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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap.38 Concorso di popolo ne' funerali di Alfonso, e varj segni succeduti in Chiesa.
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Cap.38

Concorso di popolo ne' funerali di Alfonso, e varj segni succeduti in Chiesa.

 


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Troppo solenni furono i funerali per Monsignor Liguori, non già di macchine, di apparati, ma di lagrime, e di ossequio. Prevedendosi da' nostri, subito spirata la benedetta Anima, l'estro del popolo, trattenuto il segno della campana, si fe capo nel Quartiere Reale dal Brigadiere Gualenga, per avere avanti la porta di Casa, e raffrenarne l'impeto, una banda di soldati.

Composto il sagro cadavere, e situato essendosi sopra decente feretro con quantità di cerei nella Congregazione, che abbiamo de' gentiluomini, al darsi il segno della sua morte colla nostra picciola campana, i bronzi di tutte le Chiese, così volendo Monsignor Vescovo, anch'essi fecero noto al Pubblico il passaggio all'eternità di Monsignor Liguori. Più di questo non vi volle per vedersi in rivolta tutta Nocera, e torme di popolo concorrere alla nostra Casa, chi da un Casale, e chi da un altro.

 

Aperta la porteria, ma non dandosi l'ingresso, restava ognuno appagato, facendo toccare il sagro cadavere chi colla corona, e Rosario, e chi coll'Abitino della Vergine, o con altro. Tanti portavano canestrini di fiori, che buttati volevansi sopra il cadavere, ripigliati se li riportavano a casa, e come reliquie di un Santo dispensavanli agli altri.

 

Soddisfatti da' nostri i proprj doveri al comun Padre, recitandosi per intiero l'Ufficio de' morti, subentrarono uniti a cantar la Libera i PP. Paolotti, e Carmelitani. Ossequiosi per Alfonso i Preti Missionarj della medesima Città, radunati cantarono anch'essi l'intero Ufficio, e Libera. Tra questo tempo quantità di gentiluomini venne da Nocera di sopra, e con questi il Brigadiere Gualenga con tutta l'Ufficialità. Era un ora di notte, ed a stento si potette serrare la porteria.

 

Giorni prima determinato aveva Monsignor Sanfelice, che la pompa funebre fatta si fosse nel modo il più solenne. Considerato il merito dell'uomo, e la venerazione del popolo, stabilito aveva, che col Capitolo della Cattedrale, invitato il Seminario, col Clero de' Pagani, Regolari tutti, e tutte le Confraternite, piazza piazza portato si fosse processionalmente il sagro cadavere coll'assistenza de' militari sino al Monistero delle Chiarisse, che quasi attacca con Nocera di sopra. Che soddisfatte le Monache, ed anche quelle dette della Purità, col cantarsi la Libera nelle rispettive Chiese, per la medesima strada, e colla stessa pompa ritorno si fosse fatto nella nostra Casa.

 

Questo sarebbe stato un trionfo per Alfonso, non mai veduto in simili casi. Saputosi ne' Pagani la determinazione del Vescovo,


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entrati in dubbio i gentiluomini che stratagemma ci fosse, e che con questo Monsignore trasferir volesse nella Cattedrale il sagro cadavere, uniti col popolo si posero tutti in tumulto, risoluti d'impedire ad ogni costo, anche colla spada alla mano, un tal passo.
 Ritornandosene di sera Monsignore a casa, in piazza, se gli ferma la carrozza, protestandosi tutti, che non erasi per permettere cotale traslazione. Giura il Vescovo, e non essendosi il popolo disingannato, che non era per farsi quanto si pensava, erano le due della notte, ed anche tumultuavasi in piazza. Quietossi il tumulto, assicurati da noi, che tal cosa non vi era. Fu tale la mossa, che Monsignore, prevedendo tumulto, e forse strapazzo del sagro cadavere, volle non si fosse fatto l'invito, e che fatti si fossero i funerali nella maniera la più semplice.

 

La mattina de' due non si potette aprir la porteria, se giunto non fosse un distaccamento di venti militari. Un numero immenso di popolo, e di ogni ceto, concorso la notte da' Casali di Nocera, di Sanseverino, della Cava, e da altri luoghi, si trovò avanti la nostra Casa. Tutti protestandosi di voler ossequiare per l'ultima volta, e di avere qualche reliquia del Vescovo santo, come ognuno l'acclamava.

