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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • Libro 4
    • Cap. 45 Invocato Alfonso, soccorre i suoi divoti.
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Cap. 45

Invocato Alfonso, soccorre i suoi divoti.

 


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Sparsa la fama de' primi prodigj operati da Alfonso in atto de' suoi funerali, assecondarono altri. Quella carità che, vivendo in terra, era così interessata a pro de' prossimi, perfezionata in Cielo, maggiormente fu pronta per tutti; e Iddio, che glorificato lo voleva, non fe andare a vuoto le preghiere di ognuno.

In Palma, succeduta la morte di Alfonso, il P. Francesco da Ottajano, Riformato Francescano, ritrovavasi sin dal Novembre 1786. sorpreso da febbre ardente, e con tosse così secca, che strappavagli l'Anima. Non cedendo ai varj rimedj usati, diede nello sputo di sangue, ed in seguito, marcioso, e puzzolente.
Consultati quattro primarj Medici in Napoli, tutti e quattro dichiararono l'infermo etico, ed insanabile. Disperato vedendosi, e abbominato da' Frati, come contagioso il male, ritirossi in Palma presso una zia ottagenaria. Curandolo due altri Medici, fu da questi spedito nel Luglio 1787., come entrato nell'ultimo stato di etico, che marasma vien detto.

Aspettandosi da tutti morto da un giorno all'altro, tante volte dai terrazzani, suonandosi a morto nella Parrocchiale, trapassato si credette. Ad un tanto male, in fine si unì la ritensione dell'orina. Boccheggiando, e vedendosi all'estremo, rivoltossi a Monsignore, animato dai tanti prodigj che da per tutto sentivansi operati. Monsignor mio,  disse, se veramente sei caro a Dio, e veramente lo stai godendo in Paradiso, non mi fate morire di una morte così schifosa, ed odiato da tutti.
Così dicendo, promise limosinare ogni anno una libera di cera, e portarla al suo sepolcro. Fatta la preghiera, nell'istante si vide cambiato; ed ove prima nauseava il cibo, e vomitavalo, cerca da mangiare, e mangia con piacere. Si addormenta; e risvegliandosi, ritrovasi sano. Questo è quanto ei depose in Nocera avanti ai Giudici, compilandosi i processi. Tuttavia anche sano si vede; anzi non cura né caldo, né freddo; né manca ogni anno portar della cera al sepolcro, come promesso aveva.

Qui non intendo io individuare i molti, e segnalati portenti operati da Alfonso, e già contestati avanti a' Giudici; ma a gloria del medesimo, e per consolazione de' divoti, soltanto stimo rilevare i tanti altri da me raccolti, e non portati ne' processi, o per la distanza de' luoghi, o per non moltiplicar spesa, o perché non pervenuti a notizia; ma noti questi sono ne' rispettivi luoghi, esaminati da me, e contestati da persone di eccezione maggiore; e tali che motivo umano,


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o naturale opporre non si può in contrario. Se mi si darà della fede per tutto il di più, credo non mi si negherà anche in questo.

Portentoso, e singolare fu il prodigio operato in persona del P. Francesco da Ottajano; ma vi è cosa di più. Geloso Alfonso si è veduto, e troppo sollecito dell'onor suo.

Eravi in Convento un Religioso, che deridendo la fiducia, che il P. Fra Francesco aveva in Alfonso, incontrandolo, e per soggetto di passatempo, anche in conservazione, spesso dimandavagli a che sta la cera? Che fa il tuo santo Avvocato? e simili.

Avendolo a male Alfonso, una notte comparendogli, con volto sdegnato gli disse: Hai tu finito mettere in derisione il mio divoto? Tremando rispose il Religioso, che non facevalo con mal animo, e che erano semplici scherzi.
Non si scherza così con chi mi è divoto,  ripigliò più sdegnato Monsignore; e con tuono minaccevole, va, gli disse, e confessati; e più non aver ardire di proferir tali scherzi, se non vuoi passarla male. Sul punto il Frate, spaventato qual era, sbalza dal letto, e tutto atterrito portasi ai piedi del proprio Confessore; e fe' noto a tutti la mattina quanto con Alfonso eragli accaduto.

