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P. Antonio Maria Tannoia
Della Vita ed Istituto del venerabile servo di Dio Alfonso M. Liguori...

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  • LIBRO II
    • Cap.3 Altre contumelie in Napoli, e gravi attentati contro Alfonso; e protezione presa dall'Eminentissimo Pignatelli.
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Cap.3

Altre contumelie in Napoli, e gravi attentati contro Alfonso; e protezione presa dall'Eminentissimo Pignatelli.

 


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La vita de' Giusti fu sempre un continuato travaglio. Quando credendosi esentati, sono da capo. Rincorossi, e videsi sollevato Alfonso colle amorevali espressioni, e più che paterne, del Canonico Torni suo Superiore: resene le grazie a Dio, credeva riacquistata la pace. Ma se così stimava, e compromettevasi il Canonico, non così pensavala l'Inferno. Aveva questo molto che temere di Alfonso, e prevalendo il timore, scatenate si videro contro di lui le furie tutte dell'abisso.

 

Eransi resi così sensibili i Fratelli tutti della Congregazione per questo sfregio, che supponevansi ricevuto, che non potevano darsi pace. Irritati gli animi al non più, non esitarono chiedere al Canonico Torni, che in pena si fosse tolta ad Alfonso la Cappelania che egli godeva come Operario più indefesso tra Fratelli, e che, come indegno, espulso si fosse formalmente di Congregazione.
Furono tali le istanze, e sì violente le premure, che obbligato si vide il Canonico a cedere, ed affisso si vide a' 20 di Febbrajo, alla porta della Congregazione, il seguente cartello, con iscorno di Alfonso, e con sommo compiacimento, di quei Congregati: Lunedì 23 Febbrajo 1733. "Il nostro P. Superiore ha ordinato la bussola per lo nostro Fratello D. Alfonso Liguori, così, se si debba escludere dalla nostra Congregazione, come, se si debba toglierli la Cappellania".

 

Venne a quest'atto il Canonico Torni per compiacere la moltitudine, e nol fece, che col sommo rincrescimento. Presago intanto delle cattive conseguenze, ne prevenne in secreto, prima di convocarsi la Congregazione, l'Eminentissimo Pignatelli: espose al Cardinale quanto a torto si perseguitava un Fratello così degno. Si vede, disse, ch'è rabbia: non contenti di averlo denigrato nella riputazione, li vogliono togliere anche il pane. Intendea il Canonico la Cappellania.


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S'intenerì in sentir questo il Cardinale: volle non però, che dato si fosse corso alla Congregazione: che si determini, disse, non vi affliggete: penserò io al dippiù; ed a quel che conviene.

 

Ognuno, radunata la Congregazione, se 'l figuri che fuoco di riverbero vi potett'essere tra Fratelli, nè vi fu persona, che vi mancasse in quel giorno. A piena voce vollero tutti, che Alfonso, come indegno non si avesse più per membro della Congregazione, e privato si fosse della Cappellania. Per togliersi ogni sotterfugio in contrario, si volle la bussola segreta, e con pienezza di voti fu conchiusa formalmente l'espulsione.

Uno de' vecchi Fratelli (e fu questi D. Tommaso Buonacquisto, uomo di quel credito, che si sa), richiesto, essendo già vecchio, se ricordavasi cosa in riguardo di questi, ", disse, ci era anch'io quando vi fu quella rivolta in Congregazione, e mi ricordo che un pezzo grosso rivolto ai Fratelli, disse: Io mai ho dato voto di morte in Congregazione, ma questa volta, affinchè si umilii, lo metto, e ce lo metto con piacere. Così dicendo, pose a vista di tutti la nera pallottina nella bussola".

Chi fu questi non si sa, perchè non volle dirlo il Buonacquisto; ma senza forse dovette essere il Canonico Gizzio, che tanto sentivala male per Alfonso, maggiormente perchè suo allievo, e parente. Disse il medesimo Buonacquisto, che sembrolli quella giornata una figura del giorno del Giudizio.

