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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO I
    • CAPITOLO 12 Fa acquisto Alfonso di molti Penitenti; e sua condotta per vantaggiarli nello Spirito.
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CAPITOLO 12

Fa acquisto Alfonso di molti Penitenti; e sua condotta per vantaggiarli nello Spirito.

 


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Un anno dopo, dacchè prese il Sacerdozio, ricevette Alfonso dall'Eminentissimo Pignatelli la facoltà a poter ascoltare le confessioni. Quest'è quanto sospiravasi da migliaja di Anime, che affidar gli volevano le proprie coscienze: vale a dire che non tantosto si vide sedere al Tribunale della Penitenza, che accerchiato ne venne il nuovo Confessore da una moltitudine di Penitenti. Prodigioso era il numero di qualunque ceto e condizione, che da ogni parte vi concorreva. Tutti accoglieva Alfonso con una carità sopraffina; e siccome la mattina era il primo a presentarsi in Chiesa, così era l'ultimo a levarsi dal Confessionale.


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Stimava Alfonso quest'impiego, e lo ripeteva essendo vecchio, come il più profittevole per le Anime, e'l meno soggetto a vanità per un Operario Evangelico; perchè, diceva, per mezzo di questo, piuchè  per qualunque altro ministero, le Anime si riconciliano immediatamente con Dio, e loro si applica con soprabbondanza il Sangue di Gesù Cristo.

 

Non era Alfonso di que' tali Confessori, che con aria brusca, e sopraciglio grave ricevono i Peccatori; e con altro tuono li  licenziano come incapaci delle Divine Misericordie. Per quanto austero ei fosse con se medesimo, aveva per gli altri, maggiormente co' peccatori, una mansuetudine indicibile, e sommamente allettatrice: cosicchè senza lusingare il peccato, era tutto cuore verso coloro, che seriamente lo detestavano, e che da vero far volevano a Dio ritorno. Se predicava, non  discompagnava la Giustizia dalla Misericordia, per così animar tutti alla Penitenza: e sedendo nel Confessionale, come si ricordava di esser Giudice, così non si dimenticava di esser Padre.

 

Riprovando i rigori, non secondo il Vangelo, di alcuni spiriti crudi, opposti allo Spirito di Gesù Cristo tutto carità, dir soleva: Quanto più  le Anime si veggono infangate ne' vizi, e possedute dal Demonio, tanto maggiormente dobbiamo accoglierle, ed abbracciarle per strapparle dalle braccia del Demonio, e riporle nelle braccia di Gesù Cristo. Non ci vuol molto a dire: và dannato; non posso assolverti. Ma non si considera, che quell'Anima è prezzo del Sangue di Gesù Cristo. Essendo vecchio diceva: non ricordarsi aver licenziato veruno senza averlo assoluto; molto più con sgarbo, ed asprezza.

Non è che Alfonso assolvesse alla rinfusa disposti, o indisposti, che fossero; ma, come in altra occasione ei stesso si spiegò, abbracciavasi i peccatori, e riempendoli di fiducia nel sangue di Gesù Cristo, dava loro caritativamente de' mezzi per uscire dal peccato; e che così animati ritornar si vedevano pentiti e compunti. Se il Peccatore, dir soleva, non si vede amato, non si risolve a lasciar il peccato. Così non ispaventava i peccatori, e guadagnava tanto i cuori, che prendendo in orrore il peccato, si davano da vero a Gesù Cristo.

 

Era Alfonso anche indulgente anzicchè rigido nella Penitenza Sacramentale. Soleva dire: imponghiamo quella Penitenza, che volentieri si accetta, e siamo sicuri che si faccia, e non carichiamo i Penitenti di cosa, che a stento si accetti, e volentieri si lascia. Altre volte diceva; la Penitenza dev'essere salutare; facciamo che si prenda orrore, non alla Penitenza, ma al Peccato.

Per Penitenza salutare ei imponeva il ritornar da lui, e frequentare la Confessione, e Comunione; ascoltar la Messa ogni mattina, e meditare tra di quella la Passione di Gesù Cristo, o qualche massima de' Novissimi.

A tal'effetto ristretto aveva queste meditazioni in un libreccino, che donar soleva. Similmente imponeva visitar ogni sera Gesù Sacramentato, e qualche imagine di Maria SS., recitar il Rosario;


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ed essendo capi di casa, farlo in comune colla famiglia. Digiuni, macerazioni, e simili le consigliava, ma non le precettava. Compunto il Penitente, diceva Alfonso, lo fa da se; ma precettato, se lascia la penitenza, ripiglia il peccato.

Con questa sua dolce, ma utile condotta, affezzionava i penitenti alla Sacramentale Confessione, e distoglievoli dal peccato.

 

Questo fu il sistema invariabile, e sommamente lodevole, che Alfonso tenne in tutto il corso di sua vita. Con queste maniere così dolci si vedeva guadagnare a Gesù Cristo una quantità di Anime, che invecchiate nel peccato, languivano nel vizio e nella dissolutezza.