Avendo ricevuta con un coltello ferita profonda dentro le ossa del petto Vincenzo Cocca, Falegname di Foggia; ed essendosi dovuto tagliare porzione della costa, incurabile erasi resa la ferita. Era un anno e più, che speranza non dava di potersi rimarginate, e tale, che da' Medici fu dichiarato etico, e disperato.
Ritrovandosi in Foggia il nostro P. D. Giuseppe Stella, sapendone il travaglio, visitandolo, diedegli alcune pezze della sottana di Monsignore, assicurandolo, che, avendoci fede, ricevuta avrebbe la grazia. Più piena di fiducia la madre, levando mano ad ogni unguento, pose dentro la ferita alcune filaccia della pezza. Quanto volle, tanto ottenne. Sciogliendosi la ferita a capo di tempo, chiusa si trovò, con esservi restate dentro anche le filaccia, che vi si erano applicate, ed il paziente sano, e nel pristino vigore.

Ritrovandosi nel Conservatorio di Frasso spedita da' Medici una Conversa, con fede raccomandossi a Monsignore. Comparendole, le disse, State allegramente, che guarirete. Sparita la visione, migliorata si vide, e fuori di pericolo.

D. Francesca Palumbo, moglie di D. Lorenzo Granata, aveva una fistula nell'occhio destro, che di continuo dava quantità di materia marciosa, ed inutilmente fatto aveva uso di varj rimedj. Vedendosi più aggravata una mattina, con essersi aggiunta anche la resipola, invocando il presidio di Monsignore, immediatamente s'intese rinfrescato l'occhio, cessati gli spasimi, sgonfiata la resipola, e resa sana la fistula; né più in seguito ebbe verun incomodo.


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D. Pietro Giuliano, in Bosco Tre - Case, sorpreso si vide dentro la Novena di Natale da febbre terzana, che in seguito se gli fe continua. Come questa subentrava, spasimi grandi soffriva nelle viscere, e gonfiavasegli estremamente il ventre. Ritrovandosi così addolorato, e vedendo la figura di Monsignore, che teneva affissa nel parete, fecesela applicare sulla pancia. Tanto fu applicarsela, quanto il vedersi addormentato. Si sveglia, e trovasi il ventre sgonfiato, senza dolore nelle viscere, e senza febbre. Piangendo per tenerezza, si fe chiamare molti amici, partecipando a questi a gloria di Dio, e di Alfonso la grazia ricevuta.

Nella Città di Diana in Provincia di Salerno, nel medesimo anno 1787. assalita si vide D. Caterina Biscotti, Monaca Benedettina dall'incommodo dell'emorroidi, e gravemente seguitò a tormentarla per mesi quattordeci, con spasimi nelle parti, e nelle viscere, e con continuo scolo di sangue.

Nel 1788., e propriamente dalla vigilia di S. Bartolomeo sino al giorno 27., se l'esacerbarono in maniera, che non poteva trovar riposo né notte, né giorno. Era così alterata la parte, che il Medico D. Giuseppe Antonio Frezza dubitava di prossima cancrena.

In questo stato, ricordandosi delle grazie, che concedeva il Signore per li meriti di Alfonso, rivolgendosegli, disse: Alfonso de Liguori, se veramente siete santo, come vi predicano, ora lo voglio vedere. Voi mi avete da liberare da questo male, e vi prometto, dovendosi fabbricare il processo della vostra Canonizzazione, attestarne la grazia, e far cantar una Messa col Te Deum.

Addormentatasi, e venendo risvegliata dalla serva, ritrovasi tutta sana, e senza incomodo. Tanto, con suo attestato, ella ratificommi; così Geltrude Corrado, e Maria Antonia Morrone, che medicata l'avevano, confermano lo stesso.

In Cerignola a' 14. Settembre 1787., una figliuola di anni nove, per accidente fu offesa nella faccia dallo sparo di un archibugio, ma soltanto caricato a polvere, e talmente offesa, che la pelle se ne cascava al semplice tocco. Vedevasi l'occhio destro aggrinzato, ed offesa sopra tutto la membrana cornea. Così attestollo, e lo depose nella Corte Locale il Medico Isidoro Degni. Tale era lo spasimo della figliuola, che non trovava minuto di quiete.

Essendosele resi inutili tutti i medicamenti, D. Saverio Caradonna, fattosi compassione, diede alla Madre una figura di Monsignore, animandola a ricorrervi con  fiducia. Era il quarto giorno della sofferta disgrazia. Essendosi posta l'Immagine nella fronte della paziente, nell'istante si videro gli occhi aperti, e sani, e nel di più della faccia, libera, e guarita. Fu così patente la guarigione, che tutto il vicinato esclamò miracolo, miracolo; ed il medesimo Isidoro Degni tutto festante andiede a darne parte a quell'Arciprete.

