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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO I
    • CAPITOLO 6 Altro trattato di matrimonio per Alfonso: Incontro ricevuto in casa del Presidente Caravita: Si disinganna del Mondo, e lascia i Tribunali. .
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CAPITOLO 6

Altro trattato di matrimonio per Alfonso: Incontro ricevuto in casa del Presidente Caravita: Si disinganna del Mondo, e lascia i Tribunali. .


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Svanito il trattato di matrimonio con D. Teresina Liguori, figliuola del Principe di Presiccio, pensò D. Giuseppe intavolarne un altro colla figlia di D. Domenico del Balzo, Duca di Presenzano, Dama anche questa di non minor ranco, e di virtù singolari. Non così spiegò l'animo suo in persona di suo Figlio, che lungi la proposta dall'essere esaminata, venne subito dal Principe abbracciata, e gradita. Se ambiva D. Giuseppe imparentarsi con esso, e dare suo Figlio in isposo alla di lui Figlia; nientemeno ambiva quello veder situata sua Figlia con un Cavaliere così degno, qual'era Alfonso. Aperti i trattati, si aprirono anche le visite.

Questo trattato dispiacque ad Alfonso, che tutt'altro aveva in mente, che mondo, e piaceri. Non gli dava il cuore bensì di spiegarsi con suo Padre, persuaso, che troppo amaramente l'avrebbe intesa. Per ubbidirlo interveniva, ma di mala voglia, in casa di Presenzano. Dir voleva, vedevasi tra le spine, in mezzo ai maggiori divertimenti; e che, andandoci, contava i momenti per vedersi libero da quel travaglio.

 

Non mancava D. Giuseppe, vedendo l'indifferenza del Figlio, e volendolo allettare, specificargli spesso le rare doti, che si ammiravano nella Dama, i suoi portamenti, il suo spirito, i suoi costumi, e le qualità rare di quel casato. Alfonso per l'opposto, come mi attestò D. Gaetano suo Fratello, non volendo dare al Padre un'aperta negativa, si scherniva, che non essendo libero di petto, e patendo di asma, stimava non essere confacente per esso lo stato coniugale.

Giudicando D. Giuseppe, che gli addotti motivi nascessero da erubescenza nel Figlio, e non già che volontà avesse di non volersi ammogliare, spesso spesso portavalo con sè in quella casa. Ci andava Alfonso per non contristare suo Padre; ma tutt'altro aveva per capo, che familiarizzarsi, colla Signorina. Assisteva alla conversazione, ma con tale modestia, e con un contegno così proprio, come se mai tra di essi ci fosse un tal trattato: Mio Padre mi ci portava, così egli al P. Villani suo Direttore, e quella non mancava farmi belle finezze; ma io, grazie a Dio, non ci feci un peccato veniale.

 

Una sera, tra le altre, vi fu cosa in casa di Presenzano, che fa


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far idea della somma onestà, e grande circospezione di Alfonso. Venn'egli invitato dalle genti di casa, e da altri Cavalieri a voler toccare il cembalo. Volentieri si compiacque; e nel tempo medesimo venne invitata la Signorina a cantare un'arietta. Si alza questa, e, cantando, si pose di fianco ad Alfonso, quasi ascoltando la sua alla di lui faccia. Non potendo Alfonso scansare il cimento, con disinvoltura, toccando il cembalo, si rivolgeva colla testa alla parte opposta. Credendo quel gesto la Dama alienazione di mente, si leva dal lato, ove ne stava, e si situa dall'altro; ma quanto fu lesta la giovane a mutar sito, altrettanto fu pronto Alfonso a rivoltare la testa nell'altro lato. Capito il mistero la Dama, si formalizza; e non potendo celare il conceputo sdegno, rivolta alla conversazione: Al Signor Avvocato, disse, gli è preso il mal di luna.a Così dicendo lascia di cantare, e disturbata vassene altrove. Restò mortificato Alfonso; ma la sua onestà non dispiacque, e fu di edificazione a tutti.

 

Sollecitava D. Giuseppe gli sponsali; e non mancava animar il Figlio ad un sì vantaggioso matrimonio. Scusavasi Alfonso, e replicava sempre, che non aveva salute per un tale stato. Vedendo l'impegno del Padre, si dichiara con sua Madre, che a niun patto era per ligarsi col Mondo; e pregolla, che persuaso avesse il marito a desistere dall'impegno.

Affliggevasi D. Anna, vedendo la retrosìa del Figlio; ma non essendo essa aliena dai sentimenti di D. Giuseppe, anch'essa animavalo, e facevagli vedere il proprio vantaggio, e sopra tutto il sommo dispiacimento, ch'era per provarne suo Padre: Ma io, disse Alfonso, tante, e tante difficoltà esporrò a mio Padre, fintantochè non farò conchiudore nè questo, nè altro matrimonio. La Figliuola per l'opposto, animata da' Parenti a volersi sposare con Alfonso, non vedendosi corrisposta, anch'essa se ne dimostrava aliena; ed insistendo il Padre, e la Madre a voler ciò fare, arditamente disse: Come? mi ho da prendere uno per marito, che non mi vuole guardare in faccia.

 

Così passavano le cose. Ma Iddio, che formato aveva altri disegni sopra Alfonso, con un colpo di Provvidenza, tanto maggiormente efficace, quanto meno aspettato, toglie Alfonso da imbarazzo, e tronca a D. Giuseppe la serie di tutte quelle speranze, che nel Figlio fondato aveva.