Per lo più operava egli nel Mercato, e nel Lavinaro, ove vi è la feccia del Popolo Napoletano; anzi godeva vedersi circondato dalla gente più vile, come sono i Lazzari, così detti, e da altri d'infimo mestiere. Questa gente piucchè ogn'altra aveva Alfonso a cuore; e non mancava illuminarla colle prediche, e ridurla a Dio colla Sacramentale Confessione. Uno dando voce all'altro, si vedevano concorrere ogni dì nuovi penitenti da ogni parte, e servir tutti come di pabolo all'ardente zelo, che aveva di salvar Anime, e donarle a Cristo.
Tanti e tanti, ancorchè scellerati e peccatori, che non lasciarono di frequentarlo, non solo presero in orrore il peccato; ma addivennero Anime di orazione non ordinaria, e sommamente impegnati in amare Gesù Cristo.

 

Fra i tanti Penitenti, de' quali ora  non vi è notizia, ve ne sono due, che meritano special memoria. Il primo è Pietro Barbarese. Questi era giovane di età, ma vecchio di vizj. Faceva egli da mezzo Mastro di scuola, insegnando una storpiata grammatica, e per lo più leggere, e scrivere. Non vi era vizio, che non avesse preso piede nel suo cuore; ed anzi che illustrare l'intelletto, pervertiva la volontà de' suoi scolari.

 Per buona sua sorte ascoltò Pietro una predica di Alfonso: si compunge, entra in se stesso, e pentito va a buttarsi a suoi piedi. Vedendosi accolto con carità, si affezionò a Dio, ed al Confessore: lasciò il peccato, si diede ad una vita penitente, neppiù si divise dal suo Santo Direttore.

Come ho detto, viveva il Barbarese con insegnare il vizio, che leggere, e scrivere. Posto in mano di Alfonso, mutò sistema. Ove prima in vece d'insegnar l'abbicì, avvelenava gli scolari coi sconci suoi detti, e pessime operazioni, animato dalla Grazia, imbevevali coi frequenti Catechismi dello Spirito di Dio, ed in orrore lor metteva anche l'ombra del peccato.

Di per tempo la mattina voleva i figliuoli in scuola: radunati che erano, prima di ogni altro, conducevali in Chiesa: divoti dovevano assistere alla Messa, e nel mentre di quella pascevali colla Meditazione de'  novissimi, animavali ai santi propositi, e terminava cogli Atti Cristiani. Il giorno, circa le ventitre, tutti


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con esso dovevano essere alla visita del Sacramento, e di Maria SS. Facevalo Pietro in Chiesa di minor concorso, per non vendere ad altri santità, e divozione, tanto era penetrato dai scandali dati.

 

Questo anche è poco. Voleva che i suoi scolari ogni Domenica dovessero confessarsi, e conducevali esso in Chiesa. Abilitava i grandetti alla Comunione. Ed esso medesimo, in tempo della Messa, lor suggeriva praticamente gli Atti di Fede, Carità, Pentimento, e Preghiera; così dopo la Comunione lor suggeriva anche gli atti di Ringraziamento.

Il Barbarese fu quello, che introdusse ciocchè ora si vede in Napoli con tanta edificazione tra le persone ordinarie, che i più illuminati suggeriscono, in qualche angolo di Chiesa, ai meno illuminati gli atti di Apparecchio alla santa Comunione, e per rendere a Dio i dovuti ringraziamenti. Si vedrà in seguito ciocchè fece di più Pietro Barbarese sotto la direzione di Alfonso.

 

Il secondo è Luca Nardone. Per molto tempo menò questi tra soldati una vita molto licenziosa. Fu più volte disertore, ma nell'ultima, come discolo e recidivo, era già per essere condannato. Fu salvo, perchè s'interpose il Re di Francia, avendo un fratello che serviva di guardia a quel Monarca. Discacciato dalla milizia come infame, vedevasi carico di peccati, e di delitti.

Colpito da Alfonso in una predica, che a caso si ritrovò a sentire, va a buttarsi a suoi piedi, ma disperato di poter trovar perdono alle sue colpe. L'abbraccia Alfonso, lo rincora e solleva, e lo mette nella buona strada. Costui, ch'era un capestro da condannato, addivenne in seguito, come si vedrà, un funicolo di carità, ma molto atto per tirare Anime a Gesù Cristo, e strapparle all'Inferno.

 

Non avvalevasi Alfonso, per quanto mi è noto, di studiati motivi per disporre i peccatori alla penitenza. La sua parola era tale e ditanta efficacia, che spezzava qualunque cuore, ancorchè ostinato.

Mi dicevano i nostri vecchi, e fu questo anche sentimento de' vecchi Missionarj Napoletani, esser stata animata la sua parola anche da un influsso tutto particolare dello Spiritossanto, che volentieri disponeva i traviati al pentimento. Bastava che parlasse, per restarne compunto.