In Ascoli Vito Domenico Capozzi veniva angariato da persona prepotente per ducati 432. che pretendeva, e non spettavano.


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Chiamato in Napoli nel Tribunale della Camera, otto Avvocati aveva contro di se. Si raccomanda il Capozzi a Monsignore, mette la sua innocenza nelle di lui mani, e situa ad arte una sua Immagine nel processo, che andar doveva in Ruota. Stavane afflitto soprattutto, non potendo, per la prepotenza del Contraddittore, aver persona che testasse a suo favore. Monsignore comparendogli in sogno, gli dice: Non temere, che non perdi la causa. Di fatti, essendosi chiamata in Ruota, tutti i Ministri inaspettatamente votarono a suo favore.

Levandosi di letto in Foggia nell'Ottobre 1787., Michele Totta, sorpreso si vide da una colica, e tale che non davagli sito. Non poteva riposare nel letto, o starne in piedi, né ajutarsi camminando: tutto era smania, e spasimo per esso. Erano le venti ora, e seguitava il travaglio. Sovvenendogli Monsignor Liguori, già trapassato in Agosto, e che faceva de' miracoli, Monsignor mio, esclamò, ajutami. Così dicendo, s'intese una smossa nel fianco, e cessare sul punto ogni dolore. Attestommi di più, che questo dolore ne' fianchi, quasi ogni venti giorni travagliavalo, e che talvolta penava in letto i mesi interi, dando anche fuori non uno, ma più calcoli per volta; e che d'allora in poi libero si vide, senza più evacuare verun calcolo, o arena.

Mangiando una Religiosa Conversa nel Monistero di S. Marcellino in Napoli, se le attraversò nella gola una spina di baccalà. Vedendosi irreparabile il caso, con fede gridò, Monsignore ajutami. Così dicendo, buttò la spina, ed era ben grossa.

In Buccino, come attesta quell'Arciprete, ritrovavasi aggravato con spurgo di sangue il nipote di D. Gerardo Mele di S. Gregorio, di presente Vescovo di Tropea. Essendosegli data dentro l'acqua una reliquia di Monsignore, nell'istante cessa il sangue, e videsi sano.

Erano giorni quattordici, che travagliato veniva da febbre maligna biliosa D. Giuliano Giordano, Procurator Fiscale nell'Udienza di Lucera, e sin dal nono era stato sorpreso dal singulto. Disperata la vita, si aspettava a momenti la morte. Inconsolabile la di lui sorella, si chiude nella propria stanza, e prostrandosi avanti l'immagine di Monsignore, con fiducia disse: Paesano mio (erano i Giordani di Nocera) a te ricorro, che sono una povera forestiera: tu me l'hai da lasciare, io voglio la grazia.

Con maggior confidenza va dal fratello coll'Immagine di Monsignore. Conosci chi è questo, gli disse. E' Monsignor Liguori, rispose l'infermo. Così dicendo, prende l'Immagine, e mettendosela sulla fronte, Monsignor mio, disse, ajutami. Col tocco dell'Immagine, nell'istante sparì la febbre, e succedendo una crisi, sano si vide, e libero dal male.

In Foggia D. Ludovica Palatella, moglie del Giureconsulto D. Francesco Saverio Massari, essendosi sconciata nell'ottavo mese, e morto il


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feto nell'utero, pericolava della vita. Mossa da me, vedendosi così travagliata, ricorrette con fiducia a Monsignore, applicandosi l'Immagine sopra del ventre, e facendo voto di una libra di cera, e di un opera di carità in sollievo di una figlia sventurata. Segni di sgravarsi non ve n'erano, ne potevanci essere, e i sintomi di morte si avanzarono a momento il secondo, e terzo giorno. Non mancò di fiducia D. Ludovica, tenendo stretta nelle gambe l'Immagine di Monsignore. In questo stato, animata vieppiù da me, con istupore di ognuno, sorpresa si vide dalle doglie, e dar fuori il morto feto, con restar libera da ogni altro incomodo, come se mai si fosse sgravata.

