ammiravasi in esso piacevolezza, e somma mansuetudine. Presente a se stesso, aveva sempre tra le mani la propria Anima.

Sorpresa di passione in esso non si osservò. La porta del cuore a suo talento aprivala, e serravala. Tutto dalla ragione veniva in esso regolato. Inimico di se stesso, non lusingò mai il senso. Ma se austero con se, con tutti pietoso egli era, e compassionevole. Tale in succinto fu Alfonso Liguori.

 

Posizione Originale Nota - Libro IV, Cap. XXXVII, pag. 198 - 199

 




a Vis. al Sagr. pag. 263.



b Glor. di Mar.Disc....



c Apparecchio alla morte






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