 

Ben per tempo fu anche in Casa Monsignor Vescovo. Non invitati, anche spontaneamente volendosi onorare la memoria di Alfonso, si vide il Capitolo della Cattedrale, i Seminaristi, il Clero de' Pagani, i Parrochi, e tra i Regolari, i Padri Paolotti, e i Carmelitani. Sulle prime essendosi cantata la Libera dal Clero de' Pagani, subentrarono i Canonici della Cattedrale, indi i Regolari. Tra questo tempo, essendosi la notte moltiplicati gli altari, quantità di Sacerdoti, Regolari, e Secolari celebravano per la sant'Anima.

 

Monsignore, essendo il tutto pronto, ordinò la processione, si stabilì che non si entrasse in Città. Che uscendosi di porteria, e fattosi un semicerchio avanti la Casa, si entrasse nella nostra Chiesa. Precedevano i PP. Paolotti, indi i Carmelitani, i Padri, Chierici, e Laici nostri. Per terzo il Clero de' Pagani col Rettore della Matrice, e i quattro Parrochi, susseguendo a questi il Capitolo della Cattedrale.

 

Sei gentiluomini diedero di piglio alla bara, volendo essi l'onore di portare il sagro cadavere. Non essendo conveniente, si dovette stentare per farli cedere. Essendosi addossato l'incarico a' quattro Rettori delle nostre Case, quattro Canonici presero i fiocchi all'estremo della coltra, e i sei gentiluomini coi torchi accesi fiancheggiavano la bara. Seguiva Monsignor Vescovo col suo cereo, e dietro lui i Reggimentarj della Città, susseguiti questi da quantità di gentiluomini.

 

Situato il cadavere in Chiesa, si cantò da' Signori Canonici l'intero Ufficio, assistendovi Monsignor Vescovo, e solennizzossi la Messa dal Canonico e Vicario Generale D. Giambattista Villani, D. Fortunato Pinto, Canonico, e Patrizio Salernitano, ora degnissimo Vescovo


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di Tricarico, recitò l'orazione funebre. Tutto fu commozione nel popolo; e non capendo in Chiesa, perché troppo ristretta, situar si dovette la cattedra quasi fuora della porta.

 

Dimesso fu il catafalco, non comportando altrimente l'altezza della Chiesa, cosicchè il cadavere non era che un sei palmi alto da terra. Questo fu un tratto di Provvidenza. Se non era così, il popolo non avrebbe veduto soddisfatti i suoi desiderj di baciarlo, e toccarlo colle corone, e spargervi sopra quantità di fiori. Assistendovi di fianco il F. Francescantonio, ed il servitore Alessio, le madri presentavano loro i piccioli bambini, volendo, che colle labbra toccato avessero il sacro cadavere; e non potendosi strappar cosa del suo, perché assistito da' soldati, ricco se ne partiva ognuno coi fiori raccolti sulla bara, o colle corone, che toccato l'avevano.

 

Tra questo tempo un celebre Pittore si vide da Napoli per ritrarne l'effigie, o spinto da altri, o mosso da se. Volendosi far questo verso le ore diciassette, e formarsi la maschera, a stento si potette chiudere la Chiesa. Spogliandosi il cadavere de' sagri arredi, si vide prender aria di vivo, e farsi rubicondo, e sanguigno. Estraendosi la maschera, e questa avendo tirato della pelle nella parte sinistra del naso, ne uscì tanto sangue, che molti ne inzuppavano i fazzoletti.

 

In seguito si vide sopraggiungere un mondo di gentiluomini, chi da Salerno, e da Vietri; chi dalla Cava, e da Sanseverino; altri da Nola, e da Sarno; quantità dalla Torre, da Lettere, e da altri luoghi, cosicché lo spiazzo avanti la Casa vedevasi ingombrato da carrozze, e canestre, da barocci, e calessi. Concorsero ancora Comunità intere di Regolari.

Oltre quei, che vi erano ne' Pagani, vi furono da Nocera tutti i PP. Olivetani, quei di Monte Vergine, molti Conventuali, Agostiniani, e Riformati. Dalla Cava pervennero varj Cassinesi: così da Angri, e da altri luoghi Camaldolesi che erano fuori de' Romitorj, e quattro altre miglia in distanza, dal Monistero di Mater Domini un Abate Basiliano con tutti i suoi. Tutto faceva stupore ne' Pagani, e dai nostri arrivar non si poteva in dispensare delle tele, che state lo erano di suo uso. Si volle che da diecimila e più persone concorsero per onorare i suoi funerali.