Nell'Umbria, e propriamente in Gubbio, D. Maria Veronica de' Conti-Guidi-Montegranelli, Religiosa giovanetta nel Monistero del Carmine, eran circa nove anni, che per disgrazia si ruppe, ma cosa non disse, per non soggettarsi ai Professori. Avanzandosi il male, bisognò manifestarlo. Avendola osservata il Chirurgo, stimò impossibile potersi rimettere le viscere, per essersi rotte tutte le membrane. Benché cinta si fosse con un forte riparo, non poteva tossire senza grave incomodo.

Vedendosi travagliata, disse al nostro P. Falcone di raccomandarla al Vecchiarello. Avendole mandato un poco di pezza di Monsignore, applicossela la sera sulla parte offesa, compromettendosi, ricevuta la grazia, farne un giuridico attestato. La medesima notte risvegliandosi, si sente sana, si toglie il riparo, e vedesi all'intutto guarita. Osservata dalle Religiose, ed anche dal Chirurgo, ne confessarono tutti miracolosa la guarigione.

Travagliata veniva in Benevento una donna sessagenaria, per quasi due anni, da un dolore nel fianco, cosicché vedevasi inabile a potersi reggere da se. Essendo ricorsa all'intercessione di Monsignore, applicandosi una sua reliquia, nell'istante si vide libera da ogni travaglio, e camminare speditamente senza appoggio veruno.

Spesso spesso tormentata vedevasi anche in Benevento una povera donna con gagliarde convulsioni. Stavane questa sola in Casa. Una notte fu tale la convulsione, che cadde di letto; e perché sola, non era nello stato di levarsi da terra. Avendo un Immagine di Monsignore a capo del letto, ricorre con fiducia a Monsignore, ed a Maria SS. Sul punto vede entrare con Monsignore nella sua stanza una bellissima Matrona, che compatendo il suo male, l'alza da terra, e ripone sul letto. Monsignore, essendosele seduto di fianco, le disse: Ecco siamo venuti ad ajutarti; ma dimani ti hai da confessare. Avrai più forti i dolori, ma, dopo confessata, te li farò passare. Così dicendo sparì la Matrona, e Monsignore. Di per tempo la mattina si fe chiamare il nostro P. D. Giannantonio Corrado, che trovolla travagliatissima; ma essendosi confessata, libera si vide da ogni travaglio.


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In Benevento, nell'antivigilia dell'anniversario di Monsignore, stando moribondo un figliuolo di sei mesi, ed in atto di esalare lo spirito, come mesi prima esalato lo avevano altri quattro fratelli, la madre, per disperazione, vedendo moribondo quest'ultimo figlio, era per buttarsi dalla finestra, ed il padre svenuto cadde a terra. Essendovi accorso un gentiluomo, che aveva delle reliquie di Monsignore, vedendo lo spettacolo, animò i genitori a voler confidare nel suo patrocinio. Corre in fretta alla casa, e portando delle reliquie, le applicò sul corpicciuolo del bambino. Nell'istante, a veduta di un mondo di gente, il figliuolo, come male alcuno non avesse, apre gli occhi, guarda il padre, e la madre, e gli consola con un dolce sorriso.

In Ascoli, Vito Domenico Capozzi, di già mentovato, fatto aveva compra di duemila tomoli di orzo. Ritornato da Salerno nel mese di Novembre, lo ritrova infocato, ed in pericolo di perderlo. A vista di tale accidente, vedendosi ruinato, ricorre con fiducia a Monsignore. Questo fu la sera. La mattina susseguente, rivedendo l'orzo, trovalo freddo più che ghiaccio, e libero all'intutto da ogni qualità cattiva.

Erano più giorni, che erasi ritirato travagliato dallo sputo di sangue in Fisciano, Saverio Sessa, negoziante di lavori di rame, e giovane di circa diciotto anni. Nel dì ottavo di agosto 1792. colo sputo, aggravato si vide con febbre, e con tosse convulsiva.
Ritrovandosi per la Novena dell'Assunta in quel Casale il nostro P. Tajano, i parenti vedendo il giovane in mal partito, con febbre ardente, tosse, e sputo di sangue, non mancarono chiamarlo per farlo confessare. Richiesto il giovane dal Padre come ne stasse, rispose vedersi travagliato.