Grave Causa feudale nel 1723 agitavasi nei Tribunali di Napoli, tra il Gran Duca di Toscana, ed uno de' primi Magnati di questo Regnob; e non era meno l'interesse di cinque in secento mila docati.


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Patrocinando Alfonso il Magnate, per un mese, com'ei diceva, avevasi studiato, e rivolto il processo; e tali e tante erano le ragioni, che rilevato aveva, e così evidenti, che già teneva per vinta la causa.

Venuto il giorno del contraddittorio, e fu in casa del Presidente D. Domenico Caravita, si porta Alfonso tutto tronfio, e pettoruto, credendo aver la palma. Disse; allegò ragioni; citò leggi, e decisioni; nè mancò cosa per una difesa tutta dotta, e singolare. Tanti, che ivi stavano Avvocati, e Poccuratori, ammirando l'eloquenza, e la sodezza delle dottrine, non dubitavano della vittoria; ed il Presidente Caravita vedevasi così persuaso, che se gli vedeva, come scritto in fronte, il decreto in favore. Ma quando Alfonso credeva aver guadagnata la causa, e riscuotere degli applausi, si ritrovò colla causa perduta, e, quello ch'è più, ricoperto di rossore, e di somma vergogna.

 

Centinaia di volte, come ei diceva, rivoltato aveva il processo, ed in tutt'altro erasi incontrato, che in un documento, che faceva  la ragione dalla parte opposta. L'Avvocato contrario, che forse era il Sign. Maggiocchi, non vedendo toccata quella carta, lo lasciò dire senza interromperlo. Essendo Alfonso per conchiudere: Sign. D. Alfonso,  gli disse spezzandogli freddamente  la parola in bocca, non è così, come sua Signoria se la pensa. Si prenda il processo, e si osservi il documento tale, che troverà l'opposto. Si prenda, disse Alfonso tutto fuoco, e tutto spirito. Pendeva la decisione di una clausola,  ed era se il Feudo era di concessione antica, giusta le leggi de' Longobardi, o moderna, secondo quella de' Franchi. Osservata la carta, si  ritrova quanto l'Avversario aveva detto: Ho torto, disse Alfonso, osservando anch'esso il documento. La novità lo sorprese. Credendo passare per uomo di mala fede, sbalordisce, e si confonde; e fu tale la confusione, che se gli conobbe in faccia l'interno disturbo.

 

 Il Presidente Caravita, che l'amava,  e ben sapeva la sua onestà, vedendolo smarrito, non mancò ricordarlo: Non sono questi, disse, i primi abbagli, che si prendono in Tribunale; nè Voi solo siete urtato in questo: abbiamo esempli anche di altri uomini di valore.

Non ci fu ragione per Alfonso; ma chinando la testa tra il rossore, e la vergogna: Mondo, disse tra se, ti ho conosciuto: Addio Tribunali: così dicendo, volgendo le spalle a tutti, nel medesimo punto sen cala sempre ripetendo: Mondo ti ho conosciuto. Quello che più cruciavalo, come ci disse già vecchio che avendo rivoltato per un Mese carta per carta il Processo, non capiva, come un tal documento eragli sfuggito, e non caduto sotto l'occhio.

 

Giunto in casa, ( ma non vide Alfonso la strada, che fece ) si chiude nella propria stanza, e si serra di dietro. Mancando il Padre, non avverte il suo disturbo la Madre. Venuta l'ora di tavola, chiamato non


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risponde: si bussa, e dice non voler mangiare: si torna a chiamare, e non dà udienza, o se risponde,  lo fa di mala grazia.  Non altrimenti si portò la sera. Questa novità pose sossopra tutta la casa; ma nè dalla Madre, nè da altri si pensava a che attribuirlo.

Maggiormente avanzossi l'afflizione il giorno susseguente. Capitato D. Giuseppe, dolente D. Anna gli fa presente il disturbo del figlio. Chiamato, e richiamato dal Padre, nè anche volle aprire. Piangeva D. Anna, e affligevasi D. Giuseppe; ma vedendo questi l'ostinazione del figlio, monta in collera, e si disturba anch'esso: Alfonso sen muore, diceva piangendo D. Anna. Che muoja, diceva sdegnato D. Giuseppe. Erasi al terzo giorno, e nè anche voleva aprire. Lo fece; ma fu, com'ei disse, perchè commosso dal pianto di sua Madre. Pressato a prender cibo, non si mosse; ed a stento, dopo tante preghiere della Madre, s'indusse a prendere una fetta di mellone, che come ei diceva, gli sembrò più amaro, che il fiele.

 

Passata una tal  tempesta, subentrò in cuore ad Alfonso la luce di Dio.  Riflettendo, ma cò principj evangelici, cosa sia il Mondo, e quanto è vana la sua gloria, restò di nuovo confermato nella risoluzione, che fatta aveva di non più vedere i Tribunali; nè più saper di Mondo. Si arrese Alfonso alla Grazia, ma per metà.

Iddio però, che aveva in parte guadagnato il posto, riserbò ad altro giorno il compimento de' disegni suoi.

 




a Posizione originale Nota - Libro I, Cap. VI, p. 21

L'espressione napoletana fu questa: "A lo zì Paglietta l'à pigliato lo discenzo." Per discenzo in Napoli s'intende quella convulsione, che soffrono coloro, che assaliti sono dal mal di Luna.



b Posizione originale Nota - Libro I, Cap. VI, p. 21

Non si sa di certo chi sia stato questo Magnate. Chi vuole i Ruffi, e chi li Orsini: altri altro ne vogliono. Mancano ora i Vecchi, che potrebbero individuarlo.






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