Un Gentiluomo conosciuto da me mi attestava, che giovanetto, essendosi presentato ad Alfonso carico al non più di peccati, e troppo enormi; avendo terminato con indifferenza il racconto, richiesto da Alfonso se ci era altro: Non ho più che dire, tutto freddo rispose: non hai più che dire, ripigliò Alfonso: il ciuffo ti manca per esser Turco: Che più volevi fare di quello hai fatto? Dimmi che male ti ha fatto Gesù Cristo? Più di questo non disse. Queste poche parole uscite dal cuore, e con energia di spirito, colpirono talmente il cuore del penitente, che gelò, sbalordì, e non seppe che si dire: Dunque, disse tra se, sono tali i miei peccati, che non ho potuto più che fare per offendere Dio!


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Si compunse, ne morì di dolore, detesta la vita pessimamente menata; ed essendosi posto nelle mani di Alfonso, più nol lasciò per fin che visse. La sua conversione fu tale, che addivenne uno de' più ferventi penitenti; e conosciuto da me in età avanzata, era di una santità singolare. 

I mezzi, che Alfonso teneva per condurre alla perfezione i suoi penitenti, non erano che la Meditazione, e la Preghiera; la Mortificazione della carne, e quella delle passioni: la Meditazione come specchio, in cui ognuno vedeva le proprie deformità, e la Mortificazione come il Ministro, che risecava quello non conveniva. Soleva dire, che non si dà Orazione vera senza Mortificazione, e che non si può dare Mortificazione senza spirito di Orazione. Da quelli, che ho conosciuto tra i suoi penitenti, e per quello, che a notizia mi è pervenuto, non vi fu persona tra i suoi stabili penitenti, che segnalato non si fosse in questi due esercizj. Colla Meditazione, che scopriva le macchie dell'Anima, esigeva, come ho detto, anche la Preghiera; ed altro non ripeteva: Chi prega certamente si salva, e chi non prega certamente si danna. Tutti coloro, soleva dire, che si sono salvati, si sono salvati col pregare, e tutti coloro, che si sono dannati, si sono dannati per non aver pregato.

 

Tra tutt'i mezzi però il mezzo de' mezzi era per Alfonso la Comunione frequente, ed il visitare giornalmente il Divin Sacramento. Confessa egli medesimo in quell'opuscolo tutto divino della Visita al Sacramento, che tutto il bene, non altronde eragli pervenuto, essendo secolare, che da Gesù Sacramentato. Oh che bella delizia, soleva dire, starsene avanti un Altare, e parlare alla familiare con Gesù Sacramentato: domandargli perdono dei disgusti dati: esporgli i proprj bisogni, come fa un'Amico ad un'altro Amico, e chiedergli il suo Amore, e la pienezza delle sue grazie.

Soprattutto, stando in Napoli, animava i Penitenti a volerlo corteggiare esposto nelle Quarantore. Vedevasi esso con somma edificazione starsene più ore estatico avanti il Sacramento, e con esso i suoi Penitenti, facendogli onorata corona.

 

Esigeva ancora Alfonso una filiale confidenza verso la divina Madre. Siccome tutto il bene, soleva dire, ci perviene dal divin Padre mediante Gesù Cristo, così ogni bene ci perviene da Gesù Cristo per mezzo di Maria. Voleva, che ognuno ogni giorno visitato avesse qualche sua immagine, che onorata si fosse col santo Rosario, e si avesse un effigie della medesima a capo del letto.

Esigeva nelle feste di Maria Santissima, che tutti si dovessero comunicare; anzi nel decorso della Novena dava loro delle pratiche divote, per così disporsi a ricevere delle grazie; ed in ogni Sabbato, ed in tutte le sue Vigilie, consigliava, siccome lo praticava esso medesimo, il digiuno in pane, ed acqua.


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Ancorchè portato per i poveri, e per la gente minuta, non per questo ricusò Alfonso la direzione delle persone di riguardo, anche di Dame e Cavalieri. La sua rete non ricusava qualunque pesce. In queste persone aveva di mira l'autorità, e l'esempio: cioè quel gran bene e quel sommo male, che col loro esempio e comando operar potevano nelle persone a se soggette.

Ebbe sempre bensì in sommo orrore il frequentare le case di questi. Tutti ascoltava in Chiesa; e nel Confessionale non vi era parzialità nè di grado, nè di onore. Era così sodisfatto ognuno di sua condotta, che benchè confuso si vedesse col popolo minuto, tuttavolta era contento di qualunque incomodo, purchè avevasi la consolazione di esserne diretto.

 

Non minore fu la cura, che in seguito si prese delle sacre Vergini. Raro era in Napoli quel Monistero, in cui non vi fossero Monache regolate da Alfonso. Non sono queste a nostra notizia: sappiamo bensì, che troppo grande fu il numero; e che tante, e tante, com'è noto, sono morte anche con fama di virtù non ordinaria.

Queste, ed altre erano le piante, che Alfonso coltivava nel vasto campo del gran Padre di famiglia, e con questo ne risultava gran gloria a Dio, e gran bene all'anime.




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