"Non dubitate, gli disse il Padre, che io voglio darvi un rimedio. Bevetevi con fede dentro l'acqua queste filaccie della camicia di Monsignor Liguori, e promettetemi venirvi a confessare nella nostra Casa di S. Michele, che avrete la grazia.
Avendo recitato cogli astanti tre Pater, ed  Ave alla Santissima Trinità, pregandola che, per li sudori, e fatiche di Monsignore degnata si fosse della grazia, diedegli a bere dentro un poco di acqua tre filacce della camicia. Nell'istante cessò al giovane la febbre, l'affanno, e lo sputo di sangue, e nel terzo giorno andiede a caccia.

Verso le ore ventiquattro, fu sorpreso in Foggia da tocco apopletico il Sacerdote D. Vincenzo Massaro. Oltre di avergli tolto il lato destro, sì fattamente lo abbattette ne' sensi, che non fu nello stato di essere spogliato. Replicati i salassi, tutto fu inutilmente. Sorpreso in seguito da forte convulsione, e dando sangue per bocca si vede senza verun segno di vita. In questo stato venne estremato. Verso le tre e mezza, vedendosi l'infermo senza sensi, e disperata la vita, Rosa Guadagno animò i Sacerdoti assistenti, D. Felice Inzalata, Economo Curato, e D. Gaetano Mele a volergli applicare un Immagine di Monsignore.


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applicandosi, ricupera i sensi l'infermo, e prendesi quantità di sorbetto. Fu così piena la grazia, che sano ritrovossi la mattina, specialmente nel lato offeso, e nello stato di uscir di casa.

Maria Giuseppe Melillo, Superiora del Conservatorio di Frasso, essendo morto l'Arciprete de Filippis suo Confessore, vedevasi in grande angustia di spirito, per esserle mancato la guida. Raccomandandosi a Monsignore, e mettendosi a letto la sera, la notte le apparve. Come state,  le disse, chiamandola per nome. Ella, come se parlato avesse con Monsignor vivente, conferì le sue angustie. Via, quietatevi, le disse Monsignore, e rassegnatevi alla volontà di Dio. Risvegliatasi, ritrovasi serenata di coscienza, e dileguati tutti i suoi dubbj.

Il P. Domenico Daffinà, Cappuccino Calabrese, dimorando di stanza nel Convento di Nocera, e trattenendosi a discorrere con altri Padri prima della cena, nell'istante sorpreso si vide con ispasimi, così fieri della podagra, che a stento fu portato nella sua cella. Vedendosi così travagliato, con fiducia ricorrendo a Monsignore, gli disse: Monsignor mio, voi vedete che io sono un povero forestiere: patisco della soggezione, e non ho quella cura, che mi necessita; vi prego farmi la grazia, che non mancherò contestarla avanti a' Giudici. Applicandosi l'Immagine sulla parte offesa, nell'istante libero si vide dalla podagra, e dai spasimi. Salendo i PP. dal Refettorio, credendolo spasimante, se lo videro uscire incontro, allegro, e festeggiante, testificando la grazia ricevuta.

In Conversano, D. Aurelia Maria Martucci, figlia del Dottor D. Gaetano Martucci, e di D. Maria Renzi, giovanetta di anni tredici, afflitta vedevasi da febbre, da tosse convulsiva, e da dolori di spasimo ne' muscoli intercostali. Una mattina talmente se l'infierirono i mali, che già faceva temere della vita. Essendosele applicata dalla di lei Zia D. Maria Teresa Martucci l'Immagine di Monsignore, raccomandosegli la paziente con trasporto di cuore; nell'istante si vide sana, ripigliò spirito, e con sorpresa de' genitori, e di tutta la casa, sedendo sul letto, si pose a trastullare colle sorelle.

Una sorella di D. Vincenzo de Sanctis della Cava, maritata in Portici, aveva una bambina di un anno. La serva, portandola per il giardino, davale da volta in volta frondi di viti nelle mani, non badando, che la bambina mettevasele in bocca. Erano due o tre giorni, che non succhiava latte, e già vedevasi vicina a morire. In tale stato se l'applicò dalla madre un Immagine di Monsignore sullo stomaco. Non tanto fu applicata, che la bambina diede per bocca tante particelle di frondi delle viti. Ciò successo, prese il latte, e stiede bene.

Erano giorni trentaquattro, che Mastro Leopoldo Marino Russo in Foggia veniva travagliato da una mortale diarrea, e per il gran


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esito divenuto era uno scheltro. Avanzato il male, i Medici, avendolo spedito, ordinarono l'Estrema Unzione. avendo inteso lo stato del fratello, Paola Russo mandogli due Immagini, una del B. Giuseppe della Croce, e l'altra di Monsignore.