 

La sera verso un ora di notte, vedendo Monsignore il concorso del popolo basso, e temendo inconveniente tra il popolo e i soldati, volle si fosse seppellito. A stento col braccio de' militari si evacuò la Chiesa. Varj gentiluomini vollero l'onore deporlo dal catafalco. Vedevasi il sagro cadavere, dopo trentatré ore, e tra' maggiori calori della stagione, non solo esente da fetore, ma flessibile in tutte le membra, e maneggiarsi come vivente.

 

Monsignor Vescovo, che trattenevasi in Casa, volle si salassasse. Si tentò nel braccio destro, si tentò nella mano, ed in vano anche nella


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vena jugulare. Questa negativa disanimò gli astanti, ma non sapevasi che Alfonso predetta l'aveva tempo innanzi. Stando in Arienzo, e raccontandosi da' nostri l'accaduto in S. Angelo nella morte del P. D. Giovanni Rizzi, cioè, che salassandosi il cadavere, e non avendo dato sangue, lo diede, avendolo precettato quel Rettore, e che a capo di giorni ne diede di nuovo anche a forza di ubbidienza. Monsignore tra lo scherzo disse: Quando io sarò morto, non andate facendo questi misteri, che io sangue non me do. Lo disse, e l'attese.

 

Fu riposto il sacro cadavere in una cassa di piombo. Venne questa cautelata con sei suggelli della Curia Vescovile, con quattro del Pubblico della Città de' Pagani, e con altri due della Congregazione. Chiusa con tre differenti chiavi: una fu data al Principe di Polleca D. Giuseppe Capano Orsino, che assisteva per parte de' Nipoti; la seconda ai Reggimentarj della Città; e la terza restò in potere del Rettore di Casa. Così cautelata, fu situata la cassa nel corno sinistro dell'altare maggiore.

 

Non meno de' funerali fu semplicissimo il sepolcro. Innanzi tempo pensavasi preparare per Alfonso un superbo mausoleo, ma ricco di marmi, e prevenirne la morte. Tra l'altro si rese incumbensato il famoso regio Architetto D. Giuseppe Mauro. Magnifico riuscì il disegno. Di sopra vi era il mezzo busto di Alfonso, con di sotto lo stemma gentilizio di Casa Liguori, e nostro, e con puttini dolenti, che mestizia indicavano, ed afflizione.

Il famoso Scoloppio il P. Giuseppe Cavallo vi compose un elegante iscrizione, che leggevasi nel mezzo;a ed il celebre


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 Emanuele Campolongo l'altra vi fece d'apporsi sul tumulo b

Varie volte si fu per ridurlo ad effetto; ed ora per un motivo, ed or per un altro se ne differì l'esecuzione. Succeduta la morte, e non essendosi in tempo di compiacere i comuni desiderj, a grazia si fe venire da Napoli una tavola di semplice marmo. Tutto fu tratto di Provvidenza, che fasto non voleva in Alfonso morto, come da esso abborrito fu in vita. Cosicché l'iscrizione tutta fu questa:

HIC IACET CORPUS

ILLUSTRISSIMI ET REVERENDISSIMI DOMINI

D. ALPHONSI DE LIGORIO

EPISCOPI S. AGATHAE GOTHORUM

ET FUNDATORIS CONGREGATIONIS

SANCTISSIMI REDEMPTORIS.

 

La notte del dì susseguente, un nuovo concorso di popolo, e di persone di riguardo, Secolari, ed Ecclesiastici, si vide da Nola, da Salerno, e da altri luoghi lontani; tra questi quattro Dame Salernitano. Sparsa la voce pervennero persone anche dalla Città di Ariano, due giornate distante da Nocera. Avendolo trovato sepolto, raccoglievano per lo meno, come preziose reliquie i frammenti di calcina da sopra il sepolcro; ed altri partivano contenti, avendo toccati sul sepolcro i loro Abitini, e corone.