 

Tale fu la conclusione, ma non si registrò la rubrica, nè si venne all'ultimo atto, essendoci in contrario l'ordine del Cardinale, che, come dissi, proibito aveva, che senza sua intesa non si procedesse a veruna cosa. Terminata la Congregazione, si portò il Canonico co' principali Fratelli da sua Eminenza, rappresentando la determinazione.
Ne dimostrò ribrezzo il Cardinale, e prendendo la parola disse: "perchè venirsi a questo: o Dio benedice l'intrapresa da Alfonso Liguori e sarà gloria vostra: o Iddio non vuole una tal' opera, e si dirà, che abbia tentata, e non ottenuta una cosa buona. Non capisco ove si fonda questo vostro disonore. Postosi poi in contegno Cardinalizio, Io, disse, sono il Superiore della Congregazione: voglio che Alfonso Liguori resti reintegrato nel numero de' Fratelli, e se li continui la Cappellania: e voglio che, senza mia intelligenza, non si dia altro passo in contrario".

Quest'atto così risoluto del Cardinale, se arrestò il fuoco, non l'estinse. Ritornarono i Fratelli, non vi ha dubio, mutoli, e capochini, ma vie più sdegnati contro Alfonso, e risoluti di non riconoscerlo per Fratello, e per membro della Congregazione.

 

Non posso però meglio individuare la nera catastrofe di quella critica giornata, che con quello che ne scrisse a' 28 del medesimo mese Alfonso il medesimo Canonico Torni. "Lunedì prossimo passato, così egli, si fece consulta nella nostra Congregazione, dove m'ingegnai


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proporre tutte le fortissime ragioni, che potevano essere a suo favore, e tutte quelle che potevano esserle contrarie. Considerate le ragioni, fu da tutti unitamente stabilito, che V. S. Illustrissima fosse cassato dalla Congregazione, e che dalla Cappellania si provedesse in persona di un nostro Fratello".

 

"Questo voto, così prosiegue la lettera, fu rimessivo all'arbitrio del nostro Eminentissimo Cardinale, il quale espressamente comandato aveva, che nella Congregazione non si dasse, senza suo espresso ordine, passo alcuno in questo affare. Io puntualmente rapportai all'Eminenza sua quanto nella Congregazione si era stabilito; e mi ordinò, come Superiore de' Superiori, e della Congregazione istessa, che V. S. Illustrissima restasse fratello, e seguitasse la celebrazione delle Messe per la solita Cappellania: e che non si dasse in Congregazione passo alcuno senza suo comando.

Così il Canonico Torni. Ma aprendo il cuore soggiunse: "Credo che più di questo non poteva io operare in suo servizio, per darle a conoscere, con quanto tenero affetto io l'amo; e quanto posso nel tempo di questo mio Superiorato, tutto farò a suo favore. Ma prego il Signore, che infonda l'istesso affetto, e gli stessi sentimenti nel petto del futuro Superiore, acciocchè non faccia cosa contraria al mio affetto, ed alla sua degnissima Persona".

 

Quest'istesso, che in Napoli era accaduto nella Congregazione, e col Cardinale, lo scrisse in ristretto ad Alfonso, anche per consolarlo, il P. D. Tommaso Pagano: "Credo vi sia aggiunto all'orecchio, ei disse, che l'Eminentissimo Pignatelli non ha voluto si dasse veruna esecuzione ad ogni qualsivoglia novità intorno alla vostra persona; perchè, disse, non ci deve esser pena, dove non ci è colpa".

 

Restò confuso Alfonso per tanta degnazione verso di se, così del Cardinale che del Canonico Torni, nè mancò ringraziarli di tanta bontà". Torni mi ha scritto, così egli al suo Direttore Monsignor Falcoja, che la Congregazione già mi aveva tolta la Cappellania, e cassato per Fratello, ma che il Cardinale ha ordinato, che non s'innovasse cosa alcuna senza suo comando. Io ho scritto al Signor Cardinale in ringraziamento, ed anche al Signor Torni, poichè il medesimo mi scrive, che più non poteva fare in mio servizio".
Alfonso non si querela del torto, non cerca giustizie, nè riclama per la propria innocenza.




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