Circa le ore ventitré, le genti di casa posero una lampada avanti le dette Immagini, raccomandando l'infermo a Monsignore, ed al Beato. Verso la mezza notte se gli fè avanti un Vescovo, vestito di rocchetto, e mozzetta, di bassa statura, e curvo. Avendogli dimandato cosa avesse, Monsignor mio,  rispose, non ho più forza, e sto pregando questi Santi, che pregassero Iddio, che mi sbrigasse o di morte, o di vita.

Con volto giulivo, Non dubitate, gli disse il Vescovo; e tenendo egli ligato con un fazzoletto, e fettuccie alcuni empiastri sopra l'osso sagro, levati questo fazzoletto,  gli disse, e non temete, che state bene.

"Come posso,  disse l'infermo, se non ho forza; e replicando Monsignore di volerselo sciogliere, tentando di farlo, sel ritrova sciolto da per se. Avendo chiamata la figlia, si sente sano, e ricercando il lume, non vide più il Vescovo. La mattina, guardando l'effigie di Monsignore, questi,  disse, mi ha liberato; e sano, e senza febbre fu ritrovato da' Medici.

Abbiamo altra sorta di prodigj in persona del P. Luigi da S. Caterina, Missionario Apostolico nello Stato Ecclesiastico. Questi da Jesi così scrive al nostro Superior Generale: "Non avendo io potuto convertire, dando loro varj motivi, tanti e tanti ostinatissimi nelle pratiche disoneste, dicendomi, non potersi veder divisi dalle proprie carogne.

Avendo condiscesi a voler recitare un Ave a Maria Immacolata, e pregarla che per i meriti di Monsignor Liguori, così impegnato in glorificarla, lor smorzato avesse il diabolico fuoco di tal passione; tutti con segni straordinarj di conversione si sono veduti ritornare; ed abbandonate le pratiche, seguitare a menar vita esemplare. Così ho veduto convertiti, e detestarsi da tanti altri odj invecchiati. Questo che dico, se bisogna, posso attestarlo con mille giuramenti".

Prosiegue, e dice: "Anche in me stesso ho sperimentato benefico il Servo di Dio. Sentendomi mancare del vigore sul palco, per la mia avanzatissima età, e continue fatighe; e quello che è più, non colpire la predica. In veder svogliato l'uditorio, invocando mentalmente il Servo di Dio, mi è accresciuto il vigore, e generalmente ho veduto commozione nei dotti, e negl'ignoranti, che  a torme, e ben contriti sono venuti a confessarsi".

Multa quidem, et alia signa fece Alfonso, quae si scribantur per singula, mi si perdoni questa licenza, nec ipsum arbitror mundum capere posse vos, qui scribendi sunt, libros. Joan. 20, e 30, e 21, 25.

Questo è quanto ho potuto raccorre delle vicende, e virtuose


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azioni del nostro Venerabil Padre Monsignor Liguori. Quanto ho scritto, si accerti chi legge, che alieno non è dalla verità, e conforme lo spero, ai Processi, che in ordine alla sua Canonizzazione, si sono compilati.

Tutto è sincero. Tessendo la Storia, luogo non ho dato a verun rispetto. Solo mi ho prefisso la gloria di Dio, e quella del Venerabile. Molte cose, avendo riguardo alla brevità, o le ho accorciate, o tralasciate.

Prego, qualunque sia la tessitura, un benigno compatimento. Penna in seguito, e di miglior polso, non mancherà che meglio potrà illustrarle. Io, come dissi, ho avuto in mira, colle gesta del Venerabile, la Storia della Congregazione. Altri si prefiggerà la sola sua Vita. Confido, se non m'inganno, aver incontrato il genio del Pubblico; e che avendo io il tutto ocularmente veduto, o raccolto da testimonj oculati, potersi dire di me, ma con quel rispetto a chi si deve: Qui testimonium perhibet de his, et scripsit haec,... verum est testimonium ejus.  Joan. 21. 24.

 

Sacrosanctae, et individuae Trinitati, Crucifixi Domini Nostri

Jesu Christi humanitati, Beatissimae, et gloriosissimae semperque Virginis

Mariae faecundae integritati, et omnium Sanctorum universitati, sit sempiterna

laus, honor, virtus, et gloria ab omni creatura, mihique remissio omnium

peccatorum, per infinita saecula saecolorum.

           Amen.

 




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