Cosa ci fu che sorprese, e fu vedersi concorsa quantità di figliuoli innocenti, che, ginocchioni sul sepolcro, raccomandandosi a Monsignore, l'acclamavano per santo, baciando, e ribaciando la lapide con segni umili, e divoti.

 

Succeduta la morte, non tanto Alfonso era spirato, che s'intese da per tutto invocato come santo; e Iddio volendone autenticare la divozione, concorse anch'esso con varj segni. Lo stesso giorno in Nocera, e nei prossimi Casali, anzi in Chiesa, facendosi i funerali, varie grazie s'intesero ottenute da più persone, ricorrendosi alla sua intercessione.

 

Spasimava in atto nei denti D. Angiola Tortora, e vedevasi spesso


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  travagliata da molti anni, sentendo Alfonso sul cataletto, ed applicandosi pezzetta delle sue vesti, nell'istante fu libera, e lo fu in seguito.

Una donna, che da più mesi, era quasi cieca, patendo varie macchie nella cornea, e molte pustole nelle palpebre, invocandolo nell'atto dell'esequie, si vide sana.
Erano tre giorni, che un altra donna spasimava con fieri dolori nel fianco. Ricorre a Monsignore, ed applicandosi una pezza della di lui tonaca, si vide libera.
Un P. Abate Verginiano, avendo un ostruzione confermata ne fegato, applicandosi un pezzetto delle sue vesti, ne fu libero.

Avendo una Conversa nel Monistero della Purità tal piaga nella gamba, che tendeva alla cancrena, facendo uso di una sua reliquia, nello stato si vide di servire la Comunità.

Nel Casale de Curtoli, vedendosi da molto tempo travagliata un altra donna con terzana doppia, dolori nel corpo, e vomiti ostinati, anche nell'istante fu libera col tocco delle sue reliquie.

 

Divotissima, e penitente di Alfonso era in Napoli Suor Angiola Oliviero Monaca di casa, e Sorella del fu D. Giovanni Oliviero, anche come dissi, uno de' celebri suoi penitenti. Sparsa la voce della sua morte, rendevasi inconsolabile Suor Angiola. Mentre così stavane afflitta, Alfonso se le presenta glorioso, la consola, e disparve.

Saputasi la morte in S. Agata, anch'essi i Santagatesi fecero capitale del suo patrocinio. Erano tre giorni che una donna vedevasi afflitta da dolori di fianco; ricorrendo a Monsignore fu sana.

Spasimando un altra donna con dolori di denti, applicandosi delle filaccia della sua veste, nell'istante svanirono. Vedendosi tormentato il Canonico Lucca con dolori colici, tanto fu il far uso di una lettera di Monsignore, che vedersene liberato.

 

Da più giorni stava a letto con febbre ardente il fratello di una poveretta. Bisognando sette in otto carlini di china per spezzarcela, non aveva questa come rimediarvi. Atterrita dalla spesa ricorre al patrocinio di Alfonso. Beato Monsignore mio,  disse postasi ginocchione, ajutami tu che io non posso. Animata da fiducia fa una pillola della tela servita a Monsignore, e diedela al fratello. Nell'istante se gli spezza la febbre; e dopo due giorni portasi in campagna a fatigare.

 

Ommetto molti altri segni, e grazie, ma tralasciare non posso un portento, a vista di tutti, succeduto in Chiesa in atto de' funerali. Erano dieci giorni, che vedevasi travagliato con febbre acuta, e dissenteria Giuseppe  Maria Fusco, figliuolo di un anno, e mesi, figlio di D. Tommaso Fusco; ma a' diciannove Luglio si vide aggravato di vantaggio, e nel Giovedì, due di Agosto, non dava più speranza di vita.

Sentendosi da Orsola Fusco di lui zia l'acclamazione di Alfonso, come santo, e spacciarsi delle grazie, confidando anch'essa esser consolata, risolve portarvici il figliuolo. Lo fece tra la contraddizione del fratello, della cognata,


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e di sua madre, che credevano spirasse per strada. Avendo toccato un Rosario sul sagro cadavere, lo mette sopra del fanciullo. La madre, che seguito l'aveva, animata da maggior confidenza, prega il F. Francescantonio, che assisteva al cataletto, che colla faccia avesse fatto toccare dal figliuolo il cadavere di Monsignore. Tanto fu toccarlo, quanto restituirlo sano. Nell'istante sparisce la febbre, ripiglia spirito il fanciullo, ed allegra la zia, e la madre, se lo portano sano a casa. Questo è molto; ma vi è cosa di vantaggio.

Stanco Alfonso, diciam così, di più stare sotto del moggio, volendo si pubblicassero le sue glorie, non altri prescelse per banditore, che lo stesso innocente Giuseppe Fusco.

La sera del Venerdì, terzo di Agosto, essendosi portato in nostra Casa il Sacerdote suo zio, D. Gaetano Fusco, ci diede parte di questa grazia in persona del nipote.

A tempo essendosi state trasmesse da Napoli varie Immagini di Alfonso, fatte incidere dal Sacerdote D. Salvatore Tramontana, se ne diede una.

Osservandosi questa in casa, D. Gaetano chiama il nipote, e presentandocela, come dir volesse, questo è colui, che vi ha fatta la grazia, il figliuolo avendola attentamente guardata, estatico e fuori di se, incomincia a dire: Alfonso, Alfonso; ed additando col dito l'Immagine, alza le manine, e rivolgendo gli occhi verso il Cielo, disse, Alfonso in Cielo. Ammirati, e stupiti i suoi, non sapevano che si dire, e di nuovo il fanciullo festante, e giulivo ripetette: Alfonso, Alfonso, il Santo, il Santo, indicando col dito l'Immagine, e nuovamente alzando le mani, e gli occhi verso il Cielo, disse: Il Santo in Cielo, il Santo in Cielo, Alfonso in Cielo.
Questa inaspettata loquela del fanciullo, l'aver nominato Alfonso col proprio nome e quell'idea di santo, ed essere in Cielo, sel figuri ognuno, che spinta diede alla fama per trombettare in ogni dove le glorie di Alfonso. Avanzandosi la fama con questi, e con altri nuovi prodigj, da giorno in giorno vedevansi persone al suo sepolcro, o per chieder grazie, o avendone impetrate, per dimostrarsi grati con offerte, ed oblazioni.

 

Non contento il Clero de' Pagani degli ossequj prestati ad Alfonso nelle precedenti esequie, volle anche il terzo giorno onorarne nella nostra Chiesa la memoria con nuovo catefalco, e con particolar funerale. Concorso di popolo vi fu, e troppo grande; e recitò le di lui lodi il nostro P. D. Vito Papa.

 

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Posizione Originale Nota - Libro IV, Cap. XXXVIII, pagg. 205-206

 

 




a ALPHONSI . SUM . EFFIGIES NEAPOLITANUS

PATRICIORUM . CAUSIDICORUM . SACRICOLARUM

ORDO OB . LIGORIORUM . GENTEM

OB . ADVOCATI . PRAEMIA

OB . SACERDOTIS . LABORES

SUUM . ILLUM . VOCAT PARENTEM . SUUM

SANCTISSIMI . REDEMPTORIS . CONGREGATIO

ORTU . INSTITUTIS . FORMA

AB . IPSO . INDESINENTER . ACCEPTA SPONSUM . SUUM

PERDITORUM . EXSICCATA . COLLUVIE OVIBUSQUE . CHRISTI

AD . OPIMA . PASCUA . ACTIS SANCTAE . AGATHAE . GOTHORUM   

ECCLESIA VOCE . MANU . CALAMO INSTRUCTUS . TERRARUM . ORBIS

SUUM . DOPTOREM . PRAEDICAT AT . EGO

ILLUM . ANNIS . XC . MENSIBUS . X . DIEBUS . V

PEREGRINUM . TERRIS EGISSE

CAELIS . NUNC . CIVEM PERPETUO . REGNATURUM DOCEO



b LOCUS . REQUIETIS ALPHONSI . DE . LIGUORI . PATRICII NEAPOLITANI

S. AGATHAE . GOTHORUM . PONTIFICIS VIGILANTISSIMI

CUIUS . IRREPREHENSA . VITA . LUCIDA . PERPETIM

OMNIFARIAM . TUITA . OVES . EST COLLUSTRAVIT . OVILIA

SODALITIUM . SS. REDEMPTORIS AB . EO . INSTITUTUM . AUCTUM . 

AMPLIFICATUM LACRUMIS . INEXHAUSTIS

CONDITORI . PATRONO . VINDICI

MONIMENTUM . VIVAX . PONENDUM . CURAVIT






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